Il Cardinale Ciappi, il teologo di papi, da Pio XII a Giovanni Paolo II (all’inizio del suo pontificato): “Il Terzo Segreto dice che la grande apostasia nella Chiesa inizia dal suo vertice. La conferma ufficiale del segreto de La Salette (1846): “La Chiesa subirà una terribile crisi. Essa sarà eclissata. Roma (il Vaticano) perderà la fede e diventare la sede dell’Anticristo “.
ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...
(Posto questa ottima inchiesta di Moon of Alabama, tradotta da AuroraSito. Esssenziale per capire le collusioni fra i talkfiri e certi enti occidentali, che si fanno loro agenti di propagand. MB)
Questa foto fa il giro sui media “occidentali” insieme alla storia strappalacrime degli “attivisti” di un quartiere di Aleppo occupato da al-Qaida. Un bambino apparentemente ferito, si siede tranquillamente in una nuovissima ambulanza molto ben attrezzata. A un certo punto tocca ciò che apparirebbe una ferita, sulla tempia sinistra, ma non mostra alcuna reazione. 2 minuti di video, da cui è tratta la foto, mostrano il bambino tratto dal buio da una tizio con giaccone da soccorso e portato in un’ambulanza. Si siede tranquillamente, senza essere sorvegliato, mentre diverse persone riprendono video e foto.
Un’altra bambina, chiaramente senza ferite, viene poi messa nell’ambulanza. Ecco come la storia viene raccontata: “Mahmud Raslan, un fotoreporter che ha preso la foto, ha detto all’Associated Press che soccorritori e giornalisti hanno cercato di aiutare il bambino, identificato come Umran Daqanish, insieme ai genitori e tre fratelli di 1, 6 e 11 anni. Li abbiamo passati da un balcone all’altro“, ha detto Raslan, aggiungendo: “Abbiamo inviato subito i bambini più piccoli nell’ambulanza, ma la ragazza di 11 anni aspettava che la madre venisse salvata, aveva la caviglia appuntata dalle macerie“. Una ricerca su internet di “Mahmud Raslan“, il preteso “fotoreporter”, non porta ad alcuna foto o video. Vi sono circa 15 uomini intorno alla scena e non fanno nulla. (Accanto a un sito “appena bombardato” in una zona di guerra? Nessuna paura di un secondo attacco?) Almeno altri due uomini, oltre al cameraman, riprendono foto e video. Un altro bambino viene trasportato nell’ambulanza. Sullo sfondo c’è qualcuno con un casco bianco che indossa una camicia dei “Caschi bianchi”, il gruppo di propaganda finanziato dagli anglo-statunitensi. Un ferito si dirige verso l’ambulanza. Come il bambino, l’uomo sembra avere una ferita alla testa. Ma come il bambino, non sanguina. Vi è una sostanza di colore rosso sul suo viso, ma senza che scorra. È sorprendente. Quando guidavo le ambulanze di pronto soccorso, i feriti alla testa sanguinavano sempre come maiali al macello (spesso sporcando l’ambulanza che dovevo pulire). ComeWebMD nota: “Piccoli tagli sulla testa spesso sanguinano pesantemente perché faccia e cuoio capelluto hanno molti vasi sanguigni sotto la superficie della pelle. Anche se tale quantità di sangue può allarmare, molte volte l’infortunio non è grave…
La quantità di sostanza di colore rosso sul bambino e l’uomo non corrispondono alla quantità che ci si aspetta da una ferita anche minore alla testa. Non vengono inoltre applicate bende o qualsiasi altra cosa serva a fermare una vera ferita sanguinante alla testa. Si confronti ciò con la foto di un ragazzo nella zona ovest di Aleppo. (Alcun media “occidentali” ha mostrato questo ragazzo e la sua sofferenza. Non è della “nostra parte”).
Il ragazzo ha avuto una ferita alla testa dopo che un razzo di al-Qaida e affiliati colpiva il suo quartiere. Viene curato e l’emorragia arrestata. La quantità di sangue sul corpo e nel vestito è diverse volte ciò che appare immagini precedenti. Il sangue è anche mescolato con la polvere sul volto, non dipinto. Così appaiono i pazienti nella mia ambulanza. Sembra reale. Tutti gli elementi del video del “bambino sul sedile arancione” sono gli stessi che si vedono in decine di video dei “Caschi bianchi”. La stessa scena ripetuta più e più volte nell’album “Drammatici salvataggi! Uomini con bambini che corrono verso la telecamera”! Ritengo che il video sia la stessa sceneggiata di altri video e foto dei “Caschi bianchi”. L’aspetto della ferita del bambino è un po’ più realistico del solito, ma mancanza di sanguinamento, nessuno che se ne occupi, assenza di reazione alla “ferita” e l’impostazione generale del video, permettono di ritenerla una messa in scena.
Tale nuova propaganda, ampiamente diffusa, compare ancora in un momento in cui al-Qaida e affiliati in Siria sono in difficoltà. L’Aeronautica russa bombarda le retrovie dell’aggressione ad Aleppo ovest, devastandole. Un “cessate il fuoco umanitario”, che verrà utilizzato per riorganizzarsi e rifornirsi, è urgente. La propaganda serve a fare pressione per tale richiesta. Alcuni sponsor vogliono che i “Caschi bianchi” abbiano il Premio Nobel per la Pace. L’organizzazione si autopromuove sul suo sito. Qualcun altro ha mai fatto una cosa del genere? Non si vergognano a chiedere il Nobel? Proprio con un’altra versione del loro marchio aziendale preferito, la foto di un “Drammatico salvataggio! Uomo con bambino corre verso la macchina fotografica!“. Chiedono il Nobel proprio con un’altra foto inscenata? Ma perché no? Obama non era altro che un prodotto commerciale quando ebbe il Nobel per la pace, per poi bombardare 7 Paesi musulmani. Non vi è alcuna ragione quindi di non dare tale premio a un altro strumento della propaganda bellica. Poi avrà una nomination per gli Academy Awards, forse nella categoria “Miglior falso venduto”, più appropriata.
