Le mani della massoneria satanista americana sulla città di Firenze di Pucci Cipriani (ha collaborato Giulia Bianco)
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Per leggere “Il diavolo nell’Opera del Duomo di Firenze”, clicca qui
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Abbiamo assistito a un indecente spettacolo nella nostra Firenze: il Comune e la Curia (possiamo chiamare così l’onnipossente Mons. Thimothy Verdon?) appecorati – a “mamma d’agnello” come, ormai, tutti dicono a Firenze – di fronte al branchetto satanista terzomondista che nella città del Fiore, nella città che ha per emblema il Battista e per compatrono Sant’Antonino, nella città in cui Dante – non quello caricaturale del giullare Benigni o di Dan Brown – ma il poeta tomista che, a ogni rigo del suo poema, fa alta teologia (ricordiamo a Mons. Verdon che la “teologia”, anche se termina in “ia”, è cosa diversa dalla Massoneria), toccando cime che solo la meditazione, il silenzio, la fede, possono raggiungere…
Dunque, nel Museo dell’Opera del Duomo sono stati festeggiati, oltre a Dan Brown, il regista e gli attori del film tratto dal romanzo “L’Inferno”, che è quanto di più lurido e ripugnante si possa pensare, che rimastica la spazzatura del “Codice da Vinci”:
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Il tutto si apre con un suicidio, proprio a Firenze, dove un sedicente religioso si getta dalla Badia fiorentina, successivamente entra in “batteria” il professor Lagdon, protagonista del romanzo, già personaggio dei libelli del Brown. Lo storico sembra affetto da un’amnesia ed è ricoverato presso l’ospedale, dove ha delle visioni continue e spaventose. Il romanzo, del resto, si dispiega, in primis, proprio a Firenze dove Lagdon deve risolvere determinati enigmi, mentre gira con una capsula di titanio, ritrovata casualmente nella sua giacca.
E ora ecco l’insalata russa che cambia luoghi, personaggi, verità assodate, e con la mentalità dello “storico della domenica”, e dell’orecchiante, – proprio alla maniera del clown Benigni – allorché all’interno della capsula si trova la mappa dell’inferno dantesco disegnata dal Botticelli (con la consulenza di Mons Verdon, che sembra essersi diplomato al Cepu?), e seguendo proprio questa mappa Lagdon visita tutti i luoghi simbolo della città (Battistero compreso, chiuso per l’occasione ai fedeli – n.p.c.).
E’ inutile dire quanto le pagine di questo libro, di enigma in enigma, delineano una sorta di cammino iniziatico verso una presunta conoscenza/ liberazione illuminata come nella Massoneria.
Una serie di falsi storici e citazioni di inesistenti opere d’arte condiscono le pagine di Dan Brown, che fa addirittura varcare le “Porte del Paradiso” del Ghiberti al protagonista come fosse un’anima elevata verso Dio, ma chiaramente in un uno scenario al rovescio (la “simia dei” ovvero la “scimmia di Dio” ovvero Satana) decisamente satanista.
Qui entra nella storia tutta la questione delle malattie genetiche; infatti dietro la maschera mortuaria del Dante che il protagonista si trova ad analizzare, è posto un indizio che sposta l’azione della storia; nel libro compare anche la massonica organizzazione mondiale della sanità ovvero l’ONU, quivi magnificato come una sorta di chiesa della nuova era.
Il protagonista giunge poi a Venezia e Istanbul, dove continua questa sorta di cammino iniziatico a tappe, sempre a indovinelli, che gli fa scoprire questo virus mortale che dovrebbe uccidere gran parte della popolazione mondiale. Anche l’organizzazione che trama contro Lagdon, dallo scrittore chiamata CONSORTIUM , sembra una lobby manipolatrice decisamente massonica che vuole proteggere il virus e diffonderlo nel mondo. Obbiettivo dunque quello di sterminare gran parte della popolazione mondiale (non vi vengono a mente le operazioni di sterilizzazione di massa promosse dalla fondazione Rockefeller e da Soros? – n.p.c.), i temi sono quelli del sovraffollamento della terra e il sottofondo della malvagità umana (idea più che protestante).
Una full immersion in quel che può essere definito bioterrorismo, con una particolare virata verso la costruzione di un genoma umano perfetto. Tutti invocano una nuova era e l’inferno dantesco diventa quindi una sorta di maxi purificazione.
