… I destini del mondo dipendono prima di tutto dalla fedeltà alla vocazione di ogni singolo cristiano, molto di più che da qualsiasi evento di massa o da qualsiasi strategia politica. L’errore di Jacques Maritain e la chiarezza un po’ brutale ma sincera di Domenico Giuliotti ci indicano cos’è realmente l’appartenenza a Cristo. Dobbiamo essere cristiani integrali ogni giorno, nonostante le resistenze della natura ferita del peccato.
È pervenuta in redazione:
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Gentilissimo dottor Gnocchi,
seguo fin dall’inizio la sua rubrica di posta, che apprezzo per la chiarezza e la capacità di andare controcorrente. Non le nascondo però che a volte la sua intransigenza mi pare che possa risultare controproducente. E mi chiedo anche se sia sempre opportuno far risalire alle proprie prese di posizione su questioni sociali e politiche alla fede cattolica. Le faccio un esempio attuale: come possiamo contrastare in ambito laico la Cirinnà se mettiamo avanti la nostra fede? D’altra parte, mi rendo conto che a forza di metterla da parte si finisce per dimenticarla. Ma allora che cosa bisogna fare?
Grazie per l’attenzione e per quanto sta facendo.
Lorenza Chiarini
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Cara Lorenza,
la nostra guida deve essere il timore che lei esprime così chiaramente nella sua considerazione finale. A forza di mettere la parte la fede, per dialogare e anche per litigare con il mondo scendendo sul suo terreno, si finisce per perderla: è il frutto velenoso dell’abile strategia del Nemico che, in definitiva, si accontenta di questo, di brave persone senza fede. Assodato questo, dovrebbe essere evidente che l’appartenenza a Cristo non possa venire messa tra parentesi, pena la salvezza eterna, ma anche la possibilità di far del bene agli uomini e al proprio tempo.
Giusto per rimanere all’esempio che fa lei, la senatrice Cirinnà può anche essere colpita da due milioni di persone che manifestano in piazza contro la sua legge. Ma stia sicura che sa bene come rapportarsi con un evento che si pone sul suo terreno e appartiene al suo orizzonte. In poche parole, la senatrice Cirinnà ha materia per trattare, perché la piazza è sempre un fenomeno politico e la politica è l’arte del compromesso. Non è la piazza che difende i princìpi, ma una fede forte e radicata che bisogna conservare e rendere pubblica e operante nella società.
Ma questo comporta la necessità di andare contro il pensiero comune in tutte le sue forme. Purtroppo, dentro gran parte del mondo cattolico, razionalismo, materialismo, immanentismo, laicismo e loro derivati non sono più considerati avversari dai quali guardarsi e contro i quali reagire. Sono visti come sistemi di pensiero un po’ scapestrati che comunque hanno un fondo buono e vanno recuperati badando bene che non mutino natura. Pensiero cattolico e pensiero anticattolico hanno finito di guerreggiare. Questa pace inquietante è riassunta da quelle anime candide che, con un semplicissimo artificio dialettico, dicono: “Come cattolico sostengo la tal cosa, ma come cittadino accetto il suo contrario”. “Come cattolico sono contro l’aborto, ma come cittadino approvo la legge che lo permette”, “Come cattolico sono contro il divorzio, ma come cittadino accetto che sia ormai una prassi consolidata”, “Come cattolico ritengo che il comportamento omosessuale sia una grave deviazione, ma come cittadino approvo la legalizzazione delle convivenze gay”, “Come cattolico credo che il Vangelo sia la mia norma di vita, ma come cittadino la mia guida è solo la costituzione”.
Un vero e proprio sdoppiamento della personalità, che in termini clinici si chiama schizofrenia, trasferito dalla sfera privata a quella pubblica. Una malattia della ragione a cui alcuni pensano di opporre come rimedio apparentemente furbo l’argomento di cittadinanza fondato su ragioni solo naturali: “Come cittadino, pur mettendo tra parentesi, non accetto la tal cosa perché è contro il dettato naturale e quindi mi oppongo”. Ma, in questo caso, cara Lorenza, si scivola sul terreno dell’avversario che viene automaticamente titolato a trattare princìpi irreformabili come convenzioni puramente umane. Perché il concetto di natura, se non è ancorato al Creatore della natura può essere bistrattato come si vuole: basta avere i numeri per farlo.