Anche Rita Katz (SITE) paga gli Elmetti Bianchi
Una strage di al-Qaida spacciata per salvataggio dei “caschi bianchi”
La famiglia Quraytam fu rapita da al-Nusra intorno il 29 luglio. I tre uomini furono uccisi immediatamente. Le quattro donne e gli otto bambini furono uccisi il 10 agosto e i loro corpi gettati e sbranati dai cani. Due giorni dopo, gli stessi 12 corpi furono utilizzati dai caschi bianchi, il ramo propagandistico di Jabhat al-Nusra, finanziato dalla NATO, come oggetti di scena nella loro ultima produzione pornografica. I corpi disfatti vennero “trovati” sul ciglio della strada, nei pressi del preteso cratere di una bomba, e gli attori di Jabhat al-Nusra, con caschi bianchi e relativa uniforme della Protezione Civile Siriana, correvano freneticamente davanti alle telecamere, girando a vuoto con un bambino morto e uno vivo. Il materiale video viene utilizzato per la propaganda #SaveAleppo di al-Qaida. Libyan Civil War
Chi è James Le Mesurier, fondatore dei “Caschi Bianchi”?
James Le Mesurier viene dipinto come anticonformista eroe umanitario, che miracolosamente si trovava al posto giusto (Istanbul) nel momento giusto; quando nacque l’esigenza di creare la squadra della Protezione Civile Siriana, forse per caso, pochi mesi prima della storia dell’attacco con ‘armi chimiche’ nel Ghuta dell’agosto del 2013 – evento già dimostratosi oltre ogni dubbio un attentato false flag, come le successive accuse al governo siriano che avevano lo scopo di imporre la ‘No Fly Zone’ desiderata dalla NATO.
Tuttavia, ad approfondire vita e opere di Le Mesurier, si capisce che non fu un caso felice che fosse ad Istanbul in quel frangente. Laureato all’Accademia Militare di Sandhurst (UK) e decorato con la medaglia della regina, la sua carriera lo vede nell’Ufficio dell’Alto rappresentante in Bosnia e premiato coordinatore dell’intelligence della NATO in Kosovo. Nella biografia si dice che Le Mesurier lasciò l’esercito inglese nel 2000, e ha poi prestato servizio alle Nazioni Unite come vicecapo dell’Unità consultiva su ‘sicurezza e giustizia’, e come rappresentante speciale del corpo della sicurezza politica del Segretario Generale nella missione delle Nazioni Unite in Kosovo. La sua carriera poi lo portava a Gerusalemme, dove operava all’attuazione dell’accordo di Ramallah, poi a Baghdad come consulente speciale del ministro degli Interni iracheno, negli Emirati Arabi Uniti ad addestrarne la forza di protezione dei giacimenti di gas, e poi in Libano durante la guerra del 2006. Nel 2005 fu nominato Vicepresidente di Special Projects della società di mercenariOlive Group, e nel gennaio 2008 fu nominato direttore del Good Harbour International, entrambi a Dubai. Le Mesurier fondò anche Mayday Rescue, una società “non profit” per l’addestramento in ricerca e salvataggio nei conflitti civili. Secondo la sua biografia, Mayday Rescue fu fondata nel 2014, dopo aver creato i “caschi bianchi”. The Wall Will Fall
Pietà per il piccolo Omran. Ma su Aleppo quante bugie
L'immagine del bambino ferito in ambulanza spezza il cuore. Non deve però far dimenticare di chi è la colpa
Davanti
ad una foto come quella di Omran Daqneesh nessuno può restare
indifferente. L'immagine di quel bimbetto siriano di cinque anni coperto
di sangue e polvere dopo un bombardamento su Aleppo stringe il cuore,
lo riempie di sdegno e d'indignazione.
