Il gender a Chieri e la scelta “etica” della nuova chiesa
La piovra omosessista, tanto tracotante quando si tratta di spacciare per diritti i protocolli delle proprie perversioni, perde di lucidità se qualcuno vuol far capire alla gente attraverso quali canali essa lavora alla distruzione di un organismo sociale già debilitato al quale intende assestare il colpo finale.
di Patrizia Fermani
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(sui fatti di Chieri vedi gli articoli Il mistero di Chieri. Il convegno vietato. Motivazioni cercansi e Chieri e il convegno vietato. Nessun mistero, solo tanto squallore)
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I fatti di Chieri non aprono di certo scenari nuovi, ma riassumono tutta una storia. La piovra omosessista manovrata dall’alto ma penetrata ovunque in modo capillare attraverso i mille distaccamenti locali, è all’opera da tanto tempo cioè da ben prima che le circostanze concrete mettessero in luce la sua efficienza organizzativa e il grado di diffusione delle sue metastasi.
Questa penetrazione è andata avanti da anni indisturbata perché il terreno del senso comune (inteso come buon senso) e delle difese naturali collettive, cioè dello istinto di sopravvivenza dei singoli come delle società, è stato diserbato attraverso le immissioni tossiche dei media alimentate dalla politica.
È stato isterilito il campo affinché non fiorisse più il pensiero ed è stato avvelenato il pozzo dei principi etici, in modo che la possibilità di una reazione significativa fosse ridotta al minimo e ogni minimo segno di rivolta trovasse già schierate truppe ben addestrate. Un tempo c’era la chiesa ad assicurare la difesa. Ma la chiesa di Bergoglio sovrapposta anche agli ultimi resti di quella che era ancora la chiesa cattolica visibile, ha assunto il ruolo del potente alleato di ogni conquistatore interno ed esterno della società cristiana.
A Chieri si doveva parlare di gender. Il gender è stato ideato proprio per fornire una veste pseudo filosofica al fenomeno omoerotico, e torna utile come paravento dietro al quale nascondere lo indottrinamento scolastico al bello della omosessualità e al superamento dei ruoli famigliari fissati da madre natura. Trovata rischiosa, perché per quanto intorpidito sia ormai anche il buon senso, alla gente normale può rimanere ancora difficile da digerire che il sesso sia una libera scelta da adattare al cambio di stagione, e che le figure umane siano tutte senza volto. Qualcuno si è accorto che nelle nuove normative sulla scuola le formule magiche del “genere” e dell’”orientamento sessuale” abbondano e ha cominciato a capire quale sia il loro significato. I nostri governanti, che pure di audacia speculativa non mancano, alle prime sporadiche reazioni di chi si è reso conto del congegno perverso, si sono affrettati a rassicurare gli elettori sulla innocuità ed innocenza dei programmi didattici, comprovate dal fatto che in realtà “la teoria del gender non esiste”. Dove è incerto se essi, non essendo in grado di capire la differenza che corre tra inesistenza e infondatezza di una teoria, abbiano pensato veramente di avere trovato un argomento risolutivo per sedare l’allarme, o si ostinino a ripetere la boutade, subito ripresa dai pensatori della diocesi di Padova, perché sicuri che a non capirne il non senso sarebbe stato anzitutto il proprio elettorato, pur notoriamente colto.
Ora la conferenza di Chieri aveva dunque come scopo di rivelare il programma del traviamento sistematico ai danni degli scolari contenuto nelle attuali normative sulla scuola, che mirano a scardinare gli stereotipi di genere”, cioè i ruoli fondativi della famiglia, per sostituirli con i nuovi stereotipi ai quali arruolare le nuove generazioni. Per questo la piovra, punta sul vivo, si è mossa. Perché c’è il pericolo che venga messo a nudo un intero programma eversivo e questo potrebbe finalmente apparire chiaro anche a quanti per inerzia ideologica o torpore morale non vogliono né vedere né sapere. La piovra omosessista tanto tracotante quando si tratta di spacciare per diritti i protocolli delle proprie perversioni, perde di lucidità se qualcuno vuol far capire alla gente attraverso quali canali essa lavora alla distruzione di un organismo sociale già debilitato al quale intende assestare il colpo finale. Così i suoi adepti non tentano neppure di tenere un profilo basso per fingersi estranei alla manipolazione forzata della educazione che viene espropriata alla famiglia, e soprattutto per evitare che si sappia in giro come le loro associazioni siano di stanza nel retrobottega governativo dove confezionano direttamente le leggi dello stato. Invece strepitano, sbraitano o piagnucolano a seconda dell’interlocutore, suonando tutte le corde della tracotanza e della ipocrisia.
