Amoris Confusio. Nuova petizione
L’esortazione post-sinodale sulla famiglia, Amoris Laetitia, continua a generare reazioni profonde all’interno del mondo cattolico; e crescono le richieste al Pontefice di una parola che faccia giustizia delle ambiguità presenti nel documento.
Delle petizioni dei giorni scorsi, e del Libellus preparato da Veri Catholici si è scritto QUI. Oggi si deve dare conto di un appello, pubblicato sui social media , da parte di sedici personalità mondiali specializzate nella difesa della vita e della famiglia. In essa si chiede al Pontefice di “mettere fine alla confusione”.
Thomas Tobin vescovo di Providence, sul suo profilo Facebook ha postato un breve commento, parlando dell’ambiguità intenzionale di The “Amoris Laetitia”.
“Dopo aver riflettuto, è diventato ben chiaro che il documento di papa Francesco sul matrimonio e la Famiglia, Amoris Laetitia è segnato da ambiguità, e penso che sia intenzionale da parte del Santo Padre. Questo spiega perché, in un paio di giorni, abbiamo avuto interpretazioni molto diverse del documento da due esponenti di rilievo della Chiesa – l’arcivescovo Charles Chaput di Filadelfia e e il card. Cristoph Schöenborn di Vienna. E da parte di altri molti commentatori. La buona notizia è che, a causa di questa ambiguità, la gente può fare qualunque cosa voglia. E la cattiva notizia è che a causa di questa ambiguità la gente può fare proprio quello che vuole. Vai a capire!”.
L’appello delle sedici personalità anglosassoni postato su YouTube è rivolto al Pontefice, “in spirito di amore, umiltà e fiducia”. Gli si chiede di “parlare in maniera non ambigua sulla verità della fede cattolica, di porre fine alla confusione dottrinale, di ripristinare chiarezza e di essere il Santo Padre di cui i cattolici hanno bisogno”.
“Viviamo in un periodo molto speciale di crisi profonda di fede nella Chiesa – si dice nel video – Non è un segreto. E’ molto evidente. Molte persone, i semplici fedeli, soffrono per la situazione di confusione”.
Fra i firmatari ci sono John Smeaton, cofondatore della “Voice of the Family”; Colleen Bayer, Presidente della “Family Life International”; John-Henry Westen, direttore di LifeSiteNews; il p rof. Thomas Stark dell’Accademia di Filosofia e Teologia Benedetto XVI, Università di St. Polten, Austria; Christine Vollmer, della Pontificia Accademia per la Vita e fondatrice della – Latin American Alliance for Life.
14/07/2016
BURKE: “AVERE RAPPORTI SESSUALI CON UNA PERSONA CHE NON È IL
CONIUGE È O FORNICAZIONE O ADULTERIO”
Il Sacerdote barese monsignor Nicola Bux (foto a
destra) nei suoi incontri, come nei suoi scritti, non ha peli sulla
lingua. Quello che davvero non gli fa difetto è la chiarezza ed il coraggio (ed
una grande conoscenza teologica, soprattutto sulla Sacra Liturgia). Ha detto
testuale “non
è un peccato criticare il Papa” . Per chiarezza ed intrepida
fede brilla anche il Cardinale americano Raymond Leo Burke. Dopo
la pubblicazione dell’esortazione post-sinodale Amoris laetitia il
cardinale Burke aveva espressamente detto che il documento, a suo parere,
ha “una
natura personale cioè non magisteriale”.
A questa sua affermazione sono seguite una serie di
risposte, più o meno dirette. L’ultima in ordine di tempo è quella di don
Vitali, teologo dell’Università Gregoriana di Roma, che all’agenzia Sir ha
dichiarato: “Appare del tutto specioso l’argomento di chi, dopo aver intimato a
Francesco di non toccare la dottrina, ora pretende di derubricare la sua
esortazione a opinione personale. Per essere magistero autentico, non è detto
che un documento debba sempre contenere dichiarazioni dottrinali e norme
imperative”.