Lo stesso successe un anno fa con la foto di Aylan, affogato
mentre con la famiglia passava dalla Turchia in Europa. Entrambe quelle
foto nascondono però un trappolone. Quello celato dietro l'immagine del
povero Aylan è ben noto. Quello scatto spinse la Cancelliera Angela
Merkel ad abdicare all'etica della responsabilità per decidere sull'onda
dell'emozione. L'immediata e ingestibile conseguenza fu l'arrivo in
Germania di oltre un milione di profughi accompagnati da un numero
ancora imprecisato di terroristi ed apprendisti tali. La foto del povero
Omran, diffusa dall'Aleppo Media Center, la centrale di propaganda dei
ribelli jihadisti, rischia invece di farci dimenticare le cinque grandi
menzogne della battaglia di Aleppo. Un'assedio a parti invertite Ad
assediare Aleppo non sono le forze governative, ma i ribelli jihadisti
che, nell'estate del 2012, entrarono in Siria dal confine turco e
circondarono la città. Aleppo, nella strategia dei gruppi armati,
appoggiati dalla Turchia di Erdogan, dall'Arabia Saudita e dal Qatar,
doveva diventare la capitale dei territori liberati e la sede di un
governo provvisorio pronto - dopo il riconoscimento dell'Onu,
dell'America di Obama e dell'Europa - a prendere il posto del regime di
Bashar Assad. Il risultato sono stati invece la nascita dell'Isis e il
perdurare di una guerra costata oltre 300mila vite I quartieri est ovvero una roccaforte di Al Qaida La
parte est della città è oggi in gran parte sotto il controllo di forze
qaidiste. L'accerchiamento delle forze governative che a fine luglio
bloccavano con l'appoggio russo l'accesso alla zona è stato rotto dai
ribelli di Jabhat Fateh al Sham, la fazione qaidista, già conosciuta
come Jabat Al Nusra, che a luglio ha cambiato nome ed ha annunciato il
divorzio, per semplici ragioni di opportunità politica,
dall'organizzazione creata da Bin Laden. Aleppo e gli inganni del politicamente corretto La
narrativa «politicamente corretta» del conflitto siriano lo descrive
come lo scontro tra i ribelli appoggiati della maggioranza sunnita del
Paese e il regime del dittatore Bashar Assad sostenuto da quella
minoranza alawita, inferiore al 22 per cento della popolazione, a cui
appartiene la sua famiglia. Se così fosse Aleppo, citta di quasi due
milioni di abitanti in larga parte sunniti, sarebbe caduta da un pezzo.
Invece i civili sunniti di Aleppo, come i militari e gli ufficiali di un
esercito anch'esso a maggioranza sunnita, hanno preferito restare con
il regime anziché schierarsi con dei ribelli considerati troppo fanatici
e troppo legati ad interessi stranieri. Chi impedisce la fuga dei civili A
luglio, prima che i ribelli qaidisti rompessero l'accerchiamento dei
quartieri est, Mosca e il regime di Assad garantivano il libero
passaggio a tutti i civili decisi ad abbandonare la zona ribelle e ai
militanti pronti ad arrendersi. L'offerta s'inseriva nelle cosiddette
operazioni di riconciliazione, già sperimentate a Homs e a Damasco, con
cui il governo s'impegna a reintegrare nella società i ribelli di
nazionalità siriana e d'ispirazione moderata pronti a posare le armi. Ma
l'esodo dei civili, accompagnato dalla resa di qualche decina di
combattenti, è stato bloccato ed impedito dall'intervento dei ribelli
jihadisti. Il ruolo dei russi Oggi l'accerchiamento dei
quartieri ribelli per mano russa e governativa suscita lo sdegno dei
grandi media e spinge il ministro degli Esteri tedesco Franz-Walter
Steinmeier a proporre un ponte aereo per rifornire i quartieri est.
L'assedio ribelle ai danni di gran parte della città di Aleppo, durato
dall'estate 2012 alla scorsa primavera, non ha, invece, mai mosso a
compassione nessuno. Come ha più volte ripetuto al Giornale il vescovo
cattolico di Aleppo Monsignor Abu Khazen «solo l'intervento russo ha
dato respiro a questa città. Per anni tutti ripetevano di voler
combattere l'Isis e il fanatismo, ma solo i russi l'hanno fatto
veramente».
Questa foto fa il giro sui media “occidentali” insieme alla storia strappalacrime degli “attivisti” di un quartiere di Aleppo occupato da al-Qaida. Un bambino apparentemente ferito, si siede tranquillamente in una nuovissima ambulanza molto ben attrezzata. A un certo punto tocca ciò che apparirebbe una ferita, sulla tempia sinistra, ma non mostra alcuna reazione. 2 minuti di video, da cui è tratta la foto, mostrano il bambino tratto dal buio da una tizio con giaccone da soccorso e portato in un’ambulanza. Si siede tranquillamente, senza essere sorvegliato, mentre diverse persone riprendono video e foto. Un’altra bambina, chiaramente senza ferite, viene poi messa nell’ambulanza. Ecco come la storia viene raccontata: “Mahmud Raslan, un fotoreporter che ha preso la foto, ha detto all’Associated Press che soccorritori e giornalisti hanno cercato di aiutare il bambino, identificato come Umran Daqanish, insieme ai genitori e tre fratelli di 1, 6 e 11 anni. Li abbiamo passati da un balcone all’altro“, ha detto Raslan, aggiungendo: “Abbiamo inviato subito i bambini più piccoli nell’ambulanza, ma la ragazza di 11 anni aspettava che la madre venisse salvata, aveva la caviglia appuntata dalle macerie“. Una ricerca su internet di “Mahmud Raslan“, il preteso “fotoreporter”, non porta ad alcuna foto o video. Vi sono circa 15 uomini intorno alla scena e non fanno nulla. (Accanto a un sito “appena bombardato” in una zona di guerra? Nessuna paura di un secondo attacco?) Almeno altri due uomini, oltre al cameraman, riprendono foto e video. Un altro bambino viene trasportato nell’ambulanza. Sullo sfondo c’è qualcuno con un casco bianco che indossa una camicia dei “Caschi bianchi”, il gruppo di propaganda finanziato dagli anglo-statunitensi. Un ferito si dirige verso l’ambulanza. Come il bambino, l’uomo sembra avere una ferita alla testa. Ma come il bambino, non sanguina. Vi è una sostanza di colore rosso sul suo viso, ma senza che scorra. È sorprendente. Quando guidavo le ambulanze di pronto soccorso, i feriti alla testa sanguinavano sempre come maiali al macello (spesso sporcando l’ambulanza che dovevo pulire). Come WebMD nota: “Piccoli tagli sulla testa spesso sanguinano pesantemente perché faccia e cuoio capelluto hanno molti vasi sanguigni sotto la superficie della pelle. Anche se tale quantità di sangue può allarmare, molte volte l’infortunio non è grave…”
Mahmud Raslan, “fotoreporter” taqfirita assieme ai terroristi che avevano decapitato, a luglio, il bambino palestinese Abdullah al-Isa, presso Aleppo.