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Insomma siamo alla “gnosi” e vi possiamo svelare anche il perché di quella cena sacrilega nel Museo dell’Opera del Duomo, voluta dalla banda satanista e da Mons. Verdon, quell’omino, per dirla con il Collodi : “… tenero e untuoso come una palla di burro, con un visino di melarosa, una bocchina che rideva sempre e una voce sottile e carezzevole, come quella d’un gatto che si raccomanda al buon cuore della padrona di casa” , ma al momento giusto, proprio come l’Omino del Paese dei Balocchi, risoluto e cangiante tanto che al povero ciuchino: “si accostò pieno di amorevolezza…facendo finta di dargli un bacio,(e) gli staccò con un morso la metà dell’orecchio destro”.
La Chiesa non poteva che condannare l’opera di Dan Brown e infatti Benedetto XVI volle condannare il famigerato “Codice da Vinci” e, per di più, lo fece in diretta mondiale a un “Regina coeli”, la preghiera domenicale di mezzogiorno del periodo pasquale.
Il Papa volle condannare, quel romanzo non a torto definito: “…un romanzo pervicacemente anticristiano …pieno di calunnie, offese, errori storici e teologici”, accusandolo di negare la Resurrezione e quindi di negare la Fede, in quanto: “La Resurrezione è il dato centrale del Cristianesimo, verità fondamentale da riaffermare con ogni vigore e in ogni tempo”…e via di questo tenore…
Ora questi “Illuminati” (scrittore regista, attori e, naturalmente, i “burattinai” incappucciati, con grembiulino) avrebbero voluta una riunione conviviale con dignitari ecclesiastici, proprio a Roma, che “consacrasse” l’evento. Iniziativa portata avanti da Giuliano Di Bernardo, gran Maestro della Massoneria fino al 2000, ma saltata per una soffiata di DAGOSPIA . Lo scopo era dunque di far “digerire” il film tratto dall’ultimo libro di Dan Brown “Angeli e Demoni”, affinché non si levassero le solite proteste ecclesiastiche che accompagnarono l’uscita cinematografica – come ben abbiamo documentato – del “Codice da Vinci”. La “cena”, sotto il simbolo del GADU, alla quale avrebbe dovuto essere presente anche il cardinale Wetter, emerito di Monaco di Baviera, apprendemmo che fu rimandata a nuova data a metà giugno in un castello dell’Alto Adige e prevedeva tra gli invitati: Suzanne Nora Johnson, Vicepresidente della Goldman Sachs e nel Comitato dell’ASPEN Institute, Vincent Cannistraro, già Capo dell’antiterrorismo della CIA, già capo del programma “Intelligenze” al National Security Council, ed ora attivo pensionato, consulente su questioni di spionaggio e terrorismo per importanti clienti tra cui ABC News; Marcel Ospel, Presidente della UBS BANK (Union de Banques Suisses) e architetto di una fusione – monstre fra UBS e Merrill Lynch…fallita per oscuri complotti…
Insomma amici, dai, dai, e poi dai…ed eccoti la realizzazione del “sogno” degli Illuminati proprio a Firenze…una “cena” con tanto di sindaco e autorità, con esponenti del mondo loggiatico: bianchi, rossi e VERDINI, fatta proprio in casa clericale, nello stesso palazzo, accanto alla Cappella contenente la Sacra Reliquia della Croce, con dame e damazze, e, stavolta, alla faccia della Curia che per la verità ha condannato la pellicola, ma che poi, incredibilmente, ha subito il diktat del reverendissimo Mons. Verdon: congrua dello Stato italiano, 40.000 euro dall’Opera del Duomo, stipendio all’Università americana…un altro “cortigiano” del pauperismo imperante …che non si sa se risponda a Cristo o alla Gran Loggia d’Inghilterra…
E così a Firenze – alla faccia delle condanne curiali – si è consumato questo nuovo sbrego. E si continua a vedere Don Santoro che “sposa” i fro…(pardon, i gay), Don Jacopuzzi che, dopo aver celebrato il rito Indù, fa lezione di eresia in seminario, Don Stinchi che, dopo aver invocato Maometto durante la consacrazione (si fa per dire!), con il prete di Pistoia Don Biancalani (e su Pistoia pubblicheremo presto un “servizio”) ha organizzato il gay pride ante litteram, Don Mazzinghi che delira durante le omelie, non so se pronunziate in chiesa o alla Casa del Popolo, insieme all’eremita, che contesta l’acqua e il sapone, Don Giannoni….Insomma tutto pronto per metterci la museruola dopo che verranno approvate le leggi liberticide di Renzi sull’omofobia…e guai a dissentire… Chi sa se Mons. Verdon non stia già arruolando le squadracce della “gaystapo” per ridurre alla ragione, a colpi di bastonate e olio di ricino, chi come noi ha deciso di adottare il motto guareschiano : “Non muoio neanche se mi ammazzano”….già, a comandarle, le squadracce, si capisce, potrebbe essere Don Mohamed Maurizio Tagliaferri, il rappresentante della chiesa gnostica “con veggente” fondata da Don Lelio Cantini (clicca qui per leggere “Il prete che ha fatto vergognare la chiesa” sul sito Giornalettismo)…impetuoso, palestrato, arrogante e già allenato ad aggredire, come fece con un altro sacerdote – durante un funerale, profanando così la morte – celebrante il rito romano antico – che, da lui stesso aveva avuto, precedentemente, il permesso – nella maniera più vergognosa e vigliacca, in chiesa, nella Casa del Signore, al grido di “Qui sono in casa mia e faccio i c….i miei…potrò fare icché voglio, vero, in casa mia!” ….mostrando così tutta la sua carità cristiana, la sua “pietas”, la sua Fede, la sua “misericordia”…
Ma vedi un po’ tu dove ci ha portato Dan Brown…tra tutti questi incappucciati!
