L'Unità
(Emma Fattorini) E così sono trascorsi tre anni da quando il cardinale Bergoglio, appena eletto papa ci stupiva con un "buona sera", pronunciato con naturalezza dalla solenne loggia di S.Pietro. Come se fossimo improvvisamente finiti dentro un remake del film di Nanni Moretti Habemus papam. Un film che sarebbe stato di gran lunga superato dai tanti, inediti gesti di quel papa che come il pontefice del film di Moretti, avrebbe amato mangiare una bella pizza in mezzo alla gente.
Tre anni pieni di gesti sorprendenti che, nella loro spontaneità, sembrano studiati. Gesti più che simbolici: non abitare nella solitudine degli appartamenti pontifici, mangiare alla mensa con gli altri perché da soli è triste, portare la borsa di lavoro con sé perché è più pratico, sicuro e perché così facciamo tutti. Così ha conquistato molti, stanchi di figure ieratiche e lontane e ha infastidito altri che vi leggevano un' eccessiva indulgenza allo spirito populista dei tempi. In realtà i suoi comportamenti sono stati "segni", non estrinseci, non demagogici ma testimonianze di un' unità di vita: di un comportamento che non è in contrasto con le convinzioni che si proclamano. Una richiesta, questa, che si era fatta sempre più impellente negli anni che hanno preceduto il suo pontificato, quando non solo nella chiesa ma nella società e nella politica italiane erano diventati intollerabili il discredito del potere e delle classi dirigenti. E la loro distanza siderale dalla vita delle persone. Perché Francesco Tre anni fa aveva subito spiegato di volersi chiamare Francesco, per essere come lui, il più santo dei santi, per vicinanza ed empatia con tutto il creato, le donne e gli uomini, gli animali e la natura. Nell' Enciclica Laudato sì promulgata il 24 maggio 2015 scrive cha ha scelto quel nome perché per lui san Francesco è stato «una sorta di dichiarazione di intenti e una fonte di ispirazione..., credo che Francesco sia l' esempio per eccellenza per l' attenzione ai deboli e per una felice e autenticamente vissuta ecologia olistica». E questa enciclica diventa rapidamente un testo cult, un simbolo di denuncia e impegno, addirittura un manifesto politico perché «attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, l' uomo rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione». E vede dunque «l' urgenza e la necessita di un mutamento radicale nella condotta dell' umanità..., per eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell' economia mondiale e per correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell' ambiente». l' Unità Lunedì, 14 Marzo 2016 Severo eppure allegro Papa Francesco non è indulgente con i nostri tempi, è severo eppure allegro. Come l' altro Francesco. Questo è il papa del buon umore, contro la scontentezza e la lamentazione. Nella sua prima esortazione apostolica la Evangelii Gaudium, del 24 novembre del 2013, la parola gioia ricorre 59 volte. Mai un messaggio dolorista e triste, mai un cedimento al pessimismo e alla scontentezza. Non nel senso facilone e sempliciotto. Ma nel senso di non sposare quella cupezza e scoraggiamento tipici di un' epoca come la nostra che si rifugia nel lamento compiaciuto per autoassolversi e chiudersi. Un mondo spaventato dall' altro, dal diverso. Il cristiano, invece, è allegro. Consapevole della gravità delle situazioni ma pieno di speranza fattiva. «Gli evangelizzatori non dovrebbero avere costantemente una faccia da funerale..., non dovrebbero essere tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi». Le sue parole chiave: la Tenerezza e la Misericordia. Nella vita delle persone significano ricerca di relazioni e non autosufficienza dell' individuo, nelle convivenze tra le popolazioni costruiscono ponti e non muri. Russia, Siria e Cuba Teologia del cuore che si trasforma in una diplomazia del dialogo come l' attenzione a non isolare la Russia, fondamentale alleato contro il terrorismo e per gli stessi equilibri europei, o una versione sapiente e non moralistica delle strategie di pace come fece il primo anno sulla Siria, per finire con la vicenda di Cuba che chiude tutto un percorso novecentesco. Un grande consenso, un bilancio positivo su tanti piani che, secondo molti, si appanna quando si valuta la governance: a rilento la riforma della curia, errori nella scelta di collaboratori. Ma anche qui credo ci sia una scelta precisa, quella di non dare priorità all' efficienza manageriale del decisionismo. La chiesa del resto come diceva anche il suo predecessore non è un' azienda. La scelta è piuttosto quella di convertire i cuori di credenti e no, senza distinzioni. E la radicalità di questa scelta così spirituale e, insieme, così concreta disturba i vecchi assetti curiali più di tante plateali epurazioni. Concilio vaticano II Del resto si parla di resistenze e di opposizioni al nuovo corso bergogliano ben saldo sui binari tracciati dal Concilio vaticano II. Pensiamo alla collegialità sinodale nelle scelte, alla povertà come vocazione della chiesa, alla realtà come luogo di lettura dei segni dei tempi. Tutte caratteristiche che si sono espresse nel Sinodo sulla famiglia, poco capito. Importante per quello che non ha detto, come le affermazioni apodittiche e giudicanti che i conservatori avrebbero preteso. Un Sinodo di cui vedremo i frutti, che è partito dalla realtà di oggi, quella delle relazioni affettive fragili e difficili ma fondamentali nelle loro diversità e nei loro cambiamenti, come centro di un nuovo, comune umanesimo.
