Bagnasco ha diritto all’opinione. E’ cittadino italiano (per ora)
Son giorni e giorni ormai che i media strillano: “Bagnasco irrompe sulle unioni civili (Secolo XIX). “I vescovi a gamba tesa sul Senato” (Libero). “Nel giorno dell’87esimo anniversario dei Patti Lateranensi, le parole di AngeloBagnasco gettano altra benzina su un dibattito parlamentare “ (Huffington Post) . “Bagnasco scende in campo”, “chiedendo, anzi ordinando ai suoi chierichetti di votare con voto segreto il disegno di legge Cirinnà” (Il Fatto Quotidiano). Le penne massoniche più in vista si sono gettate a corpo morto nella difesa della laicità violata.
Stefano Folli fieramente lancia un monito: “Un confine da rispettare”; tale Valeria Fedeli, vicepresidente Pd della Camera: “I vescovi non sono la Costituzione”. Tale Pizzetti: “Il presidente della Cei non decide il dibattito in Senato”. Nei giorni seguenti sento intervenire, pieni di civica indignazione per l’irruzione della Chiesa nella sacra statualità democratica, sfigatelli del sub-giornalismo come Gianluca Nicoletti, il lombrosiano Cruciani, e bugiardi patologici come Oscar Giannino laureato a Chicago, e vabbé. Alla fine, quando vedo che anche Mentana comincia il suo tiggì per denunciare, con scarne ma sentite parole, il petto in fuori con cui fa i suoi predicozzi nei momenti cruciali della storia, l’ingerenza della Chiesa nello Stato, mi son detto: la cosa è grave. E devo essermi distratto.
Mi sono perso Bagnasco mentre fa’ un arrogante appello al parlamento perché il voto sia segreto. Dov’è che l’ha fatto? Perché, onde si possa parlare – stracciandosi le ricche vesti – di “intollerabile ingerenza”, di “irruzione” nel dibattito parlamentare , “a gamba tesa”, a “gettar benzina sul fuoco”, “decidendo il dibattito al Senato”, bisognava che il monsignore presidente della CEI avesse fatto un pubblico appello, seduto davanti al microfono, alla fine di una riunione della Conferenza Episcopale, convocando i giornalisti, invitando gravemente i cattolici in parlamento e nel governo a esigere il voto segreto, minacciando in caso contrario le pene celesti e la terrena esclusione dai Sacramenti.
Insomma, un pubblico appello in una veste di pubblico rappresentante della Chiesa.
Invece è andata così: all’uscita dalla Messa a Genova, un giornalistuzzo avvicina monsignor Bagnasco e gli chiede: “Lei è o no per il voto segreto sulla Cirinnà?”.
Che cosa abbia risposto realmente il cardinale, lì camminando per strada, non sappiamo. Sappiamo che il giornalistuzzo, camminando per strada, ha riportato queste parole: “Ci auguriamo che il dibattito inParlamento e nelle varie sedi istituzionali sia ampiamente democratico, che tutti possano esprimersi, che le loro obiezioni possano essere considerate e che la libertà di coscienza su temi fondamentali per la vita della società e delle persone sia, non solo rispettata, ma anche promossa con una votazione a scrutinio segreto“.
Ora, si ha ragione di ritenere che quest’ultima espressione sia un’aggiunta del giornalistuzzo, di sua iniziativa, ossia da lui inventata per mettere un po’ di pepe. L’ha detto Bagnasco, nella tempesta di polemiche: il riferimento al voto segreto “era nella domanda del giornalista, non nella mia risposta”
Teoria del Giornalistuzzo
Perché penso che abbia ragione Bagnasco? Perché per tutta la mia vita di giornalista che cercava di essere serio, ho visto, subito e sofferto sciami di giornalistuzzi che si affollano coi microfoni e i smart attorno a un qualunque politico che esce da dovunque, gli gridano: “Cosa risponde al politico X che ha detto che….?”. E il politico Y, che magari ancora non sa cosa ha detto X, deve rispondergli. “C’ avemo er titolo! “, esulta lo sciame dei giornalistuzzi, e sparisce a dettare alle agenzie le parole di Y. O meglio, spesso, quelle che si son messi d’accordo, fra membri dello sciame, ad attribuire ad Y. E’ questo il lavoro dei giornalistuzzi, lo chiamano “far reagire il personaggio”. Si guadagnano la giornata così, senza approfondire, senza perdere tempo a far interviste e prepararsi. In Italia, hanno successo, specie sui redattori-capo: che vedono tutto il santo giorno “le agenzie” e le credono verità assolute, emanate da robot, non da esseri umani o sub-umani come i giornalistuzzi, per lo più cronistelli locali malpagati o non pagati affatto, che arrotondano la miseria carpendo “reazioni” di personaggi che poi mandano “alle agenzie”. Ed essendo queste agenzie fatte quasi esclusivamente di “reazioni” di questo livello, i capi-redattori se la prendono col giornalista [che cerca di essere] serio e che ha inviato “sul posto” con grandi spese.