http://www.riscossacristiana.it/le-mani-della-massoneria-satanista-americana-sulla-citta-di-firenze-di-pucci-cipriani/
DAN BROWN:
UN IGNORANTE CHE SCRIVE DI DANTE
Per leggere “Il diavolo nell’Opera del Duomo di Firenze”, clicca qui
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Abbiamo assistito a un indecente spettacolo nella nostra Firenze: il Comune e la Curia (possiamo chiamare così l’onnipossente Mons. Thimothy Verdon?) appecorati – a “mamma d’agnello” come, ormai, tutti dicono a Firenze – di fronte al branchetto satanista terzomondista che nella città del Fiore, nella città che ha per emblema il Battista e per compatrono Sant’Antonino, nella città in cui Dante – non quello caricaturale del giullare Benigni o di Dan Brown – ma il poeta tomista che, a ogni rigo del suo poema, fa alta teologia (ricordiamo a Mons. Verdon che la “teologia”, anche se termina in “ia”, è cosa diversa dalla Massoneria), toccando cime che solo la meditazione, il silenzio, la fede, possono raggiungere…
Dunque, nel Museo dell’Opera del Duomo sono stati festeggiati, oltre a Dan Brown, il regista e gli attori del film tratto dal romanzo “L’Inferno”, che è quanto di più lurido e ripugnante si possa pensare, che rimastica la spazzatura del “Codice da Vinci”:
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Il tutto si apre con un suicidio, proprio a Firenze, dove un sedicente religioso si getta dalla Badia fiorentina, successivamente entra in “batteria” il professor Lagdon, protagonista del romanzo, già personaggio dei libelli del Brown. Lo storico sembra affetto da un’amnesia ed è ricoverato presso l’ospedale, dove ha delle visioni continue e spaventose. Il romanzo, del resto, si dispiega, in primis, proprio a Firenze dove Lagdon deve risolvere determinati enigmi, mentre gira con una capsula di titanio, ritrovata casualmente nella sua giacca.
E ora ecco l’insalata russa che cambia luoghi, personaggi, verità assodate, e con la mentalità dello “storico della domenica”, e dell’orecchiante, – proprio alla maniera del clown Benigni – allorché all’interno della capsula si trova la mappa dell’inferno dantesco disegnata dal Botticelli (con la consulenza di Mons Verdon, che sembra essersi diplomato al Cepu?), e seguendo proprio questa mappa Lagdon visita tutti i luoghi simbolo della città (Battistero compreso, chiuso per l’occasione ai fedeli – n.p.c.).
E’ inutile dire quanto le pagine di questo libro, di enigma in enigma, delineano una sorta di cammino iniziatico verso una presunta conoscenza/ liberazione illuminata come nella Massoneria.
Una serie di falsi storici e citazioni di inesistenti opere d’arte condiscono le pagine di Dan Brown, che fa addirittura varcare le “Porte del Paradiso” del Ghiberti al protagonista come fosse un’anima elevata verso Dio, ma chiaramente in un uno scenario al rovescio (la “simia dei” ovvero la “scimmia di Dio” ovvero Satana) decisamente satanista.
Qui entra nella storia tutta la questione delle malattie genetiche; infatti dietro la maschera mortuaria del Dante che il protagonista si trova ad analizzare, è posto un indizio che sposta l’azione della storia; nel libro compare anche la massonica organizzazione mondiale della sanità ovvero l’ONU, quivi magnificato come una sorta di chiesa della nuova era.