Alla fine, è sempre il “cittadino” ad avere la meglio sul “cattolico”. Il “cittadino” se ne va a spasso per il mondo e il “cattolico” rimane chiuso in sacrestia a contemplare l’immacolatezza della propria coscienza individuale. Il cattolicesimo implode grazie ai troppi “cattolici” che danno via libera al “cittadino” che è in loro, a quei “cattolici” affetti dalla sindrome di don Abbondio riuniti nel Grande Partito della Mediazione e disposti a mercanteggiare con qualunque cosa abbiano davanti, dal ciuffo dei bravi di don Rodrigo al caschetto riccioluto della senatrice Cirinnà.
Questo terremoto è cominciato quando il mondo cattolico, proprio per non essere accusato di intransigenza, pur essendo parte in causa di una contesa, ha deciso di assumere anche il ruolo di mediatore. Una scelta suicida poiché il mediatore trova il suo guadagno unicamente nel raggiungimento di un accordo, qualunque sia. Il mediatore è neutro e, nel momento in cui una delle due parti assume tale ruolo, diviene indifferente tanto alle ragioni della controparte quanto alle proprie. Il suo obiettivo non è più il successo della sua posizione, ma l’accordo in se stesso, poiché da lì trae il guadagno. Cosicché, i cattolici si sono ridotti a mediare sui princìpi e sulla loro applicazioni come dei sensali. È chiaro, qualche cosa devono portare a casa pure loro, però si tratterà sempre in una piccola percentuale. Ieri la possibilità di assistere le donne che non vogliono abortire a fronte di una legislazione che legittima l’omicidio di un bambino non ancora nato, oggi le unioni omosessuali depurate dal consenso all’adozione. Come scrivevano Domenico Giuliotti e Giovanni Papini nel lontano 1923, questi sono cattolici che si contentano di caparre e hanno bisogno di sentirsi in buona relazione con i feticci del giorno.
Sul piano dottrinale, questa deviazione è stata formulata con tremenda efficacia da Jacques Maritain nelle opere che segnano la sua svolta a sinistra, a partire da Religione e cultura per arrivare al celeberrimo Umanesimo integrale. Il filosofo che nel 1922, in Antimoderno, scriveva “Bisogna odiare il mondo moderno in considerazione di ciò a cui esso mira come gloria che gli è propria ed esclusiva: l’indipendenza nei confronti di Dio”, solo otto anni più tardi, in Religione e cultura, ribaltava la prospettiva con queste parole: “La modernità, pur con tutti i crolli e le perdite connotati da questo termine, ha però comportato un arricchimento incontestabile, che deve essere considerato una conquista acquisita nella conoscenza della creatura e delle cose umane, anche quando questa conoscenza ha finito con lo sfociare nell’inferno interiore dell’uomo in preda a se stesso”.
In mezzo, c’era stata in Maritain l’elaborazione dell’idea di una netta separazione tra l’azione terrena del cristiano e il suo fine eterno. Nel Primato dello spirituale prospettava la dottrina dei due assoluti: “L’assoluto di quaggiù, dove l’uomo è dio senza Dio, e l’assoluto di lassù, dove è Dio in Dio”. Ne sarebbe risultato il rifiuto di una cristianità di tipo medievale a vantaggio, in Umanesimo integrale, dell’idea di una “cristianità profana” costruita grazie alla valorizzazione del lievito cristiano rintracciato nelle dottrine più diverse, dal liberalismo al comunismo, con una preferenza per quest’ultimo.
La prima conseguenza di questa visione è stata la collaborazione con il marxismo, ritenuto un’eresia cristiana da riportare all’ovile, da cui è nato il cattocomunismo. Ma ne discende anche la tragica “scelta religiosa” operata in Italia che portò al disastro degli Anni Settanta e produsse la categoria dei cosiddetti cattolici adulti impegnati nella pubblica difesa della costituzione invece che nella diffusione del Vangelo. E ora si manifesta nel cattolico che per fede è contro l’errore ma per cittadinanza lo accetta, oppure in quello che si spoglia della sua fede per combattere come semplice cittadino.
In tal modo è giunto a compimento l’errore che il cardinale Giuseppe Siri aveva individuato nella tesi di Maritain: “In tutto il suo pensiero non solo non ha cercato di assimilare l’ordine naturale all’ordine soprannaturale, ma, al contrario, li ha separati in modo tale da riconoscere nella creazione e nella storia umana due vocazioni distinte, legate certamente da un principio di subordinazione, ma essenzialmente autonome, con fine e mezzi propri: la vocazione e la missione terrestre, e la vocazione soprannaturale”.
