Decine di lettori mi hanno avvisato che, nel cercare di condividere il mio articolo, hanno ricevuto da Facebook questo messaggio. Che dire? Mi pare impagabile l’umorismo involontario: apprendere che le tecnocrazie non-votate sono inette e girano le viti dell’oppressione, “potrebbe essere dannoso”. A loro, beninteso, ma soprattutto a voi: avete bisogno di essere protetti dalle idee dannose di maurizioblondet.it . Impagabile anche la minaccia sottintesa: “Per proteggere il tuo account [che ti possiamo azzerare, espellendoti dalla ‘comunità”], e il tuo dispositivo [ti ci mettiamo un virus distruttivo, tanto poi diciamo che sono stati gli hacker russi], segui solo link affidabili”: che, immagino, sono quelli approvati da Paolo Attivissimo. Uno di quelli che ancora sostengono che l’11 Settembre l’ha fatto Bin Laden, e per questo piace a Boldrini & Mogherini.
E’ la democrazia fa un altro passo avanti. La democrazia è come il sistema delle tecnocrazie insindacabili e inamovibili chiama la propria dittatura, dovremo ormai averlo imparato.
D’altra parte, ci tengo a scagionare Facebook: ha cominciato ad eccedere in prudenza, perché la Cassazione italiana ha appena sancito che il provider è responsabile penalmente e civilmente (paga i danni) per i commenti diffamatori dei partecipanti. “I siti sono responsabili per i commenti dei lettori”, come ha riassunto Repubblica, che ha dato la notizia martedì. Era il caso di un lettore di un sito che aveva lasciato un commento contro Carlo Tavecchio, diffamatorio: benchè il diffamatore si fosse firmato, il sito è stato considerato responsabile in solido e quindi condannato a pagare a Tavecchio 60 mila euro.
Questa sentenza, sia chiaro, rovescia una quantità di precedenti sentenze, compresa una della mitica Corte di Giustizia europea: secondo la quale, i provider di servizi ‘social’ come Facebook non sono chiamati a rispondere di quello che ci scrivono i milioni di utenti; persino se anonimi. Ma la “democrazia” sovrannazionale squadra e compasso può sempre far conto sulla nostra magistratura nei momenti cruciali della storia, come dimostrò incriminando due altissimi intoccabili, il governatore di Bankitalia Polo Baffi, e arrestando il direttore Sarcinelli, per “favoreggiamento e mancata vigilanza”, probabilmente perché si opponevano al “divorzio” fra Tesoro e Banche Centrali, che doveva avvenire in tutti gli stati occidentali, e che è alla base dell’asservimento di tutti alla finanza speculativa. Poi i due furono prosciolti perché nulla c’era che concretasse l’accusa; ma ormai l’auspicato divorzio era avvenuto.
Anche adesso la nostra Giustizia, sempre all’avanguardia, ha anticipato augusti auspici transnazionali, facendo un passo in più verso la “democrazia” nel senso auspicato da 1) Obama che nel novembre scorso, nel suo commovente incontro con Merkel e altri esponenti “democratici” a Berlino, ha appunto auspicato una riduzione dei blog che avevano provocato la vittoria di Trump con le loro “notizie false” (come le mail di Podesta, il Pizzagate pedofilo…). 2) da Mogherini, che fin dal 2015 ha creato una “task force” per lottare contro la disinformazione proveniente da ottimi notiziari di Mosca, Russia 24, Russia Today, Sputnik – che da quando sono diffusi in inglese, danneggiano il pubblico europeo instillando qualche dubbio sulla legittimità delle menzogne lanciate contro la Russia dalle tecnocrazie, da Mogherini, Stoltenberg e dai loro media ufficiali. 3) da Pitruzzella dell’Antitrust, a cui è venuto in mente che sia una direttiva UE a ordinare la creazione di “autorità indipendenti” in ogni Stato per verificare le notizie false e punire i falsari; 4) da Boldrini che, giustamente preoccupata delle informazioni incontrollate che avrebbero portato al Brexit e alla vittoria di Trump, temendo (giustamente) che prossime elezioni in Europa finiscano per dare il potere ai “populisti”, ha rilanciato la battaglia di Obama “ contro la diffusione di notizie false che istigano all’odio, per promuovere il “diritto a essere informati correttamente” – aggiungendo: “Sono in contatto con esperti, i cosiddetti debunker. Sono Paolo Attivissimo (Il Disinformatico), Michelangelo Coltelli (Bufale un tanto al chilo), David Puente (Davidpuente.it) e Walter Quattrociocchi del CSSLab dell’IMT di Lucca e consegneremo l’appello ai grandi social network che devono essere seri“.
Eccola lì la minaccia: “I grandi social network devono essere seri”. Subito attuata dalla nostra valorosa magistratura con la condanna al pagamento danni di un blog per un commento di un suo lettore. Un avvertimento che gli avvocati italiani di Facebook hanno subito capito. Realizzando la censura preventiva, o almeno segnalandola “dannosità” di certi blog e impedendone la “condivisione”, ossia la diffusione.
In un regime diverso questo si chiama Censura. Nella tecnocrazia burocratica, si chiama “diritto dei cittadini ad essere informati correttamente”. Il bello è che gli stessi processi sono in corso, del tutto spontaneamente, in tutta Europa. Pensate che in Francia, Libération, il giornale della sinistra intelligente (e dei Rotschild) ha addirittura inaugurato una rubrica per smascherare le notizie false diffuse dal blog sgraditi. E che magari sono più letti di Libé, che credo non arrivi a 10 mila copie vendute. La rubrica si chiama DESINTOX, perché in francese la disinformazione si chiama “intox”. Recentemente il debunker del giornale s’è provato a sbugiardare un sito che aveva smascherato la complicità oggettiva coi trafficanti delle ONG, munite di apposite navi, nel “salvataggio” dei migranti, ossia nel loro trasporto industriale dalla Libia all’Italia (ne ho parlato qui: http://www.maurizioblondet.it/ong-fanno-contrabbando-industriale-clandestini/). Mal gliene è incolto, perché il fact checking ha confermato puntualmente i dati del traffico, Libé ha dovuto sorvolare attaccando invece “i fascisti su Internet” (la fachosphère) che “disinformano riciclando i dato pubblici”….
Decine di lettori mi hanno avvisato che, nel cercare di condividere il mio articolo, hanno ricevuto da Facebook questo messaggio. Che dire? Mi pare impagabile l’umorismo involontario: apprendere che le tecnocrazie non-votate sono inette e girano le viti dell’oppressione, “potrebbe essere dannoso”. A loro, beninteso, ma soprattutto a voi: avete bisogno di essere protetti dalle idee dannose di maurizioblondet.it . Impagabile anche la minaccia sottintesa: “Per proteggere il tuo account [che ti possiamo azzerare, espellendoti dalla ‘comunità”], e il tuo dispositivo [ti ci mettiamo un virus distruttivo, tanto poi diciamo che sono stati gli hacker russi], segui solo link affidabili”: che, immagino, sono quelli approvati da Paolo Attivissimo. Uno di quelli che ancora sostengono che l’11 Settembre l’ha fatto Bin Laden, e per questo piace a Boldrini & Mogherini.
E’ la democrazia fa un altro passo avanti. La democrazia è come il sistema delle tecnocrazie insindacabili e inamovibili chiama la propria dittatura, dovremo ormai averlo imparato.
