GAENSWEIN SU FRANCESCO; GALANTINO SENZA FRENI
Tanti gli avvenimenti successi negli ultimi giorni. Ne scegliamo un paio: l’intervista rilasciata da mons. Georg Gänswein al quotidiano tedesco “Schwäbische Zeitung”, che in un Vaticano imbarazzato si finge di ignorare; alcune delle affermazioni più recenti di mons. Nunzio Galantino, Segretario generale della Cei, che ha anche incontrato pochi giorni fa a Montecitorio Laura Boldrini. Ambedue sono, con stili differenti, campioni di eloquio, non raramente anche di sproloquio.
In questi ultimi giorni sono successi, sotto cieli diversi e in ambiti differenti, tanti di quegli avvenimenti (per l’uno o l’altro verso significativi di una determinata realtà) che se ne potrebbe scrivere per un mese intero senza pause.
Ad esempio l’ampia intervista rilasciata da ‘don Georg’ a Hendrik Groth apparsa lunedì 18 luglio sul quotidiano tedesco “Schwäbische Zeitung” è zeppa di stimoli per una riflessione approfondita sulla situazione della Chiesa oggi. In Vaticano l’imbarazzo è grande e si tende ad ignorare un’intervista tanto esplosiva. Anche il “Sismografo” - noto sito in cinque lingue che dice di linkare gli articoli più interessanti in materia di Chiesa cattolica ma in realtà è soggetto ai capricciosi furori del suo conducator Luis Badilla – almeno fin qui quasi dell’intervista non riferisce (citandola solo il 19 luglio attraverso un articolo in inglese della CNA e il 23 luglio tramite un altro di Magister… e questo è già un successo!) In questa sede estrapoliamo alcune delle annotazioni più interessanti fatte dal segretario particolare di Joseph Ratzinger (già negli ultimi anni da cardinale) e attuale prefetto della Casa Pontificia:
- C’è continuità teologica tra Benedetto XVI e Francesco. Però sono anche legittimi dubbi in materia se si confrontano i modi della comunicazione propri dei due Papi. Certamente “se un Papa vuole cambiare qualcosa in un insegnamento, lo deve dire chiaramente, così che sia anche vincolante. Norme importanti non si possono cambiare attraverso mezze frasi o note a piè di pagina alquanto ‘aperte’. (…) Affermazioni che rendono possibile interpretazioni divergenti sono qualcosa di rischioso”. Come non vedere qui un riferimento chiaro a quanto contenuto soprattutto nel capitolo 8 dell’ Amoris laetitia?
- La mentalità di papa Francesco è fortemente segnata dalla sua esperienza argentina, soprattutto come arcivescovo di Buenos Aires, “in tempi in cui il Paese economicamente era al collasso”. Certo a Buenos Aires si era già capito che, quando Jorge Mario Bergoglio è convinto di una cosa, la fa e la persegue senza farsi condizionare. Lo si constata anche ora, che come Papa è vescovo di Roma. E’ chiaro che “si esprime con uno stile differente da quello del suo predecessore: talvolta è un po’ impreciso, perfino ineducato” (“flapsig”). E’ il suo stile personale; parla così, conscio di rischiare di offrire il destro per malintesi e anche a interpretazioni avventurose.
- “La certezza che il Papa sia una roccia nel mare in tempesta, ultima ancora di salvezza, de facto si è indebolita, divenendo vacillante”. E’ vero, non è vero? “Non sono in grado di giudicare, però in ogni caso insicurezze, occasionalmente anche confusioni e scompiglio (“Konfusionen und ein Durcheinander”) sono cresciuti”.
- Papa Francesco riesce ad attrarre la pubblica attenzione, “molto, molto al di là della Chiesa cattolica. Forse perfino più fuori che dentro la Chiesa”. Si comporta -in quello che predica, annuncia e incoraggia a fare- come “un gesuita classico della vecchia scuola ignaziana” (“detto nell’accezione migliore”). Però chiediamoci se l’ effetto-Francesco esista veramente. Se ciò fosse il caso, “la vita cattolica non dovrebbe essere più viva, le messe più frequentate, le vocazioni sacerdotali e religiose più numerose, maggiore il ritorno nella Chiesa di chi l’ha lasciata?” Concretamente ad esempio che significa parlare di “effetto-Francesco” per la Germania? “Dal di fuori, non si riesce a percepire la svolta. La mia impressione è che papa Francesco gode di grandi simpatie come uomo, maggiori di quelle di ogni altro leader nel mondo. Ma sul piano della vita, dell’identità della fede, sembra incidere poco (“kaum Einfluss zu haben”). Le statistiche, se non sono bugiarde, mi danno purtroppo ragione.”
