Si “rinuncia” alla GMG, non al Papato!
Dall’11 febbraio 2013, la Chiesa intera ed ognuno di noi che porta nel cuore Benedetto XVI e il papato quale istituzione divina, si domanda che cosa abbia mai spinto il grande Ratzinger alla dolorosa e drammatica Rinuncia. Tra le migliaia di presunte risposte giunge ora quella che dovrebbe essere la più ufficiale e che dovrebbe porre fine ad ogni interpretazione arbitraria, o illazioni speculative.
È lo stesso Benedetto XVI a spiegarlo ad Elio Guerriero, vedi qui, in un libro intervista che uscirà il 30 agosto c.m. laddove dice:
“Nel 2013, tuttavia, vi erano numerosi impegni che non ritenevo più di poter portare a termine”.
Quali erano questi impegni?
“In particolare era già stata fissata la data della Giornata Mondiale della Gioventù che doveva svolgersi nell’estate del 2013 a Rio de Janeiro in Brasile. Ora, a questo riguardo, io avevo due convinzioni ben precise. Dopo l’esperienza del viaggio in Messico e a Cuba, non mi sentivo più in grado di compiere un viaggio così impegnativo. Inoltre, con l’impostazione data da Giovanni Paolo II a queste giornate, la presenza fisica del Papa era indispensabile. Non si poteva pensare a un collegamento televisivo o ad altre forme garantite dalla tecnologia. Anche questa era una circostanza per la quale la rinuncia era per me un dovere. Avevo infine la fiducia certa che anche senza la mia presenza l’anno della fede sarebbe comunque andato a buon fine. La fede, infatti, è una grazia, un dono generoso di Dio ai credenti. Avevo, perciò, la ferma convinzione che il mio successore, così come è poi avvenuto, avrebbe ugualmente portato al buon fine voluto dal Signore, l’iniziativa da me avviata”.
Le parole che ci lasciano perplessi e con profondo tremore, amaro nel cuore, sono le seguenti: “con l’impostazione data da Giovanni Paolo II a queste giornate, la presenza fisica del Papa era indispensabile. Non si poteva pensare a un collegamento televisivo o ad altre forme garantite dalla tecnologia. Anche questa era una circostanza per la quale la rinuncia era per me un dovere…”.
Non possiamo tacere sul dolore e sull’amarezza che – questa motivazione – procura alle nostre riflessioni. È come se due sposi, stanchi di seguire i propri figli o resi impossibilitati a farlo fisicamente, abdicassero al proprio ruolo!
La motivazione che più ci sorprende e ci amareggia perché priva di consistenza biblica e teologica, sta nell’affermare che – avendo – Giovanni Paolo II “imposto” la presenza fisica del Papa alle GmG, trovandosi Benedetto XVI nell’impossibilità fisica di realizzarlo, abbia ritenuto “un dovere” rinunciare non alla GmG ma al papato! Perdonateci, ma non è da Ratzinger e non è teologicamente corretto!
Infatti, egli contraddice se stesso e non solo.
Nel 2005, durante l’aggravarsi della malattia di Giovanni Paolo II (morì in meno di tre mesi), quando — con una certa insistenza — l’episcopato tedesco tornò a parlare di dimissioni di un papa per infermità fisica e anzianità, l’allora cardinale Ratzinger rispose con un netto rifiuto. «Ha ragione Giovanni Paolo II a non dimettersi — spiegò durante un colloquio con il giornalista Bruno Vespa –, perché è Dio ad affidare la missione ad un Pontefice ed è Dio a porvi fine».
Vogliamo piuttosto credere “agli asini che volano”, ossia rispettare che Benedetto XVI voglia imporre questa versione più ufficiale pur di non rivelare la verità sulla sua Rinuncia, piuttosto di non dover scoprire che… davvero il teologo Ratzinger contraddice quanto dalla Chiesa insegnato in materia e quanto lui stesso ha insegnato sul ruolo e la responsabilità di un Pontefice.
Benedetto XVI non aveva affatto alcun obbligo – teologico o morale – di “copiare” il predecessore andando “per forza” alla Gmg magari sulla carrozzella…. che lui lo abbia sentito come un dovere è lodevole e generoso, ma non si rinuncia al governo della Chiesa per una Gmg; non si rinuncia ad essere “Vicario” di Cristo perché non si riesce ad andare a trovare migliaia di giovani radunati in una occasione che può ripetersi a Roma, magari a san Pietro, dove sarebbe il Papa a riceverli. Che poi vien da ridere, se non piangere, che a conti fatti, la Gmg in Polonia è stata un crollo di numeri e di partecipazione, ma guai a dirlo, non sarebbe politicamente corretto.