Nel 3° anniversario dell'elezione di Papa FrancescoTre anni pieni di gesti sorprendenti che, nella loro spontaneità, sembrano studiati. Gesti più che simbolici: non abitare nella solitudine degli appartamenti pontifici, mangiare alla mensa con gli altri perché da soli è triste, portare la borsa di lavoro con sé perché è più pratico, sicuro e perché così facciamo tutti. Così ha conquistato molti, stanchi di figure ieratiche e lontane e ha infastidito altri che vi leggevano un' eccessiva indulgenza allo spirito populista dei tempi. In realtà i suoi comportamenti sono stati "segni", non estrinseci, non demagogici ma testimonianze di un' unità di vita: di un comportamento che non è in contrasto con le convinzioni che si proclamano. Una richiesta, questa, che si era fatta sempre più impellente negli anni che hanno preceduto il suo pontificato, quando non solo nella chiesa ma nella società e nella politica italiane erano diventati intollerabili il discredito del potere e delle classi dirigenti. E la loro distanza siderale dalla vita delle persone. Perché Francesco Tre anni fa aveva subito spiegato di volersi chiamare Francesco, per essere come lui, il più santo dei santi, per vicinanza ed empatia con tutto il creato, le donne e gli uomini, gli animali e la natura. Nell' Enciclica Laudato sì promulgata il 24 maggio 2015 scrive cha ha scelto quel nome perché per lui san Francesco è stato «una sorta di dichiarazione di intenti e una fonte di ispirazione..., credo che Francesco sia l' esempio per eccellenza per l' attenzione ai deboli e per una felice e autenticamente vissuta ecologia olistica». E questa enciclica diventa rapidamente un testo cult, un simbolo di denuncia e impegno, addirittura un manifesto politico perché «attraverso uno sfruttamento sconsiderato della natura, l' uomo rischia di distruggerla e di essere a sua volta vittima di siffatta degradazione». E vede dunque «l' urgenza e la necessita di un mutamento radicale nella condotta dell' umanità..., per eliminare le cause strutturali delle disfunzioni dell' economia mondiale e per correggere i modelli di crescita che sembrano incapaci di garantire il rispetto dell' ambiente». l' Unità Lunedì, 14 Marzo 2016 Severo eppure allegro Papa Francesco non è indulgente con i nostri tempi, è severo eppure allegro. Come l' altro Francesco. Questo è il papa del buon umore, contro la scontentezza e la lamentazione. Nella sua prima esortazione apostolica la Evangelii Gaudium, del 24 novembre del 2013, la parola gioia ricorre 59 volte. Mai un messaggio dolorista e triste, mai un cedimento al pessimismo e alla scontentezza. Non nel senso facilone e sempliciotto. Ma nel senso di non sposare quella cupezza e scoraggiamento tipici di un' epoca come la nostra che si rifugia nel lamento compiaciuto per autoassolversi e chiudersi. Un mondo spaventato dall' altro, dal diverso. Il cristiano, invece, è allegro. Consapevole della gravità delle situazioni ma pieno di speranza fattiva. «Gli evangelizzatori non dovrebbero avere costantemente una faccia da funerale..., non dovrebbero essere tristi e scoraggiati, impazienti e ansiosi». Le sue parole chiave: la Tenerezza e la Misericordia. Nella vita delle persone significano ricerca di relazioni e non autosufficienza dell' individuo, nelle convivenze tra le popolazioni costruiscono ponti e non muri. Russia, Siria e Cuba Teologia del cuore che si trasforma in una diplomazia del dialogo come l' attenzione a non isolare la Russia, fondamentale alleato contro il terrorismo e per gli stessi equilibri europei, o una versione sapiente e non moralistica delle strategie di pace come fece il primo anno sulla Siria, per finire con la vicenda di Cuba che chiude tutto un percorso novecentesco. Un grande consenso, un bilancio positivo su tanti piani che, secondo molti, si appanna quando si valuta la governance: a rilento la riforma della curia, errori nella scelta di collaboratori. Ma anche qui credo ci sia una scelta precisa, quella di non dare priorità all' efficienza manageriale del decisionismo. La chiesa del resto come diceva anche il suo predecessore non è un' azienda. La scelta è piuttosto quella di convertire i cuori di credenti e no, senza distinzioni. E la radicalità di questa scelta così spirituale e, insieme, così concreta disturba i vecchi assetti curiali più di tante plateali epurazioni. Concilio vaticano II Del resto si parla di resistenze e di opposizioni al nuovo corso bergogliano ben saldo sui binari tracciati dal Concilio vaticano II. Pensiamo alla collegialità sinodale nelle scelte, alla povertà come vocazione della chiesa, alla realtà come luogo di lettura dei segni dei tempi. Tutte caratteristiche che si sono espresse nel Sinodo sulla famiglia, poco capito. Importante per quello che non ha detto, come le affermazioni apodittiche e giudicanti che i conservatori avrebbero preteso. Un Sinodo di cui vedremo i frutti, che è partito dalla realtà di oggi, quella delle relazioni affettive fragili e difficili ma fondamentali nelle loro diversità e nei loro cambiamenti, come centro di un nuovo, comune umanesimo.
