Don Pierpaolo e la fronda. Considerazioni di inizio d'anno sulla situazione della FSSPX in Italia
La decisione non è priva motivazione giacché si legge che essa è stata imposta dalla constatazione, anche in seguito a "una visita canonica effettuata nel 2015", delle "difficoltà della gestione del distretto, difficoltà che si protraevano da tempo creando tensioni tra la maggior parte dei confratelli". Nè è priva dell'indicazione del fine che essa persegue ossia del "bene comune del Distretto".
Poiché in quest'ultimi giorni si sono avanzate, anche in maniera assai polemica, molte ipotesi e illazioni, bisogna qui, dunque, convenire sull'evidenza che un'indicazione delle ragioni dell'intervento di Monsignor Fellay esiste e che, a non voler cavillare e sospettare dissimulazioni, è abbastanza circostanziata: la difficoltà nella gestione del distretto e le tensioni tra i confratelli cagionate da questa difficoltà. Ciò che forse resta velato è il fondo dei problemi di gestione, il fatto stesso che è così qualificato, benché ciò non possa autorizzare dubbi sulla avvedutezza del provvedimento. Tali dubbi sarebbero già tali da fare ritenere una disposizione critica e potenzialmente conflittuale nei confronti dell'autorità superiore.
Sempre restando nell'ambito della considerazione delle motivazioni dell'atto assunto da Monsignor Fellay, è importante il passaggio in cui il comunicato precisa che "tale decisione non vuole mettere minimamente in dubbio la rettitudine e lo zelo di don Pierpaolo durante gli anni del suo incarico". In questo modo il giudizio di Monsignor Fellay sul nostro sacerdote esclude, senza possibilità di equivoco, ogni motivazione di natura morale e coincide sostanzialmente con quello dei molti che l'hanno conosciuto bene e lo stimano. Ci riferiamo soprattutto, a tal proposito, a quanto è stato scritto con equilibrio e sincera commozione da Cristiano Lugli per Chiesa e postconcilio (vedi qui). Anche la testimonianza del Professor Massimo Viglione (vedi qui), che è consueto collaboratore di Radio Spada ed è stato più volte relatore a conferenze e convegni organizzati negli ultimi anni dal Distretto italiano della FSSPX, merita giusta considerazione per la sincerità e la penetrazione psicologica di alcune circostanze della vita di don Pierpaolo ad Albano. Peccato però che nello scritto di Viglione non manchino la convinzione, evidentemente condivisa da molti fedeli, di un'ingiustizia subita dal sacerdote e lo spreco di espressioni come "esilio", "segno dei tempi", "punizione"(persino, secondo un cliché su cui si dovrà ritornare, si allude al tradimento).
Ma perché un atto motivato dell'autorità legittima dovrebbe essere considerato senz'altro ingiusto senza che prima si renda puntualmente conto della irrazionalità e infondatezza delle motivazioni addotte? Autorità legittima e giustizia si appartengono e ineriscono al medesimo sistema. La giustizia, secondo una definizione che ha resistito al vaglio dei millenni ed è stata fatta propria dal diritto della Chiesa, sta nell'assegnare a ciascuno il proprio. Tale assegnazione spetta all'autorità legittima; così Dio crea il mondo e assegna provvidenzialmente ogni creatura al proprio elemento e ordinamento, secondo il proprio fine, e, analogamente, secondo quel che scrive San Tommaso d'Aquino nel De regimine principum, il principe che fonda la città, lo fa in maniera tale che a ogni parte possano essere assegnati il culto, una professione o un mestiere. L'atto di assegnazione, pur assistito dalla grazia di stato, non è certamente infallibile, ma in assenza di argomenti oggettivi opposti considerati con prudenza, andrebbe accettato per il bene comune e il contenimento di tutta la comunità. Di ciò parla, in fondo, il comunicato di don Nély, e, sotto questo aspetto, la nuova assegnazione di don Pierpaolo appare, fino a prova contraria, un atto di giustizia che aumenta non soltanto il bene della comunità ma persino quello del diretto destinatario. Questo andrebbe creduto con la fiducia che è dovuta a Monsignor Fellay, anche in base al senso fondamentale di ciò che San Paolo afferma in Rom 13.