Il giornalista [che cerca di essere] serio telefona al redattore-capo: “Ho fatto un’intervista a Bagnasco, stamattina nel suo ufficio…”.
“Sì”, risponde quello impaziente, “ma gli hai fatto dire che sulla Cirinnà chiede il voto segreto? ”. L’inviato si smarrisce: “A me non l’ha detto…”.
Il redattore-capo: “Faglielo dire. Mettilo nel pezzo; è sulle agenzie” –sottinteso: che dicono la verità concreta, mica le minchiate che scrivi tu con le tue interviste, che, lo so bene, t’ inventi di sana pianta…
Quando vi chiedete come ma il giornalismo italiano è così vuoto e basso, sappiatelo: è dominato dai giornalistuzzi. Che “fanno reagire” i politici e i personaggi in generale mettendogli i microfoni sotto il naso, a sciami, a grappoli e sparendo per chiamare le agenzie. Hanno una responsabilità evidente nel trasformare i politici – che già non sono delle alte autorità e profondi competenti – in politicuzzi: questi vedono subito che il loro nome appare più spesso nelle agenzie se “reagiscono” a botta calda, davanti allo sciame dei giornalistuzzi a cui danno quel che vogliono, e finiscono per credere che “far politica” si riduca a questo: a sparare risposte a casaccio, che domani tutti avranno dimenticato. Ovviamente i politici possono così esimersi dal fare e pensare cose serie. Hanno più successo “reagendo” a botta calda…
Scusate, mi son lasciato trasportare: è una vita che ho a che fare coi giornalistuzzi, scusate lo sfogo. Torno all’argomento:
1 – Bagnasco non ha “fatto irruzione” nel dibattito sulla Cirinnà. Ha risposto, camminando, ad una domanda di un giornalista di serie D. Se non avesse avuto il giornalistuzzo alle costole, non avrebbe detto niente sulla Cirinnà.
2 – Non è andato a cercare i giornalisti, non ha dettato loro una dichiarazione. Ha risposto ad uno che gli ha chiesto una cosa.
3 – Ha auspicato che il dibattito sia democratico e che tutti possano esprimersi. Un auspicio che dovrebbe essere di tutti.
4 –che abbia “chiesto” il voto segreto, era nella domanda del giornalista (giornalistuzzo). Non l’ha detto lui.
A questo punto, la cosa davvero grave e pericolosa per lo Stato e la libertà, è la reazione indignata dei media, delle direzioni, degli sciacalli del giornalismo massonico e del laicismo: una reazione falsificata, stentorea, intimidatoria, che alla fin fine vuol dire questo:
“Bagnasco, essendo un prelato, non ha il diritto ad esprimere un parere sulla Cirinnà. Nemmeno da privato cittadino, camminando per la strada e uscendo dalla Messa”. (Soprattutto non uscendo da Messa).
S’è fatto di tutto per montare un caso inesistente (naturalmente il sub giornalismo non s’è risparmiato il confronto con “papa Francesco”, ha messo in rilievo “la spaccatura con Galantino”, subito intervistato per raccoglierne “La reazione” : è fatto così, è basso). Lo scopo, alla fin fine, è chiaro: c’è una gran voglia di togliere il diritto di parola ai cattolici in quanto cattolici. La reazione scomposta ed eccessiva dei media e di chi li gestisce fa’ parte del progetto di aizzare la cosiddetta opinione pubblica contro i pochi credenti che restano, eccitarla all’odio cieco contro quelli che andando a Messa hanno un parere sulla Cirinnà, che non collima con l’ordine massonico internazionale.