Il protagonista giunge poi a Venezia e Istanbul, dove continua questa sorta di cammino iniziatico a tappe, sempre a indovinelli, che gli fa scoprire questo virus mortale che dovrebbe uccidere gran parte della popolazione mondiale. Anche l’organizzazione che trama contro Lagdon, dallo scrittore chiamata CONSORTIUM , sembra una lobby manipolatrice decisamente massonica che vuole proteggere il virus e diffonderlo nel mondo. Obbiettivo dunque quello di sterminare gran parte della popolazione mondiale (non vi vengono a mente le operazioni di sterilizzazione di massa promosse dalla fondazione Rockefeller e da Soros? – n.p.c.), i temi sono quelli del sovraffollamento della terra e il sottofondo della malvagità umana (idea più che protestante).
Una full immersion in quel che può essere definito bioterrorismo, con una particolare virata verso la costruzione di un genoma umano perfetto. Tutti invocano una nuova era e l’inferno dantesco diventa quindi una sorta di maxi purificazione.
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Insomma siamo alla “gnosi” e vi possiamo svelare anche il perché di quella cena sacrilega nel Museo dell’Opera del Duomo, voluta dalla banda satanista e da Mons. Verdon, quell’omino, per dirla con il Collodi : “… tenero e untuoso come una palla di burro, con un visino di melarosa, una bocchina che rideva sempre e una voce sottile e carezzevole, come quella d’un gatto che si raccomanda al buon cuore della padrona di casa” , ma al momento giusto, proprio come l’Omino del Paese dei Balocchi, risoluto e cangiante tanto che al povero ciuchino: “si accostò pieno di amorevolezza…facendo finta di dargli un bacio,(e) gli staccò con un morso la metà dell’orecchio destro”.
La Chiesa non poteva che condannare l’opera di Dan Brown e infatti Benedetto XVI volle condannare il famigerato “Codice da Vinci” e, per di più, lo fece in diretta mondiale a un “Regina coeli”, la preghiera domenicale di mezzogiorno del periodo pasquale.
Il Papa volle condannare, quel romanzo non a torto definito: “…un romanzo pervicacemente anticristiano …pieno di calunnie, offese, errori storici e teologici”, accusandolo di negare la Resurrezione e quindi di negare la Fede, in quanto: “La Resurrezione è il dato centrale del Cristianesimo, verità fondamentale da riaffermare con ogni vigore e in ogni tempo”…e via di questo tenore…
Ora questi “Illuminati” (scrittore regista, attori e, naturalmente, i “burattinai” incappucciati, con grembiulino) avrebbero voluta una riunione conviviale con dignitari ecclesiastici, proprio a Roma, che “consacrasse” l’evento. Iniziativa portata avanti da Giuliano Di Bernardo, gran Maestro della Massoneria fino al 2000, ma saltata per una soffiata di DAGOSPIA . Lo scopo era dunque di far “digerire” il film tratto dall’ultimo libro di Dan Brown “Angeli e Demoni”, affinché non si levassero le solite proteste ecclesiastiche che accompagnarono l’uscita cinematografica – come ben abbiamo documentato – del “Codice da Vinci”. La “cena”, sotto il simbolo del GADU, alla quale avrebbe dovuto essere presente anche il cardinale Wetter, emerito di Monaco di Baviera, apprendemmo che fu rimandata a nuova data a metà giugno in un castello dell’Alto Adige e prevedeva tra gli invitati: Suzanne Nora Johnson, Vicepresidente della Goldman Sachs e nel Comitato dell’ASPEN Institute, Vincent Cannistraro, già Capo dell’antiterrorismo della CIA, già capo del programma “Intelligenze” al National Security Council, ed ora attivo pensionato, consulente su questioni di spionaggio e terrorismo per importanti clienti tra cui ABC News; Marcel Ospel, Presidente della UBS BANK (Union de Banques Suisses) e architetto di una fusione – monstre fra UBS e Merrill Lynch…fallita per oscuri complotti…
Insomma amici, dai, dai, e poi dai…ed eccoti la realizzazione del “sogno” degli Illuminati proprio a Firenze…una “cena” con tanto di sindaco e autorità, con esponenti del mondo loggiatico: bianchi, rossi e VERDINI, fatta proprio in casa clericale, nello stesso palazzo, accanto alla Cappella contenente la Sacra Reliquia della Croce, con dame e damazze, e, stavolta, alla faccia della Curia che per la verità ha condannato la pellicola, ma che poi, incredibilmente, ha subito il diktat del reverendissimo Mons. Verdon: congrua dello Stato italiano, 40.000 euro dall’Opera del Duomo, stipendio all’Università americana…un altro “cortigiano” del pauperismo imperante …che non si sa se risponda a Cristo o alla Gran Loggia d’Inghilterra…