D’altra parte, ci tengo a scagionare Facebook: ha cominciato ad eccedere in prudenza, perché la Cassazione italiana ha appena sancito che il provider è responsabile penalmente e civilmente (paga i danni) per i commenti diffamatori dei partecipanti. “I siti sono responsabili per i commenti dei lettori”, come ha riassunto Repubblica, che ha dato la notizia martedì. Era il caso di un lettore di un sito che aveva lasciato un commento contro Carlo Tavecchio, diffamatorio: benchè il diffamatore si fosse firmato, il sito è stato considerato responsabile in solido e quindi condannato a pagare a Tavecchio 60 mila euro.
Questa sentenza, sia chiaro, rovescia una quantità di precedenti sentenze, compresa una della mitica Corte di Giustizia europea: secondo la quale, i provider di servizi ‘social’ come Facebook non sono chiamati a rispondere di quello che ci scrivono i milioni di utenti; persino se anonimi. Ma la “democrazia” sovrannazionale squadra e compasso può sempre far conto sulla nostra magistratura nei momenti cruciali della storia, come dimostrò incriminando due altissimi intoccabili, il governatore di Bankitalia Polo Baffi, e arrestando il direttore Sarcinelli, per “favoreggiamento e mancata vigilanza”, probabilmente perché si opponevano al “divorzio” fra Tesoro e Banche Centrali, che doveva avvenire in tutti gli stati occidentali, e che è alla base dell’asservimento di tutti alla finanza speculativa. Poi i due furono prosciolti perché nulla c’era che concretasse l’accusa; ma ormai l’auspicato divorzio era avvenuto.
Anche adesso la nostra Giustizia, sempre all’avanguardia, ha anticipato augusti auspici transnazionali, facendo un passo in più verso la “democrazia” nel senso auspicato da 1) Obama che nel novembre scorso, nel suo commovente incontro con Merkel e altri esponenti “democratici” a Berlino, ha appunto auspicato una riduzione dei blog che avevano provocato la vittoria di Trump con le loro “notizie false” (come le mail di Podesta, il Pizzagate pedofilo…). 2) da Mogherini, che fin dal 2015 ha creato una “task force” per lottare contro la disinformazione proveniente da ottimi notiziari di Mosca, Russia 24, Russia Today, Sputnik – che da quando sono diffusi in inglese, danneggiano il pubblico europeo instillando qualche dubbio sulla legittimità delle menzogne lanciate contro la Russia dalle tecnocrazie, da Mogherini, Stoltenberg e dai loro media ufficiali. 3) da Pitruzzella dell’Antitrust, a cui è venuto in mente che sia una direttiva UE a ordinare la creazione di “autorità indipendenti” in ogni Stato per verificare le notizie false e punire i falsari; 4) da Boldrini che, giustamente preoccupata delle informazioni incontrollate che avrebbero portato al Brexit e alla vittoria di Trump, temendo (giustamente) che prossime elezioni in Europa finiscano per dare il potere ai “populisti”, ha rilanciato la battaglia di Obama “ contro la diffusione di notizie false che istigano all’odio, per promuovere il “diritto a essere informati correttamente” – aggiungendo: “Sono in contatto con esperti, i cosiddetti debunker. Sono Paolo Attivissimo (Il Disinformatico), Michelangelo Coltelli (Bufale un tanto al chilo), David Puente (Davidpuente.it) e Walter Quattrociocchi del CSSLab dell’IMT di Lucca e consegneremo l’appello ai grandi social network che devono essere seri“.
Eccola lì la minaccia: “I grandi social network devono essere seri”. Subito attuata dalla nostra valorosa magistratura con la condanna al pagamento danni di un blog per un commento di un suo lettore. Un avvertimento che gli avvocati italiani di Facebook hanno subito capito. Realizzando la censura preventiva, o almeno segnalandola “dannosità” di certi blog e impedendone la “condivisione”, ossia la diffusione.
In un regime diverso questo si chiama Censura. Nella tecnocrazia burocratica, si chiama “diritto dei cittadini ad essere informati correttamente”. Il bello è che gli stessi processi sono in corso, del tutto spontaneamente, in tutta Europa. Pensate che in Francia, Libération, il giornale della sinistra intelligente (e dei Rotschild) ha addirittura inaugurato una rubrica per smascherare le notizie false diffuse dal blog sgraditi. E che magari sono più letti di Libé, che credo non arrivi a 10 mila copie vendute. La rubrica si chiama DESINTOX, perché in francese la disinformazione si chiama “intox”. Recentemente il debunker del giornale s’è provato a sbugiardare un sito che aveva smascherato la complicità oggettiva coi trafficanti delle ONG, munite di apposite navi, nel “salvataggio” dei migranti, ossia nel loro trasporto industriale dalla Libia all’Italia (ne ho parlato qui: http://www.maurizioblondet.it/ong-fanno-contrabbando-industriale-clandestini/). Mal gliene è incolto, perché il fact checking ha confermato puntualmente i dati del traffico, Libé ha dovuto sorvolare attaccando invece “i fascisti su Internet” (la fachosphère) che “disinformano riciclando i dato pubblici”….
La UE instaura lo stato d’eccezione
In Francia, Hollande ha prolungato ancora lo “stato di emergenza” in vigore da Je suis Charly, che consente sorveglianza preventiva di sospetti, intercettazioni, sorveglianza totale di ciò che dicono o mettono in e-mail. In Belgio (la centrale della UE) un importante giurista, Jean-Claude Paye lancia l’allarme contro la riforma del locale codice penale che, con la giustificazione della “lotta al terrorismo”, “non reprime più unicamente i fatti delittuosi, ma le intenzioni presunte”. Data la comprovata e totale inefficacia delle misure poliziesche “di emergenza” nella prevenzione di atti terroristici “islamici” (come ha dimostrato, ultima, la strage di Berlino), Paye denuncia che la permanenza di leggi speciali servirà, presto o tardi, a “mettere in piedi incriminazioni politiche” di un’opposizione che, per essere non autorizzata e mainstream, si può facilmente bollare come “incitamento” al terrorismo, magari “indiretto”: il codice penale belga punisce anche l’”indiretto”. Ora, “la totalità degli stati membri dell’Unione Europea sta adottando, sotto l’apparenza di lotta al terrorismo, uno stato di eccezione”.
Ricordiamo il significato di “stato d’eccezione”: è la “situazione nella quale uno Stato, in presenza di un pericolo grave, assicura la propria salvaguardia disconoscendo le norme legali che reggono la sua attività normale. Il diritto comune è sospeso”.
Salus rei publicae suprema lex esto: è il principio per cui Cicerone, allora console, sbatté in galera e fece strangolare i presunti complici di Catilina, l’avversario politico degli interessi della cosca senatoria. In Italia, subiamo da decenni uno stato d’eccezione parziale e strisciante, con il positivismo giuridico assoluto, l’abolizione di ogni nozione di diritto “naturale”, con “Le leggi si applicano ai nemici, e si interpretano per gli amici”, e la carcerazione preventiva; ora ampliato se la Boldrini e Pitruzzella otterranno la Kommissione della Verità che vogliono.
In tutta Europa, dice Paye, la legislazione tende a diventare stato di eccezione. Inutile ricordare l’aforisma di Schmitt: “Sovrano è chi decide lo stato di eccezione”.
Quindi è possibile che presto non sarete più danneggiati dagli articoli di Blondet. E di altri disturbatori della vostra quiete. IL vostro Sovrano vi protegge sospendendo il diritto naturale: è l’insieme delle Tecnocrazie inadempienti e non votate da nessuno, che hanno occupato la sovranità e chiamano democrazia il regime della menzogna. E stringono in frettale viti della gabbia, perché sentono che il loro potere è messo in pericolo dalle opinioni incontrollate. Dunque vietate.