E’ molto strano, in una società che si fa’ un vanto e un programma di ammettere “tutte le opinioni”, anche le più estreme e alternative (a parole). Che sorveglia e propone di punire le “discriminazioni” basata su “razza, sesso, religione e idee politiche”, con apposite leggi che colpiscono “l’omofobia” – per cui ad esempio chi chiama “checche” e “froci” gli invertiti và punito con galera fino a sei anni (progetto di legge), che vieta di chiamare “negri” i negri, che pretende la più larga e incondizionata “accoglienza” a tutti gli “immigrati”, per non offendere la cui religione pratica l’abolizione del crocifisso dai luoghi pubblici e del Presepe a Natale.
In questo nuovo mondo che stanno fabbricando, i laici hanno sacra la “Libertà” per Cecchi Paone , “laicità” per la transex mediatica del momento, “diritto all’opinione” per chiunque – ma non per un cittadino italiano come Bagnasco, in quanto esponente della Chiesa cattolica romana. Lo stanno definendo l’esponente di uno stato estero, lanciando una menzogna: la Conferenza episcopale italiana non è il Vaticano. Bagnasco è ovviamente un cittadino italiano con diritto di voto, e pieno diritto a esprimere un’opinione su qualunque tema pubblico. Questo tipo di menzogne rozze, incitanti all’odio verso una categoria, sono esattamente quello che fanno i regimi totalitari – con ciò, preparando le loro opinioni pubbliche ai “quindici minuti dell’odio” contro la vittima che vogliano internare, la minoranza che vogliono sterminare. O almeno, privare della cittadinanza e dichiarare nemica del popolo.
Quando vedo Mentana ergersi a fare il discorsetto storico, indignato di civismo offeso, contro “l’ingerenza” di Bagnasco, capisco che ce l’ha anche con me: a voi cattolici, “Noi” strapperemo la cittadinanza. Nel dibattito pubblico, non dovete intervenire. Vi toglieremo il diritto di voto, di rappresentanza politica. Aizzeremo le masse contro di voi. Tra le masse, ci sono già quelli che spezzano le statuine della Madonna nei presepi delle chiese a Natale, che scrivono e urlano bestemmie quando vedono un segno di sacro; sono già milioni quelli che hanno rabbia se qualcuno di voi parla. Sappiamo cosa fare per spingerli a distruggere i vostri luoghi di culto. Abbiamo una lunga esperienza. Vi cancelleremo, Noi.
Galantino vs Bagnasco, Cei divisa su Senato e unioni civili. La guerra di posizione in vista dei futuri assetti della Chiesa italiana
La mossa di Bagnasco, con l’appello al voto segreto sul ddl Cirinnà, ha fatto sobbalzare l’anima bergogliana dei vescovi italiani, guidata dal segretario Cei monsignor Nunzio Galantino.
Non a caso nelle ultime ore dai vertici della Conferenza episcopale ci sono stati due interventi per ammorbidire e prendere le distanze dalle parole del presidente. “Vale quello che ho detto l’altro giorno, per rispetto del Parlamento e delle istituzioni preferisco non parlare”, ha fatto sapere mons. Galantino. Subito dopo il portavoce della Cei, don Ivano Maffeis, ha spiegato che “con le sue parole il cardinale Bagnasco non intendeva entrare in un discorso tecnico, in alcun modo, questo appartiene alla sovranità delle Camere”. Il suo, piuttosto, “è stato un appello di tipo morale alla libertà di coscienza tenendo conto della posta in gioco”. Nella serata di giovedì, il cardinale ha avuto un lungo colloquio con Maffeis, che come portavoce Cei rappresenta sia lui che Galantino. In quel colloquio il cardinale ha ribadito che il riferimento al voto segreto “era nella domanda del giornalista, non nella mia risposta”.