E così a Firenze – alla faccia delle condanne curiali – si è consumato questo nuovo sbrego. E si continua a vedere Don Santoro che “sposa” i fro…(pardon, i gay), Don Jacopuzzi che, dopo aver celebrato il rito Indù, fa lezione di eresia in seminario, Don Stinchi che, dopo aver invocato Maometto durante la consacrazione (si fa per dire!), con il prete di Pistoia Don Biancalani (e su Pistoia pubblicheremo presto un “servizio”) ha organizzato il gay pride ante litteram, Don Mazzinghi che delira durante le omelie, non so se pronunziate in chiesa o alla Casa del Popolo, insieme all’eremita, che contesta l’acqua e il sapone, Don Giannoni….Insomma tutto pronto per metterci la museruola dopo che verranno approvate le leggi liberticide di Renzi sull’omofobia…e guai a dissentire… Chi sa se Mons. Verdon non stia già arruolando le squadracce della “gaystapo” per ridurre alla ragione, a colpi di bastonate e olio di ricino, chi come noi ha deciso di adottare il motto guareschiano : “Non muoio neanche se mi ammazzano”….già, a comandarle, le squadracce, si capisce, potrebbe essere Don Mohamed Maurizio Tagliaferri, il rappresentante della chiesa gnostica “con veggente” fondata da Don Lelio Cantini (clicca qui per leggere “Il prete che ha fatto vergognare la chiesa” sul sito Giornalettismo)…impetuoso, palestrato, arrogante e già allenato ad aggredire, come fece con un altro sacerdote – durante un funerale, profanando così la morte – celebrante il rito romano antico – che, da lui stesso aveva avuto, precedentemente, il permesso – nella maniera più vergognosa e vigliacca, in chiesa, nella Casa del Signore, al grido di “Qui sono in casa mia e faccio i c….i miei…potrò fare icché voglio, vero, in casa mia!” ….mostrando così tutta la sua carità cristiana, la sua “pietas”, la sua Fede, la sua “misericordia”…
Ma vedi un po’ tu dove ci ha portato Dan Brown…tra tutti questi incappucciati!
– di Pucci Cipriani
15/10/2016DAN BROWN:
UN IGNORANTE CHE SCRIVE DI DANTE
Una lettera del Prof. Luciano Pranzetti
Pubblichiamo questa lettera che il Prof. Luciano Pranzetti ha inviato alDirettore di Riscossa Cristiana, per segnalare una particolarità di tanti “piedi-lavori” moderni che, illudendosi di poter danneggiare il Cattolicesimo, finiscono col rivelare la loro reale valenza: l'impotenza; figlia di quell'hybris superuomistica che naufraga inevitabilmente nel pantano dell'autoillusionismo, sguazzando tra cervellotiche invenzioni, inavvertite falsità, approssimazioni pseudo-culturali e frustrati autocompiacimenti: tutti indizi certi di menti e cuori votati al cieco servilismo nei confronti del “principe della menzogna”.
Il dramma è che queste presunte imprese disinformative volte a sviare dalla Verità, in questi ultimi due secoli, con un crescendo da caduta vertiginosa, hanno intaccato la lucidità mentale e la coscienza di tanti cattolici, aiutandoli ad allontanarsi dalla realtà.
C'è da notare, in particolare, che, come dice Daniele Abbiati nel suo articolo del 2013, citato nella Lettera, “il Prof. Pranzetti è un lettore pressoché onnivoro, ma si dà il caso (malaugurato per il suddetto Brown) che il suo piatto preferito sia proprio l'Alighieri. A patto che venga cucinato rigorosamente secondo la ricetta originale. Se si sgarra, son dolori.”
E infatti è suo il saggio in tre volumi: Dante. La Divina Commedia tra Sacra Scrittura, Patristica e Scolastica, da noi a suo tempo segnalato: qui e qui e di cui abbiamo riprodotto, sopra, la copertina del volume Inferno.
Il dramma è che queste presunte imprese disinformative volte a sviare dalla Verità, in questi ultimi due secoli, con un crescendo da caduta vertiginosa, hanno intaccato la lucidità mentale e la coscienza di tanti cattolici, aiutandoli ad allontanarsi dalla realtà.
C'è da notare, in particolare, che, come dice Daniele Abbiati nel suo articolo del 2013, citato nella Lettera, “il Prof. Pranzetti è un lettore pressoché onnivoro, ma si dà il caso (malaugurato per il suddetto Brown) che il suo piatto preferito sia proprio l'Alighieri. A patto che venga cucinato rigorosamente secondo la ricetta originale. Se si sgarra, son dolori.”