Ma quello su cui vale ancora la pena di tornare in modo particolare, è il significato essenziale dello intervento della diocesi di Torino nella vicenda di Chieri. Ora, la chiesa che fa capo all’argentino volante non esita a dimostrare apertamente il proprio disinteresse per la retta educazione cristiana dei fanciulli, a vantaggio delle bramosie eversive e compulsive dei nuovi intoccabili. E di fronte a chi cerca di difendere gli indifesi dallo strapotere di questi ultimi, la falsa chiesa getta la maschera e si schiera con i pervertitori governativi e no. Perché questa è la direttiva “etica” di questa religione nuova aperta ad ogni dissacrazione morale e al servizio di ben individuati centri di potere. Insomma quella che risalta a chiare lettere e dobbiamo mettere a fuoco è proprio la scelta di campo. Una scelta da inserire definitivamente, per chi nutrisse ancora pietosi dubbi in proposito, nel quadro di una inconfutabile e ormai scoperta apostasia che tanta manovalanza ecclesiastica praticava di fatto da tempo, ma che ora è stata formalizzata insieme alla caduta di ogni freno inibitore.
Chi ancora spera di sottrarre i propri figli alla morsa in cui intende stringerli la demenza della politica, è avvertito: non troverà asilo neppure negli antichi chiostri.
– di Patrizia Fermani
Sempre più bimbi costretti a cambiare sesso L’accusa dei pediatri americani: «Abuso di minori»
’Associazione pediatri americani (Acp) ha pubblicato un documento in cui si mettono in guardia medici e genitori dall’intraprendere percorsi di rettificazione sessuale a danno dei minori. Il documento in otto punti è un accorato appello agli educatori e ai legislatori americani, invitandoli a respingere con forza tutte le politiche volte a condizionare i bambini nell’accettare come normale una vita stravolta dalla chimica e dalla chirurgia.
di Tommaso Scandroglio
20-04-2016
Alla fine del marzo scorso l’American College of Pediatricians (Acp) ha pubblicato un documento in cui si mettono in guardia medici e genitori dall’intraprendere percorsi di rettificazione sessuale a danno dei minori. I casi sono in aumento. Sul Gender Watch News del mese scorso, infatti, davamo questa notizia: «L’inglese Tavistock and Portman Nhs Trust, clinica che tratta i problemi di disforia di genere, ha reso noto che da aprile a dicembre 2015, nella sola Inghilterra sono stati “curati” per disturbi legati alla cosiddetta identità di genere 1.013 minorenni, contro i 97 casi del 2009-2010. Le terapie vanno dalla consulenza psicologica al bombardamento ormonale in vista dell’operazione chirurgica di rettificazione sessuale» (clicca qui).
L’Acp sottolinea che «XY e XX sono marcatori genetici sani – non i marcatori genetici di un disturbo», ciòa voler dire che il paradigma di normalità è dato dalla genetica (quando ovviamente non è intaccata da patologie) e non dalla percezione del soggetto come appartenente ad un sesso che non è quello biologico. Il processo terapeutico corretto per le persone affette da disforia di genere è quindi quello dell’adeguamento di tale percezione psicologica al dato genetico e non l’inverso, tentando di mascherare il corpo con sembianze femminee o mascoline.
E così l’Acp arriva alla conclusione che bloccare gli ormoni affinché il minore possa già in età puberale iniziare a “cambiare sesso” provoca solo danni fisici e psicologici (i tassi di suicidi sono vertiginosi). La disforia di genere, spiega l’Acp, non si cura avvallando gli atteggiamenti femminili di bambini maschi o la castrazione chimica, ma attraverso un accompagnamento psicologico che conduca il minore a diventare uomo e donna anche nella propria psiche. Il documento infine così conclude in merito alla gender theory: «il College of Pediatricians dichiara che promuovere questa ideologia è oltraggioso, in primo luogo e soprattutto per il benessere degli stessi bambini che presentano disforia di genere e in secondo luogo, per tutti i loro pari che non presentano discordanza di genere, molti dei quali metteranno in discussione di conseguenza la propria identità di genere e si troveranno di fronte a violazioni del loro diritto alla privacy e alla incolumità corporea».