La fede cristiana, cara Lorenza, pretende invece che le due vocazioni stiano insieme. La storia della Chiesa è costellata di esempi luminosi in proposito. Quando l’eunuco Calligone, ciambellano di Valentiniano II disse senza mezzi termini a Sant’Ambrogio: “Come, me vivente, tu osi disprezzare Valentiniano? Io ti spaccherò il capo”, il vescovo di Milano, che era di ben altra pasta rispetto a quella suoi attuali successori, rispose: “Che Dio te lo permetta! Io soffrirò allora ciò che soffrono i Vescovi e tu avrai fatto ciò che sanno fare gli eunuchi”. Sempre Sant’Ambrogio, nella lettera scritta all’imperatore Teodosio per invitarlo alla penitenza dopo la carneficina ordinata a Tessalonica, diceva così: “Ti ho scritto questo, non per turbare il tuo animo, ma perché gli esempi di questi re ti inducano a togliere questo peccato dal tuo regno; e lo toglierai umiliando davanti a Dio la tua anima. Sei un uomo e hai subito la tentazione: vincila. Il peccato non si cancella se non con le lacrime e la penitenza… Consiglio, prego, esorto, ammonisco perché mi addolora che tu – che eri un esempio di pietà senza pari, che avevi raggiunto il vertice della clemenza, che non tolleravi che i singoli colpevoli fossero esposti al pericolo – non sia addolorato per la morte di tanti innocenti. Anche se hai combattuto con grande successo, anche se hai meritato lode in altre imprese, tuttavia il culmine delle tue opere fu sempre il sentimento religioso. Il diavolo t’invidiava questa che era la tua dote più eccellente. Vincilo, finché hai ancora i mezzi per vincerlo… Io non ho verso di te alcun motivo per esserti ostile, ma ne ho per temere; non oso offrire il sacrificio, se tu vorrai assistervi”.
In tempi recenti, mi piace ricordare come Giuliotti, forse in maniera un po’ brutale ma sincera e apprezzata dal destinatario, rifiutò di aderire al Manifesto della Rivoluzione Liberale di Piero Gobetti: “Caro Gobetti, nessuna osservazione da fare. Nego tutto. Sono antiliberale, antidemocratico, antisocialista, anticomunista. In una parola, antimoderno. In questa Italia di briganti-pazzi vivo con la tristezza d’uno straniero che non ha più patria. Sono comunque da voi dissimilissimo. Voi (professori) cercate di catalogare, mentre io (poeta) disperatamente spero nell’autodistruzione dell’anarchia e nella ricostruzione di una piramide con al vertice il Papa e alla base il popolo. Ecco il mio programma. Confrontatelo con il vostro, una lirica accanto a un bilancio. Da ciò l’impossibilità di intenderci”. Colpito dalla veemente appartenenza a Cristo proclamata da Giuliotti, Gobetti rispose “noi stimiano la sua intransigenza, che non ci stancheremo mai di combattere, mentre consideriamo con disdegno tutti i catechismi predicanti transazioni e conciliazioni”.
Quanto al “che fare?” che chiude la sua lettera, come quella di tanti altri lettori, esiste una risposta molto semplice. Applichi un’intransigenza integrale e direi persino dolorosa contro l’avversario più coriaceo che potrà mai incontrare: se stessa. Sia cristiana integrale nonostante le resistenze della natura ferita del peccato. È quello che dobbiamo fare ogni giorno, ricominciando sempre da capo, tutti noi che abbiamo scelto di appartenere a Cristo e a nessun altro. I destini del mondo dipendono prima di tutto dalla fedeltà alla vocazione di ogni singolo cristiano, molto di più che da qualsiasi evento di massa o da qualsiasi strategia politica.