E infatti è suo il saggio in tre volumi: Dante. La Divina Commedia tra Sacra Scrittura, Patristica e Scolastica, da noi a suo tempo segnalato: qui e qui e di cui abbiamo riprodotto, sopra, la copertina del volume Inferno.
Caro Direttore:
uscito, ai primi di maggio del 2013, il romanzo “Inferno” di Dan Brown, ne lessi con attenzione ogni pagina avvertendo subito che l’autore aveva, more solito, rifilato ai lettori sòle, balle e falsità guarnite da seriosa autorità storica.
E non mi sbagliavo perché, ultimata la lettura, mi fu facile stilare un catalogo degli errori riferiti all’opera dantiana, catalogo che ti invio perché, dopo la bella analisi di Pucci Cipriani [pubblicata su Riscossa Cristiana] sull’evento del film e, soprattutto, sulla cifra massonica di evidenza astrale, tu possa, se credi opportuno pubblicarlo, dare ulteriormente prova della protervia menzognera con cui talune opere, come questo libro e il relativo film, osano disseminare nella mente e nella coscienza delle persone, a danno specialmente della santa Chiesa Cattolica, la cui Gerarchìa pavidamente – o connivente? - tace e, nella fattispecie, di Dante.
Ecco il testo che, qualche giorno dopo, 25 maggio 2013, Il Giornale, a firma Daniele Abbiati, pubblicò, sintetizzandolo, nella pagina culturale:
Dopo le sesquipedali cappellate, disinvoltamente prese col suo “Codice da Vinci” ed. Mondadori 2003 – rimasticatura di quella brodaglia esoterica da bancarella che è il “Santo Graal” ed. 1982, di Baigent-Leight-Lincoln, dopo le menzogne, le fantasime e le leggende fatte passare per storia, ora Dan Brown, il cocco della massoneria azzurra angloamericana, si produce in altro attacco alla Chiesa cattolica così come si legge nell’ultimo suo aborto, “Inferno”, ed. Mondadori 2013, dove, a sostegno dei propri labirintici vaneggiamenti, entra nella struttura letteraria dantiana.
E qui, il prode illuminato cade nella più fitta sequenza di smarronate che nemmeno uno studente di terza liceo.
Noi, attenti studiosi del maggior universale poeta-teologo, Dante Alighieri, abbiamo sottolineato, e trasmesso all’editrice, 16 errori ascrivibili alla saccenza e all’ ignoranza dell’autore affibbiandogli, perciò, uno zero in letteratura, storia e verità.
Siamo lieti di rendere pubblici, se la cortesìa di qualche rivista ci premierà, gli sfondoni del suddetto Dan perché taluni incauti lettori possano essere messi in guardia dal trangugiare il beverone e la poltiglia di bugìe e, soprattutto, possano valutare di cotale scrittore “già la lega e ‘l peso” (Par. XXIV, 85).
Ne diamo conto ordinato per pagine successive:
uscito, ai primi di maggio del 2013, il romanzo “Inferno” di Dan Brown, ne lessi con attenzione ogni pagina avvertendo subito che l’autore aveva, more solito, rifilato ai lettori sòle, balle e falsità guarnite da seriosa autorità storica.
E non mi sbagliavo perché, ultimata la lettura, mi fu facile stilare un catalogo degli errori riferiti all’opera dantiana, catalogo che ti invio perché, dopo la bella analisi di Pucci Cipriani [pubblicata su Riscossa Cristiana] sull’evento del film e, soprattutto, sulla cifra massonica di evidenza astrale, tu possa, se credi opportuno pubblicarlo, dare ulteriormente prova della protervia menzognera con cui talune opere, come questo libro e il relativo film, osano disseminare nella mente e nella coscienza delle persone, a danno specialmente della santa Chiesa Cattolica, la cui Gerarchìa pavidamente – o connivente? - tace e, nella fattispecie, di Dante.
Ecco il testo che, qualche giorno dopo, 25 maggio 2013, Il Giornale, a firma Daniele Abbiati, pubblicò, sintetizzandolo, nella pagina culturale:
Dopo le sesquipedali cappellate, disinvoltamente prese col suo “Codice da Vinci” ed. Mondadori 2003 – rimasticatura di quella brodaglia esoterica da bancarella che è il “Santo Graal” ed. 1982, di Baigent-Leight-Lincoln, dopo le menzogne, le fantasime e le leggende fatte passare per storia, ora Dan Brown, il cocco della massoneria azzurra angloamericana, si produce in altro attacco alla Chiesa cattolica così come si legge nell’ultimo suo aborto, “Inferno”, ed. Mondadori 2013, dove, a sostegno dei propri labirintici vaneggiamenti, entra nella struttura letteraria dantiana.