- La Chiesa tedesca è una chiesa ricca, ma dalle chiese vuote. Molto problematica (“unangemesse, korrekturbedűrftig”:inadeguata, bisognosa di correzione) è l’esclusione dalla Chiesa di chi non paga l’imposta ecclesiastica (Kirchensteuer): l’impressione che è “fin quando si tratta di discutere di fede, la cosa non è così tragica; ma quando entra in gioco il denaro, allora sì che la cosa si fa seria”. Ovvero: “Il non pagare di un’imposta ecclesiastica è forse un delitto contro la fede più grave di affermazioni contro le verità della stessa”?
Come si sarà notato, di carne al fuoco – molto saporita - mons. Gänswein ne mette in quantità. A noi di assaporarla, masticandola con calma.
L’ISIS E LA NOTA LOBBY HANNO UN OBIETTIVO COMUNE: INDEBOLIRE LA CAPACITA’ DI RESISTENZA DELL’EUROPEO CONTEMPORANEO
Intanto – prescindendo da un numero crescente di gesti apparentemente isolati derivati da estrema fragilità umana sfociata in follia – mentre l’Isis (tramite cellule sue o lupi più o meno solitari) continua a falciare vite ferocemente un po’ in tutto il mondo (ma negli ultimi tempi con un’intensificazione degli attentati in Asia e su suolo europeo, Francia e Germania in prima linea) la nota lobby non è da meno, nel senso che prosegue e anzi accresce l’opera di devastazione dell’identità umana. Da una parte un’interpretazione non certo fantasiosa di passi ricorrenti nel Corano, dall’altra un’ideologia libertaria con risvolti economici di rilievo che persegue lo stravolgimento della visione antropologica giudaico-cristiana dell’Occidente. Se da una parte per indebolire la resistenza dell’individuo si ricorre al terrore materiale, dall’altra – con lo stesso fine – si utilizzano tecniche di stampo totalitario. Nell’uno e nell’altro caso si vuole l’uomo in ginocchio, ridotto a suddito del Moloch islamico (nella versione Isis) o ridotto a puro consumatore nell’ambito di una Grande Fratellanza Mondiale per la gioia degli squali dell’alta finanza. Nell’uno e nell’altro caso c’è un nemico sopra tutti da abbattere: la Chiesa Cattolica (è purtroppo possibile naturalmente che un forsennato cupio dissolvi investa anche tale istituzione… i segnali inviati dal ‘di dentro’ non tranquillizzano).
INCESSANTE L’ATTIVISMO DELLA NOTA LOBBY IN ITALIA
Anche in Italia la nota lobby in queste settimane si è data molto da fare, nel tentativo di occupare quante più posizioni possibili e restringendo – sia con la tattica delle ‘spalle al muro’ che con quella della minaccia di sanzioni amministrative o penali, a volte già adottate– gli spazi del libero pensiero. La nota lobby imperversa, dall’imposizione nella scuola dell’ideologia gender alla cosiddetta lotta contro “l’omofobia” o contro “il razzismo”, dall’approdo in Aula di Montecitorio (oggi, 25 luglio, dopo aver ‘saltato’ l’esame dei molti emendamenti in Commissione… procedura autoritaria che ha il suo precedente immediato nel disegno di legge sulle cosiddette ‘unioni civili’) del disegno di legge per la legalizzazione della cannabis all’accelerazione impressa in tema di eutanasia. Per non parlare dell’inusitata accelerazione impressa al decreto di attuazione della legge Cirinnà-Boschi sulle ‘unioni civili’: ma com’è efficiente il Governo dello Spavaldo, della Garrula Ministra e dei ‘cattolici poltronisti’ quando si tratta di accontentare la nota lobby! Qualche segnale di resistenza forte c’è e viene in particolare dal ‘Comitato difendiamo i nostri figli’ di Gandolfini, da ‘Pro vita’ di Toni Brandi, dal ‘Popolo della Famiglia’ di Adinolfi, da associazioni locali, dalla Regione Lombardia, da sindaci come ad esempio quelli di Trieste, Rovigo, Cáscina, da alcuni parlamentari come Giovanardi e pochi altri coraggiosi. Si avrà modo e tempo di riferirne nei dettagli.