Ciò che nega la giustizia, l'elemento ingiusto, è l'opposizione all'assegnazione di ciò che è proprio a ciascuno. Mentre la giustizia favorisce il contenimento delle passioni e delle forze distruttive e disgreganti, non soltanto nell'individuo ma anche nei corpi politici e sociali, l'ingiustizia fomenta la stasi, la ribellione, lo sfaldamento, la distruzione e la finale dissoluzione di quell'individuo o di quei corpi. In questa prospettiva il discorso cristiano sulla giustizia degli ordinamenti e su ciò che la minaccia in ogni momento, si intreccia, soprattutto se si ha per oggetto la Chiesa o membra di questo stesso Corpo come la FSSPX, con il tema dell'iniquità e di ciò che le si oppone (2 Tess 2). Chiunque si rivolta all'autorità legittima, deve assumersi la responsabilità della possibilità della propria iniquità oltre che quella della propria più autentica e profonda giustizia (così la clausula Petri in At 5, 29). Il che non è cosa da poco e mette in luce la gravità di ciò che sta accadendo nel Distretto italiano.
Il Professor Viglione nella sua testimonianza menziona anche un Appello a Monsignor Fellay e ai Superiori della Fraternità da lui stesso sottoscritto. A prima vista si tratta di un atto collettivo di solidarietà e di riconoscenza a don Pierpaolo per il suo apostolato e per le opere da lui realizzate. Vi è però, quasi si trattasse di una conseguenza logica, adombrata l'ingiustizia dell'intervento di Fellay al punto di affermare che potrebbe minare la "fiducia da parte nostra nelle autorità della Fraternità", qualora non venisse ritirato. La "filiale supplica" è stata fatta girare alcuni giorni prima della pubblicazione del comunicato del 1 gennaio che in qualche modo sembra rimediare a quest'iniziativa alquanto improvvida. La natura dell'appello è evidentemente sediziosa, non soltanto perché mira a un attacco all'autorità legittima minacciando in maniera perfettamente giacobina la fine della fiducia da parte dei firmatari, ma anche per le modalità a dir poco carbonare con cui è stato fatto circolare. É bastata una breve indagine per constatare che il documento è stato portato a conoscenza di un ristretto e selezionato numero di fedeli italiani della FSSPX e che nei Priorati e nelle Cappelle del Distretto, soprattutto nel Nord d'Italia, gran parte delle persone, e probabilmente degli stessi sacerdoti, è stata tenuta all'oscuro, e ciò benché l'appello sia gabellato come "supplica dei fedeli del Distretto italiano della FSSPX" e gli estensori dello stesso dichiarino e facciano dichiarare ai sottoscrittori (Difficile est satyram non scribere!) di essere "sicuri di rappresentare l'opinione della stragrande maggioranza dei fedeli della FSSPX in Italia". Che la supplica più che essere un attestato di stima e di riconoscenza a un sacerdote destinato a nuova missione, sia il primo atto semipubblico di fronda e di ribellione all'autorità legittima nella Fraternità e alla sua giustizia, è evidente. Ed é perciò in gioco l'unità, il bene comune e il contenimento della nostra comunità.