SESSO A SCUOLA, LIBRO SHOCK PER BAMBINI DI 10 ANNI. IMMAGINI ESPLICITE, LINGUAGGIO DA CASERMA
Un libro di educazione sessuale senza veli, potremmo dire.
Esplicito, troppo esplicito. Soprattutto se dato nelle mani di bambini che hanno compiuto appena dieci anni. Che sul tema della procreazione, forse, ancora si chiedono quale delle due versioni sia più credibile: se quella della cicogna o quella del cavolo.
Ebbene, in questi giorni nei gruppiFacebook dedicati alla famiglia e vicini al family day sono ferrate le discussioni su un libro presente sulle librerie di tutta Italia già dal 2006. Il titolo del libro per bimbi, "Tutto quello che non hai mai osato chiedere", lascia poco spazio all'immaginazione. E infatti all'interno si trova di tutto. E anche di più: dai 100 modi per "chiamare la passerina e il pistolino" a immagini di donne da cui escono peli dalla vagina. A tutte le domande una risposta: cosa vuol dire essere innamorati, come ci si bacia, come funziona fare l'amore e come nascono i bambini. Ma non solo.
"Ho voglia di fare l'amore con la tua merenda", si legge nella vignetta che accompagna la spiegazione dell'omosessualità. Come a dire: come va va, basta provare piacere. Ma la parte più inquietante del libro riguarda la parte "interattiva". Su due pagine, una fianco all'altra, si vedono due figure (una maschile e una femminile) con due buchi all'altezza del pube.
"Infila il dito nel buco e fallo uscire dall'altra parte per fare il pistolino di questo signore", si legge da una parte. E dall'altra si invita a farlo "entrare nel buco della signora". (guarda la gallery)
"Questo sistema di educazione sessuale - dice al IlGiornale.it Maria Rachele Ruiu, di Generazione Famiglia - è il metodo usato nel Nord Europa. Lì dove si è diffusa la teoria gender". Il tutto nelle mani di bimbi di appena 10 anni.
POPOLO DELLA FAMIGLIA/BOLOGNA: FIACCOLATA, SOLIDARNOSC, CARD. BIFFI
Il 13 marzo scorso avevamo intervistato Mirko De Carli, trentaduenne candidato sindaco di Bologna per il Popolo della famiglia. A più di un mese di distanza, lo abbiamo reintervistato: che cosa è stato fatto? Da chi è composta la lista per il Consiglio comunale? Quale il programma? Come il mondo cattolico ha accolto la novità politica? Giovanni Paolo II, Solidarność e il card. Biffi. Intanto per giovedì sera 21 aprile è prevista una fiaccolata che raggiungerà il Santuario della Madonna di san Luca…
Mirko De Carli, ci eravamo lasciati il 13 marzo (vedi www.rossoporpora.org, rubrica Italia, Popolo della famiglia/Bologna: Soldi alla famiglia, non alla nota lobby) mentre Lei moveva con decisione i primi passi da candidato sindaco di Bologna, alle prese con la composizione della lista che l’avrebbe accompagnata per il Consiglio comunale. E’ passato più di un mese da allora. A che punto siamo?
La lista è stata completata in un paio di settimane, figlia com’è della volontà spontanea di persone attirate dai contenuti esposti nei dodici punti del nostro programma…
… che saranno riprodotti integralmente alla fine dell’intervista…
… e figlia anche dell’impegno profuso nella grande battaglia contro il ddl Cirinnà sulle unioni civili, caratterizzata dai due popolatissimiFamily Day del 20 giugno 2015 a piazza San Giovanni e del 30 gennaio 2016 al Circo Massimo.
Chi c’è nella lista?
E’ una lista intergenerazionale, in cui sono rappresentate diverse categorie professionali: vi troviamo ad esempio insegnanti e imprenditori, medici e professionisti vari che hanno ritrovato una ragione valida di impegno civile nello slogan “Prima la famiglia”, che a Bologna abbiamo declinato come “Difensori civici delle mamme e dei papà bolognesi”.
La provenienza politica dei candidati?
