NON PREGO PER IL MONDO
Distruggere l'identità Cristiana? La pretesa di certi teologi modernisti e di certi preti demagoghi e confusionari di sostenere che le porte della Chiesa sono e devono essere spalancate a tutto è una pretesa assurda e blasfema
di Francesco Lamendola
Qualcuno
vorrebbe ridurre il cristianesimo, in questo inizio del terzo
millennio, alla misura di una religione buonista e relativista,
sciropposa e tranquillizzante, dove tutto va bene, tutto viene
accettato, tutti sono accolti - anzi, “inclusi”, secondo il vocabolario
demagogico ora di moda -, compresi Lutero e Maometto, cioè quelli stessi
che hanno lacerato l’unità della Chiesa e le hanno dichiarato una
guerra senza misericordia; compresi i peccatori che non si pentono,
compresi gli eretici, coloro che praticano l’aborto, coloro che
praticano la sodomia, i bestemmiatori, i divorziati, i paladini
dell’eutanasia e della droga libera: anzi, può succedere perfino
(come è accaduto per le esequie a Marco Pannella) che questi ultimi
vengano elogiati dalle massime autorità della Chiesa, le più
vicine al Pontefice, e portati ad esempio per le loro “virtù” umane, e
dichiarati meritevoli di stima per il loro impegno civile.
A tutti
costoro bisognerebbe forse ricordare, adoperando il linguaggio di Gesù
Cristo, che non c’è servo superiore al suo padrone, e che il capo della
Chiesa, che è appunto Cristo, non ha mai detto che i suoi seguaci devono
accogliere tutti e pregare per tutti, al contrario, ha sempre messo in
guardia contro la pretesa truffaldina di voler servire sia Lui che
Mammona; e ha detto esplicitamene che non si possono avere due padroni,
perché o si sarà fedeli al primo, e infedeli al secondo, o viceversa:
ma tenere il piede in due scarpe, nelle cose di Dio, è impossibile. E
non solo: durante i grandi discorsi d’addio, riferiti nel Vangelo di San
Giovanni, Gesù, a un certo punto, poco prima di essere arrestato,
pregando il Padre Suo a voce alta, alla presenza di tutti i discepoli,
ha dichiarato solennemente (17, 6-19):
Tu
mi hai affidato alcuni uomini scelti da questo mondo: erano tuoi, e tu
li hai affidato a me. Io ho rivelato chi sei, ed essi hanno messo in
pratica la tua parola. Ora sanno che tutto ciò che mi hai dato viene da
te. Anche le parole che tu mi hai dato, io le ho date a loro. Essi le
hanno accolte e hanno riconosciuto, senza esitare, che io provengo da
te, e hanno creduto che tu mi hai mandato. Io prego per loro.
Non prego per il mondo, ma per quelli che mi hai affidato, perché tu
appartengono. Tutto ciò che è mio appartiene a te, e ciò che è tuo
appartiene a me, e la mia gloria si manifesta in loro. Io non sono più
nel mondo, loro invece sì. Io ritorno a te. Padre santo, conserva uniti a
te quelli che mi hai affidati, perché siano una cosa sola come noi.
Quando
ero con loro, io li proteggevo. Per questo tu me li hai dati. Io li ho
protetti, e nessuno di loro si è perduto, tranne quello che doveva
perdersi, realizzando ciò che la Bibbia aveva predetto. Ma ora io
ritorno verso di te, e dico queste cose mentre sono ancora sulla terra,
perché essi abbiamo tutta la mia gioia. Io ho dato loro la tua parola.
Perciò essi non appartengono più al mondo, come io non appartengo al
mondo. E il mondo li odia. Io non ti prego di toglierli dal mondo, ma di
proteggerli dal Maligno. Essi non appartengono al mondo, come io non
appartengo al mondo. Fa’ che appartengano a te mediante la verità: la
tua parola è verità. Tu mi hai mandato nel mondo: così anch’io li ho
mandati nel mondo. E io offro me stesso in sacrificio per loro, perché
anch’essi siano veramente consacrati a te.