La quantità di sostanza di colore rosso sul bambino e l’uomo non corrispondono alla quantità che ci si aspetta da una ferita anche minore alla testa. Non vengono inoltre applicate bende o qualsiasi altra cosa serva a fermare una vera ferita sanguinante alla testa. Si confronti ciò con la foto di un ragazzo nella zona ovest di Aleppo. (Alcun media “occidentali” ha mostrato questo ragazzo e la sua sofferenza. Non è della “nostra parte”).Il ragazzo subiva una ferita alla testa dopo che un razzo di al-Qaida e affiliati colpiva il suo quartiere. Viene curato e l’emorragia arrestata. La quantità di sangue sul corpo e nel vestito è diverse volte ciò che appare immagini precedenti. Il sangue è anche mescolato con la polvere sul volto, non dipinto. Così appaiono i pazienti nella mia ambulanza. Sembra reale. Tutti gli elementi del video del “bambino sul sedile arancione” sono gli stessi che si vedono in decine di video dei “Caschi bianchi”. La stessa scena ripetuta più e più volte nell’album “Drammatici salvataggi! Uomini con bambini che corrono verso la telecamera”! Ritengo che il video sia la stessa sceneggiata di altri video e foto dei “Caschi bianchi”. L’aspetto della ferita del bambino è un po’ più realistico del solito, ma mancanza di sanguinamento, nessuno che se ne occupi, assenza di reazione alla “ferita” e l’impostazione generale del video, permettono di ritenerla una messa in scena.
Tale nuova propaganda, ampiamente diffusa, compare ancora in un momento in cui al-Qaida e affiliati in Siria sono in difficoltà. L’Aeronautica russa bombarda le retrovie dell’aggressione ad Aleppo ovest, devastandole. Un “cessate il fuoco umanitario”, che verrà utilizzato per riorganizzarsi e rifornirsi, è urgente. La propaganda serve a fare pressione per tale richiesta. Alcuni sponsor vogliono che i “Caschi bianchi” abbiano il Premio Nobel per la Pace. L’organizzazione si autopromuove sul suo sito. Qualcun altro ha mai fatto una cosa del genere? Non si vergognano a chiedere il Nobel? Proprio con un’altra versione del loro marchio aziendale preferito, la foto di un “Drammatico salvataggio! Uomo con bambino corre verso la macchina fotografica!“. Chiedono il Nobel proprio con un’altra foto inscenata? Ma perché no? Obama non era altro che un prodotto commerciale quando ebbe il Nobel per la pace, per poi bombardare 7 Paesi musulmani. Non vi è alcuna ragione quindi di non dare tale premio a un altro strumento della propaganda bellica. Poi avrà una nomination per gli Academy Awards, forse nella categoria “Miglior falso venduto”, più appropriata.Una strage di al-Qaida spacciata per salvataggio dei “caschi bianchi”
La famiglia Quraytam fu rapita da al-Nusra intorno il 29 luglio. I tre uomini furono uccisi immediatamente. Le quattro donne e gli otto bambini furono uccisi il 10 agosto e i loro corpi gettati e sbranati dai cani. Due giorni dopo, gli stessi 12 corpi furono utilizzati dai caschi bianchi, il ramo propagandistico di Jabhat al-Nusra, finanziato dalla NATO, come oggetti di scena nella loro ultima produzione pornografica. I corpi disfatti vennero “trovati” sul ciglio della strada, nei pressi del preteso cratere di una bomba, e gli attori di Jabhat al-Nusra, con caschi bianchi e relativa uniforme della Protezione Civile Siriana, correvano freneticamente davanti alle telecamere, girando a vuoto con un bambino morto e uno vivo. Il materiale video viene utilizzato per la propaganda #SaveAleppo di al-Qaida. Libyan Civil War
Terroristi di al-Qaida e Stato islamico e “Caschi bianchi” ad al-Lataminah
Chi è James Le Mesurier, fondatore dei “Caschi Bianchi”? James Le Mesurier viene dipinto come anticonformista eroe umanitario, che miracolosamente si trovava al posto giusto (Istanbul) nel momento giusto, quando nacque l’esigenza di creare la squadra della Protezione Civile Siriana, forse per caso, pochi mesi prima dell’infame e universalmente screditata storia dell’attacco con ‘armi chimiche’ nel Ghuta dell’agosto del 2013, evento già dimostratosi oltre ogni dubbio un attentato false flag, come le successive accuse al governo siriano senza riuscire ad imporre la ‘No Fly Zone’ desiderata dalla NATO. Tuttavia, se si approfondisce vita e opere di Le Mesurier, si capirà che non fu un caso felice che fosse ad Istanbul in quel frangente. Laureato all’Accademia Militare di Sandhurst e decorato con la medaglia della regina, la sua carriera lo vede nell’Ufficio dell’Alto rappresentante in Bosnia e premiato coordinatore dell’intelligence della NATO in Kosovo. Viene detto che Le Mesurier lasciò l’esercito inglese nel 2000 prestando servizio alle Nazioni Unite come vicecapo dell’Unità consultiva su ‘sicurezza e giustizia’, e come rappresentante speciale del corpo della sicurezza politica del Segretario Generale nella missione delle Nazioni Unite in Kosovo. La sua carriera poi lo portava a Gerusalemme, dove operava all’attuazione dell’accordo di Ramallah, poi a Baghdad come consulente speciale del ministro degli Interni iracheno, negli Emirati Arabi Uniti ad addestrarne la forza di protezione dei giacimenti di gas, e poi in Libano durante la guerra del 2006. Nel 2005 fu nominato Vicepresidente di Special Projects della società di mercenari Olive Group, e nel gennaio 2008 fu nominato direttore del Good Harbour International, entrambi a Dubai. Le Mesurier fondò anche Mayday Rescue, una società “non profit” per l’addestramento in ricerca e salvataggio nei conflitti civili. Secondo la sua biografia, Mayday Rescue fu fondata nel 2014, dopo aver creato i “caschi bianchi”. The Wall Will Fall
L’Esercito
siriano ed Hezbollah prendono il controllo degli edifici militari ad
Aleppo. Campagna mediatica occidentale per salvare i terroristi pro
USA-Sauditi dall’annientamento
L’Esercito siriano ed i combattenti di Hezbollah, dopo feroci scontri con i terroristi del gruppo Yaish al Fateh (ex Al Nusra), hanno preso il controllo degli edifici di quella che era una volta la Base Tecnica della Forza Aerea nel sud di Aleppo.