Mista. Ad esempio abbiamo in lista persone che provengono dall’ala cattolica del Pd, anche dalla Lega Nord e altri giovani che, se non fosse stato per noi, sarebbero stati tentati – pur turandosi il naso - dal votare Movimento 5 Stelle oppure di astenersi. A quest’ultimo proposito: siamo l’unica realtà in grado di dare una risposta forte all’astensionismo dilagante che piace tanto al premier Renzi.
Come ha accolto il mondo cattolico la ‘novità’ del Popolo della famiglia’?
Intanto abbiamo ricevuto un forte apprezzamento da mons. Ernesto Vecchi, vescovo ausiliare e vicario generale emerito dell’arcidiocesi. Stiamo poi incontrando i sacerdoti bolognesi, tra i quali abbiamo riscontrato – a differenza di quanto ci si poteva immaginare – una grande voglia di capire le motivazioni del nostro impegno per un’attuazione amministrativa della Dottrina sociale della Chiesa. Soprattutto hanno apprezzato la mobilitazione pubblica del Popolo della famiglia, ispirata alla grande vicenda polacca di Solidarność …
Di questo si parlerà ancora più in là… Ma i contatti con le parrocchie non rischiano di apparire una commistione poco laica e molto teocratica tra sacro e profano?
Guardi, i contatti sono avvenuti nel rispetto delle diversità dei ruoli e delle competenze, applicando quanto prescritto anche dall’allora arcivescovo di Bologna card. Caffarra nel marzo 2006 in merito al comportamento delle parrocchie in periodo elettorale. In sintesi le parrocchie in quanto tali dovevano essere estranee alla competizione elettorale e ad esempio non dovevano mettere a disposizioni locali per incontri e dibattiti partitici o di schieramento politico; il sacerdote certo doveva illuminare il fedele affinché potesse individuare i “beni umani fondamentali” meritevoli di essere “preferibilmente e maggiormente difesi e promossi” (“perché maggiormente misconosciuti o calpestati”), ma astenendosi da ogni indicazione di voto.
Nella lista ci sono rappresentanti dell’associazionismo cattolico?
Sì, di quello prolife e pro-famiglia. Rilevo poi con piacere che nella lista del Popolo della famiglia si ritrovano anche due cristiani ortodossi, mentre nel gruppo dei promotori ci sono pure dei fedeli protestanti. E’ una scelta che abbiamo fatto perché riteniamo decisivo evidenziare l’importanza di un dialogo proficuo tra cristiani, proprio per ridefinire i contorni del nostro essere comunità.
Ha destato sorpresa e interesse il fatto che nella lista appaia il nome di Paolo De Fraia, un centrista che, inserito come indipendente nella lista del Pd, è stato depennato dopo poche ore perché, antiabortista e anti-ideologia gender, non appariva in linea con il programma del partito di Renzi…
Appena abbiamo saputo dell’esclusione dalle liste del Pd del cattolico De Fraia per motivi a dir poco scandalosi, per il suo grande impegno per la vita e nella battaglia contro l’ideologia gender, io e Mario Adinolfi gli abbiamo espresso piena e convinta solidarietà umana. Una solidarietà non per recuperare i suoi voti ma intesa a dimostrare due fatti precisi. Il primo: in politica prima deve sempre venire l’uomo con la sua libertà. Il secondo: a Bologna essere cristiani e cattolici nella vita pubblica significa andare incontro sempre più all’emarginazione. Da ciò è nata tra De Fraia e il suo gruppo e il Popolo della famiglia un’alleanza civile tra chi ama Bologna e la vuole liberare da chi invece la intorpidisce quotidianamente con l’ideologia rosso-arcobaleno. Questo il motivo per cui De Fraia ha deciso di metterci la faccia, candidandosi con noi.