Cliccando qui troverete l’analisi drammatica ma brillante del cardinale Brandmuller sulla vicenda della Rinuncia.
Ma, infatti, è qui che subentra l’intervento amletico di mons. Georg Gänswein, vedi qui, il quale invece di riportare quanto affermato da Benedetto XVI ad Elio Guerriero nel marzo 2016, due mesi dopo nel seguente mese di maggio, mons. Georg offre tutta un’altra serie di “riflessioni-visioni”, senza mai fare alcun riferimento alle Gmg. Molto strano!
Che si sia verificato un corto circuito nella comunicazione tra Benedetto XVI e il suo prezioso segretario, lo riteniamo impossibile, così come riteniamo inverosimile la motivazione sulla Rinuncia data da Benedetto XVI. La rispettiamo, se Benedetto XVI è questo che ci chiede, se è questa l’interpretazione che vuole ufficializzare, ma lo possiamo fare – questo passo – solo dando onore alla ragione che i conti non tornano, riconoscendo alla ragione stessa che questa motivazione è ancora più grave di ogni altra interpretazione, e fa acqua da tutte le parti. Spiega ancora Benedetto XVI che:
“Avevo infine la fiducia certa che anche senza la mia presenza l’anno della fede sarebbe comunque andato a buon fine. La fede, infatti, è una grazia, un dono generoso di Dio ai credenti. Avevo, perciò, la ferma convinzione che il mio successore, così come è poi avvenuto, avrebbe ugualmente portato al buon fine voluto dal Signore, l’iniziativa da me avviata”.
Ma in questi termini anche la Gmg sarebbe andata “a buon fine” senza la sua presenza fisica…. non è forse anche la Gmg “un dono generoso di Dio”? E quale Papa avrebbe potuto nutrire, nell’arco della storia ecclesiale, che un suo Successore “non avrebbe potuto” portare a buon fine ciò che il Signore voleva? No! Questi non sono discorsi “da Ratzinger”! Ci rifiutiamo di credere che Ratzinger abbia capitolato nella fede alla Divina Provvidenza!
Anche se un detto proverbiale evangelico dice che “nessuno è indispensabile-siamo servi inutili”, nessuno può abdicare al proprio compito, al ruolo che il Signore ha dato, Geremia docet… «Ahimè, Signore, Dio, io non so parlare, perché non sono che un ragazzo». Ma il Signore mi disse: «Non dire: ‘Sono un ragazzo’, perché tu andrai da tutti quelli ai quali ti manderò, e dirai tutto quello che io ti comanderò. Non li temere, perché io sono con te per liberarti», dice il Signore. Poi il Signore stese la mano e mi toccò la bocca; e il Signore mi disse: «Ecco, io ho messo le mie parole nella tua bocca. Vedi, io ti stabilisco oggi sulle nazioni e sopra i regni, per sradicare, per demolire, per abbattere, per distruggere, per costruire e per piantare…» (Ger.1,4-10)
Sostituiamo “giovane” con vecchio o anziano o malato, e comprenderemo che non è da Ratzinger ribaltare le parole del Signore. Altrimenti, sempre sull’esempio di due coniugi, dovremo credere legittimo che esista una sorta di “rinuncia” al proprio ruolo quando sopraggiungesse una malattia…. Ma laddove Giovanni Paolo II avesse “impostato” in senso di obbligo la presenza fisica di un Papa alle Gmg, egli lo previde anche in caso di malattia, ma senza dubbio entro certi limiti plausibili, limiti umanamente accettabili, non certo con un Pontefice portato in barella o con le flebo…. ed in ogni caso non impostò e non previde la Rinuncia al governo della Chiesa in caso di malattia, come ha spiegato bene il card. Brandmuller.
E non vogliamo associare l’immagine della leggenda tratta dall’apocrifo Atti di Pietro nel Quo vadis Domine? Dove Gesù risponde a Pietro: Eo Romam, iterum crucifigi (vado a Roma, per essere crocifisso nuovamente). Il Quo vadis è un apocrifo come, apocrifa, ci sembra tutta questa situazione che stiamo vivendo e che ogni Pontefice dovrebbe percepire come sollecitazione per rimanere nel proprio ruolo. Tuttavia questa Rinuncia, che Benedetto XVI attribuisce al suo fisico non più in grado di seguire fisicamente la Gmg, ci sembra davvero inverosimile, inaccettabile, ancora più drammatica del gesto stesso e spiegherebbe, in definitiva, perché alla fine dei conti Ratzinger ha messo in crisi il Diritto Canonico “rimanendo Papa” lo stesso, non rinunciando alla veste bianca del Pontefice e “facendosi solo da parte” come ha spiegato in termini amletici mons. Georg.