Cose già viste in passato. Ma un piccolo segno di speranza viene dalla sensazione che non siamo isolati blogger, alla mercé di una condanna per diffamazione o un avviso di garanzia o di una cancellazione da Facebook. Il secondo partito italiano, rinnegando il suo precedente infantilismo, ha stabilito nel codice interno che un membro con carica elettiva non deve dimettersi se raggiunto da un avviso di garanzia. Finalmente. Finalmente ha capito, il Capo, che ciò metteva il partito alla mercé di una magistratura che prima incarcera e poi, con comodo giudica; un eletto dal popolo, nelle mani di una casta non-eletta; e nelle mani degli avversari politici scafati:. Che impallinano gli eletti del 5 Stelle con estrema facilità. Basta che li accusino di “abusi in atti d’ufficio” (una accusa cui un sindaco può essere facilissimamente esposto, e poi prosciolto), e il sostituto procuratore “apre il fascicolo”, e la canea grillina dei dementi ingenui esige la testa del non-ancora-colpevole.
Non ci voleva molto. Ma non si osava sfidare la canea demente—ingenua della “base” che si esprime sul web. Adesso Grillo ha fato il necessario. Ha usato il suo potere di leader, che fingeva ipocritamente di non usare. Sta diventando adulto? Forse perderà un po’ di voti; speriamo non tanti, speriamo sia la zavorra di cui i grillini non hanno bisogno. C’è bisogno di una forza elettiva che lotti contro lo Stato d’Eccezione tecnocratico e pan-occidentale. Mica palle.
In questo senso, l’attacco e querela che Mentana ha annunciato contro Grillo, così pretestuosa, è persino benvenuta: e’ rivelativa, è il segno della scelta di campo, chiarifica la nebbia della guerra.
Il vero pericolo è che Grillo non capisca qual è il nemico principale, e ponga come scopi del suo partito “la democrazia web”, il futuro “liberato dalle reti” , “le tecnologie che arriveranno e saranno incredibili”, per cui “il 50% dei lavori che conosciamo sparirà”, dunque bisogna immaginare e imporre una società “nuova” e diversa. Di queste cose, magari, dopo. Anzitutto, sia sicuro di una cosa: che le “tecnologie incredibili” che ci si preparano ed entusiasmano i grillo-casaleggini, saranno usate per l’oppressione, serviranno a perfezionare lo stato d’eccezione tecnocratico, se – prima – non si vince la Dittatura delle Tecnocrazie Inette. Non si sperda in fantasie futuribili, quando c’è il Nemico Presente.
A lui, nella eventuale difesa contro il querelante Mentana, offro gratis una vecchissima verità: risale al 25 settembre 1880. La pronunciò un giornalista allora celebre (ed ora dimenticato, come sempre i giornalisti) John Swinton, durante un banchetta New York. Gli astanti, a tavola, gli chiesero di fare un brindisi in onore della Libertà di Stampa.
John Swinton si alzò – era in frac, scintillava lo sparato bianco – e col calice in mano, cominciò: “Non esiste in America stampa libera e indipendente. Voi lo sapete quanto me. Non uno solo fra voi osa scrivere le sue oneste opinioni, e sapete benissimo che se lo fate, non saranno mai pubblicate. Non mi pagano lo stipendio perché pubblichi le mie opinioni, e se ci arrischiassimo a farlo, ci troveremo immediatamente sul lastrico. Il lavoro del giornalista è la distruzione della verità, la menzogna patente, la manipolazione dei fatti e delle opinioni al servizio del Potere e del Denaro. Noi siamo gli strumenti dei Potenti e dei Ricchi che tirano i fili dietro le quinte. I nostri talenti, le nostre capacità, le nostre vite appartengono a questi individui! E voi lo sapete quanto me”.
In Francia, Hollande ha prolungato ancora lo “stato di emergenza” in vigore da Je suis Charly, che consente sorveglianza preventiva di sospetti, intercettazioni, sorveglianza totale di ciò che dicono o mettono in e-mail. In Belgio (la centrale della UE) un importante giurista, Jean-Claude Paye lancia l’allarme contro la riforma del locale codice penale che, con la giustificazione della “lotta al terrorismo”, “non reprime più unicamente i fatti delittuosi, ma le intenzioni presunte”. Data la comprovata e totale inefficacia delle misure poliziesche “di emergenza” nella prevenzione di atti terroristici “islamici” (come ha dimostrato, ultima, la strage di Berlino), Paye denuncia che la permanenza di leggi speciali servirà, presto o tardi, a “mettere in piedi incriminazioni politiche” di un’opposizione che, per essere non autorizzata e mainstream, si può facilmente bollare come “incitamento” al terrorismo, magari “indiretto”: il codice penale belga punisce anche l’”indiretto”. Ora, “la totalità degli stati membri dell’Unione Europea sta adottando, sotto l’apparenza di lotta al terrorismo, uno stato di eccezione”.
Ricordiamo il significato di “stato d’eccezione”: è la “situazione nella quale uno Stato, in presenza di un pericolo grave, assicura la propria salvaguardia disconoscendo le norme legali che reggono la sua attività normale. Il diritto comune è sospeso”.
Salus rei publicae suprema lex esto: è il principio per cui Cicerone, allora console, sbatté in galera e fece strangolare i presunti complici di Catilina, l’avversario politico degli interessi della cosca senatoria. In Italia, subiamo da decenni uno stato d’eccezione parziale e strisciante, con il positivismo giuridico assoluto, l’abolizione di ogni nozione di diritto “naturale”, con “Le leggi si applicano ai nemici, e si interpretano per gli amici”, e la carcerazione preventiva; ora ampliato se la Boldrini e Pitruzzella otterranno la Kommissione della Verità che vogliono.
In tutta Europa, dice Paye, la legislazione tende a diventare stato di eccezione. Inutile ricordare l’aforisma di Schmitt: “Sovrano è chi decide lo stato di eccezione”.
Quindi è possibile che presto non sarete più danneggiati dagli articoli di Blondet. E di altri disturbatori della vostra quiete. IL vostro Sovrano vi protegge sospendendo il diritto naturale: è l’insieme delle Tecnocrazie inadempienti e non votate da nessuno, che hanno occupato la sovranità e chiamano democrazia il regime della menzogna. E stringono in frettale viti della gabbia, perché sentono che il loro potere è messo in pericolo dalle opinioni incontrollate. Dunque vietate.
Cose già viste in passato. Ma un piccolo segno di speranza viene dalla sensazione che non siamo isolati blogger, alla mercé di una condanna per diffamazione o un avviso di garanzia o di una cancellazione da Facebook. Il secondo partito italiano, rinnegando il suo precedente infantilismo, ha stabilito nel codice interno che un membro con carica elettiva non deve dimettersi se raggiunto da un avviso di garanzia. Finalmente. Finalmente ha capito, il Capo, che ciò metteva il partito alla mercé di una magistratura che prima incarcera e poi, con comodo giudica; un eletto dal popolo, nelle mani di una casta non-eletta; e nelle mani degli avversari politici scafati:. Che impallinano gli eletti del 5 Stelle con estrema facilità. Basta che li accusino di “abusi in atti d’ufficio” (una accusa cui un sindaco può essere facilissimamente esposto, e poi prosciolto), e il sostituto procuratore “apre il fascicolo”, e la canea grillina dei dementi ingenui esige la testa del non-ancora-colpevole.
Non ci voleva molto. Ma non si osava sfidare la canea demente—ingenua della “base” che si esprime sul web. Adesso Grillo ha fato il necessario. Ha usato il suo potere di leader, che fingeva ipocritamente di non usare. Sta diventando adulto? Forse perderà un po’ di voti; speriamo non tanti, speriamo sia la zavorra di cui i grillini non hanno bisogno. C’è bisogno di una forza elettiva che lotti contro lo Stato d’Eccezione tecnocratico e pan-occidentale. Mica palle.
