ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 20 febbraio 2016

Come una trottola ubriacante..



Il gesuita perfetto. Autoritratto volante di Jorge Mario Bergoglio


aereo
Che cosa ha voluto dire davvero, papa Francesco, sulle unioni civili in discussione nel parlamento italiano, con quelle sue parole ad alta quota durante il volo dal Messico a Roma?
La domanda non è peregrina, viste le mille precedenti sortite sibilline di Jorge Mario Bergoglio, come ad esempio quella nella chiesa luterana di Roma, rimasta tuttora indecifrata e forse insuperata:

Su "la Repubblica" il professor Alberto Melloni, interprete auto-autorizzato del verbo bergogliano, ha risposto con sicurezza assoluta. Francesco ha imposto all'episcopato italiano "il divieto di immischiarsi" nella discussione politica sulla legge, dando lui per primo l'esempio. Punto.
In effetti, Francesco sull'aereo ha detto che "il papa non si immischia nella politica italiana. Perché il papa è per tutti, e non può mettersi nella politica concreta, interna di un Paese: questo non è il ruolo del papa".
Ma non ha affatto comandato che anche i vescovi debbano fare come lui. Anzi, ha tenuto a ribadire la consegna che aveva dato loro appena eletto papa: "Con il governo italiano, arrangiatevi voi". Che è il contrario del non immischiarsi.
Quindi il papa no, i vescovi sì? Niente affatto. A vedere quello che è accaduto nelle scorse settimane, da Santa Marta è stato un gran tirare di freni, all'indirizzo dei vescovi e cardinali italiani più scalpitanti.
Con piena soddisfazione di Monica Cirinnà, la senatrice che dà il nome alla legge in via di delibera, che non ha mancato di elogiare papa Francesco "per la grande svolta che dà alla Chiesa".
Anche lei però prendendo lucciole per lanterne. Perché lo stesso Francesco, nella conferenza stampa sull'aereo, ha detto che sulla legge in questione un suo pensiero ce l'ha ed "è quello che pensa la Chiesa". Come dire che lui è contro, dato che la Chiesa è sempre stata contrarissima alle unioni omosessuali.
Allora questo vuol dire che Francesco la pensa come la congregazione per la dottrina della fede che in un suo documento del 2003 scrisse che i parlamentari cattolici non devono votare simili leggi?
Non è detto. Perché a questa domanda, rivoltagli sull'aereo da Franca Giansoldati del "Messggero", Bergoglio si è prontamente sottratto: "Io non ricordo bene quel documento".
E poi ha proseguito dicendo che in ogni caso "un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata", la quale "non è la coscienza del 'quello che mi pare'". In sostanza la stessa cosa che aveva detto pochi giorni prima il cardinale Angelo Bagnasco, dalla cui "indebita ingerenza" prese però le distanze il segretario della CEI Nunzio Galantino, il portaordini di Bergoglio tra i vescovi italiani.
Ma non è finita. Per illustrare il concetto di "coscienza ben formata", papa Francesco ha raccontato un episodio della battaglia campale che in Argentina portò nel 2010 alla legalizzazione delle unioni omosessuali:
"Io mi ricordo quando è stato votato il matrimonio delle persone dello stesso sesso a Buenos Aires, che c’era un pareggio di voti, e alla fine uno ha detto all’altro: 'Ma tu vedi chiaro?' – 'No' – 'Neppure io' – 'Andiamocene' – 'Se ce ne andiamo, non raggiungiamo il quorum'. E l’altro ha detto: 'Ma se raggiungiamo il quorum, diamo il voto a Kirchner!', e l’altro: 'Preferisco darlo a Kirchner e non a Bergoglio!'… e avanti. Questa non è coscienza ben formata!".
La ricostruzione di quella vicenda è stata oggetto di un recente post di "Settimo cielo":
Ma ciò che è più curioso è che in quella vicenda superpolitica Bergoglio si immischiò a tal punto da farla diventare in Argentina una disfida personale tra lui e la presidente Cristina Kirchner, combattuta in parlamento fino all'ultimo voto.
Certo, Bergoglio nel 2010 non era papa ma arcivescovo di Buenos Aires. Ma anche oggi non insiste continuamente nel dirsi "vescovo di Roma"? E non è anche primate d'Italia e quindi tenuto anche lui ad "arrangiarsi" con la politica italiana?
E infatti – lungi dal "non immischiarsi" – papa Francesco non ha mancato di alzare la voce contro la legge sulle unioni civili, nel pieno della presente battaglia parlamentare. E l'ha alzata proprio nel "martedì nero" nel quale è andata all'aria la rapida approvazione della legge.
Era il 16 febbraio. Il papa era in Messico, nello stadio di Morelia, gremito di 70 mila giovani. E nel suo discorso, arrivato a parlare della famiglia, quella tradizionale, ha detto:
"Si crede che essa sia un modello ormai superato e incapace di trovare posto all’interno delle nostre società che, sotto il pretesto della modernità, sempre più favoriscono un sistema basato sul modello dell’isolamento. E si insinuano nelle nostre società – che si dicono società libere, democratiche, sovrane –, si insinuano colonizzazioni ideologiche che le distruggono, e finiamo per essere colonie di ideologie distruttrici della famiglia, del nucleo della famiglia, che è la base di ogni sana società".
Questa sua ennesima stoccata contro le "colonizzazioni ideologiche" LGBT non ha avuto in Italia praticamente nessun rilancio sui media, neppure sul quotidiano della CEI "Avvenire".
Ma era forse proprio ciò che Francesco si aspettava. Il suo pensiero è lì scritto, sia pure nascosto in un lungo discorso in un remoto stadio del Messico. Chi vuole, controlli. Meglio però che la narrazione del papa che "non si immischia nella politica" continui.
C'è in Bergoglio un gesuitismo multiplo, in perenne movimento, che mai si lascia fermare o afferrare. Il suo eloquio è un continuo dire, disdire e contraddire.
Perfino quando sull'aereo ha sentenziato per due volte di seguito – lui che è famoso al mondo per il "chi sono io per giudicare?" –, che il candidato americano alle presidenziali Donald Trump "non è cristiano", tra l'una e l'altra volta non ha temuto di infilare uno stupefacente: "Non mi immischio".
La trascrizione integrale delle parole di Francesco sull'aereo dal Messico a Roma:


Settimo Cielo  di Sandro Magister 19 febhttp://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2016/02/19/il-gesuita-perfetto-autoritratto-volante-di-jorge-mario-bergoglio/

La lettera scritta dal Papa ad Antonio Socci su “La profezia finale” e la risposta del giornalista.

Venerdì scorso passavo frettolosamente da casa dei miei, piena di ricordi di mio padre, come il suo quadro più bello: un minatore esanime trasportato su una barella dai compagni (mio padre stesso in miniera un giorno rischiò la vita e restò mutilato). E’ lui che mi ha insegnato che la vita è lotta per la propria dignità e per la verità. E mi ha testimoniato che la libertà è perfino più importante del pane.
A lui, che da minatore cattolico il 18 aprile 1948 si batté per la libertà del nostro Paese, devo l’insegnamento più importante: vivere senza menzogna.
E a lui ho pensato venerdì, quando mi è arrivata quella lettera per posta prioritaria. Mia madre stupita mi ha consegnato la busta bianca, col timbro della Città del Vaticano, sussurrandomi: “ma ti ha scritto il Papa?”.
In effetti la grafia era inequivocabile. Proprio il Pontefice, con una stilografica a inchiostro nero, ha tracciato il mio indirizzo e il mittente, dietro la busta (una “F.” per Francesco) e sotto: “Casa Santa Marta – 00120 Città del Vaticano”.
Ho pensato a mio padre perché per me è il simbolo di quel popolo cristiano a cui dobbiamo tantissimo, quel popolo cristiano che è disprezzato dall’establishment intellettualoide che esalta Francesco (penso a “Repubblica”). Quel popolo cristiano che si è sentito abbandonato dai suoi pastori negli ultimi tre anni.
Papa Francesco infatti ha un gran successo mediatico tra i mangiapreti, ma ha portato la Chiesa in una grande confusione. Basti vedere le dichiarazioni fatte anche ieri sul volo di ritorno dal Messico dove si è “immischiato” pesantemente sulle politiche dell’immigrazione, ma ha affermato di non volersi immischiare nella discussione italiana relativa alle unioni gay (eppure è vescovo di Roma e primate d’Italia).
Ma voglio fare un esempio più clamoroso.