Non a caso nelle ultime ore dai vertici della Conferenza episcopale ci sono stati due interventi per ammorbidire e prendere le distanze dalle parole del presidente. “Vale quello che ho detto l’altro giorno, per rispetto del Parlamento e delle istituzioni preferisco non parlare”, ha fatto sapere mons. Galantino. Subito dopo il portavoce della Cei, don Ivano Maffeis, ha spiegato che “con le sue parole il cardinale Bagnasco non intendeva entrare in un discorso tecnico, in alcun modo, questo appartiene alla sovranità delle Camere”. Il suo, piuttosto, “è stato un appello di tipo morale alla libertà di coscienza tenendo conto della posta in gioco”. Nella serata di giovedì, il cardinale ha avuto un lungo colloquio con Maffeis, che come portavoce Cei rappresenta sia lui che Galantino. In quel colloquio il cardinale ha ribadito che il riferimento al voto segreto “era nella domanda del giornalista, non nella mia risposta”.
E tuttavia le parole di Bagnasco, dopo che Galantino nei giorni scorsi si era sottratto a ogni domanda sulle unioni civili “per rispetto del lavoro delle istituzioni”, sono apparse subito come una esplicita volontà di rialzare il livello dello scontro. Una bomba con due target, quella del cardinale: un assist politico al fronte cattolico bipartisan che ancora confida di affossare almeno le adozioni e ha bisogno del voto segreto (anche a costo di subire le accuse di ingerenza che sono arrivate da Pietro Grasso e dal premier Renzi); e una scoppola ai vescovi bergogliani che si sarebbero sottratti alla battaglia contro le coppie gay. Una mossa un po’ disperata, che dà quasi per persa la battaglia parlamentare e si prepara a fare di questa sconfitta un punto di forza per i futuri assetti dentro la Cei. Un modo, per gli eredi di Ruini e dei “valori non negoziabili”, per prepararsi alla partita sulla successione di Bagnasco, prevista nel 2017, alla fine del suo secondo mandato.
Tra un anno, infatti, i vescovi italiani, per la prima volta, saranno chiamati a eleggere una terna di vescovi per la carica di presidente (ruolo che da statuto è più importante di quello di segretario). Da questa terna il Pontefice sceglierà il nuovo presidente. Nuovo meccanismo di voto, dunque. Francesco avrebbe voluto lasciare ai vescovi la responsabilità di nominare il loro presidente, come avviene in tutti gli altri paesi. Dopo un lungo braccio di ferro con Bagnasco, nel 2014 lo statuto Cei è stato modificato con il meccanismo della terna. Ed è in questo contesto che si può inquadrare la battaglia di Bagnasco: come una sfida a contarsi, in vista dei nuovi equilibri dentro l’episcopato italiano.
Un conflitto, quello tra il Papa e Bagnasco sullo statuto Cei, che è solo uno dei tanti episodi di distanza tra il capo dei vescovi italiani e il Pontefice. Già in quell’occasione, infatti, Francesco decise di aprire personalmente l’assemblea generale della Cei, con una dura strigliata contro “chiacchiere, bugie, lamentele, gelosie, consorterie e settarismi” dell’episcopato italiano. Uno shock per i vescovi più conservatori. Ancor prima, Bergoglio aveva rimosso l’arcivescovo di Genova dalla congregazione per i vescovi, scelta che poi si è tradotta con una infornata di nomine di vescovi bergogliani in diocesi importanti come Palermo e Bologna. L’ultimo scontro, in ordine di tempo, è l’annullamento dell’udienza con Bagnasco prima del Consiglio permanente Cei di fine gennaio. Una scelta, quella del Papa, che ha interrotto una consolidata prassi e che ha avuto tra le motivazioni proprio il protagonismo di Bagnasco sulla piazza del Family Day, e dunque su una questione di politica interna italiana.
Aprendo i lavori del Consiglio permanente, il 25 gennaio, il presidente Cei ha fatto un discorso piuttosto prudente, citando a più riprese le parole del Papa sul tema della famiglia e ribadendo che “i vescovi sono uniti e compatti nel condividere le difficoltà e le prove della famiglia e nel riaffermarne la bellezza, la centralità e l’unicità”. “Insinuare contrapposizioni e divisioni significa non amare né la Chiesa né la famiglia”, aveva sottolineato.