Dunque:
Gesù non appartiene al mondo ed è venuto nel mondo, ma non per salvare
il mondo, bensì per annunciare la verità di Dio a quelli che la
vogliono accogliere; e costoro, per il fatto stesso di averla accolta,
escono dal mondo e diventano una cosa sola con il Padre, il Figlio e lo
Spirito santo. Gesù non prega per il mondo, anzi, si rifiuta di
pregare per il mondo: perché il mondo è una condizione transitoria,
effimera, che diventa diabolica quando vuole farsi assoluta, quando
vuole sostituirsi a Dio e sostituire la sua ragione, i suoi piaceri, il
suo egoismo, alla parola di Verità; ed è l’insieme delle forze che si
oppongono a Dio, e che odiano quanti ascoltano il richiamo di Dio.
Fra Dio e il mondo, pertanto, non vi è mediazione possibile: sarebbe
come pretendere che vi sia mediazione fra Dio e Satana, perché il
“mondo”, in questa accezione, è il regno di Satana, che oppone il suo
orgoglio e la sua testardaggine all’annuncio della Verità divina. Ecco
perché Gesù dice al Padre, parlando dei suoi discepoli: Io non ti prego di toglierli dal mondo, ma di proteggerli dal Maligno: perché il mondo è tutt’uno col Maligno, così come i discepoli di Cristo sono tutt’uno con il Padre. La
pretesa di certi teologi modernisti e di certi preti demagoghi e
confusionari, di negare questa radicale differenza e di sostenere che le
porte della Chiesa sono, e devono essere, spalancate a tutto e a tutti,
è una pretesa assurda e blasfema: che cosa vuol dire “a
tutti”, anche al “mondo”? Sarebbe la stessa cosa che dire: anche al
Diavolo. E, di fatto, è proprio quello che sta accadendo: è impossibile
interpretare diversamente tutta una serie di fatti, che, in questi
ultimi cinquant’anni di storia della Chiesa, stanno accadendo sotto i
nostri occhi, con ritmo sempre più incalzante, e che seminano sconcerto,
confusione e turbamento fra i discepoli di Gesù: come se una parte
della Chiesa stessa, sia alla base, che al vertice, così come nei quadri
intermedi, soggiacesse ormai ad una forza estranea, insidiosa,
malefica, che le ispira concetti non cristiani e le suggerisce pratiche e
comportamenti tutt’altro che in linea con la Sacra Scrittura e con la
Tradizione, le due basi perfette, perenni e incrollabili della
Rivelazione di Cristo.
Il momento, non possiamo negarlo, è molto difficile.
La confusione sempre più grande nel campo dei comportamenti, dei
concetti, del linguaggio stesso, si è ormai estesa dall’ambito delle
cose profane, della cultura laica e della società secolarizzata, ove
spadroneggiava già da molto tempo, a quello delle cose sacre, della
cultura cristiana e della stessa Chiesa cattolica. Anche in essa si è
insinuato il serpente tentatore del relativismo, spacciandosi –
naturalmente - sotto vesti rispettabilissime, e perfino ammirevoli: in
nome dell’apertura, del dialogo, dell’ecumenismo, della volontà di
abbattere i muri e di gettare ponti a destra e a sinistra, in pratica si sta distruggendo l’identità cristiana;
e, come se non bastasse, si sta suggerendo che quella stessa identità
non è una cosa buona, perché costituirebbe un limite alla fratellanza
universale. Secondo questo modo di vedere, i cristiani dovrebbero, a un
certo punto, non solo smettere di predicare il Vangelo, perché ciò
sarebbe poco rispettoso verso le altre fedi e le altre “verità” (tutte
ugualmente valide, a quanto pare), ma proprio rinunciare ad essere una
Chiesa missionaria, e quasi vergognarsi di esserlo stata. Eppure le
ultime parole di Gesù, prima dell’Ascensione, erano state: Andate in
tutto il mondo e portate il messaggio del Vangelo a tutti gli uomini.
Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo; ma chi non crederà sarà
condannato (Marco, 16, 15-16).
Il Pontefice in persona ha ricordato che “Dio non è cattolico”
(nella tristemente famosa intervista al gran papa della cultura
gnostica, massonica e anticristiana, Eugenio Scalfari), quasi che i
cattolici fossero quelle persone, miopi ed egoiste, le quali vorrebbero
monopolizzare il Dio di tutti e tenere stretta per sé soli la Verità. Quale enorme confusione teologica in una simile espressione! Una
cosa è affermare che Dio è il Padre di tutti gli esseri umani, e che
tutti li ama d’uno stesso amore, infinitamente tenero e premuroso; e una
cosa ben diversa è negare che Dio, che pure ha mandato suo Figlio ad
annunciare la Verità sulla terra, non voglia fare alcuna distinzione fra
quanti hanno accolto e quanti hanno rifiutato le sue parole di Verità. Questo, rischia di essere il capovolgimento vero e proprio del Vangelo;
rischia di essere la negazione della Verità cristiana. Il Figlio si è
Incarnato, ha sofferto la Passione, è morto e resuscitato precisamente
per annunciare agli uomini la Verità: dopo di che, come dice il Vangelo,
chi crede sarà salvo, e chi non crede sarà condannato. Cercar
di ribaltare questo concetto, che è la chiave di volta di tutto il
Vangelo, equivale a snaturare il senso stesso del Vangelo, nonché la
ragion d’essere della Chiesa. La ragion d’essere della Chiesa è
custodire e diffondere sempre di più il Vangelo, la Buona Novella: la
quale è formata non solo da ciò che Gesù ha detto e fatto, ma anche
dalla Persona stessa di Gesù, che acquista un significato inequivocabile
solo alla luce della croce, della Morte e della Resurrezione. Se si toglie la Persona di Gesù e si lascia solo il Gesù uomo
(che non è tutto il Cristo, ma soltanto la sua manifestazione storica;
mentre il Cristo esisteva ed era presso il Padre, prima ancora che il
mondo fosse creato, anzi, proprio Lui ha reso possibile la creazione del
mondo), quello che resta non è il vero cristianesimo, ma una dottrina morale, una fra le tante:
certo, molto nobile e perfino sublime, ma pur sempre umana. Questi sono
gli esiti paradossali di una certa teologia modernista (ma forse
chiamarla “teologia” è una forzatura, perché la teologia, per quanto
possa essere male impostata, è pur sempre una ricerca razionale della
Verità divina, mentre qui siamo nella confusione e nella
inconsapevolezza più complete, cioè nel dilettantismo confusionario
spacciato per il “vero” Cristianesimo), la quale, resa più ardita e più
sfacciata da molte, troppe compiacenze in alto loco, sembra essersi
impegnata in una strenua lotta per demolire le fondamenta dottrinali e
morali della Chiesa cattolica e per intorbidare le acque limpidissime,
cristalline, della immutabile Verità evangelica.
A siffatti teologi modernisti e preti sconsiderati, gioverebbe rileggersi le famose, ammonitrici parole di San Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi (15, 12-19):
Noi
dunque predichiamo che Cristo è risuscitato dai morti. Allora come mai
alcuni tra voi dicono che non vi è risurrezione dai morti? Ma se non c’è
risurrezione dei morti, neppure Cristo è risuscitato! E se Cristo non è
risuscitato, la nostra predicazione è senza fondamento e la vostra fede
è senza valore. Anzi finiamo per essere falsi testimoni di Dio, perché,
contro Dio, abbiamo affermato che egli ha risuscitato Cristo. Ma se è
vero che i morti non risuscitano, Dio non lo ha risuscitato affatto.
