(di Emmanuele Barbieri) Mentre si moltiplicano le dichiarazioni sconcertanti di papa Francesco, si vanno moltiplicando le analisi critiche dei suoi principali documenti. Tra gli studi più seri e interessanti, va segnalato quello di don Alfredo M. Morselli, un dotto e pio sacerdote bolognese che sarebbe improprio catalogare come “tradizionalista”.
Il 29 settembre 2015 don Morselli firmò con l’abbé Claude Barth e mons. Antonio Livi, una serrata critica dell’Instrumentum Laboris predisposto per la XIV Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi (http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/1351141). Successivamente è intervenuto con delle accurate Osservazioni su alcuni punti controversi dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, apparse nel mese di maggio sul blogMessainlatino (http://blog.messainlatino.it/2016/05/osservazioni-su-alcuni-punti_43.html).
Dopo un’ampia introduzione, in cui espone l’attuale stato di dubbio e di disorientamento dei fedeli, don Morselli ribadisce una serie di verità irrinunciabili, proposte a credere in modo definitivo dal Magistero della Chiesa.
La prima e la più importante è che esistono atti intrinsecamente cattivi che nessuna circostanza e nessuna situazione possono rendere buoni, e che quindi, se compiuti con piena avvertenza e deliberato consenso, sono sempre peccato grave. Su questo assioma si fonda l’oggettività della legge naturale e morale.
Papa Francesco afferma, al § 304 di Amoris laetitia, che «è vero che le norme generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari». Alla luce dei testi tomistici citati dallo stesso Pontefice, don Morselli dimostra che, se è vero che dai princípi della morale non si possono dedurre a priori tutte le valutazioni di ogni minima situazione particolari, è pur vero che gli stessi princípi consentono di valutare in ogni caso come intrinsecamente cattive determinate azioni, quali l’adulterio e la fornicazione: chi compie questi atti con piena avvertenza e deliberato consenso pecca mortalmente.
Nel § 301 di Amoris Laetitia si afferma che «un soggetto… si può trovare in condizioni concrete che non gli permettano di agire diversamente e di prendere altre decisioni senza una nuova colpa». Don Morselli ribatte che «un soggetto… non potrà mai trovarsi in condizioni concrete che lo obblighino a prendere decisioni senza una nuova colpa; la via di uscita c’è: è una via divina però, non una soluzione umana che, ammettendo ai sacramenti dei vivi chi è in stato di peccato, distrugge contemporaneamente la dottrina cattolica del matrimonio, dell’Eucarestia, della confessione e i fondamenti della morale naturale e cristiana». L’uomo, infatti, non può essere né tentato sopra le proprie forze, né essere lasciato in una situazione dove non abbia altra scelta che peccare.
Don Morselli affronta quindi la questione centrale: un cattolico che sceglie di convivere more uxorio, senza che tale convivenza sia stata benedetta dal sacramento del matrimonio, può ricevere validamente l’assoluzione sacramentale? La risposta è negativa, per fede divina e cattolica. La Chiesa ha sempre proposto a credere che non si può ricevere l’Eucarestia in stato di peccato mortale; di conseguenza, chi convive con una persona che non sia il proprio legittimo coniuge, vivendo in stato di peccato mortale, non può accostarsi all’Eucarestia. Infatti come dice il Catechismo della Chiesa cattolica (§ 1650): «Se i divorziati si sono risposati civilmente, essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la legge di Dio. Perciò essi non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione».
Difficilmente accettabile è anche l’affermazione contenuta nel § 301 di Amoris laetitia, secondo cui «…non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante». Le persone che vivono nelle situazioni difficili o irregolari – a meno che non si astengano dagli atti propri del matrimonio – sono sempre in stato di peccato. Di conseguenza, l’unica condizione per cui diventa accettabile l’affermazione di Amoris laetitia presa in esame è: le persone in situazione difficile o irregolare possono restare in stato di grazia se vivono come fratello e sorella.