Facciamo un'eccezione pubblicando per la prima volta una foto dell'Augusto Pontefice come commento visivo ad un brano tratto da un articolo pubblicato da Zenit per il 3° anniversario dell'elezione di Papa Francesco.
La foto che abbiamo scelto ci piace perché ci sorride l'idea che il Vicario di Cristo si metta a servire, con il sorriso nelle labbra, alcuni anziani.
Abbandoniamo per un momento il dubbio se anche quel gesto sia spontaneo o il frutto di una sollecitazione televisiva o fotografica ( noi continuiamo a ritenere che buona parte dell'attuale pontificato è il risultato di una regia intelligente ed efficace di un professionista dell'immagine).
Per un momento ci ricordiamo che siamo papalini e non papolatri : come cattolici non smetteremo mai neppure per un istante di pregare per il Papa!
Rimandiamo come abbiamo fatto ogni anno nell'anniversario dell'elezione del Papa la lettura dell'articolo scritto nella notte del 13/14 marzo 2013 ( QUI ).
Per un momento dimentichiamoci che l'attuale pontificato gode degli appoggi dei potentati e di personaggi distanti anni luce dalla Chiesa Cattolica - addirittura alcuni sono dichiaratamente dei nemici di Cristo e della Sua Chiesa - per questo suggeriamo la lettura dell'articolo dello scorso anno ( QUI ) .
Insomma per un momento dimentichiamoci di tante cose...ma tanto umilmente :
Per un momento dimentichiamoci che l'attuale pontificato gode degli appoggi dei potentati e di personaggi distanti anni luce dalla Chiesa Cattolica - addirittura alcuni sono dichiaratamente dei nemici di Cristo e della Sua Chiesa - per questo suggeriamo la lettura dell'articolo dello scorso anno ( QUI ) .
Insomma per un momento dimentichiamoci di tante cose...ma tanto umilmente :
preghiamo per il Papa e la Chiesa !
Un'analisi sottile quella di uno dei più illustri intellettuali cattolici italiani Massimo Borghesi sulla "rivoluzione" di papa Francesco, un'analisi capace di cogliere sfumature e dettagli significativi.
«La sua “teologia del popolo” sorge, nel contesto dell’Argentina degli anni ’70, come risposta “cattolica” alla teologia della rivoluzione.
Non si tratta di una posizione ideologica ma del radicarsi della fede nella mistica popolare, in una tradizione cristiana vivente, storica, che la Chiesa istituzionale non può disconoscere, pena rimanere astratta e formalistica.
Il sensus fidei del popolo credente è un “luogo teologico”, così come i poveri sono i prediletti, coloro che Dio ama in modo speciale.
La “teologia del popolo” è una risposta all’ideologismo, di destra e di sinistra, all’elitarismo di stampo illuminista, allo gnosticismo che riduce la fede a “dottrina”.
Da qui sorgono conseguenze importanti.
La prima è una concezione “carnale”, “fisica” del cristianesimo.
Un popolo sorge da una relazione vivente, reale, non da una proposta astratta.
Il cristianesimo, per sua natura, si comunica nella concretezza di del vedere-udire-toccare-abbracciare.
Non si tratta di una posizione ideologica ma del radicarsi della fede nella mistica popolare, in una tradizione cristiana vivente, storica, che la Chiesa istituzionale non può disconoscere, pena rimanere astratta e formalistica.
Il sensus fidei del popolo credente è un “luogo teologico”, così come i poveri sono i prediletti, coloro che Dio ama in modo speciale.
La “teologia del popolo” è una risposta all’ideologismo, di destra e di sinistra, all’elitarismo di stampo illuminista, allo gnosticismo che riduce la fede a “dottrina”.
Da qui sorgono conseguenze importanti.
La prima è una concezione “carnale”, “fisica” del cristianesimo.
Un popolo sorge da una relazione vivente, reale, non da una proposta astratta.
Il cristianesimo, per sua natura, si comunica nella concretezza di del vedere-udire-toccare-abbracciare.
Una conseguenza di ciò è la semplicità di un linguaggio, quello evangelico carico di esempi e di richiami, che non si limita ad istruire ma vuole anche coinvolgere il cuore.
Vuole porre in una relazione reale Dio con coloro che ascoltano.
Dio sensibile al cuore: questo è il cristianesimo per Bergoglio».
Fonte e foto : Zenit
(Franco Garelli) Chi l' avrebbe mai detto che quella figura bianca che tre anni fa si è affacciata dalla Loggia di San Pietro, umile e timida, avrebbe dato una così grande scossa alla Chiesa e al mondo? Certamente non i cardinali che lo hanno eletto, che pensavano (come già per Giovanni XXIII) ad un papato di transizione, vista la non proprio verde età del primate argentino e considerata la necessità di un pontificato di decantazione dopo quello assai impegnativo di Wojtyla e il periodo più sofferto di Ratzinger.