La fronda e l'orgoglio che la nutre, nascono, a ben vedere, nel Tradizionalismo, soprattutto da alcuni habitus mentali divenuti col tempo quasi normativi e irriflessi. C'è innanzitutto la disperazione, che durante il Pontificato di Francesco sta raggiungendo comprensibilmente il proprio acme, della restaurazione dell'ortodossia cattolica e delle antiche forme del culto. Le vie di uscita da questo stato d'animo sono molte. Il sedevacantismo, la teorizzazione dell'esistenza di una "chiesa del Concilio" o, con un termine di conio williamsoniano, di una "neochiesa" che usurperebbe in diverso modo la vera Chiesa cattolica, celatasi non si sa bene dove, persino la fuga improbabile verso le chiese ortodosse e le forme orientali del culto, accompagnata, si suppone, dalla convinzione che la Chiesa di Roma abbia esaurito il proprio compito storico. In particolare il gruppo di Radio Spada, con una sorta di manifesto programmatico, ha inaugurato la realizzazione di una Vendée sans fase della Tradizione cattolica fatta di "oscuri scantinati", di "capannoni mutati in decorosissime cappelle", di "umide chiesuole private di provincia", di "barocchi sottoscala", di luoghi in cui "Dio ci ha concesso la grazia e la fortuna di scendere" e nei quali "contiamo di rimanere ancora a lungo" (vedi qui e la nostra critica qui ). Non è qui irrilevante osservare che negli ultimi anni la collaborazione tra noti rappresentanti del gruppo di Radio Spada e il Distretto italiano della Fraternità è stata pressoché continuativa.
L'altro habitus che spinge alla fronda è di natura più politica, non essenzialmente proprio del fedele tradizionalista, ma di un certo tipo di fedele italiano che è giunto alla Tradizione cattolica tramite la militanza politica in formazioni fasciste o neofasciste. Per questo fedele, memore della fine del Fascismo e della sua mitizzazione repubblichina, la coppia concettuale fedeltà/tradimento è un parametro conoscitivo assoluto di tutta la realtà e costitutivo dei gruppi umani. La Fraternità esiste perché alcuni Papi hanno tradito e Monsignor Lefebvre non ha tradito, la cappella, come la sezione di partito o il gruppetto di riferimento, è una cellula di non-traditori. Ciò implica tipi di solidarietà e di omogeneità estranei alla semplice appartenenza al Cattolicesimo e al comune sentire cattolico cui conseguono comportamenti poco comprensibili al fedele tradizionale normale - saluti legionari, camice nere, libere interpretazioni degli atti devozionali: c'è gente che prende la comunione con le braccia conserte sulla schiena, mentre, in passato, qualcuno persino si irrigidiva sull'attenti durante l'Elevazione giudicando la genuflessione alcunché di vagamente femmineo. Per chi fonda ogni comportamento sulla propria opposizione a un tradimento sentito imminente, ogni cambiamento diventa sospetto e, subito dopo, il tradimento inconsciamente auspicato come occasione di crisi salutare e di ricompattamento del nucleo originario in seguito alle inevitabili epurazioni. Forza Nuova è il movimento politico che in tempi recenti è riuscito meglio a razionalizzare questo habitus, senza però rinunciarvi, e a recepire, dando adito, in perfetta continuità col Fascismo, a una specie di erastianismo di partito e dell'anima, la fede cattolica come parte del proprio programma statalista, "nazionalista" e "rivoluzionario". Ancora una volta non è irrilevante osservare che negli ultimi anni la presenza di militanti di Forza Nuova nei Priorati, soprattutto quello di Albano, e delle Cappelle della FSSPX è stata massiccia e non sempre del tutto indiscreta.
Nella prossimità di un accordo tra Fraternità Sacerdotale San Pio X e Santa Sede cui lo stesso Monsignor Athanasius Schneider ha fatto riferimento in una recentissima e interessante intervista (vedi qui), l'affermazione della Vendée sans fase e l'individuazione del traditore creano la solidarietà e l'unione della fronda. Gli uni accorrono perché l'accordo potrebbe chiudere il gioco della Vandea e rendere più facile l'accesso delle chiese ai fedeli della Tradizione cattolica, gli altri perché l'accordo potrebbe con l'aiuto della Provvidenza porre fine alla tragedia politica del tradimento. E allora bisogna affrettarsi a trovare un nuovo traditore, e chi se non Monsignor Fellay, colui che sta facendo l'accordo? La criminalizzazione con cui la fronda sta attaccando il Cardinale Burke, Monsignor Schneider e i restanti prelati ortodossi che da tempo invitano la Fraternità a contribuire a un fronte comune contro l'eresia all'interno delle mura giuridiche del Diritto canonico, avvalla la necessità psicologica del tradimento: "Se i tuoi amici sono degli impostori, tu sei un traditore! E noi fondiamo una nuova comunità!".