E qui, il prode illuminato cade nella più fitta sequenza di smarronate che nemmeno uno studente di terza liceo.
Noi, attenti studiosi del maggior universale poeta-teologo, Dante Alighieri, abbiamo sottolineato, e trasmesso all’editrice, 16 errori ascrivibili alla saccenza e all’ ignoranza dell’autore affibbiandogli, perciò, uno zero in letteratura, storia e verità.
Siamo lieti di rendere pubblici, se la cortesìa di qualche rivista ci premierà, gli sfondoni del suddetto Dan perché taluni incauti lettori possano essere messi in guardia dal trangugiare il beverone e la poltiglia di bugìe e, soprattutto, possano valutare di cotale scrittore “già la lega e ‘l peso” (Par. XXIV, 85).
Ne diamo conto ordinato per pagine successive:
14 – I lussuriosi non si contorcono sotto la pioggia ma sono trasportati da “una bufera infernal che mai
non resta” (Inf. V, 31). L’autore li confonde con i golosi;
44 – Il “David” non misura, in altezza, m. 5,20 bensì m. 4,10 (cfr.: Michelangelo scultore – I Classici
dell’Arte Rizzoli n. 68, 1973);
55 - Non furono gli uomini della Chiesa cattolica a chiedere la morte di Copernico, ma Lutero e
Calvino;
78 - Quello di Botticelli sull’inferno non è “un quadro” ma una serie di disegni riportati a stampa da
Niccolò di Lorenzo della Magna nel 1481;
79 - Nella decima fossa di Malebolge non c’è folla di peccatori sepolti nel terreno e confitti capovolti –
questi sono i simoniaci della terza bolgia – ma vi stanno i falsarî;
165 - La morte di Buondelmonte de’ Buondelmonti non dette origine alle lotte tra guelfi e ghibellini
ma tra le due fazioni guelfe distinte in Bianchi e Neri:
174 - È chiacchiera gratuita, offensiva e smentita dai più seri studiosi, che Michelangelo avesse per
amante Tommaso de’ Cavalieri;
179 - I teschi, come scrive Brown, non sono una costante nella Divina Commedia o nell’inferno. Ve ne
appare uno solo – un cranio peraltro vivo – quello dell’arcivescovo Ruggieri, róso da Ugolino
(XXXIII);
187 - Coloro che si mantennero “neutrali” – vale a dire, gli ignavi – non stanno “nei luoghi più caldi”
ma semplicemente fuori dell’Inferno (III), rifiutati da Dio e da Satana;
274 - Dante non saltò nella vasca del Battistero, ma ne ruppe le pareti a far defluire le acque onde
salvare un bambino – o uomo che sia – che vi stava affogando (XIX, 19/21);
283- Le anime degli invidiosi – cucite le palpebre col fil di ferro - non debbono “salire”, ma starsene
ferme, addossate une alle altre in accosto alla ripa rocciosa, in attesa di scontare il peccato (cornice
II);
284- L’angelo portiere del Purgatorio incide le 7 P soltanto a Dante che deve fare esperienza di tutte le
balze e le anime purganti non debbono necessariamente passare o sostare per ciascuna. Stazio
(cornice V), scontato infatti il peccato di prodigalità, potrebbe salire subito al Paradiso ma
preferisce accompagnare Dante e Virgilio (XXI);
288 - Le balze del Purgatorio non sono a spirale tale che si tratterebbe di una sola cornice, ma sono
gradoni raccordati tra loro da scalee intagliate nella roccia;
309 - La “Mappa” citata non è del Vasari ma di Botticelli,
347 - Nell’inferno dantiano non ci sono fiumi di pece ma solo un pantano, bollente e viscoso, sito nella
V bolgia, ove sono a cuocere i barattieri;
425 - Enrico Dandolo, doge veneziano, espugnò la cittadella di Bisanzio il 17 luglio 1203 e non, come
scrive Brown, nel 102;
425 - La prima chiesa di Santa Sofìa fu inaugurata nel 360 e distrutta, poi, completamente da un
incendio. La seconda, eretta da Teodosio II nel 415, finì anch’essa preda di un rogo durante la
rivolta di Nika nel 532. Giustiniano, allora, fece erigere la terza, quella attuale di cui si parla nel
romanzo, inaugurata nel 537, affidandone il progetto e la direzione a Isidoro di Mileto e Antemio
da Tralle. Brown fa confusione attribuendo alla terza basilica l’età della prima. Il quale Brown,