Non sono un grande appassionato dei Promessi sposi, ma se mi permette un consiglio, la invito a leggere la pagina in cui il cardinale Borromeo ammonisce don Abbondio per il tradimento del suo mandato sacerdotale. In quella scena, Manzoni espone in modo sublime una regola spirituale che illumina perfettamente il nostro tema. Spiega come il sottrarsi alla propria vocazione conduca, quasi per necessità meccanica, là dove si finirà fatalmente per cadere. L’unico azzardo sicuro, dice il cardinale, è la fedeltà alla chiamata divina. Assecondandola, don Abbondio avrebbe avuto fortuna, ricusandola è stato ghermito dai rigori del mondo. Di rimando, il povero curato, nella sua tiepidezza, riesce solo a partorire un pensiero piccolo piccolo: “È un gran dire che i santi come i birboni gli abbiano ad aver l’argento vivo addosso, e non si contentino di essere sempre in moto loro, ma voglian tirare in ballo, se potessero, tutto il genere umano”.
Come Don Rodrigo, il curato manzoniano è dominato dalla passione: paura in lui e lussuria nell’altro, decidono per loro conto e oscurano il loro destino. E loro, pur illudendosi di farlo, non lasceranno traccia nel mondo. Non così per il cardinale Borromeo, l’Innominato, fra Cristoforo. Soprattutto, la vereconda Lucia, che parla e si muove su registri nutriti di meditazioni semplici sulle vie storte e le vie dritte, su ciò che conviene e non conviene a uno stato, come dire sul destino. Il pudore fremente e incommovibile di questa donna è il ponte fra la percezione del santo e l’istinto fine del popolo. L’intransigente Lucia, e non Renzo, inebriato dal calore della piazza, ha lasciato il segno nei suoi giorni e in quelli venturi.
Alessandro Gnocchi
Sia lodato Gesù Cristo
http://www.riscossacristiana.it/fuori-moda-la-posta-di-alessandro-gnocchi-100216/
Che la Cei in merito alla questione del ddl Cirinnà manifesti più di un’incertezza è un fatto. Come lo è quello di non riuscire a trovare la giusta sintonia con il popolo cattolico (il suo popolo!) accorso in massa da tutta Italia per dire no alle “unioni civili” lo scorso 30 gennaio al Circo Massimo.
Serpeggia nei palazzi della Circonvallazione Aureliana un certo fastidio per le pressioni provenienti dal basso. Ne è segno il giornale dei vescovi italiani, Avvenire, che ogni giorno prova,
tra un editoriale e l’altro, a mediare tra la piazza del Family Day e il Governo Renzi. Dalla piazza però gli organizzatori fanno sapere che la loro posizione è netta, chiara e condivisa: stralcio del ddl Cirinnà, senza se e senza ma!
Lo scorso sette febbraio ha suscitato più di una perplessità, inoltre, l’ennesima dichiarazione (questa volta ufficiale) proprio del Consiglio Episcopale Permanente della Cei in merito alla Giornata Nazionale per la vita. Per i vescovi italiani “la famiglia è costituita da un uomo e una donna con un legame stabile, è vitale se continua a far nascere e a generare”.
Assente qualsiasi riferimento alla dimensione matrimoniale. Si sa, a pensar male si fa peccato, ma il concetto di “legame stabile” non presuppone necessariamente un matrimonio, tanto meno un matrimonio religioso. Che si stia sdoganando la convivenza “more uxorio”? Chissà se certi pastori temano realmente, a furia di mediare continuamente al ribasso con la mondanità, di risvegliarsi un giorno senza un gregge da pascolare!
Tornano care allora le parole di un santo del nostro tempo, Giovanni XXIII, che nell’enciclica “Mater et magistra” così si esprimeva sulla famiglia: «Dobbiamo proclamare solennemente che la vita umana va trasmessa attraverso la famiglia, fondata sul matrimonio uno e indissolubile, elevato, per i cristiani, alla dignità di sacramento. La trasmissione della vita umana è affidata dalla natura a un atto personale e cosciente e, come tale, soggetto alle sapientissime leggi di Dio: leggi inviolabili e immutabili che vanno riconosciute e osservate. Perciò non si possono usare mezzi e seguire metodi che possono essere leciti nella trasmissione della vita delle piante e degli animali. La vita umana è sacra: fin dal suo affiorare impegna direttamente l’azione creatrice di Dio. Violando le sue leggi, si offende la sua divina maestà, si degrada se stessi e l’umanità e si svigorisce altresì la stessa comunità di cui si è membri».
Ddl Cirinnà: la misteriosa strategia della Cei di Galantino
9 febbraio 2016
Che la Cei in merito alla questione del ddl Cirinnà manifesti più di un’incertezza è un fatto. Come lo è quello di non riuscire a trovare la giusta sintonia con il popolo cattolico (il suo popolo!) accorso in massa da tutta Italia per dire no alle “unioni civili” lo scorso 30 gennaio al Circo Massimo.