Qualcuno ha visto la ragione recondita della nuova assegnazione di don Pierpaolo, che tuttavia, tra infinite e aspre polemiche, all'inizio del Giubileo ringraziò pubblicamente il Papa per avere concesso la giurisdizione di confessare ai Sacerdoti della Fraternità, nella sua presunta contrarietà all'accordo. Al termine di queste considerazioni si può invece concludere, se proprio si vuole guardare oltre le motivazioni riportate con puntualità dal Comunicato, che, date le circostanze, a determinare il provvedimento, più che la contrarietà all'accordo possa essere stata la oggettiva inidoneità di don Pierpaolo a governare questa eventuale importante fase della vita della Fraternità in Italia. Ma, infondo, una simile speculazione è meno importante e forse anche sconveniente e oziosa. Fondamentale è invece l'aver indicato come la vicenda di don Petrucci sia stata l'occasione per un dilagante movimento di mettersi alla prova e di assecondare un primo colpo al legittimo Superiore della FSSPX e all'armonia e alla giustizia di questa importante parte della Chiesa in tempi di iniquità.
9 commenti:
Per me, che vivo a Roma e conosco molti sacerdoti di questo istituto pur non facendone parte, le accuse di fascismo di una parte dei fedeli vicini ad Albano suona poco verosimile: forse era vero un tempo, ma sappiamo bene che i più agguerriti sostenitori di allora - in gran parte facenti capo ad Alleanza Cattolica - hanno lasciato da un bel pezzo la Fraternità, ed ora non li si vede quasi nemmeno alle Messe del Motu Proprio. Quanti decenni or sono cantavano inni fascisti assieme a don Giulio Tam paiono aver perso la memoria ed alcuni di essi giungono a mandar circolari in cui si osa addirittura criticare il Card. Burke...
Ed in ogni caso mi pare che il saluto sull'attenti all'Elevazione sia un'eccentricità di pochi ottuagenari - ammesso che ne sopravvivano ancora - che si vedeva negli anni Ottanta, non certo oggi. Tra l'altro - e lo dico perché sono stato Cappellano Militare in epoche remotissime - all'Elevazione il Manuale del Fante prevedeva il saluto sull'attenti ma in ginocchio, mentre dovevano stare in piedi solo le truppe schierate a render gli onori militari.
Comunque nulla da dire sul fatto specifico, Dio ne guardi. La mia osservazione vuole mettere altresì in rilievo che gli entusiasmi di un tempo - militanza inclusa - si son presto dissolti, guarda caso dopo le Consacrazioni di Econe, seguendo senza fiatare gli ordini dei capi. Capi che oggi paiono più presi dal dar contro ai tradizionalisti (anche i più moderati, come il card. Burke o mons. Schneider) che non dall'opporsi agli errori ed alle deviazioni dei novatori.
Ma Le garantisco che all'inizio degli anni Ottanta quelli che oggi mendicano strapuntini nelle Curie e distribuiscono patenti di presentabilità conciliare erano a far volantinaggio per Alleanza Cattolica fuori dalle chiese, tenendo ben stretto in mano il libretto di Plinio Correa de Oliveira. Lodevole impegno allora, che non trova però coerenza con le resipiscenze odierne.
Qui il testo: http://cantirsi.altervista.org/#Inno al S. Marco
Qui la musica di quello con le parole modificate: https://www.youtube.com/watch?v=ygMPj_qAEcA
E per non dare adito a dubbi, ecco il testo su un documento di Alleanza Cattolica: http://www.fundacionspeiro.org/verbo/1973/V-117-118-P-855-858.pdf
Kyrie eleison.