«Posto dunque che 1) la fornicazione e l’adulterio sono sempre peccati mortali, 2) che le circostanze non ne possono attenuare la malizia, 3) che non manca mai l’aiuto di Dio per non peccare, 4) che non esiste una situazione in cui non ci sia altra possibilità che peccare, 5) che non si ammette ignoranza in materia (o, se ci fosse, va immediatamente rimossa), possiamo concludere – scrive don Morselli – che le persone che vivono nelle situazioni difficili o irregolari – a meno che non si astengano dagli atti propri del matrimonio – sono sempre in stato di peccato».
L’unica condizione per cui diventa accettabile l’affermazione di Amoris laetitia presa in esame è che le persone in situazione difficile o irregolare possono restare in stato di grazia se vivono come fratello e sorella, ma non sembra questo il senso del documento.
Sul piano pastorale, non è possibile assolvere chi non ha il vero e fermo proposito di emendarsi, né è lecito ammettere alla recezione della SS.ma Eucarestia chiunque si trovi in stato di peccato mortale. Il desiderio della grazia sacramentale, l’impossibilità di interrompere la convivenza a motivo dei figli o di altri gravi fattori, l’affetto consolidatosi nel tempo, la fedeltà reciproca dei conviventi, il matrimonio civile già celebrato, l’impossibilità di ricevere la dichiarazione di nullità del precedente matrimonio rato e consumato, la convinzione soggettiva che il precedente matrimonio sacramentale fosse invalido, conclude l’autore dello studio, «non sono circostanze che rendano legittima e valida l’assoluzione sacramentale».
Di conseguenza, il sacerdote che negasse l’assoluzione sacramentale ai conviventimore uxorio, nonostante l’insistenza del penitente, e il dolore di quest’ultimo per l’assoluzione negata, non può in alcun modo esser considerato come un “duro di cuore” e, perciò, rimproverato per la sua mancanza di misericordia e, magari, punito dal suo Ordinario. Al contrario, il sacerdote che, commosso per la sofferenza del penitente, o per altri motivi, concedesse l’assoluzione, compie un atto sacrilego, e perciò è meritevole di rimprovero e, di provvedimenti correttivi, da parte del suo Vescovo.
Le affermazioni di don Morselli sono ampiamente argomentate e si fondano sui testi di san Tommaso d’Aquino, sulla enciclica Veritatis Splendor e altri documenti di Giovanni Paolo II, sui Catechismi della Chiesa cattolica e sui più sicuri moralisti. La sua analisi costituisce un’eccellente antidoto alla “morale della situazione” condannata da Pio XII e Giovanni Paolo II e oggi riemergente, dietro la maschera della “misericordia divina”.
«La morale oggettiva, che dichiara la realtà del peccato, non occultandolo nella situazione e nelle circostanze, ne rende possibile l’accusa e quindi ne rende possibile il perdono», osserva don Morselli, è la vera «mano tesa della misericordia divina». L’etica della situazione «è invece la negazione della misericordia, perché, con falsa compassione, lascia l’uomo nel pantano del suo peccato; la nuova morale non ha niente da farsi perdonare; anzi, nasconde a Dio proprio ciò che Dio vuole perdonare».
Le Osservazioni su alcuni punti controversi dell’Esortazione apostolicaAmorisLaetitia del sacerdote bolognese costituiscono un atto coraggioso e coerente che sembra suonare come una risposta all’appello del filosofo tedesco Robert Spaemann: «Ogni singolo cardinale, ma anche ogni vescovo e sacerdote è chiamato a difendere nel proprio ambito di competenza l’ordinamento sacramentale cattolico e a professarlo pubblicamente». (Emmanuele Barbieri)
fatevi sentire forte e chiaro....questo vi chiede Dio per riportare sulla giusta rotta la barca della chiesa difenderla dai lupi interni ed esterni!grazie!
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