Alcuni commentatori iniziano a prendere atto del clima intimidatorio e di paura - peraltro denunziato da molti sin dai primi giorni dopo l'elezione di Bergoglio - che vige nell'Alma Urbe ed in particolare all'interno delle Mura Leonine.
L'ultima denuncia, a onor del vero la più aperta e coraggiosa, viene dal sito Lifesitenews, in un articolo dal titolo Climate of fear in Vatican is very real (Il clima di paura in Vaticano è palpabile).
Per chi conosce le dinamiche della Corte Papale, è noto che mai prima d'ora si era giunti a dover temere che le proprie conversazioni fossero ascoltate da orecchi indiscreti, che la privacy della corrispondenza elettronica fosse violata, che le comunicazioni telefoniche venissero registrate. Ma vi posso garantire che questa è l'impressione che hanno quasi tutti coloro che svolgono una qualsivoglia mansione in una Congregazione Romana, in Segreteria di Stato, negli Atenei Pontifici, negli uffici della Sede Apostolica.
Un'impressione, questa, che in più occasioni si è dimostrata suffragata dalla certezza che i Sacri Palazzi si siano trasformati, sotto questo Pontificato, in una sorta di Panopticon, nel quale una fugace conversazione tra due ecclesiastici che si incontrano in corridoio viene misteriosamente riferita da zelanti funzionari al Satrapo di Santa Marta.
Il sacerdote che vuol semplicemente salutare un confratello al Culto Divino deve mandargli un criptico sms sul suo cellulare privato, dandogli appuntamento rigorosamente fuori dal Vaticano: Ci vediamo alle 11 al solito posto. Chi voglia incontrare un officiale di Congregazione non allineato al nuovo corso bergogliano, viene dissuaso dal mandare email a qualsiasi indirizzo che termini con .va ed eventuali comunicazioni vengono aperte da casa, su un account generico, mai dal computer di lavoro. Prendere un caffè richiede una prudenza da James Bond, e così pranzare in uno dei ristoranti di Porta Angelica. Non parliamo poi della mensa aziendale di Santa Marta, o della Domus Romana in via della Traspontina, dove la Spectre pare disporre di delatori stabili. Basta comparire in abito talare sul sagrato di San Pietro, per esser marchiati a fuoco - ne sa qualcosa lo sventurato chierico che ha meritato le reprimende papali per aver osato entrare da Euroclero. Anche il clergyman stretto (abito nero, panciotto con bottoni e collare inamidato) è visto con sospetto, a meno che non si sia nelle grazie di qualche Eminentissimo dello staff della Misericordia o non si sia personaggi di indiscussa fede modernista, quali ad esempio il Card. Meforio, sempre inappuntabile nel suo completo sartoriale con la croce pettorale nel taschino e le scarpe di fattura artigianale.
Insomma, quel che riferiscono i blog è cosa risaputa da anni, e non sono pochi quelli che ormai hanno rinunciato, quando vengono a Roma, a passare per San Pietro ad ossequiare un Prelato.
Viceversa, l'arroganza e l'impudenza dei reprobi d'antan, ora assurti all'empireo con promozioni e balzi di carriera a dir poco stupefacenti, non conosce limiti. Si sentono protetti -et pour cause - e nulla sembra poterli fermare. Salgono alla terza loggia come fossero a casa propria, danno del tu a tutti, si accompagnano a braccetto ostentando il soddisfatto compiacimento di poter finalmente imperversare senza pudore in qualsiasi ambito della Curia Romana. Li si riconosce perché sono i più malvestiti e maleducati, quelli che ridono sguaiatamente salendo la Scala Regia, che fumano nel Cortile di San Damaso, arrivando con vetture che in altri tempi eran riservate ai Capi di Stato, o passando per l'Arco delle Campane senza che le Guardie Svizzere li fermino per un controllo, compiacendosi per il saluto militare che ricevono con la degnazione dei democratici, allergici alle formalità solo quando riguardan gli altri. E se si ha la sventura d'incrociarli in ascensore, c'è da impallidire per il loro linguaggio da carrettieri, per le battutacce, per i volgari doppi sensi. Sempre con l'ultimo modello di cellulare, l'iPad con la cover alla moda, un plico di carte - quasi certamente di nessuna utilità, forse fotocopie di un loro saggio da mandare alle stampe - ed un volume dall'inequivocabile valenza intimidatoria: libelli di Manlio Sodi, di Enzo Bianchi, di Piero Marini o di altri loro correligionari, una copia autografata dell'Amoris Laetitia, e poi ovviamente Repubblica o un altro quotidiano à la page. E bisogna poi vedere quando incontrano un esponente, ancorché ignaro, della fazione avversaria: volgono il capo altrove al passaggio di un anziano Monsignore con la greca, storcono il naso dinanzi ad un Cardinale in rocchetto e mozzetta, a meno che non sia dei loro: e allora strette di mano, accenni di inchini al bacio dell'anello, sorrisi beati e selfie.
A ben vedere, questi infelici si prendono oggi la rivincita per l'esilio dei loro padri spirituali, per le condanne delle loro dottrine, per la clandestinità in cui si rifugiarono volontariamente ai tempi di Benedetto XVI, tramando all'ombra del Cupolone o di San Gallo. Sicché possiamo riconoscere che lo spoil system americano conosca oggi una sua pretesca versione - elevata al quadrato - proprio sotto un Papa che dichiara di aborrire i potenti e di detestare i cortigiani, anzi - secondo l'alato eloquio che lo contraddistingue - i leccacalze.