Questo successo è avvenuto doppo che le truppe governative si sono
impadronite del 90% del complesso degli edifici circpostanti (area
1070), dopo un durissimi combattimenti urbano con gli estremisti
takfiri.
Il generale dell’Esercito, Deeb Bizzi, capo della Base
Técnica, che comandava l’offensiva, è caduto nel corso dei
combattimenti. La Base Tecnica della Forza Aerea era stata una delle tre
basi strategiche che l’Esercito siriano aveva perso nel corso
dell’offensiva della coalizione dei gruppi estremisti di circa due
settimane addietro.
Secondo fonti siriane, gli alleati hanno iniziato anche un’offensiva per
impadronirsi della Scuola di Artiglieria, dove sono avvenuti
combattimenti.
Il risultato più importante della conquista degli edifici militari è
che i membri del Yaish al Fateh hanno perso il controllo del corridoio
che erano riusciti a stabilire verso i quartieri assediati dell’Est
della città, che attualmente non può essere utilizzato per causa degli
attacchi aerei e che di conseguenza si rende più facile il percorso per
la liberazione dello strategico distretto di Al Ramusah.
Dall’altro lato del fronte, l’Esercito siriano, assieme ad Hezbollah ed
alle milizie sciite irachene, hanno conquistato anche il paese di Al
Qarassi questo Giovedì, dopo aver lanciato il loro secondo attacco
contro tale località.
L’Esercito siriano ha utilizzato nuove tattiche miltari per
annientare le posizioni dei terroristi mentre sono proseguiti i
bombardamenti dell’aviazione russo-siriana sui percorsi di rifornimento
utilizzati dai terroristi dello Yaish al Fatah, tanto ad Aleppo come più
lontano, nella provincia di Idlib, in modo da privare i miliziani takfiri dei mezzi logistici e dei rifornimenti
che provengono da Turchia ed Arabia Saudita. Questo consente alle forze
siriane di lanciare nuovi attacchi e mantenere le posizioni.
L’Esercito siriano d’altra parte mantiene saldo l’assedio sulle zone del sud est di Aleppo,
evitando però una offensiva frontale in modo da risparmiare perdite fra
le proprie file e fra la popolazione civile ancora asserragliata nella
zona, presa in ostaggio dai terroristi. La liberazione totale di Aleppo
si avvicina sempre di più.
Secondo una fonte militare ad Aleppo , Yaish al Fath ha perso, nel
corso dei combattimenti a Al Qarassi, tre comandanti da campo: Abu
Mohammad Al Nashimi, Abu Ahmad Al Suri y Abu Al Baraa Al Hamwi, gli
ultimi due tenevano il collegamento direttamente con il comando Saudita.
Le forze siriane ed i loro alleati stanno adesso attaccando il paese di
Jalsah, che era caduto nelle mani di Yaish al Fatah nel maggio di
quest’anno.
Dozzine di terroristi sono stati uccisi e feriti nel corso di queste
operazioni militari dell’Esercito siriano mentra altri sono fuggiti. Campagna mediatica in corso
Nel frattempo è partita una campagna mediatica da parte occidentale
per cercare di convincere l’opinione pubblica nella necessità di una
tregua nei combattimenti, con la finalità dichiarata di offrire alla
popolazione la possibilità di uscire dalle zone sotto assedio e ricevere
rifornimenti, campagna che nasconde anche un altro fine inconfessabile
di salvare dall’annientamento le milizie dei takfiri rimaste ad Aleppo,
sostenute da Arabia Saudita ed USA.
Dopo aver distorto e manipolato tutte le informazioni sul conflitto,
queste campagne, che cercano di toccare l’emozione del pubblico con
l’immagine di piccole vittime dei bombardamenti (sempre regolarmente
addebitati ai russi e siriani), sono volte a convincere l’ONU a
stabilire una tregua duratura. Tuttavia il comando russo e siriano ha
comunicato la loro disponibilità a concordare una tregua di sole 48 ore,
sotto stretto controllo dell’ONU, per evitare che tale tregua serva ai miliziani takfiri di farsi rifornire e far arrivare rinforzi dal confine turco, come già accaduto nel corso della precedente tregua.