“Qualcuno”, ha detto il porporato, “mi ha criticato per aver
detto che il documento non è magistero; costoro hanno affermato che si tratta
di una Esortazione post-sinodale e, perciò, deve essere parte del magistero; ma
non è il titolo del documento che gli conferisce la qualifica di magistero.
Bisogna leggere i contenuti e, se lo si fa, si vede che questo documento va
letto criticamente, alla luce del Catechismo, alla luce del magistero della
Chiesa. Quelle parti che sostengono e danno piena espressione al magistero
della Chiesa vanno bene, ma ci possono essere altre cose che sono riflessioni
del Santo Padre ma non sono magistero”.
Alla domanda circa il turbamento che abiterebbe
nell’animo di molti fedeli, soprattutto perché l’autore del testo è il
Papa, il cardinale risponde dicendo che “non siamo stati abituati a
questo tipo di scrittura da parte del Santo Padre. In passato il Santo Padre
parlava molto di rado, o scriveva molto raramente, e lo faceva sempre con una
grande attenzione al fatto che egli è il Vicario di Cristo in terra e, quindi,
che ogni espressione della Fede deve essere aderente alla verità del magistero
della Fede […] Papa Francesco ha scelto di scrivere e parlare in un modo tale
per cui vi è una sorta di commistione tra l’esposizione dell’insegnamento della
Chiesa e l’espressione dei propri pensieri personali, e molte volte lo fa in un
linguaggio molto colloquiale, nel quale a volte non è così facile capire
esattamente che cosa vuole dire.
E quindi penso che dobbiamo renderci conto che qui
abbiamo un diverso modo di scrivere del Papa, e noi possediamo tutti gli
strumenti nella nostra nostra fede per comprendere correttamente questo modo di
scrivere, ma non ci è familiare. Tuttavia è semplicemente non vero sostenere
che questo documento sia parte del magistero come lo erano, per esempio, la
Lettera Enciclica Evangelium vitae, o Familiaris consortio – che era anch’essa
una Esortazione Apostolica post-sinodale -, giacché questo documento non è scritto
nello stesso modo di quelli. E’ scritto in un modo molto differente.
A tal proposito, inoltre, credo che la cosa importante
sia che quando si legge in modo critico il documento, si sia sempre rispettosi
della persona del Papa. Indulgere a mancanza di carità rispetto a qualsiasi
compagno di fede, e in modo particolare verso il Romano Pontefice, è del tutto
inappropriato e sbagliato”.
Interessante è anche la risposta che il cardinale
Burke ha dato a proposito della questione delle circostanze attenuanti
nel caso dell’accesso all’eucaristia per le coppie di divorziati risposati. “Le
circostanze attenuanti”, ha detto, “si applicano a singoli atti, e
rimane vero che per un atto individuale ci può essere qualche circostanza che
diminuisce il grado di colpevolezza. Ma per quanto riguarda il vivere
pubblicamente in stato di peccato, dato che nostro Signore provvede ad ogni
persona che è sposata la grazia per vivere nella fedeltà a quel matrimonio, si
può dire che, sì, possono vivere in fedeltà nel matrimonio perché hanno la
grazia per farlo. Malgrado ci possa essere ogni tipo di obbligo grave –
bambini da educare e ai quali fornire una casa ecc. -, tutti questi obblighi
possono essere rispettati rimanendo fedeli all’unione matrimoniale”.
Per questo, dice Burke, “se costoro [divorziati risposati]
vivono in quello che appare essere uno stato di peccato, ma in effetti non
stanno peccando – in altre parole: se costoro vivono come fratello e sorella -,
allora è vero [possono accedere all’eucaristia, NdR]. Ma se costoro sono
impegnati in relazioni more uxorio, ciò è oggettivamente
peccaminoso e non può essere diversamente. Non può essere non peccato e peccato
allo stesso tempo.Oggettivamente, avere rapporti sessuali con una persona
che non è il coniuge è o fornicazione o adulterio”.
E questa è
la Verità del Vangelo di Cristo e della Sua Chiesa.
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