In questo senso, l’attacco e querela che Mentana ha annunciato contro Grillo, così pretestuosa, è persino benvenuta: e’ rivelativa, è il segno della scelta di campo, chiarifica la nebbia della guerra.
Il vero pericolo è che Grillo non capisca qual è il nemico principale, e ponga come scopi del suo partito “la democrazia web”, il futuro “liberato dalle reti” , “le tecnologie che arriveranno e saranno incredibili”, per cui “il 50% dei lavori che conosciamo sparirà”, dunque bisogna immaginare e imporre una società “nuova” e diversa. Di queste cose, magari, dopo. Anzitutto, sia sicuro di una cosa: che le “tecnologie incredibili” che ci si preparano ed entusiasmano i grillo-casaleggini, saranno usate per l’oppressione, serviranno a perfezionare lo stato d’eccezione tecnocratico, se – prima – non si vince la Dittatura delle Tecnocrazie Inette. Non si sperda in fantasie futuribili, quando c’è il Nemico Presente.
A lui, nella eventuale difesa contro il querelante Mentana, offro gratis una vecchissima verità: risale al 25 settembre 1880. La pronunciò un giornalista allora celebre (ed ora dimenticato, come sempre i giornalisti) John Swinton, durante un banchetta New York. Gli astanti, a tavola, gli chiesero di fare un brindisi in onore della Libertà di Stampa.
John Swinton si alzò – era in frac, scintillava lo sparato bianco – e col calice in mano, cominciò: “Non esiste in America stampa libera e indipendente. Voi lo sapete quanto me. Non uno solo fra voi osa scrivere le sue oneste opinioni, e sapete benissimo che se lo fate, non saranno mai pubblicate. Non mi pagano lo stipendio perché pubblichi le mie opinioni, e se ci arrischiassimo a farlo, ci troveremo immediatamente sul lastrico. Il lavoro del giornalista è la distruzione della verità, la menzogna patente, la manipolazione dei fatti e delle opinioni al servizio del Potere e del Denaro. Noi siamo gli strumenti dei Potenti e dei Ricchi che tirano i fili dietro le quinte. I nostri talenti, le nostre capacità, le nostre vite appartengono a questi individui! E voi lo sapete quanto me”.
(Labor’s Untold Story, de Richard O. Boyer and Herbert M. Morais, 1955/1979.)
http://www.maurizioblondet.it/facebook-vi-protegge-dalle-notizie-dannose-mentana-grillo/
Bufale e post verità. Quando l'anello del Papa sfamava l'Africa
Mi scuserete, ma proprio non riesco a fare a meno di sorridere davanti alla crescente preoccupazione, a livello istituzionale, per la diffusione di notizie false. Per due ragioni. La prima è che le cosiddette «bufale» non sono affatto – diversamente da quanto alcuni sapientoni lamentano – effetti collaterali dei social network, i quali altro non sono che innocui strumenti, ma accompagnano la storia umana da sempre; e se c’è qualcuno davvero responsabile della propagazione della menzogna, beh, son proprio i grandi giornali. Riporto le parole un giorno pronunciate da John Swinton (1829-1901), che fu uomo di punta del New York Times: «Se io autorizzassi la pubblicazione di un’opinione sincera in un numero qualunque del mio giornale, perderei il mio impiego in meno di 24 ore, come Otello […] La funzione di un giornalista è di distruggere la verità, di mentire radicalmente».
Il secondo motivo per cui me la rido per l’indignazione per la diffusione di «bufale» – «bufale» diventate un problema, a quanto pare, specie dopo la sconfitta di Hillary Clinton, per la cui elezione tutta la stampa aveva spudoratamente tifato -, è che nessuno (o quasi) si è per decenni lamentato di menzogne che sistematicamente circolavano. Non ricordo per esempio professoroni arrabbiati né editorialisti pronti a strapparsi i cappelli per il fatto che molti, ancora oggi, reputino il Medioevo, epoca dalle mille invenzioni, come la più oscurantista della storia. Non mi vengono in mente indignati speciali neppure per il fatto che il 30% degli studenti europei – secondo un sondaggio – creda che Galileo Galilei (1564–1642) sia stato arso vivo e che il 97% ritenga che sia stato sottoposto a tortura, quando invece durante il celebre processo non gli fu torto neppure un capello.
La diffusione delle bufale non guastava quando si diceva che l’anello papale, ogni volta fuso e riutilizzato dal Papa successivo, avrebbe potuto sfamare l’Africa; quando fu diffusa una foto di Ratzinger quattordicenne davanti ad Hitler (impossibile: Ratzinger nacque nel 1927, la foto in questione risale al 1932); quando si raccontava che Benedetto XVI, quel cattivone, se ne andava in giro con scarpe di Prada in realtà prodotto artigianale donato al Santo Padre da un artigiano novarese. Allora le menzogne andavano alla grande. Da quando però la grande stampa, prima con la Brexit e poi con l’elezione di Donald Trump, si è accorta di non riuscire più ad influire a dovere sul popolino, che ora osa ricorrere liberamente ad internet – senza chiedere il permesso né sborsare un centesimo – per farsi un’idea sulle cose, ecco che le «bufale» sono iniziate ad essere un problemone. Prima, come si è visto, andavano invece benissimo. di Giuliano Guzzo
Il secondo motivo per cui me la rido per l’indignazione per la diffusione di «bufale» – «bufale» diventate un problema, a quanto pare, specie dopo la sconfitta di Hillary Clinton, per la cui elezione tutta la stampa aveva spudoratamente tifato -, è che nessuno (o quasi) si è per decenni lamentato di menzogne che sistematicamente circolavano. Non ricordo per esempio professoroni arrabbiati né editorialisti pronti a strapparsi i cappelli per il fatto che molti, ancora oggi, reputino il Medioevo, epoca dalle mille invenzioni, come la più oscurantista della storia. Non mi vengono in mente indignati speciali neppure per il fatto che il 30% degli studenti europei – secondo un sondaggio – creda che Galileo Galilei (1564–1642) sia stato arso vivo e che il 97% ritenga che sia stato sottoposto a tortura, quando invece durante il celebre processo non gli fu torto neppure un capello.
La diffusione delle bufale non guastava quando si diceva che l’anello papale, ogni volta fuso e riutilizzato dal Papa successivo, avrebbe potuto sfamare l’Africa; quando fu diffusa una foto di Ratzinger quattordicenne davanti ad Hitler (impossibile: Ratzinger nacque nel 1927, la foto in questione risale al 1932); quando si raccontava che Benedetto XVI, quel cattivone, se ne andava in giro con scarpe di Prada in realtà prodotto artigianale donato al Santo Padre da un artigiano novarese. Allora le menzogne andavano alla grande. Da quando però la grande stampa, prima con la Brexit e poi con l’elezione di Donald Trump, si è accorta di non riuscire più ad influire a dovere sul popolino, che ora osa ricorrere liberamente ad internet – senza chiedere il permesso né sborsare un centesimo – per farsi un’idea sulle cose, ecco che le «bufale» sono iniziate ad essere un problemone. Prima, come si è visto, andavano invece benissimo. di Giuliano Guzzo
Postbufale, post verità e censure in arrivo
Anno nuovo, problemi vecchi. E tra i problemi vecchi di un potere corrotto privo di legittimità c'è la voglia matta di mettere il bavaglio al web. Non basta un ennesimo governo-fantoccio, il quarto nominato e non eletto, messo in piedi da una nomenklatura di eurokomiSSar nominati e non eletti. Ora ci se mette anche un'autoproclamata "authority" un tal Giovanni Pitruzzella che il governo ineletto Gentiloni ci sta rifilando come garante di un'authority (autoproclamatasi tale) per venire a censurare le bufale altrui presenti sul web ( chiamate con linguaggio orwelliano "post verità"). E' la risposta, o meglio, la cura, alla minaccia dei cosiddetti "populismi".