Il Comando USA e saudita che segue la situazione sul campo farebbe
qualsiasi cosa per evitare l’annientamento delle milizie mercenarie
armate ed addestrate da americani e sauditi, con la probabilità che
agenti di questi paesi si trovino fra i miliziani assediati, con compiti
di coordinamento. Si stanno conducendo negoziati fra le parti per
concordare le modalità della tregua.
Fonti: Al MayadeenAl Manar
Traduzione e sintesi: Luciano Lago
“Un convoglio di circa duemila veicoli è riuscito ad evacuare
Manbij e raggiungere Jarabulus, erano combattenti di Daesh con le loro
famiglie e civili usati come scudi umani”: così attesta un abitante di
Manbij, Adnan al-Hussein, raggiunto al telefonod al New York Times. Lo
stesso grande quotidiano raconta che quel convoglio è stato sorvegliato
dall’alto da droni delle forze armate Usa, che non l’hanno disturbato.
In pratica, hanno coperto la ritirata dei jihadisti da Manbij.
Manbij, ricordate?, è la città dove pochi giorni fa le tv
occidentali hanno mostrato la popolazione felice di essere stata
liberata dai wahabiti: donne che si strappavano il chador e lo
bruciavano, uomini che si facevano tagliare le barbe e fumavano
ostentatamente (i wahabiti glielo vietavano), abitanti che
abbracciavano gli ‘eroici peshmerga liberatori’ ossia curdi – ma così
moderati che meritano uno stato tutto loro. Vedete anche voi che le
loro ragazze non indossano chador, bensì mimetiche della NATO: quindi
sono moderne, e dunque democratiche. http://abcnews.go.com/Politics/wireStory/convoy-fighters-allowed-leave-syrian-city-41430252
la liberatrice peshmerga
Ora i bei servizi tv assumono un altro sapore. Il portavoce delle
forze Usa, colonnello Chris Garver, ha dovuto spiegare ai giornalisti,
in conferenza stampa, come mai gli Usa avessero permesso l’ordinata
evacuazione dei jihadisti (sono oggi per lo più mercenari importati). La
risposta: c’erano dei civili in quei veicoli coi guerriglieri, e gli
Usa vogliono evitare vittime civili (mai, mai vittime civili!). Ha
anche aggiunto che i comandanti delle Syria Democratic Forces (sono
sempre loro, gli ‘eroici-pesmerga’) avevano “deciso di lasciar passare
il convoglio IS”, e chi sono gli americani per opporsi? Qualche
giornalista ha osato chiedere: dunque c’è stato un accordo preventivo
fra gli eroici peshmerga e Daesh per lasciar andare via senza colpo
ferire le migliaia di terroristi su quel convoglio? Il colonnello ha
detto che non sapeva. Il che è perfettamente logico: gli eroici
peshmerga sono armati, addestrati da addestratori NATO, anche
italiani; stipendiati dagli americani, vestono mimetiche NATO; a Manbij
erano assistiti (dice il NYT) da “almeno 300 elementi delle Forze
Speciali americane” – ma mica si consultano con gli americani prima di
consentire la ritirata strategica ai terroristi. E’ la prova di quanto
sono autonomi, i curdi, e meritino uno stato autonomo tutto loro.
Oltretutto, gli eroici peshmerga sono utilissimi perché, mentre
“combattono lo Stato Islamico” (nel modo che si vede), sono ferocissimi
a combattere contro le truppe del mostruoso dittatore Assad,
contemporaneamente: come attesta il sito Palaestina Felix: http://palaestinafelix.blogspot.it/2016/08/la-marmaglia-curda-prova-ad-attaccare.html#more
Esfiltrazione “concordata” dai curdi coi jihadisti
Insomma sembra che i pesherga non abbiano “espugnato Manbij”, come
hanno scritto Il Foglio e il Fatto….quella di Manbij è stata una
liberazione concordata d’accordo fra i combattenti
(tutti e due anti-Assad), coi peshmerga in favore di telecamere ,
mentre i mercenari dell’IS erano esfiltrati sotto lo sguardo
protettore dei droni Usa? Chissà. Oltretutto, gli abitanti della
cittadina, che sono arabi, non sono molto contenti di essere stati
liberati da curdi. Va’ a sapere .
Manbij, ultimo varco aperto per i jihadisti
Ma, come spiega il New York Times, “Manbij è uno dei soli
due punti di passaggio rimasti fra Turchia e Siria; l’altro, al-Rai, è
sotto continuo attacco delle fazioni ostili allo Stato Islamico. La
strada fra Manbij e Jarabulus, e stata usata dai jihadisti esteri per
unirsi allo Stato Islamico dalla Turchia e lasciare per raggiungere di
nuovo le loro destinazioni Europee”. E’ umano che i mercenari venissero
convogliati e messi al sicuro, prima che quel passo venisse
definitivamente chiuso dai bombardamenti russi e dalle forze
siriane-iraniane ed Hezbollah. I mercenari costano, specie quando
cominciano a scarseggiare le vittorie – quelli sono buoni per un’altra
volta. Così hanno fatto trapelare i comandi russi, naturalmente non
ripresi da alcun media: stanno difendendo il “mostruoso dittatore Assad”
(come dicono i radiogiornali Rai), quindi silenzio.