Serpeggia nei palazzi della Circonvallazione Aureliana un certo fastidio per le pressioni provenienti dal basso. Ne è segno il giornale dei vescovi italiani, Avvenire, che ogni giorno prova,
tra un editoriale e l’altro, a mediare tra la piazza del Family Day e il Governo Renzi. Dalla piazza però gli organizzatori fanno sapere che la loro posizione è netta, chiara e condivisa: stralcio del ddl Cirinnà, senza se e senza ma!
Lo scorso sette febbraio ha suscitato più di una perplessità, inoltre, l’ennesima dichiarazione (questa volta ufficiale) proprio del Consiglio Episcopale Permanente della Cei in merito alla Giornata Nazionale per la vita. Per i vescovi italiani “la famiglia è costituita da un uomo e una donna con un legame stabile, è vitale se continua a far nascere e a generare”.
Assente qualsiasi riferimento alla dimensione matrimoniale. Si sa, a pensar male si fa peccato, ma il concetto di “legame stabile” non presuppone necessariamente un matrimonio, tanto meno un matrimonio religioso. Che si stia sdoganando la convivenza “more uxorio”? Chissà se certi pastori temano realmente, a furia di mediare continuamente al ribasso con la mondanità, di risvegliarsi un giorno senza un gregge da pascolare!
Tornano care allora le parole di un santo del nostro tempo, Giovanni XXIII, che nell’enciclica “Mater et magistra” così si esprimeva sulla famiglia: «Dobbiamo proclamare solennemente che la vita umana va trasmessa attraverso la famiglia, fondata sul matrimonio uno e indissolubile, elevato, per i cristiani, alla dignità di sacramento. La trasmissione della vita umana è affidata dalla natura a un atto personale e cosciente e, come tale, soggetto alle sapientissime leggi di Dio: leggi inviolabili e immutabili che vanno riconosciute e osservate. Perciò non si possono usare mezzi e seguire metodi che possono essere leciti nella trasmissione della vita delle piante e degli animali. La vita umana è sacra: fin dal suo affiorare impegna direttamente l’azione creatrice di Dio. Violando le sue leggi, si offende la sua divina maestà, si degrada se stessi e l’umanità e si svigorisce altresì la stessa comunità di cui si è membri».
http://www.libertaepersona.org/wordpress/2016/02/ddl-cirinna-la-misteriosa-strategia-della-cei-di-galantino/#more-134203
Adozioni gay, suor Teresa Forcades: "Conta l'amore maturo, non il sesso"
Ha lasciato la clausura per la politica. E ora parla anche di unioni civili e amore omosessuale. "Tutto dipende dall'impegno della coppia"
Ha lasciato la clausura per la politica. E ora parla anche di unioni civili e amore omosessuale. "Tutto dipende dall'impegno della coppia"
Un anno fa ha lasciato la clausra al monastero di Sant Benet a Barcellona, con una dispensa da parte del Vaticano che le ha permesso di dedicarsi alla politica.
E ora la spagnola suor Teresa Forcades si lancia in una serie di dichiarazioni sulle adozioni per gli omosessuali che promettono di far rizzare i capelli in testa a più di un fedele.
La suora, teologa femminista, si fa intervistare da Repubblica e al quotidiano assicura che chi è contro le unioni civili teme solo "le differenze" e non tiene conto invece del fatto che "il valore fondamentale del matrimonio è un impegno per sempre". Insomma "dipende dal grado impegno che ci si mette".
L'apertura di suor Teresa è a tutto campo. Non soltanto quando si parla di unioni civili, ma pure sul delicato tema delle adozioni da parte di famiglie omosessuali, certa che "quello di cui i bambini hanno bisogno è un amore adulto, maturo e responsabile" e "il fatto di crescere con due donne o con due uomini non rappresenta nessun problema".