E nemmeno la maggior parte degli osservatori pubblici, i cui riflettori erano focalizzati su ben altri candidati e non sono mai troppo inclini a posarsi sulle zone periferiche della chiesa. E invece da uno di questi coni d' ombra è giunto sul soglio di Pietro il primo papa extraeuropeo e sudamericano, un uomo di chiesa che sino a quel momento era stato solo di sfuggita a Roma, non aveva mai visitato i musei vaticani; insomma aveva il suo baricentro più nell' altrove del mondo che nel centro della cattolicità. Lo stupore è stato grande, anzitutto tra i suoi stessi connazionali. Bergoglio in patria era certamente un pastore stimato, per la semplicità del suo stile di vita e la prossimità alla gente delle favelas, anche se veniva giudicato umanamente troppo serioso e un po' conservatore sia nel campo della fede che in quello dei costumi. Ecco invece il Papa che non ti aspetti, forse rivitalizzato dalla "grazia" di stato. Che mantiene un volto accigliato quando celebra i riti, ma che di fronte alle folle è un' icona di serenità e di fiducia. Che innova la comunicazione della chiesa, con i suoi discorsi a braccio, con un parlare senza fronzoli, esponendosi al dialogo diretto con i giornalisti, senza il timore che il proprio pensiero non sia compiuto. Soprattutto un pontefice che parla non solo attraverso le encicliche e i discorsi istituzionali; ma anche attraverso una serie di gesti cui sembra attribuire lo stesso valore (se non di più) delle dichiarazioni ufficiali. Si pensi al viaggio a Lampedusa, per fare memoria di quel mare di morti; ai suoi dialoghi con il mondo laico; alle sue visite e alle iniziative promosse per quanti vivono ai margini della società. E inoltre, la sua spinta perché la chiesa si dimostri più madre che giudice, superi l' idea di essere una cittadella assediata, vada incontro alle molte "pecorelle" che stanno fuori dal recinto piuttosto che coltivare le poche che vi si annidano. Tra i vari segni innovativi, si pensi ancora alle aperture del Papa verso i fedeli che vivono situazioni famigliari irregolari, o l' attenzione nei confronti degli omosessuali. Il Pontificato di Bergoglio non si esaurisce tuttavia nell' immagine di una chiesa più dialogante con il mondo e più prossima alla condizione di chi soffre. Vi sono almeno tre grandi scenari che occorre richiamare nel tentativo di operare il bilancio di questi primi anni di pontificato. Il primo è il ruolo internazionale che sta avendo la chiesa cattolica sotto la guida di papa Francesco, che riflette una visione del mondo in cui occorre capovolgere il rapporto centro-periferia, non più centrata sullo strapotere dell' Occidente e sul primato culturale dell' Europa, ma attenta ad affermare il diritto di tutti i popoli a essere soggetti attivi e responsabili del proprio sviluppo. Qui emerge lo sguardo lungo sul mondo del Papa argentino, che sta a Roma ma non smette di occuparsi di ciò che avviene nel Medio e nell' Estremo Oriente, che si reca negli Usa e all' Onu ma passando per Cuba, che anticipa l' apertura del Giubileo in quella terra d' Africa martoriata da grandi tragedie. E proprio sulla scena internazionale è emerso un Papa dalle qualità inattese, molto più accorto – dal punto di vista politico e diplomatico – di quanto fosse da molti accreditato. Si pensi, ad esempio, alle sue prese di posizione sul dramma della Siria, al costante dialogo con le autorità musulmane, alle iniziative per evitare l' isolamento della Russia nelle dinamiche internazionali. Un altro scenario riguarda le "narrazioni" di come va il mondo (e di come dovrebbe andare) che Bergoglio sta offrendo non solo all' insieme della cattolicità ma a tutti gli uomini e i politici di buona volontà. In un' epoca di crisi delle grandi ideologie, Papa Francesco sembra essere l' unica alta autorità che non teme di operare delle grandi diagnosi dei mali della terra e di prefigurare scenari alternativi. E ciò nel campo dell' ecologia, denunciando una terza guerra mondiale che si sta consumando "a pezzi", descrivendo l' economia che uccide e produce scarti umani, richiamando modelli di sviluppo alternativi a quelli narrati dal mercato. L' ultimo accenno tocca la riforma in atto nella chiesa cattolica, da parte di un Papa che vorrebbe una barca di Pietro più snella e più orientata alla sua specifica missione, meno burocrazia e più spirito evangelico, meno carrierismo e più servizio. E ancora, una chiesa unita ma decentrata, capace di dar voce e responsabilità alle diverse chiese locali, ognuna delle quali ha la stessa dignità e capacità propositiva. Certo non tutto è oro ciò che luccica. Non mancano zone d' ombra nel modo in cui Francesco si muove sia nella chiesa sia nella sua azione internazionale. Nel primo caso il riferimento è ad una riforma che fa fatica ad attuarsi, forse perché lo stesso Papa è assorbito da troppe incombenze (o presta debole attenzione agli aspetti organizzativi) per riuscire a modificare in profondità un' istituzione complessa e articolata com' è la multinazionale della fede cattolica. A livello internazionale, invece, è evidente come non tutte le scelte del Pontefice siano prive di rischi e persino di strumentalizzazioni. Com' è il caso della sua posizione morbida nei confronti della Russia di Putin, che se può favorire il dialogo con la chiesa ortodossa di Mosca e di tutte le Russie, di fatto espone la chiesa di Roma a non mettere troppo l' accento sulle malefatte del nuovo zar nell' Europa orientale.