I media – come non potete ignorare – hanno titoli, lacrime e strilli
solo per “i civili di Aleppo”, dove “si rischia la catastrofe
umanitaria” – l’ha detto BAn ki Mon, l’ha detto Avvenire, il giornale
di El Papa; anzi dipiù: “C’è già una catastrofe umanitaria senza
precedenti”, dato che “nella città martoriata vivono 130mila
bambini”: siccome il numero dei bambini addirittura aumenta sotto i
bombardamenti (di ospedali, sempre di ospedali) e l’assedio, ed ora
sono 130 mila, vuol dire che i jihadisti preferiti dall’Occidente hanno
proprio bisogno di un cessate-il-fuoco per riorganizzarsi. O magari
esfiltrare sotto l’occhio protettore del Grande Drone. .
L’ultimo selfie prima di evacuare
Intanto però, con i loro contrattacco (costosissimo in vite) ad
Aleppo, i mercenari preferiti dall’Occidente hanno comunque ritardato
un’offensiva prevista dai russi e dagli iraniani per liberare
Al-Sukhanah, città petrolifera che si trova lungo il confine dei
governatorati di Homs e Deir Ezzor. L’offensiva era previsata per
agosto, ma l’offensiva dei ribelli jihadista nel governatorato di
Aleppo ha richiesto due unità della Guardia Repubblicana da
ridistribuire a nord della Siria, al fine di proteggere il capoluogo di
provincia (da Al Masdar). E’ uno dei motivi per cui i russi hanno
avvicinato i loro bombardieri Tupolev, facendoli decollare dall’iraniana
Hamadan. http://www.maurizioblondet.it/le-forze-usa-protetto-la-ritirata-dei-jihadisti-manbij/
South Front 17/08/2016Come Southfront ha riferito il 13 agosto,
la “liberazione finale” di Manbij è il risultato di un accordo tra le
Forze Democratiche siriane (SDF) appoggiate dagli USA e il gruppo
terroristico dello Stato islamico (SIIL). Ora, l’informazione è
ufficialmente confermata dal Pentagono. Manbij era un nodo logistico
chiave e importante roccaforte dello SIIL. Le forze della coalizione
guidata dagli USA hanno passato quasi tre mesi effettuandovi attacchi
aerei e assalti. Il colonnello dell’US Army Carver, portavoce dei
combattenti della coalizione degli USA, ha detto che le SDF avevano
permesso a ”diverse centinaia di veicoli con 100-200 combattenti del SIIL, di uscire al sicuro dalla città di Manbij“.
Secondo il colonnello Carver, la decisione era stata presa dai capi
delle SDF perseguendo l’obiettivo di evitare vittime, aggiungendo che lo
SIIL aveva civili in ogni autoveicolo. Osservò che alcuni civili erano
probabilmente ostaggi, ma non negò che potessero essere saliti a bordo
volontariamente. “Continuavano a spingere i civili sulla linea del fuoco, cercando di farli uccidere per usarli nella propaganda, pensiamo“,
aveva detto il colonnello Chris Garver. L’ufficiale aggiunse che i
terroristi cedettero le armi prima di andarsene. I terroristi dello SIIL
lasciavano Manbij il 12 agosto sotto la sorveglianza dei droni della
coalizione per garantirsi che non si raggruppassero cercando di
rientrare in città. Il colonnello Carver sottolineò che era il primo
accordo di questo tipo con lo SIIL.
Questa bella storia del Pentagono pone alcune domande:
– i tizi del Pentagono credono davvero che qualcuno accetti la versione
sui terroristi dello SIIL che gettano le armi al centro di Manbij (dove
gli ultimi scontri erano in corso) per avere un passaggio sicuro delle
SDF dopo 3 mesi di scontri pesanti e attacchi aerei sulla città? Dopo
che centinaia di combattenti delle SDF avevano perso la vita in questa
operazione, i loro comandanti aprivano giusto un passaggio sicuro per i
terroristi dello SIIL “disarmati”?
– dopo 3 mesi di attacchi aerei sulle zone residenziali di Manbij, si
persegue l’obiettivo di evitare “vittime civili”? Perché le “vittime
civili” fermarono la coalizione il 12 agosto?
– “alcuni” civili negli autoveicoli dello SIIL erano “probabilmente”
degli ostaggi. Come poterono i combattenti “disarmati” dello SIIL
sequestrarli?
– se i terroristi dello SIIL avevano ceduto le armi, perché il Pentagono
si aspettava che potessero riorganizzarsi e rientrare in città?
L’unica risposta logica a queste domande è che i 100-200 terroristi
dello SIIL che lasciavano Manbij erano armati di tutto punto, non
avevano consegnato le armi alle SDF e né avevano intenzione di farlo.
Purtroppo, ciò danneggia seriamente l’immagine di Stati Uniti e SDF.
Perciò il colonnello Carver decise di “edulcorare” la realtà.
Dalle foto è possibile capire
che non si tratta di 200 terroristi, ma forse di un migliaio (gli
‘ostaggi’ probabilmente erano solo altri terroristi da coprire). La
battaglia di Mambij non è stata la favola hollywoodiana che la CIA e le
sue appendici dei centri sociali in Italia raccontano.