Si rinuncia semmai alla Gmg, non alla guida della Chiesa. Queste affermazioni di Benedetto XVI, dunque, non chiariscono affatto il mistero di questa grave Rinuncia “incompleta”, ossia, rimanendo ugualmente Papa, ma rendono ancor più tortuosa ogni interpretazione.
Naturalmente lasciamo alla storia il compito di far luce sui fatti, a noi non resta che confidare nella parola e nella promessa di Gesù, che le porte degli inferi, nulla prevarrà contro la Chiesa, Sua Sposa “nel Bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte, in salute o in malattia”.
Ci chiediamo solo a cosa servono, oggi, queste continue interviste quando, invece di chiarire, aumentano i conflitti, i dubbi e le domande. Più che di interviste che esprimano continuamente pensieri personali, avremo bisogno, da parte di tutti i Pastori, parole di fuoco come queste:
«Oimè, oimè, disavventurata l’anima mia! Aprite l’occhio e ragguardate la perversità della morte che è venuta nel mondo, e singolarmente nel corpo della santa Chiesa. Oimè, scoppi il cuore e l’anima vostra a vedere tante offese di Dio. Vedete, padre, che ‘l lupo infernale ne porta la creatura, le pecorelle che si pascono nel giardino della santa Chiesa; e non si trova chi si muova a trargliele di bocca. (…) Oimè, non più tacere! Gridate con cento migliaia di lingue. Veggo che, per tacere, il mondo è guasto, la Sposa di Cristo è impallidita, toltogli è il colore, perché gli è succhiato il sangue da dosso, cioè che il sangue di Cristo, che è dato per grazia e non per debito, egli sel furano con la superbia, tollendo l’onore che debbe essere di Dio, e dannolo a loro».
[Lettera 16 (XVI) di Santa Caterina da Siena al card. Di Ostia, citata da Paolo VI nella Proclamazione della Santa a Dottore della Chiesa il 4.10.1970].
Francesco dice che le persone hanno parlato: 'Due papi sono più che bene'
- John L. Allen Jr.27 Agosto 2016
Arthur Schlesinger ha detto una volta che il presidente John F. Kennedy poteva guardare tutti i numeri elettorali che voleva, ma non ha davvero cogliere quanto profondo il sostegno pubblico è stato per un trattato di divieto degli esperimenti nucleari fino a quando ha colpito la strada e sentito dalla folla.
Le indagini sono utili per valutare opinione, ma per misurare l'intensità e la profondità di sentimenti, a volte un leader ha bisogno di vedere per se stesso come vero e proprio le persone reagiscono.
Un punto simile potrebbe essere fatto con san Giovanni Paolo II e l'ecumenismo. Il pontefice era già fermamente impegnata a legami più stretti con gli altri cristiani nel 1999, ma quando si recò a stragrande maggioranza ortodossa della Romania che anno ed è stato accolto da grandi folle entusiasmo cantando unitate! unitate !, che significa "unità", ha contribuito a guidare casa che questo non era solo un'impresa teologica o accademico, ma una causa popolare trascendente.
La lezione è che le folle a volte insegnano cose sondaggi non possono, forse non tanto su ciò che la gente pensa, ma come passione che stanno pensando di esso.
Questa intuizione viene in mente alla luce di una nuova biografia italiana del emerito Benedetto XVI per essere pubblicato 30 agosto chiamato Servo di Dio e dell'Umanità , scritto da teologo e storico Elio Guerriero.
Il libro porta una prefazione originale da Papa Francesco, che è stato pubblicato Mercoledì dal quotidiano della conferenza episcopale italiana. In esso il Pontefice riflette, tra l'altro, su ciò che egli vede come la benedizione di avere Benedetto intorno.
"La sua presenza discreta e la sua preghiera per la Chiesa sono un supporto continuo e comfort per il mio servizio", scrive Francesco.
"Chi meglio di lui può capire le gioie, ma anche le difficoltà, di servizio alla Chiesa universale e al mondo di oggi, ed essere spiritualmente vicino a quello chiamato dal Signore a portare quel peso?" Francesco chiede, ovviamente retoricamente.