I tre anni di FrancescoLettere a La Nazione - Risponde il direttore Pier Francesco De RobertisE nemmeno la maggior parte degli osservatori pubblici, i cui riflettori erano focalizzati su ben altri candidati e non sono mai troppo inclini a posarsi sulle zone periferiche della chiesa. E invece da uno di questi coni d' ombra è giunto sul soglio di Pietro il primo papa extraeuropeo e sudamericano, un uomo di chiesa che sino a quel momento era stato solo di sfuggita a Roma, non aveva mai visitato i musei vaticani; insomma aveva il suo baricentro più nell' altrove del mondo che nel centro della cattolicità. Lo stupore è stato grande, anzitutto tra i suoi stessi connazionali. Bergoglio in patria era certamente un pastore stimato, per la semplicità del suo stile di vita e la prossimità alla gente delle favelas, anche se veniva giudicato umanamente troppo serioso e un po' conservatore sia nel campo della fede che in quello dei costumi. Ecco invece il Papa che non ti aspetti, forse rivitalizzato dalla "grazia" di stato. Che mantiene un volto accigliato quando celebra i riti, ma che di fronte alle folle è un' icona di serenità e di fiducia. Che innova la comunicazione della chiesa, con i suoi discorsi a braccio, con un parlare senza fronzoli, esponendosi al dialogo diretto con i giornalisti, senza il timore che il proprio pensiero non sia compiuto. Soprattutto un pontefice che parla non solo attraverso le encicliche e i discorsi istituzionali; ma anche attraverso una serie di gesti cui sembra attribuire lo stesso valore (se non di più) delle dichiarazioni ufficiali. Si pensi al viaggio a Lampedusa, per fare memoria di quel mare di morti; ai suoi dialoghi con il mondo laico; alle sue visite e alle iniziative promosse per quanti vivono ai margini della società. E inoltre, la sua spinta perché la chiesa si dimostri più madre che giudice, superi l' idea di essere una cittadella assediata, vada incontro alle molte "pecorelle" che stanno fuori dal recinto piuttosto che coltivare le poche che vi si annidano. Tra i vari segni innovativi, si pensi ancora alle aperture del Papa verso i fedeli che vivono situazioni famigliari irregolari, o l' attenzione nei confronti degli omosessuali. Il Pontificato di Bergoglio non si esaurisce tuttavia nell' immagine di una chiesa più dialogante con il mondo e più prossima alla condizione di chi soffre. Vi sono almeno tre grandi scenari che occorre richiamare nel tentativo di operare il bilancio di questi primi anni di pontificato. Il primo è il ruolo internazionale che sta avendo la chiesa cattolica sotto la guida di papa Francesco, che riflette una visione del mondo in cui occorre capovolgere il rapporto centro-periferia, non più centrata sullo strapotere dell' Occidente e sul primato culturale dell' Europa, ma attenta ad affermare il diritto di tutti i popoli a essere soggetti attivi e responsabili del proprio sviluppo. Qui emerge lo sguardo lungo sul mondo del Papa argentino, che sta a Roma ma non smette di occuparsi di ciò che avviene nel Medio e nell' Estremo Oriente, che si reca negli Usa e all' Onu ma passando per Cuba, che anticipa l' apertura del Giubileo in quella terra d' Africa martoriata da grandi tragedie. E proprio sulla scena internazionale è emerso un Papa dalle qualità inattese, molto più accorto – dal punto di vista politico e diplomatico – di quanto fosse da molti accreditato. Si pensi, ad esempio, alle sue prese di posizione sul dramma della Siria, al costante dialogo con le autorità musulmane, alle iniziative per evitare l' isolamento della Russia nelle dinamiche internazionali. Un altro scenario riguarda le "narrazioni" di come va il mondo (e di come dovrebbe andare) che Bergoglio sta offrendo non solo all' insieme della cattolicità ma a tutti gli uomini e i politici di buona volontà. In un' epoca di crisi delle grandi ideologie, Papa Francesco sembra essere l' unica alta autorità che non teme di operare delle grandi diagnosi dei mali della terra e di prefigurare scenari alternativi. E ciò nel campo dell' ecologia, denunciando una terza guerra mondiale che si sta consumando "a pezzi", descrivendo l' economia che uccide e produce scarti umani, richiamando modelli di sviluppo alternativi a quelli narrati dal mercato. L' ultimo accenno tocca la riforma in atto nella chiesa cattolica, da parte di un Papa che vorrebbe una barca di Pietro più snella e più orientata alla sua specifica missione, meno burocrazia e più spirito evangelico, meno carrierismo e più servizio. E ancora, una chiesa unita ma decentrata, capace di dar voce e responsabilità alle diverse chiese locali, ognuna delle quali ha la stessa dignità e capacità propositiva. Certo non tutto è oro ciò che luccica. Non mancano zone d' ombra nel modo in cui Francesco si muove sia nella chiesa sia nella sua azione internazionale. Nel primo caso il riferimento è ad una riforma che fa fatica ad attuarsi, forse perché lo stesso Papa è assorbito da troppe incombenze (o presta debole attenzione agli aspetti organizzativi) per riuscire a modificare in profondità un' istituzione complessa e articolata com' è la multinazionale della fede cattolica. A livello internazionale, invece, è evidente come non tutte le scelte del Pontefice siano prive di rischi e persino di strumentalizzazioni. Com' è il caso della sua posizione morbida nei confronti della Russia di Putin, che se può favorire il dialogo con la chiesa ortodossa di Mosca e di tutte le Russie, di fatto espone la chiesa di Roma a non mettere troppo l' accento sulle malefatte del nuovo zar nell' Europa orientale.