Infatti se i morti non risuscitano, neppure Cristo è risuscitato. E se
Cristo non è risuscitato, la vostra fede è un’illusione, e voi siete
ancora nei vostri peccati. E anche i credenti in Cristo che sono morti,
sono perduti. Ma se abbiamo sperato in Cristo solamente per questa vita,
noi siamo i più infelici di tutti gli uomini.
La
Resurrezione di Cristo, infatti, non è una specie di “lieto fine” posto
lì per rassicurare i credenti; è molto di più: è la garanzia che i
nostri peccati sono stati perdonati e che le porte del Paradiso sono
nuovamente aperte per coloro che accolgono il Vangelo. Se Cristo non
fosse resuscitato, sarebbe stato solamente un uomo: e nessun uomo ha il
potere di rimettere i peccati, né di riaprire agli uomini le porte del
Paradiso. Questo, solo Dio lo può fare. Ma Gesù era Dio, era il
Figlio di Dio e Dio egli stesso: dunque, Gesù Cristo è veramente morto e
veramente resuscitato, e la fede nella sua Morte e nella sua
Resurrezione, insieme alla fede nelle sue parole e nei suoi atti, forma
la Buona Novella che chiamiamo il Vangelo. Credere al Vangelo,
significa credere alla divinità di Gesù; e, nello stesso tempo, credere
alla necessità, per l’uomo, di essere redento, non da un profeta fra i
tanti, non da un ennesimo maestro di morale, ma da Dio in persona.
Questo, e non altro, è il Cristianesimo: questa è la fede dei cristiani,
e non altra. Credere alle parole di Gesù, ma non alla sua divinità (a
parte l’assurdità logica della cosa, perché fra le parole di Gesù, c’è
anche la ripetuta affermazione della sua divinità), è cosa che si addice
a dei falsi cristiani, i quali spargono confusione e turbamento nelle
anime dei fedeli, e, così facendo, si assumono una responsabilità
tremenda dinnanzi a Dio, della quale saranno un giorno chiamati a
rispondere.
Ci
piace concludere questa riflessione riportando alcuni pensieri del
padre francescano Antonio Di Monda, che, non appartenendo alla
conventicola dei teologi progressisti, non è tanto conosciuto quanto lo
sono alcuni di loro, ma che tratta questi problemi con la semplicità e
la chiarezza di un vero uomo di Dio (da: A. Di Monda, I Santi di fronte al mondo, su Il Settimanale di Padre Pio, l’ottima rivista delle Suore Francescane dell’Immacolata, n. 39 del 4 ottobre 2015, pp. 12-14):
“Non
prego per il mondo” (Gv 17, 18): così disse il Signore in quella sua
stupenda ultima preghiera d’addio dai Discepoli. L’espressione può
sorprendere chi non ne intende l’esatto significato. Chi è e che cos’è
il mondo per Gesù? Non si tratta certamente delle anime, quelle creature
per le quali Egli, Gesù, è venuto e ha dato tutto il suon Sangue. Il
mondo non si identifica neanche con i peccatori per i quali Gesù ha
dimostrato una predilezione ed una pietà sconfinate. Il mondo di cui
parla Gesù è il regno di satana (cf. Gv 14, 30), quello che promette
pace e felicità ma in maniera del tutto diversa da Gesù (cf. Gv 14, 27);
che odia tutto ciò che viene da Dio perché ne ignora volontariamente la
realtà (cf. Gv 15, 18-21). Si tratta dunque piuttosto di un modo di
vivere e di operare, di un complesso di massime e di usi in cui si
irretiscono tante anime che, così, divengono “mondane”, infettando anche
innumerevoli altri dello stesso contagio. Il mondo così concepito è
irriducibile avversario del bene e dell’ordine, e le anime che non si
risolvono a disfarsene rischiano di essere coinvolte nella stessa
maledizione divina. Si impone perciò la scelta: o con Cristo o con il
mondo…
«Non prego per il mondo»
di
Francesco Lamendola
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