Prebufale, post bufale e post verità che avrebbero un nuovo "acchiappafantasmi" nella figura del cosiddetto garante. Ma chi è questo Giovanni Pitruzzella? Per la serie, nessuno è perfetto, è stato condannato per un vecchio lodo arbitrale tra due università siciliane, un'accusa di corruzione in atti giudiziari. I suoi trascorsi potete leggerli qui.
Ci sono crack bancari in arrivo e i veri bufalari nonché pataccari del governo mettono già le mani avanti con le censure. Forse vale la pena di indagare sulla figura del neonominato Pitruzzella. Chi è questo nuovo aspirante censore del web? proviene da Scelta (in realtà Sciolta) Civica, il partito dell'androide surgelato UE Mario Monti. Ma per fortuna non è stato eletto nemmeno su quella listarella fasulla da prefisso telefonico. Anche perché nel 2015 risultava indagato per aver falsato un arbitrato.
Giovanni Pitruzzella |
E costoro vorrebbero imbavagliare il web? E fare i debunker al servizio permanente della "corretta informazione" mainstream?
Forse tutto ciò viene fatto nel timore che si indaghi troppo su tutte le loro malefatte e su quelle che ci devono ancora propinare. A breve, anche quella imminente di MPS. Ed è solo l'inizio.
La Nuova Inquisizione del nuovo ominicchio di Gentiloni (sempre per conto della Ue) è già stata denunciata da Grillo sul suo blog (Postcazzate dei nuovi inquisitori), da Vladimiro Giacché, su Il Fatto che parla di Nuovo Ministero della Verità di matrice orwelliana, da Maurizio Blondet in "Accelera la dittatura delle tecnocrazie inette", da Marcello Foa sul suo blog ospitato da Il Giornale.
Ma occorre dire che la tendenza non è solo italiana e cresce sempre più in molti Paesi occidentali, come la Francia, la Germania, e perfino gli Stati Uniti. E’ tutto uno strepito isterico contro la disinformazione online, senza, però che si levi una sola parola di riprovazione contro quello che invece rappresenta il vero problema: la disinformazione autorizzata ovvero le tecniche di spin doctoring e la manipolazione di notizie dette "autorizzate" in quanto espressione di poteri forti.
La vera manipolazione quindi non è quella di internet ma quella dei canali ufficiali che agiscono in potere di monopolio e di oligopolio nei confronti di altre fonti. E comunque questa faccenda dello "hate speech" e delle "fake news" è stata ribadita da parecchie altre fonti (Boldrini in testa che ha chiesto l'aiuto di un tal Paolo Attivissmo smascheratore di bufale). Non ultima, dallo stesso Mattarella nel suo soporifero discorso di fine d'anno, a quanto ho avuto modo di leggere.
Non credo che riusciranno a realizzare una dittatura del web alla cinese, tanto per intenderci. In caso contrario, dovrebbero rinunciare a un importante cuscinetto ammortizzatore di quel malcontento che i tecnocrati Ue creano sempre di più. Se la gente comune non ha più le tastiere di un pc con le quali sfogarsi, potrebbe passare quasi certamente alle vie di fatto. Ma è certo che l'aver soltanto concepito l'idea che i pubblici poteri possano controllare l'informazione e la controinformazione è segno di pura demenza, di oscurantismo e di mancanza di intelligenza. Della serie, tutto ciò che non è da lorSignori controllabile, va eliminato.
Ed è semplicemente disgustoso solamente il fatto che ci provino.
Ed è semplicemente disgustoso solamente il fatto che ci provino.
Pubblicato da Nessie
La sinistra mondialista, benpensante e demenzialmente corretta, ne ha inventata un’altra.
“Post-verita’” e’ la nuova parola per bollare il pensiero non conforme al politicamente corretto e restringere la liberta’ di espressione nei blog di libera informazione.
Il pretesto e’ quello della “diffusione dell’odio” e di fake news, che come recita il Presidente dell’Antitrust Pitruzzella, “favorirebbero l’ascesa del populismo e rappresenterebbero un pericolo per la democrazia”.
Il pretesto e’ quello della “diffusione dell’odio” e di fake news, che come recita il Presidente dell’Antitrust Pitruzzella, “favorirebbero l’ascesa del populismo e rappresenterebbero un pericolo per la democrazia”.
Il neologismo e’ gia’ presente sui quotidiani internazionali, come Guardian, Washington post, Times e sui giornaloni della semicultura italiana, Internazionale e Repubblica.
Il termine starebbe a significare: “bufala”, balla, bugia. Cosi’ il mondo radical chic, vuole censurare chi non si adegua al conformismo ideologico imposto dai media di regime.
Il termine starebbe a significare: “bufala”, balla, bugia. Cosi’ il mondo radical chic, vuole censurare chi non si adegua al conformismo ideologico imposto dai media di regime.
Testimonial privelgiata della nuova iniziativa liberticida, Laura Boldrini la quale, dopo la rivoluzione del lessico, ha pensato bene di annoverare tra le sue battaglie anche “la lotta all’odio e alle bufale del web”.
Ora che Madonna Laura, ce l’abbia a morte col mondo degli internauti e’ anche comprensibile, visto che gliene hanno dette di ogni…., ma che desideri istituire una commissione parlamentare contro l’ ”hate speech’, in un paese che soccombe tra poverta’ economica, emergenza migratoria, terremoti, ci lascia quantomeno perplessi.
Il presidente antitrust Giovanni Pitruzella ha addirittura invocato l’intervento di un istituzione pubblica, coordinanta direttamente da Bruxelles, sostenendo la necessita’ che le notizie vadano vagliate da un istitituto di vigilanza che censuri le “fake news”.
E’ ovvio a questo punto, cosa si nascondi dietro tale provvedimento: il tentativo di arrestare l’informazione alternativa che negli ultimi tempi, sta totalmente sovrastando la narrazione degli organi main/strem.
E’ ovvio a questo punto, cosa si nascondi dietro tale provvedimento: il tentativo di arrestare l’informazione alternativa che negli ultimi tempi, sta totalmente sovrastando la narrazione degli organi main/strem.
Il Brexit, e’ stato il primo campanello d’allarme. Nonostante tutta la propaganda mediatica avesse annunciato, catastrofi finanziarie e economiche incalcolabili, il popolo inglese aveva scelto per il No. La corona e’ restata li dov’e’ e nessun cataclisma paventato si e’ materializzato.
Il secondo schiaffo invece, e’ stata la vittoria di Donald Trump alle scorse presidenziali americane. Per mesi, i maggiori organi di informazione internazionali e nazionali hanno ripetuto ossessivamente che la vittoria del “Tycon” repubblicano, sessista e retrogrado, avrebbe rappresentato una catastrofe per il mondo intero.. Hanno diffuso numeri totalmente falsi che davano la Clinton come sicura vincente.
Persino i divi di Hollywood erano scesi in campo contro il miliardario californiano, da Di Caprio a Clooney.. De Niro, gli avrebbe voluto addirittura spaccare la faccia, mentre Madonna avrebbe promesso un fellazio con happy ending, a chiuque avesse votato per Hillary (le vie del femminismo sono infinite). Risultato? Madonna a bocca asciutta e Trump nuovo presidente degli Stati Uniti.
Ed infine anche il No al referendum costituzionale, come sessulto di sovranita’ da parte del popolo italiano.