Firenze, 14 marzo 2015 - Caro direttore, leggo nel suo giornale che tre anni fa venne eletto papa il cardinale di Buenos Aires. Penso che in questo periodo papa Francesco abbia cambiato molto la Chiesa, non ho ancora capito se in meglio o in peggio. Ci sono cose che piacciono di più, altre di meno.
Mattia Marcolin, Siena
Caro Marcolin, ogni papa incide sempre nella vita della Chiesa e della Storia, e non sempre è subito facile capire quanto profondo sarà il segno. Spesso servono decenni. In ogni caso per Francesco non è sbagliato dire che il segno ci sarà. Per prima cosa Bergoglio ha capovolto la prospettiva della Chiesa, da sempre romanocentrica o al più eurocentrica. Bergoglio è un uomo del sud del mondo, ed è da questo punto di vista che osserva e giudica la realtà. E questo non è poco. Ha allargato la base decisionale, e le chiese periferiche sono certamente più protagoniste. Poi ha riconciliato il popolo di Dio con la Chiesa stessa, che dopo gli scandali di Vatileaks era apparsa lontana e abitata da diavoli più che da santi. Infine ha ricondotto la Chiesa a uno stile di vita più vicino alle origini, e non si tratta solo di vaghe sollecitazioni pauperistiche.
@pierderobertis - direttore@lanazione.net
di PIER FRANCESCO DE ROBERTIS
Repubblica
(Alberto Melloni) Scuote il tradizionalismo Eletto il 13 marzo del 2013, il Papa venuto dalla fine del mondo ha dato una svolta alla Chiesa che si stava avvitando in uno stallo inesorabile. Un Buon Pastore che con il suo cristianesimo profondo seduce e spiazza. E orienta il cambiamento. Anche oggi, quando si guarda al Conclave del 2013, si percepisce la difficoltà che Francesco ha prodotto in tutti. Pur di non misurarsi col cristianesimo del Papa - perché questo Papa è un cristiano che dice che il Vangelo basta - si ripiega su una lettura dolciastra del Conclave, come se il vescovo di Roma, uno dei pochissimi che nella Chiesa cattolica sia ancora indicato con l' antico metodo della elezione, fosse fatto dallo Spirito, in gran segreto.
Invece il diritto canonico è pignolo nel dire che il vescovo di Roma funziona al contrario: sono uomini in carne ed ossa che portano la responsabilità dello loro scelta davanti a Dio. Il segreto era una cautela anti-risorgimentale; e le norme vogliono soprattutto che la designazione non dia adito a malesseri e contestazioni. Ciò è tanto vero che perfino Bergoglio, quando tre anni fa s' affacciò al balcone usò una formula abbastanza tradizionale: «Il dovere del Conclave è di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo». Ma quella elezione di un Papa cristiano del sud - come se nel nord del mondo fossero finiti - ha messo mano ad un disordine sistemico a causa del quale la Chiesa si stava avvitando e che aveva nei cinque secoli passati pochissimi precedenti. Non era questione di scandali di Curia: perché il più recente dei suoi vizi ha circa cinquecento anni. Non era una questione di soldi: perché se gli unici ladri di Roma fossero entro le mura vaticane, Roma sarebbe l' Eden. Non era il problema di antagonismi virulenti fra piccoli uomini e piccoli mondi del potere ecclesiastico italiano che aveva contratto terribili malattie avendo rapporti non protetti con la destra più opaca d' Europa. Non era nemmeno la questione degli scandali a sfondo sessuale: anch' essi tutt' altro che specifici. Non era l' esistenza di un ingranaggio denigratorio nel quale si schiacciava ogni tanto il dito anche qualche macchinista. E tantomeno l' apertura di botteghe dove si compravendono carte personali del Papa per alimentare rumori e fortune all' ombra di falsissimi moralismi. Il senso si sfacelo derivava dalla sensazione che un errore radicale nella diagnosi di questi mali avesse fatto avvitare la Chiesa in uno stallo inesorabile. Davanti al quale Ratzinger s' era ritratto, sperando così di aprire la via a qualcuno che, con maggior forza, potesse usare quel disastro per imputarlo al Concilio, al post-Concilio, alle aperture e alle speranze che avevano percorso la Chiesa nei 50 anni precedenti. Il pre-Conclave, come ormai tutti sanno, maturò una diagnosi opposta, perfino sfocata: non erano le Conferenze episcopali, le teologie della liberazione, le aspirazioni di dialogo che avevano fatto male alla Chiesa ma "gli italiani". E dunque bisognava cercare un Papa che escludesse "gli italiani" dalla corsa, dai capitolati conclavari, dal domani di una Chiesa che, nella durezza limpida dell' eloquio