AL SENATO LA VERGOGNA DEL ‘FUORI’ A GIOVANARDI
Qui solo un’incisa: Giovanardi è uno dei bersagli preferiti dalla nota lobby…vergognosi, indegni, simbolo di un’intolleranza antica i cori di “Fuori, fuori”, che – con la complicità attiva dell’ineffabile presidente di turno del Senato, la nota Linda Lanzellotta – gli hanno gravemente disturbato l’intervento in Senato di inizio luglio, in cui consigliava prudenza nella valutazione del fatto di Fermo, rivelatosi poi una rissa innescata dall’insulto di ‘scimmia’ da parte di un ultrà calcistico locale e sviluppatasi con la reazione violenta della nigeriana insultata (ha impedito tra l’altro all’ultrà di salire su un bus) e del marito, che ha colpito lo stesso ultrà con un palo segnaletico divelto, facendolo cadere a terra. L’ultrà, rialzatosi, ha allora rincorso il nigeriano e l’ha a sua volta colpito con un pugno in faccia, fatale perché il nigeriano è caduto a sua volta e ciò ne ha provocato la morte.
NUNZIO GALANTINO: ELOQUIO E SPROLOQUIO
Ora invece una menzione per un incontro ( ‘Avvenire’ ne ha dato notizia il 16 luglio nel capocronaca di pagina 14) a Montecitorio su temi sociali tra Laura Boldrini e Nunzio Galantino, due tra gli esponenti più in vista del ‘politicamente corretto’ nazionale. Madama l’Accigliata e il Segretario generale: ambedue dal facile eloquio, in verità – ci duole dirlo, ma è un dato tanto spiacevole quanto incontrovertibile - a volte sproloquio. Ci risparmiamo citazioni degli sproloqui presidenziali (in ambito di gender, ‘educazione sentimentale’, ‘razzismo’ di cui vede malata l’Italia), non invece di ricordarne qualcuno recente dell’uomo di potere imposto da Francesco alla Cei.
Il 5 luglio 2016, nel discorso tenuto alla presentazione del XXV Rapporto Caritas-Migrantes il Segretario Generale ha tra l’altro rilevato, a proposito della reazione ad atti di violenza di gruppi islamici, che è “necessario guardarsi” da due conseguenze:
. Alla lettura integralista dell’Islam da parte di alcuni, si va facendo strada una lettura integralista e, quindi, ideologica del Vangelo, fino ad arrivare a quello che due giovani hanno fatto ieri sul Lungomare del Porto d’Ascoli: due bengalesi, che vendevano fiori, pestati a sangue perché non hanno saputo recitare il Vangelo.
. La riaffermazione del ruolo pubblico della religione cristiana, che alcuni Stati e alcuni movimenti stanno veicolando, in realtà riduce l’esperienza religiosa a uno strumento da opporre all’altro.
Due sproloqui in un colpo solo.
Primo: la notizia dell’aggressione a due bengalesi che vendevano fiori sul lungomare di Porto d’Ascoli – motivata dal fatto che non sapessero recitare il Vangelo – si è rivelata una bufala tanto odiosa quanto inquietante e ricalcata sulla notizia vera di una rissa tra quattro bengalesi di qualche sera prima, a fine giugno. Il solerte e vigile Segretario Generale, contraddicendo l’evangelico “siate prudenti come serpenti” (ovvero: non siate sempliciotti) aveva bollato del resto subito la presunta aggressione del 4 luglio con parole di fuoco come “una lettura stupida e distorta del Vangelo in cui a integralismi si risponde con integralismi e a violenza con altra violenza”.
Secondo: a proposito della “riaffermazione del ruolo pubblico della religione cristiana”, il Segretario Generale ne spara un’altra, grossa come la Cupola del Duomo di Cerignola. Se si legge con attenzione quanto dice, la conseguenza (come ci segnala un attento lettore di Treviso) non può essere che una sola: la religione cristiana se ne stia dentro le sacristie, poiché, scendendo nella pubblica arena, si riduce oggi a strumento di guerra di civiltà.