Eppure. Eppure bisognerebbe aver l'onestà di riconoscere che costoro, per quanto possano sembrare infeudati in Vaticano e paian decisi a non voler mollare le posizioni acquisite, sono pur sempre una minoranza. Certo, una minoranza che trova protezione in colui che siede sul Soglio, ma che non può far nulla se non suggellare con un timbro a secco o un numero di protocollo la propria condanna. Questa minoranza è in grado - è vero - di minacciare, di trasferire quanti con la loro stessa presenza rappresentano un silenzioso rimprovero, di deferire ai Superiori l'indocile che si mantiene fedele alla dottrina. I settatori della neo-chiesa, eredi in sedicesimo dellaterreur rivoluzionaria, scalpitano, schiumano d'ira, compilano corposi dossier contro quel Presule o quel Vescovo, deridono il pretino in saturnio, sbeffeggiano il Porporato in cappamagna: ci sarebbe da stupirsi se non lo facessero. E quando possono, si adoprano per la rimozione dei loro avversarj, li fan licenziare, li mandano in pensione anzitempo, pretendono le loro dimissioni. Ma...
...ma non potranno mai impedir loro di celebrare la Messa, foss'anche su un altare di fortuna eretto nel tinello o in una chiesetta dimenticata che un sacerdote refrattario concede al confratello a porte chiuse. E quella Messa privata, privatissima, ch'essi detestano e considerano con orrore, è un'arma invincibile che essi temono più di ogni altra cosa. Quella Messa che, con loro disappunto, Benedetto XVI ha riconosciuto come legittima, ancorché da essi boicottata con ogni mezzo, toglie loro la pace, li priva del sonno, ne rende vani i maneggi, li svela per quel che sono.
Ecco la mia provocazione: che tutti i buon seminaristi, i bravi sacerdoti, i devoti Prelati inizino una volta per tutte a tener in non cale - Bergoglio direbbe: ad infischiarsene - le minacce della setta conciliare, il loro digrignar di denti, il pestare i piedini. Provino finalmente a fare come se non ci fossero, anzi: siano pure un po' provocatori, vestendosi in talare, salutandoli con quel Sia lodato Gesù Cristo ch'essi aborrono, rifiutandosi di obbedir loro quando ciò che chiedono è contrario ai doveri ecclesiastici. Inizino a dir la Messa cattolica anche nelle parrocchie, o in cattedrale, e cantino i Vespri, espongano il Santissimo, recitino il Rosario in latino, insegnino il Catechismo di San Pio X. Si liberino dei messali riformati, come fecero con quelli di San Pio V i novatori. Smontino gli altari posticci e tornino a celebrare su quelli veri, rivolti al Padrone di casa. Lascino in bella vista il Breviario tridentino sulla scrivania, una foto di Pio XII benedicente al posto di quella di Bergoglio, le opere di San Giovanni Crisostomo o la Summa sullo scaffale d'onore della libreria al posto degl'indigeribili scritti di Ravasi. I Vescovi comincino a pontificare come si deve, ad amministrare i Sacramenti secondo il Rito antico, parlino come ci si aspetta da loro in Cielo, non in Curia. E la smettano di parlare del Conciliabolo di Roma: hanno materia vastissima, per le loro prediche, nell'inesauribile tesoro dei Santi Padri e del Magistero, senza andar col lanternino a cercare una frase accettabile tra gli atti di quell'infausta assise.
Che potranno mai farci, in fin dei conti? Sospenderci a divinis? Trasferirci in partibus infidelium? Privarci della prebenda? Capirai! Robetta, in confronto al carcere ed alle torture che affrontarono i Martiri cattolici.
Se riusciremo - tutti insieme, dico - a trovar un po' di coraggio e di fierezza per l'Unzione che abbiamo ricevuto, sarà evidente che non siamo proprio una minoranza, o quantomeno che pur non essendo molti abbiamo almeno voglia di combattere per Nostro Signore e per il bene delle anime. Ed i fedeli lo capiranno, i giovani soprattutto, che ne hanno fin sopra i capelli dei piagnistei da eunuchi di questa pseudo-religione senza nerbo.
Se ognuno di noi, con l'aiuto della preghiera e della penitenza, saprà trovar la forza di non lasciarsi piegare da questi chierici indegni, attireremo sulla Chiesa quelle benedizioni che la diplomazia e la prudenza sinora usata hanno ritardato. Ricordiamocelo bene: il Signore non sa che farsene dei pavidi e degli imbelli. Egli ci chiede coerenza, eroismo, fedeltà, fierezza e consapevolezza di esser stati scelti per esser strumenti della Sua gloria, non per vivacchiare pigramente, tacere dinanzi all'oltracotanza degli empi, piegare il capo con rassegnazione davanti alla tirannide di una casta di corrotti in nome di una fraintesa obbedienza.
Iniziamo dalle piccole cose: digiuno, preghiera, Messa quotidiana (quella ch'essi detestano, sia chiaro), Breviario, Rosario, talare. Saremo stupiti noi per primi di vedere quanto possano cambiare le cose, se sapremo dar la priorità alle cose di Dio, mettendo da parte le meschinità umane. Nell'umiltà del saperci servi inutili, scopriremo che il Signore si compiace di fare meraviglie proprio con quanti il secolo disprezza: Quia fecit mihi magna qui potens est.
Possa la Nascita del Salvatore, ormai prossima, aprire i nostri occhi, affinché riconosciamo a cosa siamo chiamati. Omnia possum, in eo qui me confortat (Fil IV, 13).
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