Musulmani nelle chiese cattoliche?
Posso dirlo? Ho trovato molto rispettosa, dignitosa e coerente la scelta dei musulmani che hanno deciso di non andare nelle chiese cattoliche per manifestare la loro contrarietà al terrorismo di matrice islamica e la loro solidarietà ai cristiani. Sì, avete capito bene: ho detto la scelta di non andare. Perché dico che è stata una scelta rispettosa, dignitosa e coerente?
Mi vengono mente alcune parole di Benedetto XVI. Fanno parte di un’omelia pronunciata il 10 dicembre 2006 e dicono così: «La Parola di Dio non è soltanto parola. In Gesù Cristo essa è presente in mezzo a noi come Persona. Questo è lo scopo più profondo dell’esistenza di questo edificio sacro: la chiesa esiste perché in essa incontriamo Cristo, il Figlio del Dio vivente. Dio ha un volto. Dio ha un nome. In Cristo, Dio si è fatto carne e si dona a noi nel mistero della santissima Eucaristia. La Parola è carne. Si dona a noi sotto le apparenze del pane e diventa così veramente il Pane di cui viviamo. Noi uomini viviamo della Verità. Questa Verità è Persona: essa ci parla e noi parliamo ad essa. La chiesa è il luogo d’incontro con il Figlio del Dio vivente e così è il luogo d’incontro tra di noi».
Sono concetti molto chiari e non hanno bisogno di commenti. Voglio solo aggiungere un altro pensiero, sempre di papa Ratzinger, riguardante il luogo nel quale si svolge il sacrificio eucaristico, ovvero l’altare. Benedetto XVI ne parlò il 21 settembre 2008 nella messa, con dedicazione dell’altare, celebrata nella cattedrale di Albano: «Nella liturgia romana il sacerdote, compiuta l’offerta del pane e del vino, inchinato verso l’altare, prega sommessamente: “Umili e pentiti accoglici, Signore: ti sia gradito il nostro sacrificio che oggi si compie dinanzi a te”. Si prepara così ad entrare, con l’intera assemblea dei fedeli, nel cuore del mistero eucaristico […]. L’altare del sacrificio diventa, in un certo modo, il punto d’incontro fra Cielo e terra; il centro, potremmo dire, dell’unica Chiesa che è celeste ed al tempo stesso pellegrina sulla terra, dove, tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio, i discepoli del Signore ne annunziano la passione e la morte fino al suo ritorno nella gloria».
Ora è più chiaro perché condivido la scelta di quei musulmani che hanno deciso di non entrare nelle chiese cattoliche. Il motivo è molto semplice: Gesù per i musulmani non è oggetto di venerazione. Il Corano lo considera infatti un grande profeta, famoso per i suoi miracoli, ma la venerazione è riservata esclusivamente a Maometto. Non solo. Il Corano nega decisamente, e condanna, l’idea che Gesù sia figlio di Dio. «I versetti contro la trinità – osserva un islamista serio e competente come il padre Samir Khalil Samir – sono molto chiari e non hanno bisogno di tante interpretazioni». Per molti musulmani i cristiani, proprio a causa della Trinità, sono politeisti o falsi monoteisti. Oltre a negare totalmente la divinità di Cristo, il Corano nega la redenzione: addirittura vi si afferma che Gesù Cristo non è morto in croce, ma è stato crocifisso un suo sosia. Il Corano e i musulmani, in poche parole, negano i dogmi essenziali del cristianesimo: Trinità, incarnazione, redenzione.
Stando così le cose, per un musulmano non entrare in chiesa, ma pregare altrove, è dunque un segno di grande coerenza e rispetto. Un segno che, fra l’altro, ci aiuta a ricordare che una chiesa cattolica è qualcosa di ben diverso da una moschea. Quest’ultima, infatti, non è propriamente un luogo di culto, ma un luogo di incontro per i membri della comunità, un luogo nel quale non solo si prega ma si ricevono direttive di vario tipo: morale, sociale, anche politico. Un luogo nel quale non si celebra un culto nel senso cristiano del termine, anche perché non vi è alcun amministratore del culto consacrato a questo scopo. Pensare di accogliere i musulmani in una chiesa come se la chiesa fosse la “moschea dei cattolici” significa, quindi, fare soltanto una grande confusione e non rispettare le differenze.