L’IMPERO
Proprio venerdì, mentre ricevevo la sua lettera, vedevo il Santo Padre in tv per la Dichiarazione firmata da lui col Patriarca ortodosso Kirill. E’ un memorabile pronunciamento storico-politico con cui la Chiesa Cattolica romana e la Chiesa ortodossa, insieme, hanno rovesciato l’“Agenda obamiana” a cui il Papa si era finora – disastrosamente – sottomesso.
La Dichiarazione riporta la Chiesa sulla via di Benedetto XVI, infatti è un vero siluro contro “la dittatura del relativismo” dell’Occidente e contro la dittatura dell’islamismo dell’Oriente. E’ un grido di libertà che esalta le nostre radici cristiane, dall’Atlantico agli Urali, e ci restituisce alla grande storia dell’Europa dei popoli e delle cattedrali.
Il contrario di ciò che Francesco ha fatto in questi anni.
Infatti la Dichiarazione fa una vigorosa difesa (finalmente) dei cristiani perseguitati e della libertà religiosa a tutte le latitudini, con l’appello a una coraggiosa testimonianza cristiana nella vita pubblica; attacca la tecnocrazia nichilista dell’Europa occidentale che ha rinnegato le sue radici cristiane e che emargina fino al disprezzo i cristiani; infine fa una difesa tenace della famiglia naturale e della vita dal suo concepimento fino alla sua fine naturale.
Tuttavia, subito dopo la pubblicazione solenne e in mondovisione di questo documento, papa Bergoglio ha cercato di “rimangiarsi” la firma minimizzandone il significato. Riducendo tutto a una “photo opportunity”.
Come si spiega questa repentina e incredibile marcia indietro? Evidentemente l’Impero che ha “dimissionato” Benedetto XVI e che “sostiene” il pontificato di Francesco non gli consente di ribaltare la collocazione geopolitica della Chiesa.
Per questo Francesco (che pure sulla Siria nel 2013 si permise una coraggiosa indipendenza) è subito tornato nei confini assegnati. Gli è stato facile anche per la leggerezza con cui abitualmente dice, disdice e si contraddice, a seconda degli interlocutori. Il suo magistero è spesso cangiante come la veste di Saruman.
Probabilmente ora anche al Patriarcato di Mosca si chiederanno quanti Francesco sono in circolazione. Noi ce lo chiediamo da tre anni. Qualunque barca condotta così affonda, infatti la confusione nella Chiesa regna sovrana.
Forse per questo il Papa chiede insistentemente preghiere.

IMPLORARE
Purtroppo però lui ha molti adulatori, cortigiani, lustrascarpe e tifosi che lo esaltano, ma ben pochi pregano per lui e per la barca di Pietro che rischia di colare a picco fra gli applausi e le risa del mondo.
Io invece prego per lui.
Nel mio libro “La profezia finale”, ho concluso così la lettera aperta a Franceso dove lo esortavo a combattere virilmente con noi la “santa battaglia” contro la notte, contro il “Mysterium iniquitatis” ormai dilagante:
“io vivo anche una mia guerra personale, durissima, che combatto con la mia famiglia contro il male e che da anni ci fa stare sul Calvario (…). Le assicuro che nell’offerta di questo martirio – insieme a tutta la Chiesa e all’umanità – c’è anche lei, con papa Benedetto XVI. La nostra preghiera è a Dio, perché restituisca e conservi sempre alla Chiesa e al mondo la luce del Vicario di Cristo, specialmente nelle tenebre dell’ora presente. Caro papa Francesco, sia uno dei nostri veri pastori sulla via di Cristo, con papa Benedetto che la sostiene con la preghiera e il consiglio: aiuti anche lei la Chiesa, oggi smarrita e confusa, a ritrovare la via del suo Salvatore e così riaccenderà quella luce che permetterà all’umanità di non perdersi in un abisso di violenza. Tutti i santi del Cielo pregano per questo”.
Nelle pagine precedenti del libro non ho lesinato (dolorose e amare) critiche a questi tre anni di Francesco, e l’ho esortato a difendere la Chiesa e la fede cattolica anziché farsi “usare” ed esaltare dai nemici di essa.
L’ho implorato di non umiliare più la Chiesa, di non proclamare la resa, solidarizzando con gli avversari, ma invece di opporsi al dominio del “nuovo potere” che – come diceva Pasolini – è “completamente irreligioso, totalitario, violento, falsamente tollerante, anzi, più repressivo che mai, corruttore, degradante”.