Due settimane dopo lo scontro torna allo scoperto, alla vigilia delle votazioni chiave in Senato. Dal Consiglio in poi, la Cei ufficialmente non si è più confrontata sul tema. Ma sotto la cenere il fuoco è rimasto acceso e ora è divampato con l’intervento a gamba tesa di Bagnasco sui meccanismi di voto in Senato. Ai più attenti osservatori della vicende della Curia non è sfuggito che neppure ai tempi di Ruini i vertici della Cei erano entrati così direttamente nell’ambito delle prerogative parlamentari. C’era stata una forte campagna sui “valori non negoziabili”, il pieno sostegno alla piazza del Family Day contro i Dico di Prodi, persino un invito di Ruini all’astensione in occasione del referendum sulla procreazione assistita. Ma mai un intervento così simile a un’ingerenza nelle prerogative delle istituzioni repubblicane. Ora con Bagnasco lo scontro tra Chiesa e Stato subisce un upgrade, l’esatto contrario delle indicazioni che arrivano dal Vaticano. L’obiettivo di affossare la legge Cirinnà però resta un miraggio, un traguardo quasi irraggiungibile. Ma dentro la Curia la partita è ancora aperta. E tutta da giocare. E gli eredi del ruinismo vogliono far sentire la loro voce.
http://www.huffingtonpost.it/2016/02/12/galantino-bagnasco-cei_n_9219816.html?1455298546&utm_hp_ref=italy
Renzi da lezioni di teologia al Cardinale Bagnasco: sa lui cosa è ‘sacro e santo’
Perfetto: Renzi da lezioni di teologia a Bagnasco e Galantino tace per rispetto al Parlamento. Siamo ormai alla farsa. Ieri il Card. Bagnasco ha auspicato il voto segreto per il Ddl Cirinnà, ed è quello che speriamo tutti, perché ci sarebbe la sicurezza che ognuno ha votato secondo coscienza e non secondo la prassi degli schieramenti politici. Renzi gli ha però ribattuto che sulle modalità di voto decide il Parlamento (in questo caso Grasso) e non la Cei, aggiungendo poi: “Con tutto il rispetto per Bagnasco”.
Ma il rispetto che sbandiera è solo un modo di dire perché, parlando a Radio Anch’io, ha tenuto a precisare che la legge sulle unioni civili è una legge sacrosanta (Fonte Avvenire), dando così lezione a Bagnasco e a tutti i cattolici che la pensano come il Presidente della Cei su cosa vada considerato sacro e santo.
Come a dire che essere contrari a quella legge ci pone fra coloro che non conoscono le leggi di Dio, di cui evidentemente Renzi si ritiene il depositario.
In tutto questo la ciliegina sulla torta l’ha messa Mons. Galantino che, coerente con le sue convinzioni, ha riaffermato: “Vale quello che ho detto l’altro giorno, per rispetto del Parlamento e delle istituzioni preferisco non parlare”. (Fonte Ansa)
Quindi per lui i diritti del Parlamento sono prevalenti rispetto ai diritti di Dio.
Siccome Bagnasco ha parlato a nome della Conferenza episcopale italiana, di cui Galantino è stato nominato segretario da Papa Francesco, che si tiene costantemente fuori da tali querelles, preferendo organizzare partite di pallone e incontri di box, la domanda sorge di conseguenza: quindi esistono due Chiese?
Cei, Francesco dà buca a Bagnasco: per la prima volta in 20 anni Papa non andrà al congresso eucaristico nazionale
Bergoglio ha comunicato che a settembre non sarà a Genova. Tra impegni e le giustificazioni addotte del numero uno della Cei, pesa in realtà un rapporto segnato dalle gaffe - le congratulazioni a Scola - e lo scontro sulla eccessiva ingerenza della Chiesa italiana nella vita politica del Paese
Dopo Scola, Papa Francesco dà buca anche a Bagnasco. Dopo aver annullato la visita a Milano programmata per il 7 maggio2016, a settembre Bergoglio non sarà a Genova per il 26esimoCongresso eucaristico nazionale. “È ormai una decisione ufficiale”, ha affermato il cardinale Bagnasco. “Abbiamo atteso e sperato che il Papa potesse rispondere positivamente alle nostre richieste, – ha aggiunto il porporato – ma purtroppo me lo ha comunicato e anche lui naturalmente è dispiaciuto, però gli impegni all’estero, in modo particolare, gli impediscono questa presenza. Sarà comunque presente spiritualmente con la sua preghiera e noi con la nostra accanto a lui”.