"La dottrina della Chiesa - affonda la Forcades - difende la dignità della persona e rifiuta la sua strumentalizzazione però in alcuni casi come nell'aborto, o per l'eutanasia, il principio di autodeterminazione della persona che è un principio riconosciuto e difeso dalla Chiesa, si scontra con la difesa della vita e con il riconoscimento della vita come dono di Dio".
http://www.ilgiornale.it/news/cronache/adozioni-gay-suor-teresa-forcades-conta-amore-maturo-non-ses-1222788.html
Vedova del suo gatto ora vuole sposare il suo nuovo amore… un cane
(di Aurelio Foglia) La signora Dominique Lesbirel, olandese, nel 2003 ha fondato un sito internet (marryyourpet.com) in cui è possibile, per chi lo desidera, suggellare il rapporto d’amore con il suo animale domestico tramite la celebrazione di un matrimonio.
Il sito conta migliaia di visitatori ogni giorno e sono diverse decine i matrimoni celebrati ogni mese dall’eccentrica signora olandese, la quale si appresta a convolare a nuove nozze con il suo cagnolino Travis, dopo essere rimasta vedova di Doerack … il suo gatto. Dominique è ancora molto provata dalla perdita del marito gatto: «Doverlo seppellire è stato devastante. Abbiamo trascorso insieme 16 anni, 8 come marito e moglie. La perdita di Doerack mi ha distrutta e per questa ragione, anche se ora amo Travis, voglio aspettare ancora un pò per dire sì».
La signora Dominique tiene a precisare che attraverso il suo sito non intende promuovere il reato di bestialità, ma in realtà «Si tratta di un modo per amare fino in fondo i nostri animali, celebrando questo legame. E per questa ragione il divorzio non è contemplato. Non voglio che nessuno abbandoni Fido» (Leggo, 31 gennaio 2016).
Nell’epoca attuale, in cui tutto è relativo, anche il concetto di amore non ha più dei contorni chiari e definiti, bensì è divenuto un enorme contenitore dove è possibile collocare qualsivoglia relazione affettiva e/o sessuale basata sulle passioni o sui sentimenti. L’amore autentico, in realtà, ha un oggetto ed un fine preciso ed è il frutto di un libero atto di volontà conforme alle leggi di natura.
Pertanto, anche il solo chiamare amore tutto ciò che non può essere tale, rappresenta un nefasto errore gravido di conseguenze: ad esempio, quando si parla, seppur in buona fede, di legittime relazioni d’amore tra due uomini o tra due donne si tende a dare conferma, nei suoi principi distorti, all’ideologia dominante, che ha come fine instaurare la dittatura del desiderio e sostituire il diritto naturale e divino con una innaturale esaltazione di pseudo diritti individuali, del tutto slegati dalla verità.
È opportuno dunque ribadire che è possibile parlare di una relazione d’amore che genera diritti e doveri solamente quando si è in presenza di un rapporto stabile e definitivo tra un uomo ed una donna, uniti nel matrimonio. Altrimenti, se vale il principio secondo cui “l’amore libera tutti”, lo Stato si vedrà costretto, prima o poi, a riconoscere qualsiasi relazione, anche quelli della signora Dominique prima col suo gatto e poi col suo cagnolino. (Aurelio Foglia)
«Niente stralci, il ddl Cirinnà va ritirato tutto»
10-02-2016
«Ma questa volta c'è anche la presentatrice?», chiedeva un nonno al genero nella bolgia del Circo Massimo. «No, no, è la Ruiu, fa parte del Comitato Difendiamo i nostri figli». Intanto una pioggia di «siete bellissimi!» scendeva copiosa dal palco verso la moltitudine del Family day. Era lei a lanciarli, Maria Rachele Ruiu, che dichiarava il suo amore verso il popolo del Circo Massimo. Coordinatrice nazionale dei circoli Generazione Famiglia-Manif pour tous Italia, la Ruiu è donna, al punto che qualcuno, sparso tra la folla, aveva innalzato uno striscione senza se e senza ma: «Ruiu sposami!». In un certo senso lo striscione più cool di tutto il Circo Massimo, quello che meglio di altri ne incarna la sostanza.
Maria Rachele, scusami, ma hai trovato e risposto allo spasimante?
«No, non ho risposto. Anche se qualche indizio su chi ha messo lo striscione comincio ad averlo...(ride)...comunque credo che quel cartello dà anche il senso di quella che era la piazza. Ci raccontano come musoni, retrogradi, persino violenti. Al Circo Massimo c'erano giovani, famiglie, mamme, papà, nonni, che sanno anche prendere la vita con la giusta ironia».
Tu sei la coordinatrice nazionale dei circoli territoriali di Generazione Famiglia-Manif pour tous Italia, il Family day è passato, e ora?