di Bergoglio, nella sua austera semplicità, potesse dare una svolta. E la svolta è arrivata puntuale, micidiale: mettendo davanti agli occhi di 1,2 miliardi di fedeli, e di qualche altro miliardo di curiosi, la semplicità di un cristiano, di un Papa cristiano. Che col suo cristianesimo seduce e spiazza, orienta e disorienta i tre "partiti", se così si può dire, che nella Chiesa cattolica si sono consolidati all' inizio dell' Ottocento e che - se si potesse scherzare su cose così serie - potremmo chiamare il Ppp, Pnf, Pci e il Mpb. Ha disorientato il Partito Piagnone Progressista: quello che, grazie alla continua produzione di conservatorismi bislacchi da parte dell' autorità, culminati nel ritorno dei pizzi e delle chincaglierie barocche di una liturgia narcisista, poteva stare fermo davanti alla moviola e denunciarne la inutilità con dolente signorilità. Ha disorientato il Partito delle Nostalgie Febbricitanti, percorso da un rimpianti che vengono spacciati per la "Tradizione" e che per decenni s' è accontentato di nascondere le proprie tiepidezze dottrinali e morali in un rigorismo la cui esagerazione faceva venire sospetti ad ogni persona saggia. Ha disorientato il Partito dei Cinici Impuniti: quello i cui vocianti esponenti si sentono parte di un "potere eterno" e guardano sornioni a Francesco che, come dice qualcuno, «sarà anche cristiano come dici tu, ma non è mica immortale». Ma ha disorientato, il Papa, anche il Movimento dei Pappagalli Bergoglisti: quelli che fino a 40 mesi fa facevano tutto "in veritate" e adesso vedono "misericordia" anche nei fondi del caffè, bevuti rigorosamente "nelle periferie". Disorientati dal fatto che "Dio ha avuto pietà della Chiesa". Non perché la "scelta" di Bergoglio venga da Dio in modo diverso da quello che ha portato tutti gli altri vescovi, che sono tutti vicari di Cristo per le Chiese locali "nelle quali e dalle quali" si genera la comunione universale, sulle cattedre della cattolicità: mettersi su questa via un po' spiritualista obbligherebbe infatti a farsi domande su come mai per uno così, ne ha scelti tanti cosà. Meglio allora, come fece lui quella sera, limitarsi a dire che la scelta di Francesco l' hanno fatta i cardinali. Alcuni sapendo che «l' uomo è così », come diceva il più importante ed abile dei suoi grandi elettori; alcuni facendosi portare dall' onda di un consenso che nel 2005 non poté misurarsi fino in fondo perché il cardinale Martini in persona temette che se, ritirandosi Ratzinger, si fosse andati ad un duello Ruini-Bergoglio il papato sarebbe ridiventato italiano. Questo Papa cristiano, dunque, non crede ad un uso imperioso del governo. Forse dà pure per scontato che dopo di lui possa arrivare un Pio XIII che rimetta la briscola a bastoni. Vive le sue convinzioni sulla sinodalità come modo d' essere della Chiesa (lo spiegava bene uno dei suoi teologi di fiducia, monsignor Marcello Semeraro, sull' Osservatore Romano dell' 11) e sul Vangelo come annuncio che parla a tutti, e sul povero come sacramento del Cristo povero, come una possibilità che pone ciascuno davanti ad un dilemma: se farà vescovi "cristiani" e mostrerà che anche che i vescovo possono diventar cristiani, se farà cristiani "cristiani" e mostrerà che anche i cristiani tiepidini possono diventar cristiani, avrà adempiuto la sua vocazione di pastore. Se non ci riuscirà, poco male: l' unica pecora rimasta nell' ovile, a guardar dal recinto le novantanove che vagano fra sordide meschinità, potrà vederle tornare coi loro pastori carichi di ambizioni frustrate ai bordi della staccionata, invidiose di veder lì dentro una pecora con un pastore che odora dell' odore cristiano del Buon Pastore.
(Alberto Melloni) Scuote il tradizionalismo Eletto il 13 marzo del 2013, il Papa venuto dalla fine del mondo ha dato una svolta alla Chiesa che si stava avvitando in uno stallo inesorabile. Un Buon Pastore che con il suo cristianesimo profondo seduce e spiazza. E orienta il cambiamento. Anche oggi, quando si guarda al Conclave del 2013, si percepisce la difficoltà che Francesco ha prodotto in tutti. Pur di non misurarsi col cristianesimo del Papa - perché questo Papa è un cristiano che dice che il Vangelo basta - si ripiega su una lettura dolciastra del Conclave, come se il vescovo di Roma, uno dei pochissimi che nella Chiesa cattolica sia ancora indicato con l' antico metodo della elezione, fosse fatto dallo Spirito, in gran segreto.
