ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 20 aprile 2016

I nostri doveri come laici cattolici verso il bene della Chiesa



Voice of the Family: “La Amoris Laetitia mina l’insegnamento della Chiesa cattolica”


Amoris LaetitiaVoice of the Family è una coalizione internazionale di 26 organizzazioni pro-vita/pro-famiglia ed è stata presente a Roma per tutta la durata dei Sinodi per la Famiglia: quello Straordinario (2014) e quello Ordinario (2015). Qualche giorno fa, sul sito dell’organizzazione, in inglese, è stato pubblicato un articolo dal titolo “Catholic cannot accept elements of Apostolici Exhortation that threaten Faith and family” (I cattolici non possono accettare gli elementi dell’Esortazione Apostolica che minacciano la Fede e la famiglia).
Scrivono sul sito: «L’Esortazione Apostolica Amoris laetitia è un documento molto lungo, che affronta una vasta quantità di argomenti relativi alla famiglia. Numerosi passi riflettono fedelmente l’insegnamento cattolico, ma questo non può in alcun modo attenuare la gravità dei passi che minano l’insegnamento e la pratica della Chiesa cattolica».
Promettendo di presentare delle analisi complete dei seri problemi che pone il testo, Voice of the Family, sottolineando che  le preoccupazioni sul testo sono espresse «col più grande rispetto per l’ufficio papale e unicamente in ragione del desiderio sincero di assistere la gerarchia nella proclamazione dell’insegnamento cattolico sulla vita, il matrimonio, la famiglia, e per promuovere il bene autentico della famiglia e dei suoi membri più vulnerabili», e dopo aver ricordato che i laici «hanno il diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli altri fedeli, salva restando l’integrità della fede e dei costumi e il rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l’utilità comune e la dignità delle persone» (Canone 212 § 3), scrive: «Amoris Laetitia, nel corso del capitolo 8, paragrafi 291-312, propone numerosi approcci che preparano la via all’accesso alla Santa Comunione dei cattolici «divorziati risposati», senza vero pentimento né cambiamento di vita. Questi paragrafi presentano: 1. Un’esposizione confusa dell’insegnamento cattolico sulla natura e gli effetti del peccato mortale, sull’imputabilità del peccato e sulla natura della coscienza. 2. L’utilizzo di un linguaggio ideologico invece della terminologia tradizionale della Chiesa. 3. Il ricorso a delle citazioni isolate e scorrette tratte dai documenti ecclesiali anteriori. Un esempio particolarmente preoccupante di una citazione inesatta dell’insegnamento anteriore si trova al paragrafo 298, che cita la dichiarazione di Papa Giovanni Paolo II nella Familiaris Consortio, che esistono situazioni in cui «l’uomo e la donna, per seri motivi – quali ad esempio l’educazione dei figli – non possono soddisfare l’obbligo della separazione». Ma in Amoris Laetitia viene omessa la seconda parte della frase di Giovanni Paolo II, che afferma che essi «assumono l’impegno di vivere in piena continenza, cioè di astenersi dagli atti propri dei coniugi» (Familiaris Consortio, n° 84). Per di più, nella nota a pie’ di pagina a questa citazione leggiamo: «In queste situazioni, molti, conoscendo e accettando la possibilità di convivere “come fratello e sorella” che la Chiesa offre loro, rilevano che, se mancano alcune espressioni di intimità, “non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli” (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et Spes, 51)».