«La piazza è stato un momento fondamentale affinché il “palazzo” si accorgesse di noi, e mi sembra che il risultato sia stato raggiunto. C'è un popolo che dice no al ddl Cirinnà. E adesso noi continuiamo quello che facciamo da alcuni anni. Tante attività dei circoli territoriali che, innanzitutto, ringrazio per lo splendido impegno che mettono. Oggi sono circa 80 i circoli sparsi sulla penisola che aiutano le famiglie a più livelli: con un'assistenza concreta rispetto, ad esempio, alla vigilanza sulla questione dell'introduzione dell'ideologia gender nelle scuole; e con una azione di informazione/formazione per far conoscere alle persone quello che sta accadendo sotto i nostri occhi».
E cosa sta accadendo?
«Beh, ci sono state tante situazioni che hanno cercato di far passare nel sottobosco, il ddl Cirinnà, come l'art.16 del “Buona scuola”. É stata l'attività capillare svolta sul territorio, la nostra come quella di tante altre realtà, che ha permesso di far maturare una coscienza critica e ha fatto riempire il Circo Massimo quasi da sé. Ribadisco, sul territorio si percepisce chiaramente che c'è un popolo che non è disposto a subire questa che è una vera e propria rivoluzione antropologica».
Ok, andiamo sul concreto. Se dovessero approvare un ddl Cirinnà stralciando la stepchild adoption, ma con le unioni civili, Generazione Famiglia-Manif Italia cosa dice?
«Dice no. Nel senso che per noi è tutto il ddl che deve essere rigettato. Perchè il ddl finge di legiferare sulle unioni civili, ma di fatto regolamenta un matrimonio fra persone dello stesso sesso. Infatti, tutti gli articoli sulla questione rimandano chiaramente al Codice civile laddove si riferisce al matrimonio così come indicato dalla Costituzione. Se si approva il ddl nella sua parte riferita alle unioni civili significa equiparare queste al matrimonio. A quel punto, anche senza art. 5, verrà poi da sé, tramite giudici o diktat europei, l'apertura alle adozioni. Quindi, a prescindere dagli stralci, questa legge nel suo impianto, si potrebbe dire nel suo dna, mina il diritto del bambino ad avere una mamma e un papà. Cioè il desiderio di un adulto prevarica il diritto di un bambino. Perciò Generazione Famiglia-Manif Italia chiede che il ddl Cirinnà venga totalmente ritirato».
Ma qualcuno dice che così oscurate il sacrosanto desiderio di due persone dello stesso sesso.
«La storia ci insegna che le leggi che aprono alle unioni civili conducono al matrimonio egualitario e quindi inevitabilmente alle adozioni e alla fabbrica di esseri umani mediante maternità surrogata e altre tecniche. Ognuno viva la propria esistenza come vuole, ma questo non può condurre a calpestare i diritti dei più deboli, in questo caso i bambini ad avere una mamma e un papà.
Quali sono i rapporti tra Generazione Famiglia e la Manif pour tous francese?
«Ludovine de la Rochere, presidente della Manif pour tous, era con noi sul palco del Family day. Siamo d'accordo che ogni Stato deve rapportarsi con il proprio territorio, ma c'è una grande sinergia perché» vorremmo che questo diventi sempre più un grande movimento di popolo. Che attraversi l'Europa e, come ha detto Gandolfini dal palco del Circo Massimo, si proponga come faro di civiltà per tutti gli uomini, a tutte le latitudini».
Vi svelo gli orrori (giuridici) del ddl Cirinnà su adozioni gay e utero in affitto
L'analisi di Alfredo Mantovano, magistrato e vicepresidente del centro studi Livatino gli orrori (anche giuridici) del ddl Cirinnà
Domanda n. 1: perché prendersela col ddl Cirinnà, imputandogli di far rientrare l’adozione nella nuova disciplina, quando il testo non ammette in modo esplicito l’adozione medesima da parte di due persone dello stesso sesso unite civilmente?
Domanda n. 2: perché andare oltre nella polemica e descrivere uno scenario per il quale, se il ddl dovesse passare, legittimerebbe l’utero in affitto?