Nel vostro comunicato di presentazione della lista scrivete che “la nostra rivoluzione sarà quella ispirata alla giustizia, alla bellezza ed alla verità”: parole impegnative…
Certo parole impegnative… ma noi faremo di tutto per cercare di renderle concrete. Il fatto è che Bologna è la patria del concetto di liberazione secondo il quale la libertà è semplicemente poter fare quello che piace. Per questo il centro città vede spadroneggiare i centri sociali, i collettivi studenteschi, le associazioni arcobaleno. Insomma ci si vuol propinare una libertà senza Dio. Noi invece, come osservava don Giussani, siamo convinti del contrario, che un’autentica liberazione senza Dio non è tale. Non a caso abbiamo voluto far nostre le parole pronunciate da san Giovanni Paolo II il 23 giugno 1979 e riferite alla città siderurgica di Nowa Huta, che doveva essere il gioiello del materialismo ateo nel quartiere industriale di Cracovia. Ma Nowa Huta divenne invece una delle roccaforti di Solidarność e vi fu innalzata una grande Croce: “Poiché allora, quando si stava per creare questa nuova città, questa nuova magnifica sede per l’industria, hanno pensato che solo le leggi economiche, le leggi del consumo, ma innanzitutto le leggi della produzione (…) determinano esaurientemente la storia dell’uomo e che rispondano a tutti i suoi bisogni. E mentre pensavano così (…) con l’idea che questa sarebbe stata una città senza Dio (…) allora il Cristo è venuto qui insieme con gli uomini che stavano in questa grande fabbrica e attraverso le loro bocche espresse la verità fondamentale sull’uomo”. Quello che accadde allora, sul finire degli Anni Settanta e all’inizio degli Anni Ottanta, a Nowa Huta succede sostanzialmente nella Bologna del 2016.
Solidarność…
E’ e sarà il modello di riferimento della nostra esperienza e, coniugato alla bolognese, un vero movimento di liberazione dalle casematte rosso-arcobaleno della nostra città…
Intanto, similmente a Solidarność, vi affidate alla Madonna, stavolta di San Luca, patrona di Bologna… per giovedì 21 aprile sera, con partenza alle 20.00 dall’Arco del Meloncello, è prevista una fiaccolata che giungerà, dopo 2300 metri di salita, al santuario che domina la città…
La fiaccolata è un modo di rappresentare il nostro popolo che ama la libertà dell’uomo in tutte le sue espressioni. La faremo nella giornata in cui si fa memoria della liberazione di Bologna dal giogo nazista. E dunque ricorderemo, oltre agli italiani caduti nella battaglia, anche i militari del corpo d’armata polacco che diedero la loro vita per la nostra libertà. Anche noi, come i soldati polacchi di allora, affideremo il nostro impegno e la nostra campagna elettorale alla protezione della Madonna di San Luca, salendo a piedi, guidati dal domenicano padre Giorgio Carbone e da padre Marcel della Chiesa ortodossa moldavo-rumena. Sarà un po’ come la nostra Croce di Nowa Huta su Bologna per riportare la parola ‘speranza’ nel lessico di tanti bolognesi che oggi non riescono nemmeno più a pronunciarla.
Sotto riproduciamo i 12 punti del vostro programma elettorale. In uno – il quarto, sull’accoglienza e l’integrazione - citate anche il card. Giacomo Biffi, arcivescovo della città dal 1984 al 2003, noto tra l’altro per la lucidità, condita di arguzia, con cui affrontava tematiche d’attualità assai complesse…
Il nostro impegno politico è biffianamente ispirato, perché nel pensiero di una vita del grande cardinale abbiamo trovato quella linfa e quelle ragioni da cui attingiamo con convinzione. Vengo all’esempio da Lei ricordato e che rimanda alla lucida lettura della sfida dell’accoglienza proposta il 30 settembre 2000 dal card. Biffi durante un magistrale intervento presso la Fondazione Migrantes. Nell’occasione l’arcivescovo di Bologna evidenziava in primo luogo l’importanza del dialogo ecumenico per ridefinire la nostra identità. In seguito, con una identità salda, si sarebbe potuto realizzare un incontro autentico con le altre religioni. E’ per questo che oggi noi diciamo ‘no’ alla prefigurata moschea di Bologna: non lo facciamo per limitare la libertà religiosa, ma perché – prima di fare passi così importanti per la città - occorre chiarirci tra noi su chi siamo e a quale visione della comunità vogliamo ispirarci. Ha mostrato di averlo ben compreso anche il responsabile della comunità islamica bolognese, che ha dichiarato che la moschea non è una priorità.
Per concludere una previsione…
Per riuscire a entrare in Consiglio comunale dovremmo raggiungere il 3% dei consensi, prevedibilmente tra sette e ottomila voti. Ce la faremo? Secondo alcuni sondaggi siamo in crescita e potremmo anche centrare il nostro obiettivo minimo… ma niente illusioni e … lavoriamo sodo!