"Per questo motivo, la sua preghiera è particolarmente preziosa, e la sua amicizia particolarmente apprezzato", dice il papa.
Francesco continua a dire che la situazione della Chiesa si trova oggi di avere due papi di vita, uno in ufficio e l'altro emerito, è una "novità". Egli non aggiunge, forse perché non ha bisogno di, che si tratta di una novità non tutti trovano del tutto soddisfacente.
Fin dall'inizio, ci sono stati i critici del regime. Alcuni hanno sostenuto che perché non ci può essere un solo papa alla volta, la cosa giusta per Benedetto da fare sarebbe stata quella di rinunciare a tutto insegne e titoli connessi con l'ufficio e tornare ad essere il cardinale Joseph Ratzinger.
Altri temono che avere un papa in pensione intorno sarebbe divisioni e destabilizzante, come i critici del nuovo papa sarebbe radunare intorno al vecchio.
Certamente c'è stato un po 'di che in alcuni ambienti, e ci sono ancora alcuni scrittori e teologi a questo giorno che mettono in dubbio la validità delle dimissioni di Benedetto e quindi se Francesco è in realtà un papa legittimo. A suo merito, Benedetto non ha mai giocato quella partita, professando il suo sostegno per Francesco ad ogni svolta e comunque rimanere fuori dalla mischia.
Ci sono state urla di protesta di recente, quando l'arcivescovo Georg Gänswein, da tempo collaboratore di Benedetto, ha fatto il suggerimento apparentemente di buon senso che la nuova situazione comporta un esteso ministero petrino, con un membro attivo e uno contemplativo. Alcuni apparve a vedere quasi come il preludio di un colpo di stato, se non uno scisma.
Francesco è ovviamente consapevole di quella reazione, e in effetti la sua prefazione alla nuova biografia Benedetto offre la sua risposta.
"Dal momento che si amano", dice Francesco di avere due papi, "è una bella novità."
"In un certo senso," dice, "si esprime in modo particolarmente chiaro la continuità del ministero petrino, senza soluzione di continuità, come anelli di una sola catena forgiata dall'amore."
Poi, Francesco arriva a quello che apparentemente vede come la linea di fondo popolare.
"Il popolo santo di Dio, sulla strada, hanno capito molto bene", afferma.
In termini di come lui sa cosa pensa la gente, ecco quello che dice: "Ogni volta che il Papa emerito è apparso in pubblico, su mio invito, e sono stato in grado di abbracciare lui davanti a tutti, la gioia e gli applausi dei presenti è stato sincero e intenso. "
Francesco 'convinzione sembra essere che, mentre teologi, ecclesiologi e blogger possono essere perplessi o turbati, la gente comune di Dio non sono. Amano Benedetto proprio come amano Francesco, in parte per quello che sono, ma forse ancora di più per quello che rappresentano.
Amano anche vedere i due uomini insieme, come segno di unità e di parentela spirituale che taglia ben oltre la politica del momento, e la loro reazione ogni volta che accade in pubblico conferma il punto.
In effetti, Francesco sta dicendo che le persone hanno parlato, e quello che ho detto è che avere due papi intorno è più che bene.
Per la cronaca, anche Francesco, per l'ennesima volta, respinge l'idea che ci sia alcuna interruzione tra il suo pontificato e Benedetto del, sostenendo che entrambi, come con gli altri pontificati recenti, in ultima analisi, perno sulla misericordia amorevole di Dio, definendolo "il più messaggio urgente di una Chiesa raggiungere, anche per le periferie, di un mondo segnato da conflitti, ingiustizie e mancanza di rispetto per la persona umana ".
"Tutta la vita di pensiero e di opere di Joseph Ratzinger è finalizzato a tale scopo, e nella stessa direzione, con l'aiuto di Dio, cercherò di continuare", ha detto.
Anche se questo potrebbe non essere sufficiente a soddisfare tutti i critici della disposizione due papa, quello in carica e l'altra in preghiera, sembra più o meno come verdetto finale Francesco '.