ANCORA IL SEGRETARIO GENERALE DELLA CEI A CRACOVIA: UN’OSSESSIONE CHE SUSCITA INTERROGATIVI
Non è finita. Domenica 24 luglio, aprendo nella chiesa di San Bernardino da Siena a Cracovia la settimana degli italiani alla GMG, il Segretario Generale ha pronunciato un’omelia in cui, a proposito di figliolanza da Dio e fratellanza con gli altri uomini, si è anche chiesto retoricamente: “Continuo a domandarmi come si possano tenere le mani giunte in preghiera e poi con le stesse mani respingere il fratello che chiede di essere accolto! Continuo a domandarmi come si possa con la stessa bocca invocare il Padre e pronunziare dei ‘no’ decisi e sprezzanti di fronte al bisogno del fratello! Continuo a domandarmi come si possa elevare la propria mente a Dio e semmai impegnare la stessa mente a trovare giustificazioni per chiudere il proprio cuore dinanzi a chi è profugo e perseguitato!”.
C’è chi giudicherà tale insistenza una sorta di vera e propria ossessione 'immigratoria'. In effetti il Segretario Generale semplifica con facile demagogia un problema che è molto più complesso, segnalando tra l’altro come “profughi e perseguitati” tutti coloro che bussano alla nostra porta. Ma c’è accoglienza e accoglienza, c’è richiedente e c’è richiedente. L’accoglienza vera comprende anche la possibilità di vivere una vita dignitosa e nel rispetto delle leggi dello Stato ospitante; non è accoglienza cristiana l’essere ammucchiati in stanzoni, per poi vagare durante il giorno per le strade in cerca di elemosina (i cui proventi poi sono incassati dalla criminalità). Ma al Nostro non piace approfondire come sarebbe il caso in materia di immigrazione. Piace inveire e scomunicare, un po’ come fa Madama l’Accigliata dallo scranno di Montecitorio.
UN SUGGERIMENTO PER IL SEGRETARIO GENERALE
A proposito dell'eloquio-sproloquio del Segretario Generale ci si può chiedere anche altro. L’avete mai sentito porsi un altro interrogativo, per usare il suo discutibile metro di misura: “Continuo a domandarmi come si possa con la stessa bocca invocare il Padre e pronunziare (magari anche in Governo, in Parlamento) dei ‘sì’ convinti o opportunisti all’aborto, alla legalizzazione delle droghe, all’eutanasia, al ‘matrimonio gay’, all’imposizione dell’ideologia gender nella scuola, allo sfilacciarsi legislativo del concetto di famiglia come istituto con padre, padre e (possibilmente) figli…e anche devolvere l’8 per mille alla Chiesa Cattolica! L’avete mai sentito il Nostro parlare così? Chissà se mai lo sentirete...
GAENSWEIN SU FRANCESCO; GALANTINO SENZA FRENI - di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 25 luglio 2016
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VELENI IN VATICANO, L'INCREDIBILE FRASE DI PADRE GEORG: COSÌ L'UOMO DI RATZINGER DEMOLISCE PAPA FRANCESCO
dal 1977 al 1982, segue con grande attenzione i fatti della città tedesca
Libero, Enrico Paoli, 24.7.2016
e «prega per le vittime innocenti», esprimendo «condoglianze e vicinanza ai familiari». Segno che Ratzinger non è affatto lontano dalle «cose terrene». Figuriamoci da quelle teologiche e dottrinali, dunque dall’azione di Papa Francesco. A confermarlo è il suo segretario, monsignor Georg Gaenswein. Lo stesso padre Georg, prefetto della Casa Pontificia, forse proprio su indicazione del Papa emerito, è tornato a «smuovere» l’aria attorno e dentro al Vaticano, mettendo nel mirino il successore di Benedetto XVI. Padre Georg, in un’intervista, ha sollevato temi etici e politici che s’intrecciano fra loro, ponendo più di un interrogativo sull’azione di Bergoglio, impegnato a preparare il viaggio ad Auschwitz del 29 luglio dove non è previsto che parli. I discorsi pronunciati nel campo di concentramento nazista da Wojtyla nel 1979 e dallo stesso Ratzinger nel 2006 sono considerati «memorabili».
I segnali -Papa Francesco, forse, vuole evitare il confronto. Nel frattempo avrà modo di riflettere sull’intervista che padre Georg ha rilasciato al quotidiano tedesco Schwäbische Zeitung. Data la delicatezza dei temi trattati ci atteniamo alla traduzione della Nuova Bussola Quotidiana. «Quando un Papa vuole cambiare qualcosa nella dottrina, allora deve dirlo con chiarezza, in modo che sia vincolante», afferma il prefetto della Casa Pontificia, «importanti concetti dottrinali non possono essere cambiati da mezze frasi o da qualche nota a piè di pagina formulata in modo generico. Dichiarazioni che aprono a diverse interpretazioni sono rischiose. Alcuni vescovi hanno davvero la preoccupazione che l’edificio della dottrina possa subire delle perdite a motivo di un linguaggio non cristallino». Padre Georg, dopo aver messo in discussione l’autorità del Papa in carica, più che la sua autorevolezza, analizza le ragioni che stanno a monte dell’azione dell’attuale Pontefice.