Tali risultati, nella loro diversita’, sembrano dire una cosa sola alle elite: esse non hanno piu’ presa sulle volonta’ dei popoli che decidono e selezionano le informazioni tramite circuti alternativi.
Ma per i giornalisti televisivi alla Lerner o alla Mentana, sono solo “webeti”.
Tali risultati, nella loro diversita’, sembrano dire una cosa sola alle elite: esse non hanno piu’ presa sulle volonta’ dei popoli che decidono e selezionano le informazioni tramite circuti alternativi.
Ma per i giornalisti televisivi alla Lerner o alla Mentana, sono solo “webeti”.
Se quindi vincono i partiti populisti, e’ solo perche’ i poveri elettori sono stati gabellati o hanno preso un gigantesco abbaglio.
Ora se tutto cio’ restasse confinato nei salotti radical chic di casa nostra, non dovremmo preoccuparci oltre ma, come ricorda F. M. Del Vigo, il passo successivo, dopo il bavaglio al web, potrebbe essere quello di dire chiaro e tondo agli elettori che sono una massa di imbecilli e che bisogna abolire il suffragio universale (ricordate come furono trattati gli elettori del Brexit e di Trump?).
Ora se tutto cio’ restasse confinato nei salotti radical chic di casa nostra, non dovremmo preoccuparci oltre ma, come ricorda F. M. Del Vigo, il passo successivo, dopo il bavaglio al web, potrebbe essere quello di dire chiaro e tondo agli elettori che sono una massa di imbecilli e che bisogna abolire il suffragio universale (ricordate come furono trattati gli elettori del Brexit e di Trump?).
Basta una parolina, post/verita’ ed il gioco e fatto. Perche’ la colpa e’ del popolo bue che crede alle bufale, non certo la loro, che non ne azzeccano una e diffondono solo menzogne impostegli dal padrone.. Come la favoletta dei “ribelli moderati” in Siria che combattono il regime del sanguinario dittatore Assad oppure della Russia che fa hackeraggio, truccando le elezioni americane.
Detta cosi’, sembra uno scenario fanta-politico, ma il rischio e’tutt’altro che remoto. Ricordiamo che Obama, dopo la sconfitta della Clinton, aveva pensato di emanare la “Direttiva per contrastare la Disinformazione e la Propaganda”.
Detta cosi’, sembra uno scenario fanta-politico, ma il rischio e’tutt’altro che remoto. Ricordiamo che Obama, dopo la sconfitta della Clinton, aveva pensato di emanare la “Direttiva per contrastare la Disinformazione e la Propaganda”.
I media main-stream, stanno perdendo colpi a causa della diffusione virale dei social net-work e di facebook. Quasi piu’ nessuno compra piu’ quotidiano cartaceo, i quali sono oramai percepiti come espressione di precisi interessi politici e finanziari.
Tale rivoluzione nel mondo dell’informazione e’ quindi la causa principale della crescita e dei partiti populisti e delle forze antisistema. . Per proteggere la “democrazia” dalla minaccia delle forze sovraniste, bisogna quindi procedere alla censura di chi diffonde “falsita’” nei siti di controinformazione.
Tale rivoluzione nel mondo dell’informazione e’ quindi la causa principale della crescita e dei partiti populisti e delle forze antisistema. . Per proteggere la “democrazia” dalla minaccia delle forze sovraniste, bisogna quindi procedere alla censura di chi diffonde “falsita’” nei siti di controinformazione.
Richiesta di TSO a parte per i cosiddetti tutori della democrazia, sappiamo benissimo, che a parte la Boldrini (quella e’ “ritardata” di suo), costoro conoscono bene il loro ruolo, che e’ quello della tutela dello status/quo.
Putroppo per loro, potranno ricorrere anche al piu’ giacobino e liberticida dei provvedimenti, potranno istituire commissioni, “board” contro l’omofobia o contro l’emergenza “populismo”, e via delirando.. Ma pensare di censurare l’informazione libera che circola su internet, sarebbe come pensare di svuotare l’oceano con un secchiello.
Non ce la faranno mai e cosi’ fancendo saranno travolti ancor piu’ velocemente di quello che credono.
Putroppo per loro, potranno ricorrere anche al piu’ giacobino e liberticida dei provvedimenti, potranno istituire commissioni, “board” contro l’omofobia o contro l’emergenza “populismo”, e via delirando.. Ma pensare di censurare l’informazione libera che circola su internet, sarebbe come pensare di svuotare l’oceano con un secchiello.
Non ce la faranno mai e cosi’ fancendo saranno travolti ancor piu’ velocemente di quello che credono.
Se comunque il 2016 ha riserbato grandi sorprese, in questo 2017, con gli appuntamenti elettorali in vista, in Francia ed in Germania, potremmo davvero divertirci. Loro gia’ non ridono piu’.
di A. Terrenzio
TOTALITARISMO E PENSIERO LIBERO
Verso il totalitarismo. Il Web? Democrazia già censurata da Bce e Fmi. Non sono riusciti a bloccare Giordano Bruno o Socrate: il vero problema è che manca un pensiero libero all'altezza dei tempi questo è il problema"
di Diego Fusaro
La post-verità di Pitruzzella non piace, ovviamente, alla rete. La "forza che spinge il populismo" e "minaccia la democrazia" avrebbe dunque bisogno di un garante del web? Grillo ha risposto parlando di "Inquisizione", il nostro direttore Torriero scrive un editoriale dal titolo "Dio salvi il web" nel quale sottolinea come si tratti dell'ennesimo tentativo di imporre il pensiero unico. IntelligoNews ha intervistato il filosofo Diego Fusaro che ha espresso molto chiaramente il suo pensiero su questo tema...
L'idea di regolare il web deriva dal fatto che comincia a far paura se è vero che fenomeni come Brexit, la vittoria di Trump o del No al referendum italiano sono maturati, da un punto di vista dell'informazione, non certo sulla carta stampata e in tv?
"Innanzitutto è ridicolo pensare che la democrazia sia in pericolo per la rete o per la circolazione di notizie non controllate. La democrazia è in pericolo, anzi è azzerata ad opera di enti che decidono come il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Centrale Europea, le potenze che bombardano in nome del loro interesse economico. Questo mette a repentaglio, anzi ha già distrutto la democrazia. Non certo la rete. In secondo luogo è ovvio che cercano di mettere la mordacchia alla rete per evitare che ci sia la libertà di espressione di un sistema che sta sempre più perdendo il suo consenso e deve dunque ricorrere alla violenza".
C'è dunque un cambiamento reale che porta a nuove risposte?
"Fin quando c'è l'egemonia col consenso non c'è bisogno della violenza. Quando il consenso inizia a scemare, si restringono gli spazi di libertà e inizia un dominio che si basa sempre più su forme repressive. Questo è ciò che ci attende. Il 2017 si apre malissimo non solo per l'attentato di Istanbul, ma anche per queste notizie. Ha ragione da vendere Torriero a riflettere su questo".
Il criterio è l'offesa, la difesa del pluralismo? Ma come si fa a difendere il pluralismo attraverso la censura, non rischia di essere ideologica?
"Assolutamente, tra l'altro ci sono delle tesi che sono controverse, oggetto di discussione. Come puoi allora imporre una verità, chi la decide? Ad esempio la critica del sistema capitalistico dell'Ue, dei bombardamenti imperialistici è chiaro che sia oggetto di una divisione di interpretazione. Chi decide quella giusta? Non si può pretendere di metterne una al bando. Altrimenti siamo veramente in una situazione in cui la parola totalitarismo diventa finalmente attuale, nel senso pieno del termine...".
Se a Diego Fusaro mettono il bavaglio, impedendogli di esprimere liberamente il suo pensiero, cosa fa il giorno dopo?
