Sexta die infra Octavam Epiphaniae Ad Matutinum
Lettura 4
Sermone di san Fulgenzio Vescovo
Sermone 5, ch'è sulla Epifania, al principio
Dio stesso, che nel vecchio testamento aveva ordinato che gli fossero offerte le primizie, fattosi uomo, domandò che gli fossero consacrate anche le primizie dei Gentili. I pastori furono le primizie dei Giudei: i Magi divennero le primizie dei Gentili. Quelli furono attirati da vicino, questi condotti da lontano. «Dov'è, domandano, il Re dei Giudei ch'è nato?» (Matth. 2,2). Erode, re dei Giudei, aveva già dei figli. Archelao era nato in un palazzo, Cristo in un tugurio. Archelao, appena nato, fu adagiato sopra un letto d'argento, ma Cristo neonato è deposto in un'angustissima mangiatoia: e pure quello nato in un palazzo è negletto, questo nato in un ricovero è cercato: quello non è neppure nominato dai Magi, questo, trovato, è supplichevolmente adorato.
Lettura 5
Chi è questo Re dei Giudei? Egli è povero e ricco, umile e sublime. Chi è questo Re dei Giudei ch'è portato come un bambino, ed è adorato come un Dio? Egli è piccolo nella mangiatoia, immenso nel cielo: vile nelle fascie, e gloriosamente manifestato dalle stelle. Perché ti conturbi così, o Erode? Questo Re che è nato non viene per vincere i re con muovere loro guerra, ma per soggiogarli mirabilmente col morire. Egli non è nato per succederti, ma affinché il mondo creda fedelmente in lui. Viene dunque non per combattere nella sua vita. ma per trionfare colla sua morte.
Lettura 6
Questo bambino, che ora dai Magi è chiamato il Re dei Giudei, è anche il Creatore e Signore degli Angeli. Perciò se temi l'infanzia di questo neonato, devi assai più temere la sua onnipotenza nel giudicarti. Non temerlo come un successore nel tuo regno, ma temi in lui il giustissimo giudice che condannerà la tua infedeltà. «Andate, disse, e fatemelo sapere, affinché io pure venga ad adorarlo» (Matth. 2,8). Oh perfida astuzia, o empia incredulità, o ipocrita malvagità! Il sangue degli Innocenti, che hai sparso sì crudelmente, ben attesta ciò che volevi fare di questo bambino.
Lettura 7
Omelia di sant'Ambrogio Vescovo
Libro 2 al cap. 2 di Luca, dopo il principio
Che sono mai questi doni di fede vera? L'oro è offerto come a Re, l'incenso come a Dio, la mirra come a un defunto. Altro infatti è l'insegna d'un Re, altro il simbolo della potenza divina, e altro l'onore d'una sepoltura, che, lungi dal lasciar corrompere il corpo del morto, lo conserva. Noi pure che ascoltiamo e leggiamo queste cose, o fratelli, caviamo dai nostri tesori di simili doni. «Abbiamo invero un tesoro in vasi di creta» (2 Cor. 4,7). Se dunque ciò che sei in te stesso non devi stimarlo come un bene che provenga da te, ma da Cristo: quanto più devi stimare in Cristo ciò che non è tuo, ma di Cristo?
Lettura 8
I Magi dunque offrono dei doni dei loro scrigni. Volete sapere la grazia che ne meritarono? Essi vedono la stella: ma dov'è Erode non si vede punto; dove è Cristo si vede di nuovo ed essa mostra la via. Questa stella è dunque una via, e la via è Cristo: perché a proposito del mistero della incarnazione Cristo è detto stella. «Spunterà una stella da Giacobbe, e sorgerà un uomo da Israele» (Num. 24, 17). Infine dove è Cristo, ivi pure è la stella. Egli infatti è la stella splendida del mattino. Egli stesso dunque si fa conoscere colla sua luce.
Lettura 9
Eccoti un altro insegnamento. I Magi vennero per una via e se ne tornano per un'altra. Perché essi avevano visto Cristo, avevano riconosciuto Cristo; essi se ne ritornano certo migliori di quello ch'erano venuti. Ci sono infatti due vie: una che conduce alla morte; l'altra che conduce al regno. L'una è quella dei peccatori, e conduce ad Erode l'altra è Cristo stesso e per essa si ritorna in patria. Perché quaggiù il nostro pellegrinaggio è temporaneo, conforme sta scritto: «Lungamente esule è stata l'anima mia» (Ps. 119,6).
Considera, anima mia, come i tre sapienti Re, tutti dediti ai loro studi astronomici veggono apparire nel Cielo una nuova Stella, ammirano nel nuovo Astro una luce nuova e misteriosa insieme: istruiti già che l’apparire di un nuovo Astro, sarebbe stato ad essi nunzio della venuta dell’atteso Messia sulla terra, ed una luce ben più splendente e meravigliosa illumina le loro menti, il lavorio interiore della grazia li muove e li infervora, pronti dunque alla divina chiamata, abbandonano tutto: la comodità dei loro palazzi ed affrontano un viaggio lungo, disastroso ed incerto, in una stagione non fra le migliori, corrono in cerca di Colui che li chiama per manifestarsi ad Essi, e per adorarlo e per presentargli gli onori a Supremo Re del Cielo e dell’Universo tutto.
La Stella, simbolo della fede, li muove e li guida verso Colui che li chiama interiormente con l’impulso della grazia, perché nessuno può andare a Lui se non da Lui attratto. Gesù chiama i poveri e semplici pastori per mezzo degli Angioli per manifestarsi ad essi. Chiama i Sapienti per mezzo della stessa loro scienza e tutti, mossi dall’interiore influsso della Sua grazia, corrono a Lui per adorarlo. Chiama tutti noi, con le divine ispirazioni e si comunica a noi, con la Sua grazia.