Il documento fa riferimento a questa veduta erronea, ma non spiega perché si tratta di un falso approccio, vale a dire che: Tutti gli atti sessuali al di fuori di un matrimonio valido sono intrinsecamente cattivi e non è mai giustificabile commettere un atto intrinsecamente cattivo, anche al fine di ottenere un fine buono; “La fedeltà è messa in pericolo” dagli atti di intimità sessuale al di fuori del matrimonio, ma la fedeltà si vive quando due individui coinvolti in una unione non valida si astengono dall’intimità sessuale per rimanere fedeli alla loro unione originale, che rimane valida; La citazione implica che i bambini soffriranno perché i genitori, con l’aiuto della grazia divina, vivono in castità. Al contrario, questi genitori daranno ai loro figli un esempio di fedeltà, di castità e di fiducia nel potere della grazia di Dio. Il documento cita Gaudium et Spes, ma il passo è citato fuori dal contesto e non sostiene l’argomento addotto. Il contesto esprime chiaramente che Gaudium et Spes parla dei cattolici sposati, nel contesto della procreazione, e non di quelli che coabitano in una unione invalida. Ecco la frase intera: «Là dove, infatti, è interrotta l’intimità della vita coniugale, non è raro che la fedeltà sia messa in pericolo e possa venir compromesso il bene dei figli: allora corrono pericolo anche l’educazione dei figli e il coraggio di accettarne altri.» (Gaudium et Spes, n° 51). È quindi difficile evitare di concludere che l’Esortazione Apostolica stia almeno tentando di avanzare la possibilità che gli atti sessuali adulteri possano in certi casi essere giustificati e che citi malamente la Gaudium et Spes per dare fondamento a questo tentativo».
Relativamente ai diritti parentali ed educazione sessuale, Voice of the Family sottolinea che: «Amoris Laetitia include una sezione intitolata: “Sì all’educazione sessuale” (paragrafi 280-286). Questa sezione si estende per più di cinque pagine senza fare nemmeno un riferimento ai genitori. Per contro si fa riferimento alle “istituzioni educative”. Eppure l’educazione sessuale è un “diritto e dovere fondamentale dei genitori”, e “deve attuarsi sempre sotto la loro guida sollecita, sia in case sia nei centri educativi da essi scelti e controllati” (Giovanni Paolo II, Familiaris Consortio, n° 37). L’omissione di questo insegnamento tradisce gravemente i genitori in un momento in cui i diritti parentali in materia di educazione sessuale subiscono un pesante grave attacco in molte nazioni del mondo e presso le istituzioni internazionali. In questa sezione Amoris Laetitia non cita alcuno dei precedenti documenti della Chiesa, che affermano chiaramente questo diritto; per contro, cita uno psicoanalista, Erich Fromm, legato alla scuola di Francoforte. I precedenti riferimenti che il documento fa sui diritti dei genitori (paragrafo 84), mentre sono benvenuti, non possono compensare l’esclusione dei genitori da questa sezione».
Sulle unioni omosessuali viene sottolineato che «Amoris Laetitia, seguendo un approccio simile a quello precedentemente adottato nei documenti sinodali, suggerisce che “le unioni omosessuali” possono offrire una “certa stabilità” e possono avere una sorta di somiglianza o relazione col matrimonio. Si afferma che: «Dobbiamo riconoscere la grande varietà di situazioni familiari che possono offrire una certa regola di vita, ma le unioni di fatto o tra persone dello stesso sesso, per esempio, non si possono equiparare semplicisticamente al matrimonio.» (Paragrafo 52). C’è grande pressione da parte delle istituzioni internazionali per il rifiuto della tradizionale comprensione della famiglia, attraverso l’adozione di un linguaggio che si riferisce alla “varietà” o “diversità” nelle forme della famiglia. L’implicazione che “le unioni tra persone dello stesso sesso” facciano parte della “grande varietà di situazioni familiari” è esattamente quello che i gruppi pro-famiglia stanno combattendo duramente per opporvisi. Usando un tale linguaggio, l’Esortazione Apostolica mina il lavoro del movimento pro-famiglia volto a proteggere la vera definizione di famiglia e, di conseguenza, a proteggere i bambini, che dipendono dalla struttura della famiglia voluta da Dio per il loro benessere e il loro sano sviluppo. Va notato che, al paragrafo 251, viene ribadito l’autentico insegnamento della Chiesa, che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”».