"Continuo ad esprimerlo come ho sempre fatto. Fino ad ora ci si poteva esprimere, pur essendoci comunque forma di censura e diffamazione. Se uno ha subito quelle forme può continuare pacatamente ad andare avanti, nonostante questi nani che hanno bisogno di mettere la censura per evitare che emergano le verità. Se non sono riusciti a bloccare il pensiero libero mettendo a morte Giordano Bruno e Socrate, non vedo perché debbano riuscirci oggi. Il vero problema è che manca un pensiero libero all'altezza dei tempi. Questo è il problema".
Diego Fusaro
Verso il totalitarismo. Il Web? Democrazia già censurata da Bce e Fmi
di Diego Fusaro
Arianna Editrice - Intelligo news
Fonte:http://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=58017 del 03/01/17 in redazione il 04 Gennaio 2016
Le bufale esistevano ben prima della Rete. Luisella Costamagna risponde al professor Pitruzzella
«Un organismo governativo antibufala. Bellissimo. La Verità che trionfa. Si immagina i grandi filosofi, Platone, Hegel, Tommaso, Leibniz, se avessero saputo che era così semplice? Critica dell’authority pura, avrebbe scritto Kant, folgorato sulla via di Pitruzzella»
Luisella Costamagna – il Fatto Quotidiano 3 gennaio 2017
Caro avvocato professor Giovanni Pitruzzella, ma come? Lei che ha un così ricco curriculum da docente e da consulente di Palazzi, lei che solo per un soffio, nel 2015, non è riuscito ad accedere – indicato da Area Popolare e Scelta Civica – alla carica di giudice costituzionale, lei che, insomma, ben conosce la Costituzione e le leggi, ma anche la politica, pure lei, tra un brindisi natalizio e uno per il 2017, ha ceduto all’ultima tendenza autunno-inverno 2016, la post-verità?
“Contro la diffusione delle false notizie”, ha tuonato al Financial Times, “serve una rete di organismi nazionali indipendenti ma coordinata da Bruxelles e modellata sul sistema delle autorità per la tutela della concorrenza, capaci di identificare le bufale online che danneggiano l’interesse pubblico, rimuoverle dal web e nel caso imporre sanzioni a chi le mette in circolazione”.
Insomma, basta con le post-verità che rappresentano “uno dei catalizzatori del populismo e una minaccia alle nostre democrazie”.
Un organismo governativo antibufala. Bellissimo. La Verità che trionfa. Si immagina i grandi filosofi, Platone, Hegel, Tommaso, Leibniz, se avessero saputo che era così semplice? Critica dell’authority pura, avrebbe scritto Kant, folgorato sulla via di Pitruzzella. E semplicissimo, sillogistico è, in effetti, il suo pensiero. In Rete ci sono balle (perché questa moda della post-verità? Si chiamano balle, da sempre), le balle avvelenano la democrazia, mettiamo sotto controllo la Rete.
Ok. E il resto?
Devo essere io, avvocato professore, a ricordarle che le bufale esistevano ben prima della Rete? E non parlo (solo) dei coccodrilli nelle fogne di New York.
Parlo di bufale meno fantasiose e più funzionali a vari e differenti poteri.
Che vogliamo dire del cedimento strutturale del Dc9 di Ustica? E di Pinelli e Valpreda assassini di piazza Fontana? Suvvia.
Che cosa diremo, mentre schiacciamo sotto il suo tacco authoritario un qualche piccolo blog reo di avere espresso un’opinione, ai correntisti truffati dalle balle di una banca (e di un governo)?
Ai disoccupati cui un giornalone racconta che c’è la ripresa?
Agli italiani che dal 2008 si sentono dire che la crisi non c’è e i ristoranti sono pieni?
Devo spiegarle io che la menzogna è da sempre strumento del potere per fregare i cittadini, e mai viceversa? Che un organismo governativo è per definizione di parte?
Lei che ha tanto studiato ben saprà che la rete è per lo più veicolo di informazione libera, non soggetta alle convenienze di grandi gruppi industrial-editoriali, e che spesso, negli ultimi anni, ha sfatato bufale, più che propalarle.
Ricorda la foto di Bin Laden ucciso, diffusa dalle maggiori agenzie e sbugiardata a tempo di record proprio dalla Rete? Ha presente quando un politico afferma – poniamo – “mai detto che mi sarei dimesso”, e dalla Rete, magia, esce il video che lo smentisce?
Le bufale, in Rete, ci sono ma hanno le gambe molto più corte di quelle, sane e robuste, su cui per tradizione marciano nell’informazione mainstream.
Coraggio, avv. prof. Pitruzzella, confessi che lo sapeva, ammetta che non è un epigono di Orwell e faccia marcia indietro. Era uno scherzo, vero?
Dica la Verità (ma occhio che la Rete non la smentisca).
Un cordiale saluto.
http://www.lantidiplomatico.it/dettnews-le_bufale_esistevano_ben_prima_della_rete_luisella_costamagna_risponde_al_professor_pitruzzella/82_18458/
Crociata Anti Bufala: Situazione tragica ma non seria
La solita armata Brancaleone di eurocrati inetti, giornalisti pinocchi, intellettuali liberal, si prepara per l’ennesima crociata. Questa volta l’obiettivo sono le bufale, le fake news come va di moda chiamarle. Un calderone in cui vengono abilmente mescolate le notizie false consapevolmente spacciate per vere dai cacciatori di click, quelle semplicemente non verificate, quelle vere e verificate ma colpevolmente omesse dai media mainstream e le semplici opinioni dissenzienti. Un caos da cui non può palesemente venire alcunché di buono. La domanda da porsi, tuttavia, come sempre quando si tratta dai miasmi usciti da queste cucine, non è tanto se si vi sia motivo di sperare (non c’è mai) quando se si debba temere e correre ai ripari.
Diciamo subito che non c’è preoccupazione a breve termine. Se però contestualizziamo questa brillante idea (la guerra alla bufala) con tutte le altre iniziative di limitazione della libertà di stampa e di espressione in corso ed in fieri, se poi leggiamo il tutto sullo sfondo degli sviluppi politici in atto nelle nostre società, dobbiamo concludere che motivo di preoccupazione esiste eccome. Cerchiamo di capire perché.
La guerra al fake oggi: chiacchiere e petardi bagnati.
Si è parlato di fake news in quattro occasioni: la stampa USA e alcuni politici europei hanno chiesto un intervento censorio a Facebook, la Camera dei Deputati Italiana ha organizzato un incontro con noti debunkers, il Presidente dell’Antitrust Pitruzzella ha rilasciato una discussa intervista al Financial Times e le autorità tedesche e ceche hanno annunciato la costituzione di “commissioni antibufala”. Tutto questo nel giro di un mese: è evidente che qualcosa bolle in fondo al calderone della cucina liberal, ma quello che è salito in superficie è, ad oggi, davvero poco.
Facebook: accusato dalla stampa (peraltro senza uno straccio di prova) di aver avvantaggiato Trump, Zuckemberg ha sulle prime risposto come si conviene al proprietario di un’azienda che, a causa della sconfitta della Clinton (su cui aveva massicciamente puntato), ha perso il 7% del suo valore: “siete matti?”(letteralmente).
Qualche giorno dopo, però, un pazzoide ha sparato una sventagliata di colpi di arma da fuoco in una pizzeria di Washington, il Comet Ping Pont, protagonista di una storiella cospirazionista circolata sui social prima delle elezioni (è qui, dicono questi credibili resoconti, che Hillary Clinton e John Podesta avrebbero mercanteggiato neonati per sacrifici umani & satanic parties). (Si, stiamo parlando di questo). (E, certo: se questi snob annoiati non frequentassero davvero le demenziali cene a base di piscio e sperma fritto di sedicenti artiste serbe fuori di testa, nessuno presterebbe attenzione a questi fake).