ALTRE STRADE?
Io credo che nel profondo papa Francesco ne sia convintissimo. E, dibattendosi fra gli Imperi, cerchi una strada che scaltramente tolga la Chiesa dall’angolo: ma si può essere più scaltri di Dio?
Può esservi una via più “scaltra” di quella di Cristo che è la testimonianza alla verità fino alla croce? Può esserci un annuncio del Vangelo che non sia anche un giudizio sul mondo e sulle tenebre dei poteri mondani? “Se non c’è lotta non c’è cristianesimo” dice Benedetto XVI.
E’ stolto mettersi contro il Potere? San Paolo ci avverte che è attraverso la “stoltezza” della predicazione della verità che Dio salva il mondo “perché ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e la debolezza di Dio è più forte degli uomini” (1Co 1, 25).
Queste sono le cose che ho scritto nel mio libro e su queste mi ha risposto il Papa.

LA LETTERA
Quando ho aperto la busta ho visto che era tutto di suo pugno. So capire il senso di certi “dettagli”: i Pontefici comunicano attraverso la Segreteria di Stato (ho ricevuto in passato altre missive papali di questo tipo).
Invece questa lettera autografa scritta dal Papa stesso e inviata direttamente, senza passare per nessun ufficio vaticano, ha un significato preciso: vuole essere un segno di familiarità, un gesto paterno, di affetto e di comunione.
Pur sapendo quanto papa Bergoglio ami uscire fuori dai formalismi, non me lo aspettavo. Gli avevo fatto inviare dalla Rizzoli il mio libro perché il sottotitolo recita: “Lettera a papa Francesco sulla Chiesa in tempo di guerra”.
Su quel volume avevo scritto una dedica in cui spiegavo al Papa che il libro contiene ciò che in coscienza mi sento in dovere di dirgli. Ma dopo averlo fatto inviare non ci ho pensato più.
Sono dunque rimasto molto sorpreso vedendo la lettera e leggendo le parole – davvero non formali – di papa Francesco:


Vaticano 7 febbraio 2016  

Sig. Antonio Socci

Caro fratello:
Ho ricevuto il suo libro e la lettera che lo accompagnava. Grazie tante per questo gesto. Il Signore la ricompensi.
Ho cominciato a leggerlo e sono sicuro che tante delle cose riportate mi faranno molto bene. In realtà, anche le critiche ci aiutano a camminare sulla retta via del Signore.
La ringrazio davvero tanto per le sue preghiere e quelle della sua famiglia.
Le prometto che pregherò per tutti voi chiedendo al Signore di benedirvi e alla Madonna di custodirvi.
Suo fratello e servitore nel Signore,

Francesco

Sono parole che non lasciano indifferenti. Ci sono cose di questo Papa che mi commuovono profondamente (l’ho scritto nel libro).
Mi entusiasma la sua libertà evangelica, la sua semplicità, il suo essere fuori dagli schemi clericali. E’ emozionante quando parla dello sguardo di Gesù o, come nei giorni scorsi a Guadalupe, degli occhi materni di Maria. E quando ricorda che il nostro Salvatore non vuole perdere nessuno e si prende ciascuno di noi sulle spalle.
Ma infine un pontificato è anzitutto il suo magistero e il suo governo della Chiesa e di fronte allo smarrimento e alla confusione che in questi tre anni hanno investito il popolo cristiano ho dovuto e voluto dire la verità, a costo del suicidio professionale e morale.