Erano oltre 20 anni che un Papa non disertava questo importante appuntamento della Chiesa italiana. Benedetto XVI non vi aveva mancato mai. San Giovanni Paolo II soltanto una volta, nel 1994, in 27 anni di pontificato. Il motivo della decisione di Francesco? Ufficialmente perché il Papa non vuole fare visite pastorali in Italiadurante il Giubileo, ma in realtà, essendo quello di Genova un appuntamento della Cei, Bergoglio vuole ancora di più sottolineare la distanza con la Chiesa italiana e Bagnasco anche per la sua continua ingerenza nella vita politica in particolare sulle unioni civili. Non a caso il Papa non ha ricevuto il presidente della Cei alla vigilia del primo Consiglio episcopale permanente del 2016 dove al centro del dibattito c’era il tema delle unioni civili e del ddl Cirinnà che vuole regolarle disciplinando anche l’istituto delle adozioni.
Nella prolusione a quella riunione Bagnasco si limitò a citare le parole che Bergoglio aveva rivolto pochi giorni prima alla Rota Romanasottolineando chiaramente che “non può esserci confusione tra la famiglia voluta da Dio e ogni altro tipo di unione“. Posizione presente anche nella dichiarazione congiunta che Francesco e Kirill hanno firmato nel loro storico incontro a L’Avana: “Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica”.
La distanza tra il Papa e Bagnasco in merito alle unioni civili non è, dunque, sulle posizioni – che coincidono esattamente – ma sui metodi per esprimerle e in particolare sull’ingerenza nella vita politica del Paese del presidente della Cei che negli ultimi giorni è arrivato perfino a chiedere il voto segreto in Parlamento sul ddl Cirinnà dando indicazioni procedurali dirette alla politica. In questo modo si è registrata anche la distanza tra il porporato e il numero due della Chiesa italiana, monsignor Nunzio Galantino, che ha, invece, preferito il silenzio: “Per rispetto del Parlamento e delle istituzioni preferisco non parlare”. Nel 2010 l’allora cardinale Bergoglio si oppose alla legge argentina che equipara il matrimonio alle unioni gay sostenuta dalla presidentessa Cristina Fernández de Kirchner. Ma lo fece sempre dal pulpito, invitando alla preghiera, mai dalla piazza. E nonostante ciò i suoi non pochi critici, anche all’interno della Chiesa argentina, attribuirono alla sua opposizione l’approvazione della legge definendo l’azione del futuro Papa come un vero e proprio “errore strategico”.
La distanza tra Francesco e Bagnasco è, invece, nota da tempo, fin dalla sera dell’elezione con il telegramma di auguri della Cei a “Papa Scola”. Una gaffe destinata a incrinare per sempre i rapporti tra Bergoglio e la Chiesa italiana. L’ultima sferzante critica del Papa alla Cei è arrivata a Firenze nel novembre 2015 in occasione del quinto convegno nazionale dei vescovi della Penisola: “Dio protegga la Chiesa italiana da ogni surrogato di potere, d’immagine, di denaro”. E proprio in quell’occasione Francesco aveva detto ai presuli: “Non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia”.
Nei primi tre anni di pontificato con Bagnasco lo scontro è stato sempre manifesto. Da quando il Papa ha chiesto ai vescovi di eleggere direttamente il loro presidente, alla decisione di escludere il capo della Cei dalla Congregazione per i vescovi fino a quella di aprire personalmente l’annuale assemblea generale della Chiesa italiana che si svolge a maggio in Vaticano. Ma Bagnasco non ha mai rinunciato alla “contro prolusione” e al tentativo, invano, di non far aprire al Papa le successive assemblee della Chiesa italiana. Eppure fino a oggi questa “guerra fredda” tra Francesco e Bagnasco non ha mai portato alle dimissioni del presidente della Cei.
Twitter: @FrancescoGrana
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