Un teologo come monsignor Antonio Livi è arrivato a sostenere che la presenza di musulmani in chiesa è, letteralmente, assurda: non ha senso. Non lo ha perché i musulmani non credono nei misteri cristiani che in una chiesa cattolica sono celebrati alla presenza reale di Cristo. Non lo ha perché i musulmani, sono ancora parole di monsignor Livi, «professano una fede religiosa che è non solo diversa ma esplicitamente contraria alla fede cattolica». È un giudizio che può suonare duro per le nostre orecchie abituate al politicamente corretto, ma è indubitabile.
Aggiungerò che, considerato quanto ho cercato di spiegare (e che per un cattolico, tutto sommato, dovrebbe essere evidente), pensare che la presenza di musulmani in una chiesa non costituisca un problema tradisce un’idea protestante, non cattolica, della chiesa stessa. Sono i protestanti che hanno «desacralizzato» la chiesa riducendola a luogo di incontro della comunità dei fedeli.
Sui giornali ho letto diverse testimonianze di semplici fedeli musulmani che, decidendo di non entrare in chiesa ma di pregare nei loro luoghi abituali di incontro, hanno espresso non disprezzo per i cattolici, ma profondo rispetto. Di questo li dobbiamo ringraziare, perché anche nel campo religioso viviamo in un tempo di grande confusione e approssimazione, un tempo dominato dall’appiattimento e dall’incapacità di distinguere le peculiarità.
Ma tu, potrà osservare qualcuno, in questo modo neghi la possibilità di esprimere concretamente il senso di fratellanza, così importante in questa fase nella quale siamo tutti minacciati dagli estremismi violenti. Rispondo che non è così. Il senso di fratellanza si può esprimere molto bene, molto meglio, evitando confusioni e approssimazioni. «Ciascuno a casa propria» può sembrare una formula brutta, non solo sgarbata ma anche portatrice di divisione, ma se la giudichiamo così è, appunto, perché non siamo più abituati a distinguere, perché siamo tutti sottoposti al dogma del livellamento. Invece le differenze ci sono, sono importanti e vanno conosciute. Solo conoscendole, solo tenendone conto, si può sviluppare, sempre che ce ne sia la volontà, un vero dialogo. In caso contrario c’è solo un vacuo parlarsi addosso.
Qualcuno potrà anche obiettare che ragionare così significa non essere al passo con i tempi e con l’esigenza, tanto pressante, dell’accoglienza. Per rispondere non starò a farla lunga. Mi basta un pensiero del buon vecchio Chesterton: «Il novanta per cento di ciò che chiamiamo nuove idee sono semplicemente vecchi errori».
Aldo Maria Valli
http://www.aldomariavalli.it/2016/07/31/musulmani-nelle-chiese-cattoliche/
Che bisogno c’era?
D’accordo, facciamo finta che l’ingresso nelle chiese di persone di fede musulmana, ieri, non sia stata un’iniziativa discutibile, come pure a molti comuni mortali è parsa. Facciamo finta, anzi, che sia stata proprio positiva e molto partecipata, benché non vi sia modo di verificare la stima diffusa di 15.000 presenze e nonostante il fatto che, anche fosse esatta, si tratterebbe comunque di una stima minima rispetto al milione e mezzo e passa di islamici presenti nel nostro Paese, che nessuno vuole presumere simpatizzanti dell’estremismo. Anche se mettiamo tutto questo – e non è poco – fra parentesi insieme alle criticità già evidenziate ieri, rimane comunque in piedi un interrogativo: che bisogno c’era?