Sull’Ideologia del gender «Amoris Laetitia approva un aspetto centrale dell’“ideologia del gender”, affermando che “Non si deve ignorare” che “sesso biologico (sex) e ruolo sociale-culturale del sesso (gender), si possono distinguere, ma non separare” (paragrafo 56). Questa accettazione del principio di base della teoria del genere mina la critica a questa ideologia e ai suoi effetti avanzata opportunamente dal documento. La falsa nozione che il sesso biologico sia distinguibile dal cosiddetto “genere”, venne proposta per la prima volta negli anni 1950 e costituisce il fondamento della “ideologia del gender”. L’opposizione alle conseguenze dell’“ideologia del gender” diventa impossibile se si accetta il suo errato principio primo». Infine sugli attacchi alla vita umana innocente viene detto che «Amoris Laetitia non riesce a cimentarsi con la gamma delle minacce contro i bambini non ancora nati, gli anziani e i disabili. Stime prudenti indicano che nel corso dell’ultimo secolo sono state distrutte con l’aborto oltre un miliardo di vite non ancora nate. In un documento che affronta le sfide alla famiglia, lungo 263 pagine, ci sono solo un piccolo numero di passi che si riferiscono all’aborto. Non vi è alcuna menzione della distruzione causata dai metodi artificiali di riproduzione, che anch’essi hanno portato alla perdita di milioni di vite umane. In questo contesto, l’assenza di una seria discussione sugli attacchi portati alla vita nascente è una grave omissione. C’è anche un infimo riferimento all’eutanasia e al suicidio assistito, nonostante la crescente pressione per la loro legalizzazione in tutto il mondo. La mancanza di una adeguata discussione su questa minaccia è un’altra omissione molto deplorevole».
E sulla contraccezione «Amoris Laetitia non riesce a ribadire in modo adeguato la dottrina cattolica sull’uso della contraccezione. Questa è una mancanza preoccupante dato che (i) la separazione del fine procreativo da quello unitivo nell’atto sessuale è un importante catalizzatore per la cultura della morte e dato che (ii) vi sono una diffusa disobbedienza e un’ignoranza della dottrina della Chiesa in questo campo precisamente a causa del fallimento della gerarchia nel comunicare questa verità. Nel documento, la discussione sulla coscienza è ugualmente viziata sia al paragrafo 222, che si occupa di “paternità responsabile”, sia nel capitolo VIII, che si occupa dell’ammissione ai sacramenti di quelli che vivono come pubblici adulteri. Il paragrafo 303 è particolarmente preoccupante, soprattutto nella seguente asserzione: «Ma questa coscienza può riconoscere non solo che una situazione non risponde obiettivamente alla proposta generale del Vangelo; può anche riconoscere con sincerità e onestà ciò che per il momento è la risposta generosa che si può offrire a Dio, e scoprire con una certa sicurezza morale che quella è la donazione che Dio stesso sta richiedendo in mezzo alla complessità concreta dei limiti, benché non sia ancora pienamente l’ideale oggettivo. In ogni caso, ricordiamo che questo discernimento è dinamico e deve restare sempre aperto a nuove tappe di crescita e a nuove decisioni che permettano di realizzare l’ideale in modo più pieno». Questa affermazione sembra adottare una falsa comprensione della “legge della gradualità” e suggerisce che ci sono alcune occasioni in cui il peccato è non solo inevitabile, ma anche attivamente voluto da Dio per quella persona. Chiaramente, questo sarebbe inaccettabile».
In conclusione viene sottolineato che «il documento non riesce a fornire una chiara e fedele esposizione della dottrina cattolica e porta inevitabilmente a conclusioni che potrebbero implicare la violazione della dottrina immutabile la Chiesa cattolica e di quelle discipline che sono strettamente fondate su di essa. Il nostro iniziale sguardo d’insieme fornisce un motivo sufficiente per considerare questo documento come una minaccia per l’integrità della fede cattolica e l’autentico bene della famiglia. Ribadiamo ancora una volta che facciamo queste critiche con grande riverenza per l’ufficio del papato, ma con la consapevolezza dei nostri doveri come laici cattolici verso il bene della Chiesa, e dei nostri doveri come soggetti pro-vita/pro-famiglia che lavorano per proteggere la famiglia e i suoi membri più vulnerabili».
 Michele M. Ippolito  19 aprile 2016  