Quante volte Egli ha amorosamente invitato anche noi? E noi con quale prontezza Gli abbiamo corrisposto? Mio Dio! Mi arrossisco e mi sento ripieno di confusione nel dover rispondere a sì fatta interrogazione. Quale industria non ha Egli adoperato per farsi strada nel nostro cuore ed avvincerlo al Suo, non avendo ribrezzo della nostra miseria. Ma che cosa è l’uomo perché tu ti prenda tanta cura? Tu lasci la tua Celeste Reggia per venire in cerca della traviata pecorella. Ti manifesti ad essa e con impulsi della tua grazia incessantemente la chiami, ne muovi il cuore verso di Te, affinché a Te d’appresso ti conosca, ti ami, ti adori? Hai Tu forse bisogno di essa, per essere pienamente felice nel tuo Paradiso? No, è la tua sola bontà che ti piega verso di essa, è il tuo amore, che ama spandersi e conquistarla per renderla felice di quella stessa felicità di cui Tu ne sei ripieno.
O Gesù, noi siamo un brutto nulla, e Tu ci cerchi proprio per questo: per darci l’essere tuo divino mediante l’operazione e la comunicazione della tua grazia. O Gesù, e chi potrà resisterti? Lascia che povero quale io mi sono Ti chiegga tutto quello che mi bisogna per piacere a Te, che sia di Te, che dia gusto a Te. Dammi e conservami quella fede viva che mi faccia credere ed operare per tuo solo amore.
E questo è il primo dono che ti presento, ed unito ai Santi Magi, ai tuoi piedi prostrato, ti confesso senza alcun umano rispetto dinanzi al mondo intero per vero ed unico nostro Dio.
La fede dei Re Magi
I Magi giungono in Gerusalemme e non trovan alcuno esteriore apparato di festa, come credevano, per il grande avvenimento del nuovo Re; la Stella che li guidava, nell’entrare in città dispare dai loro sguardi: la loro fede è posta in un duro cimento: ma Essi non esitano, ma fermi nella loro credenza chiedono nuove del nato Messia. Nessuno sa dargliene indicazioni. I mondani ingolfati nei loro affari, vivono nell’oscurità e nell’errore, né si danno pensiero di conoscere le cose di Dio, né alcun pensiero della loro Salvezza eterna, né alcuna premura di conoscere la venuta di quel Messia atteso e sospirato dalle genti, profetizzato e predetto dai Profeti.
I Magi, però, che seguono l’impulso della grazia e del fervore, fermi nella speranza di ritrovare Colui che il suo popolo non ha voluto riconoscere, ma che ha rigettato da sé, [...] fatti consapevoli del luogo dove il Messia sarebbe dovuto nascere, si rimettono in viaggio, fermi e stabili nel rinvenimento di Colui che nascosto chiama a sé quei cuori che veramente lo cercano con ardore di carità.
Appena usciti da Gerusalemme, riappare ad essi la Stella e va avanti perché non smarriscano la strada. La fede anche noi guida, e noi dietro il suo lume sicuri seguiamo il cammino che ci conduce a Dio, alla sua Patria, come i santi Magi guidati dalla Stella, simbolo di fede, giungono al luogo desiderato.
La Stella si ferma sulla grotta ed Essi, illuminati dalla divina grazia, riconoscono quell’abituro quale Reggia del nato Re del Cielo. Entrano commossi; ma che scorgono Essi per riconoscere il Divin Re, il Messia? Sono essi certi, di fronte a tanta povertà che Colui che vedono tremante bambino fra le tenere braccia di una donzella è il loro Dio? Che cosa lo rivela per tale? Per sprofondarsi in profonde adorazioni dinanzi a Lui? Per dimostrargli che sono venuti di lontano per adorarlo e venerarlo e tributargli onori come a Re dei re, se nessuna corte né celeste e né terrestre lo corteggia?
Ma Gesù li ha chiamati per manifestarsi ad essi. Li ha attratti per farsi da loro riconoscere. L’interna emozione li fa prostrare a terra. I moti interni della grazia rivelano alle loro anime che quel tenero pargoletto è Dio ed Uomo, è il vero Messia. [...] Lo riconoscono, Lo adorano, Lo amano e tributano a Lui gli onori regali e si pongono sotto il suo dominio divino ed a Lui si offrono con tutto ciò che hanno e che a loro appartiene. Baciano con trasporto quei Piedini Divini che la graziosa sua Madre loro porge a baciare e, dopo aver dato sfogo all’impeto dei loro cuori infocati d’amore, Gli offrono i tre doni: l’incenso per riconoscerlo come loro Dio, la mirra come Uomo, l’oro come Sovrano [...].
O Gesù, con i santi Magi t’adoriamo, con essi ti offriamo i tre doni della nostra fede riconoscendoti ed adorandoti quale nostro Dio umiliato per nostro amore, quale Uomo rivestito di fragile carne per patire e morire per noi. E nei tuoi meriti sperando, siamo sicuri di conseguire l’eterna Gloria; con la nostra carità ti riconosciamo Sovrano di amore dei nostri cuori, pregandoti che nella tua infinita bontà ti degni gradire ciò che Tu stesso ci hai donato. Degnati trasformare i nostri cuori come trasformasti quelli dei santi Magi e fa ancora che, i nostri cuori non potendo contenere gli ardori della tua Carità, ti manifestiamo alle anime dei nostri fratelli per conquistarle [...].
La vita sia vita attinta da Te a larghi sorsi d’amore per spandersi sull’umanità e che ci faccia morire ad ogni istante per vivere solo di Te, e spandere Te nei nostri cuori.
Meditazione natalizia
scritta da San Pio da Pietrelcina
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