Che bisogno c’era, intendo, di trasformare le celebrazioni in show ai limiti del surreale, con tanto di pezzi di pane distribuiti ai musulmani presenti? E di far leggere – dal pulpito – versetti del Corano direttamente agli imam? In diverse chiese ne sono accadute di tutti i colori: era previsto nel pacchetto buonista domenicale oppure è stato un fuori programma? Si badi che, in tutto ciò, i musulmani non c’entrano nulla: qui c’entrano i cattolici e più precisamente alcuni esponenti del clero che scambiano la tolleranza tra le fedi per uno scambio di fedi, un minestrone interconfessionale, una sorta di Erasmus spirituale nel quale uno entra in chiesa cattolico e poi boh, se ne esce chissà come.
Nessuno, sia chiaro, generalizza e nessuno è così ingenuo da non rendersi conto di come il circo di ieri rifletta abusi liturgici tristemente consolidati: tuttavia son cose che fanno comunque un certo effetto. E la domanda di prima resta: che bisogno c’era? Dov’è scritto che la Messa sia a disposizione del celebrante e non viceversa? E poi, scusate, qualcuno pensa d’intenerire i terroristi con festival del sincretismo religioso? Oppure qualcuno crede che, così facendo, si possano attrarre – che so – giovani? Le indagini sociologiche serie riportano come in Italia la partecipazione alla messa non arrivi al 20%, percentuale in calo e che precipita spaventosamente se si considerano fasce d’età giovanili.
E sono ormai decenni che il rigore liturgico ha lasciato spazio, per così dire, ad una certa creatività: dunque sconsiglierei di insistere, anche perché – giustamente – concertino per concertino tanto vale seguirselo da casa tramite la televisione oppure, in grande, allo stadio: o no? Battute a parte, lo spettacolo cui si è dovuto assistere ieri è di una gravità con pochi precedenti e di un’utilità che sfugge al più aggiornato radar del buon senso. Ragion per cui non resta che sperare sia stato, complice la stagione, solo uno scherzo del caldo; e che da domenica prossima si tornino a convocare in chiesa tutti quei poveri diavoli che – in aggiunta ai peccati – hanno da farsi perdonare la fede semplice e politicamente scorretta ereditata dai loro nonni.
Non è lo stesso Dio!
Tutti a Messa! Ma non è lo stesso Dio!
Cosa c'entra Gesù con Maometto?
La Cei plaude alla strana iniziativa di qualche Iman, di invitare i musulmani a partecipare, in segno di pace e fratellanza, alla celebrazione della Santa Messa
di Patrizia Stella
Tutti a Messa! Ma che c'entra Maometto con Gesù?
Roma - di Patrizia Stella – Mentre la Cei plaude all’iniziativa (peraltro molto strana) da parte di qualche Iman musulmano di invitare i musulmani a partecipare, in segno di pace e fratellanza, alla celebrazione della Santa Messa domenicale nelle chiese cattoliche – andata in scena oggi 31 luglio: un fatto che non ha precedenti – Ndr - molti si domandano perplessi quale significato possa avere questo gesto enigmatico. In effetti da certi pulpiti cattolici già si canta alla vittoria, già si parla della bellezza di adorare tutti insieme lo stesso Dio, ma questo è di una gravità inaudita! (1) Come si può mettere sullo stesso piano, tanto per restare nelle due religioni più grandi e discusse, Maometto con Gesù Cristo? Sorvoliamo su quella che è stata la vita terrena di Maometto rispetto a quella di Gesù, che non è poco, visto l’abisso di differenza, ma perbacco! Per il cristiano Gesù è Figlio di Dio, la seconda Persona della Santissima Trinità venuto a mostrarci il “Volto” di quel Dio rivelatosi nell’Antico Testamento attraverso i Profeti! E per dimostrarci questo suo amore e parlarci di Vita Eterna dopo la morte, si è fatto inchiodare sulla croce. Il Dio cristiano, “Padre, Figlio e Spirito Santo”, nulla ha da spartire con Allah! E sono gli stessi musulmani ad ammetterlo se non altro perché ci credono infedeli e non monoteisti proprio per la questione del “Dio Uno e Trino”.