Risposta alla prima domanda. Il ddl traduce in norma un orientamento minoritario, finora affermato solo a Roma ma contraddetto dai giudici minorili di quasi tutta Italia, oltre che dalla Cassazione: quello secondo cui il partner dello stesso sesso di un genitore biologico è legittimato a diventarne il genitore adottivo (è ciò che si chiama stepchild adoption). Si sostiene che se il genitore biologico morisse il bambino verrebbe condotto in istituto; è falso! Già oggi l’ordinamento prevede che il minore che resta senza genitori può essere adottato, secondo il criterio del suo superiore interesse, in deroga alle disposizioni generali, e quindi – per esempio – da parte di persona che dimostri di aver stabilmente convissuto col padre o con la madre venuti meno, e in tal modo ha stabilito una relazione la cui prosecuzione fa bene al minore. Le norme del Cirinnà non presuppongono una situazione critica come questa: fanno diventare regola la presenza di due genitori dello stesso sesso. Il caso, affrontato dalla giurisprudenza minoritaria prima ricordata, è quello di una donna che ha il figlio con la fecondazione artificiale di tipo eterologo, la cui compagna chiede di vedersi riconoscere genitore adottivo di quel bambino. Perché la stepchild adoption conduce come un treno all’adozione sempre e comunque? Perché nelle loro sentenze le Corti europee, e in linea con esse la Corte costituzionale italiana, hanno detto che i singoli Stati hanno facoltà di scelta se disciplinare allo stesso modo o in modo distinto matrimonio e unioni civili. Quel che il singolo Stato non può fare è conferire alle unioni civili un regime sostanzialmente matrimoniale e tener fuori dalla disciplina diritti che spettano ai coniugi: se così facesse, introdurrebbe una discriminazione da rimuovere. Il Cirinnà permette che le unioni civili si formino con un rito davanti all’ufficiale dello Stato civile alla presenza di due testimoni: come per il matrimonio. Attribuisce alle parti dell’unione civile gli stessi diritti e doveri che il codice civile prevede per chi si unisce in matrimonio. Conferisce la partecipazione alla quota di legittima in caso di successione: come per i coniugi. Prevede la pensione di reversibilità: come per i coniugi. Il giorno dopo l’approvazione del ddl qualsiasi giudice, prima ancora della Corte di Strasburgo, o della Corte EDU o della Consulta, potrebbe disapplicare la norma sulla stepchild nella parte in cui limita l’adozione, con conseguente estensione a tutti i casi. In base alla logica secondo cui se si è scelta – al di là della denominazione – la via del matrimonio, non può restarne fuori qualcosa.
Risposta alla seconda domanda. La stepchild adoption finora ha riguardato casi – come si è detto – nei quali il genitore biologico è una donna che ha avuto il bimbo, se pure spesso con fecondazione artificiale. Se però riguardasse le coppie same sex in cui i partner sono donne, anche questo costituirebbe una “ingiusta” limitazione. Come fanno due uomini conviventi ad avere un bambino? Come hanno chiaramente spiegato il sen. Sergio Lo Giudice e il suo compagno in una articolata intervista a Le Iene andata in onda su Italia 1 il 2 febbraio: acquistandolo – a un prezzo fino a 100.000 euro – con la pratica della c.d. maternità surrogata. Le modalità pratiche sono note, e comunque illustrate da vari siti di agenzie specializzate. La modalità giuridica comincia a farsi strada in qualche sentenza di assoluzione dopo essersi dichiarati genitori di un minore che non è nato biologicamente né dall’uno né dall’altro. Diventerà un’autostrada quando il diritto del minore a una famiglia sarà sostituito – come avviene con il capovolgimento promosso dal Cirinnà – dal diritto dell’aspirante genitore a un figlio. Attenzione: se il figlio diventa oggetto di un diritto, non è più qualcuno: è qualcosa. Non a caso ordinabile, manipolabile e rifiutabile a volontà. Ci si rende conto fino in fondo degli orrori cui conduce l’errore originario della sovrapposizione dei due regimi unioni civili/matrimonio?
vicepresidente del Centro studi Livatino
Quindi, per Suor Teresa Forcades ""il fatto di crescere con due donne o con due uomini non rappresenta nessun problema". ? appartirene forse ala Congregazione dele suore Luciferine? come le suore americane pro-aborto? meno male che hanno solennemente bastoato le povere Suore FF I, così non ci sarà un conatraltare che metta in evidenza la diabolicità di queste donne in abito religioso. Satana sta facendo una grande campagna acquisti anche tra le sore, oltre che tra preti, vescovi e cardinali (e oltre).
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