Aylan, la vera storia: questo bambino l'ha ucciso l'Isis
Il barcone che si capovolge, l’onda che gli porta
via i suoi due figli che teneva stretti a sé, l’arrivo della guardia
costiera turca quando ormai non c’è più niente da fare. Sono le
immagini della tragedia che ancora ha negli occhi Abdullah al-Kurdi, il padre del piccolo Aylan,
il bimbo siriano di tre anni trovato senza vita sulla spiaggia di
Bodrum, in Turchia, la cui foto è diventata il simbolo della tragedia
dell’immigrazione. Abdullah, fuggito con la sua famiglia da Kobane,
la città curda assediata lo scorso anno dai jihadisti dello Stato
islamico (Is), ha perso in mare due figli e la moglie. "Ho tentato di
salvare i miei ragazzi", ha raccontato disperato a Radio Rozana,
una stazione radiofonica vicina all’opposizione siriana, ma non c’è
stato nulla da fare. "Li stringevo entrambi quando la barca si è
capovolta, ma un’onda alta prima ha ucciso mio figlio più grande, Galip, e poi si è presa il più piccolo", ha aggiunto l’uomo. Anche la moglie Rehan
è morta nell’incidente. Il padre del piccolo Aylan ha spiegato che,
come migliaia di migranti, in passato aveva provato «diverse volte» a
raggiungere l’Europa attraverso i barconi dei trafficanti di esseri
umani, ma tutti i precedenti tentativi erano falliti a causa
dell’intervento della guardia costiera turca. "Stavolta ero riuscito,
con l’aiuto di mia sorella e mio padre, a mettere insieme 4mila euro per
fare questo viaggio", ha aggiunto Abdullah, che in Siria faceva il
parrucchiere. Il ritorno a Kobane - L’uomo ha affermato che ad un
tratto la piccola imbarcazione di cinque metri sulla quale viaggiava con
i suoi familiari è stata colpita da diverse onde, quando erano a metà
circa della traversata. "Improvvisamente abbiamo visto il trafficante
turco saltare in mare e ci hanno lasciati soli a lottare per le nostre
vite - ha aggiunto - Sono restato tre ore in mare fino all’arrivo della
guardia costiera turca». Secondo i media canadesi, Abdullah e la sua
famiglia avevano chiesto asilo in Canada prima di tentare il tragico
viaggio, ma la richiesta era stata respinta. Le autorità turche,
intanto, hanno arrestato quattro persone sospettate di responsabilità
nella morte di Aylan. Hanno tutte tra i 30 e i 41 anni e apparentemente
sono di nazionalità siriana. Adesso il Canada ha offerto asilo politico
al papà di Aylan. Ma lui vuole tornare a Kobane, per seppellire Aylan,
il fratellino Galip e sua moglie. Ora non ha più senso scappare, perché
non ha più nulla da perdere. http://www.liberoquotidiano.it/news/esteri/11824672/Aylan--la-vera-storia-.html
Le
televisioni di regime, ormai da giorni, continuano a insistere sullo
stesso tasto. E in questo periodo ferragostano le menzogne diffuse,
sugli sviluppi della situazione in Siria, non solo non hanno registrato
una pausa, ma hanno raggiunto un livello parossistico.
In
particolare per le reti legate al governo e al PD, da quelle parti, a
battersi contro l'ISIS sarebbero solo i curdi, le bande turcomanne (le
stesse che massacrarono il pilota dell'aereo russo abbattuto da un F16
turco, mentre era impegnato proprio in un'azione contro l'ISIS) e i
ribelli anti-Assad sedicenti "moderati" (anch'essi caratterizzati dalla
presenza di componenti integraliste sunnite, come la Fratellanza
Musulmana e gruppi fanatici sostenuti dall'Arabia Saudita che sono
responsabili di tante atrocità, denunciate spesso anche dalla Chiesa
siriana). Una coalizione che gode di benedizione e sostegno logistico
dell'amministrazione USA e dei suoi alleati europei e del Golfo, che su
questi alleati contano, non tanto per sconfiggere lo "Stato Islamico",
quanto soprattutto per creare rapporti di forza tali da determinare le
condizioni del rovesciamento del governo a guida Baath.
Non per caso e con questo obiettivo,
le stesse emittenti intensificano paurosamente la demonizzazione del
legittimo governo siriano e della Russia (a cui vengono attribuiti i più
inverosimili crimini contro le popolazioni civili), ripetendo lo stesso
copione che abbiamo già visto quando negli anni scorsi, a più riprese,
l'imperialismo statunitense (con il solito codazzo di ONG compiacenti,
spesso le stesse che hanno un ruolo attivo nelle "rivoluzioni colorate"
in altre parti del pianeta) era alla ricerca di ogni pretesto per potere
regolare definitivamente i conti con il governo legittimo della
Repubblica Araba di Siria che ormai da anni, insieme ai suoi alleati
Russia e Hezbollah, sta difendendo l'intera civiltà dall'assalto di
quelle componenti estremiste islamiche che per decenni hanno potuto
godere della simpatia, del finanziamento e del supporto logistico di
tutto l'Occidente.
In tal modo, ancora una volta l'apparato
mediatico dominante si rivela la più formidabile arma di cui dispone
l'offensiva aggressiva dell'imperialismo in ogni parte del mondo, per
continuare ad esercitare il suo dominio messo in discussione dalla
resistenza dei popoli e dal manifestarsi di poderose spinte alla
creazione di un mondo multipolare.
Quando l'opinione pubblica
democratica e progressista prenderà finalmente consapevolezza che in
Siria (come in Ucraina, nel resto del Medio Oriente, nella regione
Asia-Pacifico, in America Latina e in altre aree del mondo)
l'imperialismo (insieme ai suoi alleati della NATO, tra cui il governo
PD del nostro paese) è alla continua ricerca di pretesti per innescare
una conflagrazione dalle conseguenze imprevedibili e tragiche per tutta
l'umanità, forse sarà troppo tardi. E con la prevedibile elezione alla
presidenza USA di "Killary" Clinton, c'è davvero da stare poco allegri.
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