Fratellanza e minestroni ecumenici
Possibile che parte non marginale di lor Signori Cardinali, Vescovi e sacerdoti abbiano messo neldimenticatoio l’essenza della nostra Fede, non un particolare qualunque, per amore di “santa fratellanza”? Ma sono davvero convinti, oltretutto, che adorare l’unico dio massone che accontenta tutti sia foriero di pace? Da quando Papa Bergoglio, infatti, ha inviato quel video dove si annuncia erroneamente che siamo tutti figli dello stesso Dio, sembra che la situazione stia notevolmente peggiorando. Ma che ce ne facciamo di una pace per la quale dobbiamo seppellire, oltre alle armi, anche la nostra fede, famiglia, identità, cultura, patria, stato di diritto, coscienza, arte, musica, cucina ecc. ? Credo che invocheremmo la guerra per tornare a riprenderci quella libertà preziosa che Cristo stesso ci ha guadagnato, dice San Paolo.
Mons. Negri: situazione storica drammatica. Ricorrere con forza a Gesù!
Ricordiamoci delle esortazioni del Vescovo di Ferrara, Mons. Negri, uno dei pochi che ha avuto il coraggio di parlare della necessità di ricorrere con forza a Gesù in questa situazione storica drammatica. Se preghiamo con fede lo Spirito Santo, se ricorriamo alle nostre preghiere cristiane di sempre, in primis Santa Messa e Rosario, al di là delle devozioni private che ognuno può fare liberamente, sarà Gesù stesso a ispirare gli animi di tutti verso la pace e la verità, non le nostre povere trovate umane, anche se motivate da buone intenzioni o forse, anche, dalla paura di trovarci all’improvviso una lama al collo in nome di Allah! Forse questa avanzata della violenza cieca è il castigo che ci siamo meritati a causa dei nostri peccati di infedeltà, di immoralità e spesso anche di sacrilegio, ma Gesù ci proteggerà inviando i suoi Angeli in nostra difesa se ricorriamo a Lui con fiducia. Gesù confido in Te! Da chi andremo o Signore, tu solo hai parole di vita eterna. Tu solo sei la salvezza dell'umanità.
Patrizia Stella (Copyright © 2016 Qui Europa)
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Musulmani a messa, un successo mediatico E intanto l'Isis lancia la campagna contro i cristiani
Musulmani a messa, un successo mediatico E intanto l'Isis lancia la campagna contro i cristiani
01-08-2016
Dalla presenza silenziosa e rispettosa agli imam chiamati a recitare versi del Corano dall'ambone, ieri in giro per le chiese italiane si è visto di tutto nella domenica in cui migliaia di musulmani hanno partecipato alla messa in segno di solidarietà per il barbaro assassinio di padre Jacques Hamel a Rouen. L'iniziativa originale era partita dal Consiglio francese per il culto musulmano ma in Italia ha trovato entusiastica adesione da parte della CEI (clicca qui per il nostro giudizio sull'atteggiamento della Chiesa italiana).
Sarà ironia della sorte, ma proprio quando i musulmani di Francia lanciano l'iniziativa di partecipare alla Messa cattolica, esce il nuovo numero di Dabiq, la rivista ufficiale dello Stato Islamico, in cui si invitano i militanti a uccidere i cristiani ovunque nel mondo.
MUSULMANI IN CHIESA, IL RISCHIO CHE SIA SOLO "TEATRO" di Giorgio Carbone
Il dialogo suppone che i dialoganti si aprano per quello che sono e così inizino a conoscere l’identità dell’altro. Se il dialogo metodologicamente esclude la manifestazione dell’identità delle parti, è finzione. L'auto-invito dei musulmani francesi nelle chiese cattoliche è lodevole per la solidarietà che lo anima, ma rischia di essere inefficace, perché presuppone l'annullamento dell'identità dei cristiani e dei loro ospiti.