nel descrivere la cisterna colonnata, in cui si svolge l’ultima azione del romanzo, potrebbe – mera
ipotesi – aver saccheggiato Umberto Eco che, in “Baudolino” – ed. Bompiani 2000, pag. 26/32 –
descrive questa cisterna, che si estende sotto la basilica di Santa Sofìa, come “selva di colonne…
di una foresta lacustre”, teatro di una complicata avventura.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV1676_Pranzetti_Un_ignorante_scrive_di_Dante.htmlnon resta” (Inf. V, 31). L’autore li confonde con i golosi;
44 – Il “David” non misura, in altezza, m. 5,20 bensì m. 4,10 (cfr.: Michelangelo scultore – I Classici
dell’Arte Rizzoli n. 68, 1973);
55 - Non furono gli uomini della Chiesa cattolica a chiedere la morte di Copernico, ma Lutero e
Calvino;
78 - Quello di Botticelli sull’inferno non è “un quadro” ma una serie di disegni riportati a stampa da
Niccolò di Lorenzo della Magna nel 1481;
79 - Nella decima fossa di Malebolge non c’è folla di peccatori sepolti nel terreno e confitti capovolti –
questi sono i simoniaci della terza bolgia – ma vi stanno i falsarî;
165 - La morte di Buondelmonte de’ Buondelmonti non dette origine alle lotte tra guelfi e ghibellini
ma tra le due fazioni guelfe distinte in Bianchi e Neri:
174 - È chiacchiera gratuita, offensiva e smentita dai più seri studiosi, che Michelangelo avesse per
amante Tommaso de’ Cavalieri;
179 - I teschi, come scrive Brown, non sono una costante nella Divina Commedia o nell’inferno. Ve ne
appare uno solo – un cranio peraltro vivo – quello dell’arcivescovo Ruggieri, róso da Ugolino
(XXXIII);
187 - Coloro che si mantennero “neutrali” – vale a dire, gli ignavi – non stanno “nei luoghi più caldi”
ma semplicemente fuori dell’Inferno (III), rifiutati da Dio e da Satana;
274 - Dante non saltò nella vasca del Battistero, ma ne ruppe le pareti a far defluire le acque onde
salvare un bambino – o uomo che sia – che vi stava affogando (XIX, 19/21);
283- Le anime degli invidiosi – cucite le palpebre col fil di ferro - non debbono “salire”, ma starsene
ferme, addossate une alle altre in accosto alla ripa rocciosa, in attesa di scontare il peccato (cornice
II);
284- L’angelo portiere del Purgatorio incide le 7 P soltanto a Dante che deve fare esperienza di tutte le
balze e le anime purganti non debbono necessariamente passare o sostare per ciascuna. Stazio
(cornice V), scontato infatti il peccato di prodigalità, potrebbe salire subito al Paradiso ma
preferisce accompagnare Dante e Virgilio (XXI);
288 - Le balze del Purgatorio non sono a spirale tale che si tratterebbe di una sola cornice, ma sono
gradoni raccordati tra loro da scalee intagliate nella roccia;
309 - La “Mappa” citata non è del Vasari ma di Botticelli,
347 - Nell’inferno dantiano non ci sono fiumi di pece ma solo un pantano, bollente e viscoso, sito nella
V bolgia, ove sono a cuocere i barattieri;
425 - Enrico Dandolo, doge veneziano, espugnò la cittadella di Bisanzio il 17 luglio 1203 e non, come
scrive Brown, nel 102;
425 - La prima chiesa di Santa Sofìa fu inaugurata nel 360 e distrutta, poi, completamente da un
incendio. La seconda, eretta da Teodosio II nel 415, finì anch’essa preda di un rogo durante la
rivolta di Nika nel 532. Giustiniano, allora, fece erigere la terza, quella attuale di cui si parla nel
romanzo, inaugurata nel 537, affidandone il progetto e la direzione a Isidoro di Mileto e Antemio
da Tralle. Brown fa confusione attribuendo alla terza basilica l’età della prima. Il quale Brown,
nel descrivere la cisterna colonnata, in cui si svolge l’ultima azione del romanzo, potrebbe – mera
ipotesi – aver saccheggiato Umberto Eco che, in “Baudolino” – ed. Bompiani 2000, pag. 26/32 –
descrive questa cisterna, che si estende sotto la basilica di Santa Sofìa, come “selva di colonne…
di una foresta lacustre”, teatro di una complicata avventura.
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