(traduzione automatica)
Ecco come Ratzinger corregge Gaenswin sul doppio papato
L'articolo di Antonino D'Anna
Il Papa emerito? Non è il Papa regnante, non condivide il
suo Papato con Francesco, gli è assolutamente obbediente e ne ha la
massima stima. Che sia chiaro una volta per tutte e per tutti quelli che hanno
il mal di pancia in Vaticano: parola di Joseph Ratzinger in
persona che, con l’intervista concessa a Repubblica qualche
giorno fa ha zittito tutti quelli che, a partire dal suo segretario particolare Georg
Gaenswein, avevano ipotizzato un Papato condiviso tra l’emerito e il
regnante. Niente di tutto questo, come del resto aveva già chiarito Jorge
Mario Bergoglio nel volo di ritorno dall’Armenia a fine giugno e come
del resto aveva chiarito la settimana scorsa monsignor Giuseppe Sciacca,
segretario della Segnatura Apostolica (la Cassazione vaticana). E le parole di
Ratzinger mostrano una realtà un po’ diversa rispetto a quella che è stata
raccontata ad oggi.
Iniziamo col dire che il Papa emerito, a leggere il testo
delle risposte, sembra essere in buone condizioni intellettuali. Non sembra
spegnersi «lentamente come una candela» come dice monsignor Gaenswein. E dopo
anni di mistero spiega anche il perché delle dimissioni: era troppo anziano per
reggere ai voli transoceanici, non ce l’avrebbe fatta a muoversi per il mondo e
men che meno a presenziare alla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de
Janeiro nell’estate 2013. Ratzinger spiega che le Gmg non sono eventi ai quali
un Papa possa presenziare per interposto video, per cui ci si deve andare di
persona. Ma quando il fisico non regge, i viaggi intercontinentali e il fuso
orario diventano difficili da smaltire. Per cui, sentito il parere dei medici
in merito, ha deciso di dimettersi.
È vero: che il Papa emerito si sia fortemente stancato nei
viaggi intercontinentali emerge anche dai cablo di Wikileaks; ma, certo, da qui
a una rinuncia ce ne corre. Giovanni Paolo II era malato di
Parkinson ed in condizioni peggiori rispetto a Ratzinger, ma questo non gli ha
impedito negli anni tra il 2001 e il 2004 di toccare nell’ordine Malta, Grecia,
Siria, Ucraina, Kazakistan, Armenia, Azerbaigian, Bulgaria, Canada (23 luglio-2
agosto 2002, Gmg di quell’anno), Guatemala, Messico, Polonia, Spagna, Croazia,
Bosnia-Erzegovina, Slovacchia, Svizzera e infine il drammatico viaggio a
Lourdes del 14-15 agosto 2004 quando il Papa polacco dichiarò di sentire
conclusa la sua missione.
E veniamo al messaggio finale, con cui Benedetto XVI affonda
una volta per tutte chiunque, in questi mesi, abbia cercato di tirarlo per la
talare in un’eventuale contrapposizione con il suo successore. Ratzinger dice
infatti che la sua obbedienza a Francesco: «Non è mai stata in discussione».
Gli bastano appena 6 parole per distruggere ogni mito: il Papato non è
esercitato in condivisione (come sostenuto invece da monsignor Gaenswein); egli
non è a capo di una corrente frondista (dicevamo che i ratzingeriani ci sono e
si fanno ancora sentire, ma abbiamo anche precisato che il Papa emerito è
personaggio troppo al di sopra di certi giochi interni al Vaticano).
Di più: Benedetto rivela che il suo rapporto con Francesco
è: «Meravigliosamente paterno-fraterno. Spesso mi giungono quassù piccoli doni,
lettere scritte personalmente. Prima di intraprendere grandi viaggi, il Papa
non manca mai dal farmi visita». E ancora: «La benevolenza umana con la quale
mi tratta, è per me una grazia particolare di quest’ultima fase della mia vita
della quale posso solamente essere grato. Quello che dice della disponibilità
verso gli altri uomini, non sono solamente parole. La mette in pratica con me».
E se Francesco è benevolente con lui, anche i ratzingeriani col mal di pancia,
anche chi parla di poca chiarezza dottrinale del Papa argentino, è bene che si
comportino in modo benevolente, sembra quasi suggerire il pontefice emerito.
Questa è la terza precisazione, insomma, contro chi sostiene
un ruolo ancora attivo di Ratzinger in Vaticano. C’è, ma si dice rispettoso e a
favore del successore, punto e basta. Ma il malumore si sente ed è stato
espresso dal suo segretario privato, che è anche il trait d’union tra i due
Successori di Pietro. E c’è chi dice che l’autunno, proprio in virtù dei malumori
di cordata, potrebbe essere più caldo rispetto alle medie di stagione. Vedremo.
(Pubblicato su Italia Oggi, quotidiano diretto da Pierluigi
Magnaschi)
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