La gioia dell'amore (e del sesso) casto

di Alessi Calò

Domenica scorsa io e mia Moglie siamo stati invitati da un amico sacerdote a portare una testimonianza (per la prima volta) riguardo la sessualità ad un corso di preparazione al matrimonio, corso che avevamo frequentato l'anno prima da fidanzati. La cosa divertente e stimolante dell'invito stava nel fatto che le coppie discenti sono tutte conviventi; per questo il don ci aveva chiesto molta carità nell'esprimerci, conoscendo in particolare la rigidità espressiva di mia Moglie su questi argomenti (al corso frequentato noi l'anno prima eravamo gli unici a praticare la castità nel fidanzamento, e quando si discuteva di queste cose volavano i coltelli).
Sabato pomeriggio quindi, mentre mia moglie preparava la torta da portare all'incontro (io le avevo chiesto di riempirla di ricino per costringere quelle coppie alla castità almeno una notte), mi sono appuntato qualche considerazione circa la bontà della continenza prematrimoniale (che io preferisco definire extramatrimoniale, un termine meno scusante), attingendo a vari opuscoli ed articoli, oltre che alle fonti magisteriali; mia Moglie aveva già diligentemente preparato il suo schemino, che presentava la nostra storia e anticipava alcune mie riflessioni di carattere più generale. Seguendo la vulgata corrente, quella della Chiesa misericordiosa in uscita ospedale da campo che accoglie ecc, ho cercato di utilizzare un linguaggio positivo e propositivo, piuttosto che elencare tutta una serie di condanne che potevano in qualche modo indisporre il pubblico (anche se sarebbe stato bello entrare dicendo "finirete tutti all'inferno maledetti concubini"), ma non per questo ho indorato la pillola. Mi ero anche segnato tutta una serie di obiezioni che sarebbero potute arrivare dal pubblico, invitato da me ad interrompere e contestare (sono per indole un costruttore di ponti, però levatoi).
Domenica quindi, dopo aver richiamato il numero 2350 del Catechismo ("i fidanzati sono chiamati a vivere la castità nella continenza. Messi così alla prova, scopriranno il reciproco rispetto, si alleneranno alla fedeltà e alla speranza di riceversi l'un l'altro da Dio") e pure l'esortazione Amoris Laetitia (non ci credete? Leggete i punti dal 205 al 211 e scoprirete cose interessanti e per certi versi sorprendenti), ho elencato brevemente i principali motivi a favore della castità tra fidanzati: il pericolo che i rapporti sessuali distolgano i fidanzati dal vero dialogo e dalla sana conoscenza reciproca durante un periodo che serve a capire se ci sono le basi per un matrimonio cristiano; l'incoerenza di un linguaggio, quello sessuale, che dice una cosa tipicamente matrimoniale ("sono tutto tuo per sempre, siamo una sola carne") e ne pensa un'altra, non vincolante ("siamo solo fidanzati, se va male liberi tutti"); l'esercizio delle virtù, in questo caso la temperanza (che aiuta la fedeltà ed il rispetto reciproco, allontanando il peccato), in ordine al bene della persona e al raggiungimento della felicità, ovviamente quella celeste.
I discenti erano abbastanza interessati, tanto che hanno anche provato a ribattere con la più classica delle scuse, quella relativa all'impossibilità di conoscersi a fondo senza i rapporti sessuali: "Ma non è meglio conoscersi totalmente convivendo? E se poi nel matrimonio scopri che non c'è compatibilità sessuale?" "Per prima cosa, il rapporto sessuale non è solo chimica o meccanica, ma fa parte del dialogo di coppia e come tale si costruisce e scopre assieme. Inoltre, l'atto sessuale è di per sé generativo e quindi potrebbe comparire un terzo, in una situazione di precarietà che non gioverebbe molto a lui, né alla madre. Infine, per allargare lo sguardo, le persone non sono dei monoliti e nel corso della vita cambiano, così come i rapporti fra le persone, quindi tutto ciò che conosci in qualche mese di convivenza (situazione da evitare perché induce in tentazione) non è indicativo. E non è neanche detto che la conoscenza totale sia positiva: forse è meglio contemplare il proprio coniuge e la bellezza del mistero che esso rappresenta per te" (come in una Santa Messa, avrei potuto continuare, ma mi è venuto in mente ora). Devo dire che il silenzio seguente alla mia risposta che mi ha gasato molto. Vi sono poi stati altri interventi, alcuni dei quali porto all'attenzione perché mi sembrano interessanti, e in qualche modo legati: l'attività sessuale come soddisfazione personale imprescindibile (senza la quale il rapporto non potrebbe continuare) e i metodi naturali come strumenti contraccettivi cristiani ("perchè il preservativo no e i periodi infecondi sì?"). Per quanto concerne il primo punto, va segnalato che nel matrimonio vi è donazione incondizionata di tutto il proprio essere al coniuge in ordine alla sua felicità, quindi la cosiddetta soddisfazione sessuale è un frutto dell'atto e non un mero obiettivo, né una condizione indispensabile; il secondo punto fa invece emergere come vi sia in campo cattolico un travisamento riguardo l'uso dei metodi naturali (leciti in quanto rispettano la natura dell'essere umano, Humanae Vitae n. 16), che andrebbero utilizzati però solo per "gravi motivi" (HV n. 10) e non come routine, dato che la finalità primaria del matrimonio è la procreazione (questione mai messa in dubbio dal Magistero e ripresa con forza da san Giovanni Paolo II, nonostante l'ambiguità di certi documenti del Concilio Vaticano II e successivi), mentre la seconda è il bene dei coniugi (l'aspetto cosiddetto unitivo).
Non so quanto siano trapelate dalle nostre parole la gioia e la bellezza dell'atto sessuale come esclusivo del matrimonio; speriamo almeno di aver proposto una visione alternativa a quella dominante, gettando dei semi che, speriamo, prima o poi fioriranno. 
http://www.campariedemaistre.com/2016/04/la-gioia-dellamore-e-del-sesso-casto.html

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