POPOLO DELLA FAMIGLIA/ PROGRAMMA PER BOLOGNA
PRIMA LA FAMIGLIA - NO GENDER
12 PUNTI PER LA CITTA’
- PIU’ FIGLI, MENO TASSE: Invertiamo la tendenza perché Bologna ha bisogno di nuovi nati: tasse comunali più basse per chi ha figli rispetto a chi è single. Il nostro modello di riferimento? Le famiglie numerose.
- DOMENICA NO WORK: La domenica è il tempo per la famiglia e per la libertà religiosa. Non per creare il profitto che durante la settimana non si riesce a produrre. Tre domeniche su quattro a casa: più libertà e servizi essenziali garantiti per tutti.
- PIU’ SOCIETA’, MENO STATO: Non faccia il pubblico quello che il privato può fare meglio e a costi inferiori. Priorità al privato sociale che sopperisce alle carenze e agli sprechi del pubblico. Meno soldi al pubblico e più contributi ai privati che svolgono funzione pubblica.
- INTEGRIAMO, NON AMMUCCHIAMO: Per accogliere abbiamo il dovere di testimoniare chi siamo e per cosa siamo disposti a dare la nostra vita. Il nostro metodo? Quello del dialogo tra cristiani, come proposto nel 2000 dal card. Biffi. Per questo diciamo NO alla moschea: prima ridefiniamo i contorni del nostro essere comunità, poi accogliamo in un dialogo franco e rigoroso tra identità diverse, ma accomunate dall’impegno per il bene comune.
- CITTA’ CEMENTO ZERO: Riqualifichiamo l’esistente e non costruiamo nuovi edifici togliendo spazio al verde pubblico. Sosteniamo chi vuole rendere migliori e più puliti gli edifici cittadini. La bellezza deve essere qualcosa di visibile e fruibile in ogni angolo della città.
- SGOMBRIAMO BOLOGNA: Basta occupazioni abusive. Occorre emanare un’ordinanza specifica tesa ad introdurre misure severe per far sgomberare gli edifici occupati abusivamente ed eventualmente aiutare coloro che veramente hanno bisogno di un tetto sopra la testa.
- LIBERA SCUOLA IN LIBERO STATO: Toglieteci tutto, ma lasciateci liberi di educare. La vera parità scolastica è il nostro obiettivo. Come? Introducendo il buono scuola sul modello dei comuni lombardi che lo hanno realizzato.
- SOVRANI A CASA NOSTRA: I soldi pubblici devono essere erogati per sostenere le mamme ed i papà bolognesi, non per finanziare centri sociali e Cassero. Per questo la nostra priorità sarà allocare tutte le risorse che vengono destinate a false priorità per sostenere le mamme ed i papà bolognesi. Saremo i loro difensori civici.
- UNA PERSONA, UN LAVORO. UNA FAMIGLIA, UNA CASA: Occorre incentivare e agevolare fiscalmente chi vuole intraprendere. In poche parole: tu inizia, noi Comune abbiamo fiducia in te. Per questo crediamo che la burocrazia delle autorizzazioni debba intervenire entro 60 giorni dall’inizio dell’attività del privato e non prima. Solo così si creeranno nuovi posti di lavoro e la possibilità di una casa per le famiglie che non ce l’hanno.
- MAMMA E PAPA’: La nostra priorità? Essere difensori civici delle mamme e dei papà bolognesi. Tre proposte: bonus famiglia di 2500 euro per chi si sposa, ripristino del bonus bebè comunale cancellato dalla giunta Merola e assegnazione degli edifici comunali oggi occupati da centri sociali e associazioni arcobaleno a case popolari per giovani coppie che non possono accedere a mutui ed affitti prima casa.
- ALMA MATER STUDIORUM LIBERA: Liberiamo l’Università di Bologna da chi la violenta quotidianamente: stop ai collettivi dei centri sociali in Università e al bivacco in via Zamboni.