«Papa Francesco è fortemente influenzato dalla sua esperienza come provinciale dei gesuiti e soprattutto come arcivescovo di Buenos Aires», afferma l’alto prelato, «già in quella grande città e mega-diocesi si era capito che ciò di cui lui è convinto, lo fa e lo porta fino in fondo senza scrupoli». Deciso dunque, anche a costo di esagerare. «Questo vale anche adesso come vescovo di Roma e come Papa», spiega Padre Georg, «che nei discorsi, rispetto ai suoi predecessori, di tanto in tanto sia un po’ impreciso, e addirittura irrispettoso, si deve solo accettare. Ogni Papa ha il suo stile personale. È il suo modo di parlare, anche correndo il rischio che ciò possa dar adito ad equivoci, a volte anche a interpretazioni avventurose».
Stile a parte, ciò che sembra preoccupare in modo particolare padre Georg è la «tenuta» di Bergoglio. «La certezza che il Papa sia una roccia nei marosi, ritenuto come l’ultima ancora, ha iniziato in effetti a vacillare», sostiene il segretario del Papa emerito, «se questa percezione corrisponda alla realtà e se riproduca l’immagine di Papa Francesco o se sia piuttosto un’immagine dei media, non posso giudicarlo».
Il dubbio - Ma il fatto stesso di ingenerare un forte dubbio è sufficiente a sospettare che Ratzinger non sia lontano dalle cose vaticane. Anzi. «Un vescovo, pochi mesi dopo l’elezione di Bergoglio, ha parlato di effetto-Francesco e, tutto impettito, ha aggiunto che ora era di nuovo bello essere cattolici», sostiene il segretario di Ratzinger, «si poteva percepire di nuovo pubblicamente uno slancio nella fede e nella Chiesa». «Ma questo accade davvero?», si chiede retoricamente l’alto prelato, «dall’esterno non si percepisce un nuovo inizio. La mia impressione è che Francesco goda di grande simpatia come uomo più di tutti gli altri leader del mondo. Ma riguardo alla vita e all’identità della fede questa sua simpatia non sembra avere grande influenza. I dati statistici, se non mentono, mi danno purtroppo ragione». Le presenze alle messe «non sono aumentate», così come «le vocazioni» e il ritorno alla Chiesa di chi «ha abbandonato» non è in crescita. Insomma, visto da dentro, dal centro del centro del mondo «l’effetto Francesco» è solo mediatico. E non pratico.
di Enrico Paoli
twitter@enricopaoli1
Sempre mi domando (ma a domanda retorica la risposta è scontata) come un papa possa aver messo a capo della CEI un comunistone vecchia maniera come Galantino.
RispondiEliminaAl quale è utile ricordare che lo Stato del Vaticano è Stato sovrano: quindi provveda pure con le sue lautissime finanze a soccorrere e mantenere NEL LUNGO PERIODO tutti gli sfortunati immigrati che vuole.
E Galantino pubblichi la sua formale rimuncia al proprio stipendio mensile a favore dei bisognosi, e la legga ai giovani venuti da tutto il mondo alla GMG.
Se non lo farà, sarà facile per tutti capire chi è: un retore penoso.
"come un papa possa aver messo a capo della CEI un comunistone vecchia maniera come Galantino." : è presto detto, cara Marisa. Sapendo chi lo ha nominato, un filocomunista sessantottino ("non sono mai stato di destra" ha detto apertamente), imbevuto di slogan vuoti e livorosi, che odia a morte i cattolici ed i partiti di destra (anche se difendono la civiltà cattolica, mentre a sinistra ci sputano sopra), cos'altro potevamo attenderci ? Ma lei ritiene che quei signori rappresentino ancora Cristo, siano ancora cattolici? sarebbe come credere che gli asini volano, mia cara Marisa. Li lasci perdere, dia retta a me, non meritano la nostra attenzione, vadano pure dove vogliono, ma senza di me e di tutti coloro che riuscirfò a strappare alle loro grinfie. Libera nos a malo, Domine !
RispondiEliminasemplicemente perche' il vescovo di Roma e' marxista.
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