"SPEZZATE LA CROCE" di Valentina Colombo
Nel giorno in cui in molte chiese hanno accolto rappresentanti dell’islam che hanno partecipato alla Santa Messa, la risposta e la doccia fredda provengono direttamente dallo Stato Islamico. Ieri è stato pubblicato il nuovo numero della rivista dell’Isis Dabiq, il cui titolo è molto eloquente: Spezzate la croce.
http://www.lanuovabq.it/it/articoli-musulmani-a-messa-un-successo-mediaticoe-intanto-lisis-lancia-la-campagna-contro-i-cristiani-16970.htm
Imam contro la preghiera in chiesa: "Poi dovremo anche giurare sulla croce?"
All'indomani della preghiera comune coi cattolici, monta il malcontento tra i musulmani. L'imam di Lecce: "La prossima volta? Ci convertiranno?"
All'indomani della preghiera comune coi cattolici, monta il malcontento tra i musulmani. L'imam di Lecce: "La prossima volta? Ci convertiranno?"
Oggi le polemiche (durissime) all'interno della comunità islamica. Perché, aldilà di quanto hanno voluto far credere ai media, gli intenti non erano comuni. D'altra parte in chiesa sono andati sì e no 23mila musulmani, meno del 2% di quelli presenti regolarmente in Italia. "Ho visto i video dei nostri fratelli che sono andati in chiesa per la messa - tuona l'imam di Lecce Saifeddine Maaroufi - se ne stanno lì in silenzio, non pregano, non cantano, sono in evidente imbarazzo. Ditemi, allora: che senso ha avuto tutto questo? Perché dobbiamo sottostare a queste richieste che arrivano dall’esterno?".
"Per noi i luoghi di culto sono importanti, sono luoghi sacri - spiega Saifeddine ai microfoni del Corriere della Sera - per l’Occidente laico potrà sembrare qualcosa che ha a che fare con il folclore ma il Corano afferma 'a voi la vostra religione, a me la mia'". Ecco perché l'imam di Lecce avrebbe preferito un momento di incontro comunitario, come è già accaduto in passato, in una piazza, al di fuori di una chiesa. "Perché - precisa - stabilire chi sono i buoni e i cattivi spetta a Dio, non a chi ci impone queste richieste". Pur ribandendo un netto "no" al terrorismo, l'imam non manda proprio giù la preghiera comune in chiesa. Non solo per la "location" dell'evento. Il problema è tutt'altro. "A noi islamici è stato chiesto di tenere i sermoni in italiano e abbiamo accettato; ci è stato chiesto di scendere in piazza contro la violenza, fatto - polemizza - vogliono che giuriamo sulla Costituzione italiana, vogliono che andiamo in chiesa a pregare: la prossima volta che cosa dovremo fare, giurare su un crocefisso? Convertirci? C'è un'asticella che va ogni volta alzandosi e che non possiamo accettare. Dobbiamo vincere la diffidenza che ci circonda ma rimanendo fedeli a noi stessi".
Il malcontento all'interno delle comunità musulmane dilaga. Già ieri il portavoce della Grande Moschea di Roma aveva preso le distanze dall'iniziativa temendo un'eccessiva spettacolarizzazione per la stampa. Ma c'è chi, come lo stesso imam di Lecce, non condivide proprio e non ci sta a starsene zitto. "Sebbene la maggior parte dei nostri concittadini cristiani abbia accolto, compreso e fatto proprie le ormai innumerevoli attestazioni di solidarietà delle comunità islamiche - scrive su Facebook Ibrahim Gabriele Iungo, fedele e studioso del Corano - ad altri ciò non basta e non basterà finché non sarà la stessa tradizione islamica ad essere inquisitoriamente messa in discussione, secondo criteri che loro stessi si propongono di imporre. L’estremismo integralista e quello assimilazionista si nutrono reciprocamente". E a chi è andato a pregare in chiesa ricorda "i magazzini, garage e capannoni industriali da cui siamo costretti a ricavare le nostre sale da preghiera". Lo stesso fa notare Sayad Hyder, portavoce della comunità pachistana di Brescia: "Siamo costretti a pregare sempre in luoghi precari e ogni gesto nostro viene guardato con sospetto...".
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