- BOLOGNA CRISTIANA: Il punto che chiarisce gli altri undici punti. Solo ridando lustro e dignità alla natura vera di Bologna potremo davvero far tornare la città allo splendore di un tempo. Bologna trasuda di cristianesimo in ogni suo mattone: purtroppo tutto ciò che sta davanti ai monumenti dice il contrario. Il nostro obiettivo? NO al festival gender bender, sì alla Bologna cristiana. Una Bologna dove ci sia una Chiesa per tutti, anche e soprattutto per coloro che oggi non ce l’hanno. POPOLO DELLA FAMIGLIA/BOLOGNA: FIACCOLATA, SOLIDARNOSC, CARD. BIFFI – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 20 aprile 2016
http://www.rossoporpora.org/rubriche/italia/585-popolo-della-famiglia-bologna-fiaccolata-solidarnosc-card-biffi.html
Basta avere occhi per vedere e cervello per comprendere
di Francesco Mario Agnoli - 18/04/2016
Fonte: Arianna editrice
Il Consiglio d'Europa, accogliendo un ricorso della CGIL ha condannato il nostro paese, perché in Italia le donne incontrerebbero eccessive difficoltà per esercitare il loro diritto all'aborto, così facendo proprio il parere del Comitato europeo per i diritti sociali, secondo il quale le strutture sanitarie italiane "non hanno ancora adottato le misure necessarie per rimediare alle carenze nel servizio causate dal personale che invoca il diritto all'obiezione di coscienza, o hanno adottato misure inadeguate".
Purtroppo l'esperienza mi porta a credere che il Consiglio d'Europa abbia preso un abbaglio. Nella città dove abito, Ravenna, esistono più luoghi impegnatissimi a prevenire le carenze lamentate dal Comitato e fra tutti questi si distingue una clinica dove ogni giorno gli aborti vengono praticati a ritmi industriali, da catena di montaggio. Tuttavia ammettiamo che le preoccupazioni della Camusso e dei politicanti europei siano fondate e che in Italia vi sia nel personale sanitario, medici e infermieri, un numero di obiettori di coscienza maggiore che negli altri paesi. Ciò significherebbe che, almeno in questo, siamo un popolo migliore, più civile, soprattutto più umano di altri. In un mondo che non fosse totalmente stravolto e impazzito meriteremmo lodi non rimbrotti, premi non sanzioni.
Ma andiamo oltre con la fantasia e assecondiamo i timori della CGI, preoccupatissima per il rispetto del diritto alla salute (così lo chiamano) delle donne e per la carriera dei medici praticanti l'arte abortiva. Supponiamo che ad un certo momento tutto il personale sanitario faccia obiezione di coscienza. In ipotesi (purtroppo solo in ipotesi) non è impossibile. Per comprendere che l'aborto è la soppressione violenta di un essere umano non occorre essere cristiani o comunque seguaci di un'altra religione che predichi la dignità della vita umana e il dovere del suo rispetto dal concepimento alla fine naturale. Basta avere occhi per vedere e cervello per comprendere. Ipotizziamo ancora che le convinzioni nate dalla scoperta della realtà, di ciò che realmente è la cosiddetta Ivg, siano così sincere e forti da non potere essere vinte da aumenti di stipendi o facilitazioni di carriera (probabilmente è questo il piano di riserva della CGIL se non riuscirà ad ottenere lo scopo cui mira: l'abrogazione del diritto all'obiezione d coscienza)..
In questo caso come dovrebbe comportarsi il governo per assecondare la Camusso e i suoi sindacalisti e obbedire agli imperativi del Consiglio d'Europa? Un'ipotesi potrebbe essere di incentivare (si potrebbe anche pensare a qualche forma di trattamento obbligatorio) il personale sanitario al consumo di bevande alcoliche o all'uso di droghe in modo da ottundere quei sentimenti e quelle capacità razionali che possono rendere così difficile l'esecuzione di pratiche omicidiarie. Oppure (ipotesi forse più praticabile) si potrebbero importare nutrite schiere di operatori sanitari da paesi più civili, nei quali il progresso sia andato abbastanza oltre da non lasciare spazio, rendendoli addirittura inconcepibili come residui dei secoli bui, a simili problemi di coscienza. O ancora (sarebbe la soluzione finale) si potrebbero destinare consistenti fondi all'industria della robotica in modo da disporre nel più breve tempo possibile di automi in grado di provvedere, senza interventi umani, al compimento di tutte le pratiche abortive.
Se si verificasse questa situazione, in attesa che la scienza risolva, con la brutalità della tecnica, che non ha impacci di raziocinio o di morale, anche questo problema, perfino il Consiglio d'Europa e la Camusso potrebbero essere indotti a riflettere e giungere a capire l'incommensurabile grado di civiltà raggiunto da un paese dove nessuno fosse disposto a sopprimere vite umane. Un paese dove ci si adoperasse per risolvere i problemi, ma in nessun caso si ammettessero soluzioni, tanto meno se cruente, a danno del più deboli, dei più indifesi.
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