PARRESIA, NON IPOCRISIA
Ho buttato alle ortiche quello che il mondo definisce “prestigio”, costruito in decenni di lavoro, per diventare un reietto nel mondo cattolico, che è la mia casa.
Diventato di colpo un “appestato”, in questi due anni ho fatto indigestione di insulti. Quelli più frequenti sono stati i seguenti: “sei un indemoniato” e “sei impazzito”.
Altri poi hanno invocato l’arrivo di un esorcista, del Tso o perfino una sentenza di scomunica, hanno insinuato addirittura che fossi stato accalappiato da qualche setta, da qualche bislacco guru o da qualche oscuro “potere” e hanno sentenziato che sarei ormai fuori dalla Chiesa.
Mi hanno messo al bando dai loro media ed è stato messo all’Indice un mio volume in certe librerie cattoliche dove, magari, vendono Augias e Mancuso. C’è perfino chi ha fatto disgustose considerazioni sulle traversie vissute dalla mia famiglia.
Oggi però le parole che Francesco mi ha scritto fanno giustizia di mesi e mesi di insulti. Sono anzitutto, per ciascuno di noi, un esempio di umiltà e di paternità.
Ma la legittimazione delle “critiche al papa”, contenuta nella lettera, mi pare anche che insegni ad essere cristiani virili e non pavidi o opportunisti. Si deve parlare con “parresia” e non con calcolata ipocrisia.
Nel mio libro avevo riportato le parole del vescovo spagnolo Melchor Cano (1509-1560), grande teologo del Concilio di Trento: “Pietro non ha bisogno delle nostre bugie o della nostra adulazione. Coloro che difendono ciecamente e indiscriminatamente ogni decisione del Sommo Pontefice sono quelli che più minano l’autorità della Santa Sede: distruggono, invece di rafforzare le sue fondamenta”.
Così motivavo la mia franchezza, come un piccolo aiuto al vescovo di Roma. E’ molto bello che ora il Papa risponda al mio libro confermando tutto: “In realtà, anche le critiche ci aiutano a camminare sulla retta via del Signore”
Francesco del resto sa bene che, per lui, il pericolo non viene dalla franchezza dei figli di Dio, ma dalla corte: un giorno arrivò a dire che “la corte è la lebbra del papato”.
E’ vero del resto che nella Curia romana e nelle altre curie, sotto il suo pontificato, domina un clima di vero terrore, un’oppressiva aria inquisitoriale, mai vista prima. Ed è sua responsabilità.
Il modo come ha condotto le vicende ecclesiali in questi anni e anche l’ultimo Sinodo purtroppo dimostrano che insieme al Francesco paterno e comprensivo ce n’è uno che usa il potere in modo molto duro. Talora anche per imporre alla Chiesa dottrine eterodosse.
E’ lui che usa il pugno di ferro contro famiglie religiose o ecclesiastici di grande fede e ortodossia e poi elogia e promuove chi va dietro ai venti delle ideologie mondane.
Continuo a sperare vivamente che egli metta fine a questo clima ed esorti tutti a stare nella Chiesa con la libertà e la dignità dei figli di Dio, come lo stesso Concilio insegna (senza temere epurazioni, vendette e umiliazioni).
Ma spero soprattutto che sia fedele alla missione di Pietro, cioè che difenda la fede cattolica e non la svenda e nemmeno la stravolga: questo non gli è lecito. Non può farlo.
“Perché anche il papa” diceva Joseph Ratzinger “non può fare quello che vuole. Non è un monarca assoluto, come un tempo lo furono alcuni re. È tutto il contrario, Egli è il garante dell’ubbidienza. Egli è il garante che noi non siamo dell’opinione sua o di chicchessia, ma che professiamo la fede di sempre che egli, ‘opportune importune’, difende contro le opinioni del momento”.

Antonio Socci

Da “Libero”, 19 febbraio 2016
(nella foto la missiva del Papa con un’immagine di S. Teresa di Lisieux)


Sito: “Lo Straniero
Twitter: @AntonioSocci1
Facebook: “Antonio Socci pagina ufficiale
http://www.lamadredellachiesa.it/la-lettera-scritta-dal-papa-ad-antonio-socci-su-la-profezia-finale-e-la-risposta-del-giornalista/

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