Invece il diritto canonico è pignolo nel dire che il vescovo di Roma funziona al contrario: sono uomini in carne ed ossa che portano la responsabilità dello loro scelta davanti a Dio. Il segreto era una cautela anti-risorgimentale; e le norme vogliono soprattutto che la designazione non dia adito a malesseri e contestazioni. Ciò è tanto vero che perfino Bergoglio, quando tre anni fa s' affacciò al balcone usò una formula abbastanza tradizionale: «Il dovere del Conclave è di dare un vescovo a Roma. Sembra che i miei fratelli cardinali sono andati a prenderlo quasi alla fine del mondo». Ma quella elezione di un Papa cristiano del sud - come se nel nord del mondo fossero finiti - ha messo mano ad un disordine sistemico a causa del quale la Chiesa si stava avvitando e che aveva nei cinque secoli passati pochissimi precedenti. Non era questione di scandali di Curia: perché il più recente dei suoi vizi ha circa cinquecento anni. Non era una questione di soldi: perché se gli unici ladri di Roma fossero entro le mura vaticane, Roma sarebbe l' Eden. Non era il problema di antagonismi virulenti fra piccoli uomini e piccoli mondi del potere ecclesiastico italiano che aveva contratto terribili malattie avendo rapporti non protetti con la destra più opaca d' Europa. Non era nemmeno la questione degli scandali a sfondo sessuale: anch' essi tutt' altro che specifici. Non era l' esistenza di un ingranaggio denigratorio nel quale si schiacciava ogni tanto il dito anche qualche macchinista. E tantomeno l' apertura di botteghe dove si compravendono carte personali del Papa per alimentare rumori e fortune all' ombra di falsissimi moralismi. Il senso si sfacelo derivava dalla sensazione che un errore radicale nella diagnosi di questi mali avesse fatto avvitare la Chiesa in uno stallo inesorabile. Davanti al quale Ratzinger s' era ritratto, sperando così di aprire la via a qualcuno che, con maggior forza, potesse usare quel disastro per imputarlo al Concilio, al post-Concilio, alle aperture e alle speranze che avevano percorso la Chiesa nei 50 anni precedenti. Il pre-Conclave, come ormai tutti sanno, maturò una diagnosi opposta, perfino sfocata: non erano le Conferenze episcopali, le teologie della liberazione, le aspirazioni di dialogo che avevano fatto male alla Chiesa ma "gli italiani". E dunque bisognava cercare un Papa che escludesse "gli italiani" dalla corsa, dai capitolati conclavari, dal domani di una Chiesa che, nella durezza limpida dell' eloquio di Bergoglio, nella sua austera semplicità, potesse dare una svolta. E la svolta è arrivata puntuale, micidiale: mettendo davanti agli occhi di 1,2 miliardi di fedeli, e di qualche altro miliardo di curiosi, la semplicità di un cristiano, di un Papa cristiano. Che col suo cristianesimo seduce e spiazza, orienta e disorienta i tre "partiti", se così si può dire, che nella Chiesa cattolica si sono consolidati all' inizio dell' Ottocento e che - se si potesse scherzare su cose così serie - potremmo chiamare il Ppp, Pnf, Pci e il Mpb. Ha disorientato il Partito Piagnone Progressista: quello che, grazie alla continua produzione di conservatorismi bislacchi da parte dell' autorità, culminati nel ritorno dei pizzi e delle chincaglierie barocche di una liturgia narcisista, poteva stare fermo davanti alla moviola e denunciarne la inutilità con dolente signorilità. Ha disorientato il Partito delle Nostalgie Febbricitanti, percorso da un rimpianti che vengono spacciati per la "Tradizione" e che per decenni s' è accontentato di nascondere le proprie tiepidezze dottrinali e morali in un rigorismo la cui esagerazione faceva venire sospetti ad ogni persona saggia. Ha disorientato il Partito dei Cinici Impuniti: quello i cui vocianti esponenti si sentono parte di un "potere eterno" e guardano sornioni a Francesco che, come dice qualcuno, «sarà anche cristiano come dici tu, ma non è mica immortale». Ma ha disorientato, il Papa, anche il Movimento dei Pappagalli Bergoglisti: quelli che fino a 40 mesi fa facevano tutto "in veritate" e adesso vedono "misericordia" anche nei fondi del caffè, bevuti rigorosamente "nelle periferie". Disorientati dal fatto che "Dio ha avuto pietà della Chiesa". Non perché la "scelta" di Bergoglio venga da Dio in modo diverso da quello che ha portato tutti gli altri vescovi, che sono tutti vicari di Cristo per le Chiese locali "nelle quali e dalle quali" si genera la comunione universale, sulle cattedre della cattolicità: mettersi su questa via un po' spiritualista obbligherebbe infatti a farsi domande su come mai per uno così, ne ha scelti tanti cosà. Meglio allora, come fece lui quella sera, limitarsi a dire che la scelta di Francesco l' hanno fatta i cardinali. Alcuni sapendo che «l' uomo è così », come diceva il più importante ed abile dei suoi grandi elettori; alcuni facendosi portare dall' onda di un consenso che nel 2005 non poté misurarsi fino in fondo perché il cardinale Martini in persona temette che se, ritirandosi Ratzinger, si fosse andati ad un duello Ruini-Bergoglio il papato sarebbe ridiventato italiano. Questo Papa cristiano, dunque, non crede ad un uso imperioso del governo. Forse dà pure per scontato che dopo di lui possa arrivare un Pio XIII che rimetta la briscola a bastoni. Vive le sue convinzioni sulla sinodalità come modo d' essere della Chiesa (lo spiegava bene uno dei suoi teologi di fiducia, monsignor Marcello Semeraro, sull' Osservatore Romano dell' 11) e sul Vangelo come annuncio che parla a tutti, e sul povero come sacramento del Cristo povero, come una possibilità che pone ciascuno davanti ad un dilemma: se farà vescovi "cristiani" e mostrerà che anche che i vescovo possono diventar cristiani, se farà cristiani "cristiani" e mostrerà che anche i cristiani tiepidini possono diventar cristiani, avrà adempiuto la sua vocazione di pastore. Se non ci riuscirà, poco male: l' unica pecora rimasta nell' ovile, a guardar dal recinto le novantanove che vagano fra sordide meschinità, potrà vederle tornare coi loro pastori carichi di ambizioni frustrate ai bordi della staccionata, invidiose di veder lì dentro una pecora con un pastore che odora dell' odore cristiano del Buon Pastore.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.