Comunque, nonostante la sparatoria non abbia provocato feriti o vittime, i meglio giornalisti della stampa mondiale ci hanno ricamato un po’ su ed hanno caricato sul groppone di Mark la responsabilità del fattaccio, così che Facebook è sceso a più miti consigli, annunciando, con un comunicato, la propria intenzione di creare un sistema di “spunte” per segnalare le notizie “non verificate”.
Peggio la pezza del buco: non solo la “verifica” studiata da Facebook dovrebbe essere fatta a cura di media mainstream farciti di panzane e totalmente screditati, ma l’intera operazione sarebbe gestita da The Pointer Institute, una realtà immediatamente denunciata da Zerohedge come emanazione della galassia Soros. Si è già capito, in definitiva, che i “controlli” di Facebook, se mai esisteranno, saranno o del tutto ininfluenti, o esercitati da soggetti talmente compromessi che l’effetto finale potrebbe essere l’esatto opposto di quello sperato.
La Guerra di Laura: Poteva mancare la Presidente Laura Boldrini, madrina honoris causa di qualsiasi iniziativa controversa dell’emisfero nord? Non poteva. E così alla Camera dei Deputati si è tenuto il famoso incontro sulle fake news già da tempo annunciato dalla Presidente e dalla stampa al seguito con grande fanfara: presenti giornalisti, debunkers, tuttologi assortiti. Unica, scontata, conclusione: Laura Boldrini, il politico italiano che più ha basato la propria notorietà sulla provocazione e sulla ricerca della reazione scomposta, una personalità di cui tutti ignorerebbero l’esistenza se non fosse per le sue dichiarazioni che paiono pensate apposta per provocare regolarmente uno strascico di polemiche online sui social, una che, in sostanza, dovrebbe ringraziare il cielo per ogni bufala che gira sul suo conto, ha ricevuto il serto del martirio dai meglio cacciafrottole de noartri. Fine del teatrino.
Pitruzzella goes to Hollywood: Un giorno di fama mondiale l’ha avuto anche il Garante dell’Antitrust Giovanni Pitruzzella, sparato da Palermo alla redazione del Financial Times a pontificare sulla creazione di una Super Agenzia Europea (una specie di orgasmo dell’eurocrate) che dovrebbe “riconoscere le bufale, rimuoverle e fare multe, se necessario”. La lotta alla bufala, sostiene Pitruzzella, non può essere lasciata a Facebook perché (lo ha detto veramente!) “il controllo delle informazioni non è compito per entità private. E’ storicamente compito dei poteri pubblici” (ad esempio, in Italia, del Minculpop). Purtroppo per Pitruzzella il suo sogno orwelliano, sempre che sia realizzabile, avrebbe bisogno di una costruzione legale ed organizzativa ad oggi del tutto assente. Del resto il fondo scritto ieri dallo stesso Pitruzzella per il Corriere della Sera (un estratto qui) denuncia chiaramente che il Nostro non ha la più pallida idea di ciò di cui sta parlando (basti dire che viene evocata come esempio attinente la tragica vicenda di Tiziana Cantone) e declassa la sua intervista da macchinazione totalitaria a eccessivo consumo di Nero d’Avola al pranzo di Santo Stefano.
Fake & Krauten: si è parlato molto, negli ultimi giorni, anche del progetto del Governo Tedesco di mettere assieme una unità di contrasto alle false notizie prima delle prossime elezioni (e pazienza se il vero problema del governo tedesco non sono le notizie false, ma quelle vere, come il Rapporto sulla Povertà recentemente censurato).
Si tratterebbe, in ogni caso, di iniziative non coercitive, completamente ignorate dall’opinione pubblica, come il mitico account Twitter @EUvsDisinfo, un ridicolo ricettacolo di video demenziali su come scoprire i troll russi (sono grandi e verdi, hanno le orecchie a punta, scrivono tanto ma sbagliano i congiuntivi) e di articoli “obiettivi” scritti da think tank collaterali alla NATO. Il classico tipo di spesa pubblica per una propaganda ottusa con l’unico prevedibile effetto di fare infuriare i contribuenti.
In conclusione: per ora, calma e gesso. Non sta succedendo nulla. Eppure la Crociata contro le Bufale è inquietante. Per due motivi. Uno riguarda l’Occidente nel suo complesso, l’altro l’Unione Europea.
Ennesimo sintomo della crisi dell’Occidente.
Prima di tutto questa ennesima allucinazione mediatica è il segno definitivo dello scollamento in atto fra le elite e le masse in tutto l’Occidente. Il processo è ormai chiaro e probabilmente irreversibile.
Vivete su Marte o a Strasburgo? Ecco il riassunto. Dopo la fine della guerra fredda, dopo la cosiddetta “fine della storia” marcata dal trionfo del liberismo, politica ed informazione hanno marciato al passo scandito dall’economia. In un primo momento le masse si sono accodate, perché ingannate sulla natura del processo in atto e sedotte dal fogno del desiderio infinito di consumo.
In quegli anni l’informazione, con la collaborazione di uno stuolo di “tecnici” a gettone, si è giocata tutta la sua credibilità spacciando menzogne sulle provette di Colin Powell, sulle armi di distruzione di massa di Saddam, sulle magnifiche sorti e progressive dell’Unione Europea, sulla efficienza dello stato minimo e sulle meraviglie dell’immigrazione incontrollata. Nel frattempo la politica si è suicidata rinunciando a progettare il futuro e consegnandosi a piazzisti ed esperti di marketing che hanno gareggiato nel consegnare ai privati tutte le leve di comando della società. Ma poi, con il passare del tempo, si sono riscossi i dividendi del liberalismo: guerra, disuguaglianza, rapina, povertà, caos. Gli yesman nelle istituzioni hanno fatto sempre più fatica a imbellettare il maiale, e i media a spacciarlo per una bambola da sogno. Alla fine, nel 2016, dopo 25 anni esatti di trattamento all’olio di ricino, la corda si è spezzata: le masse si sono rese conto che i rappresentanti hanno tradito il mandato e l’informazione le ha ingannate ed hanno disertato. Brexit, Trump, referendum italiano. Un solo, assordante, messaggio: non vi voteremo mai più!
In teoria questi tre sonori, inequivocabili ceffoni avrebbero potuto produrre un ripensamento. Certo, le elite avrebbero dovuto riconoscere la responsabilità della catastrofe, cambiare rotta, fare autocritica, ma cavalcando le sacrosante richieste dei popoli si sarebbero potute salvare: in fondo gli specialisti sopravvivono ad ogni rivoluzione. Era una strada percorribile? Io credo lo fosse. Comunque ormai è chiaro che non si andrà in questa direzione.
Ciò che invece è successo e a cui stiamo assistendo è un avvitamento, un arroccamento, una chiusura suicida. La politica ha concluso che se gli elettori non votavano le riforme il problema è che le riforme non erano abbastanza numerose e traumatiche. Hanno deciso che la soluzione è più riforme. Le teste d’uovo della informazione tradizionale, da parte loro, hanno pensato che se la gente non legge più un giornale nemmeno ad infilarglielo sotto la porta di nascosto, nottetempo, non è colpa del fatto che la carta stampata è piena di frottole, ma che le frottole non sono abbastanza numerose, o abbastanza fantasiose: “Putin non solo non li spaventa più, ma li entusiasma?” paiono aver pensato. “Potremmo inventare gli hacker, o i bufalari. O magari gli hacker bufalari di Putin! E quando arriveranno a commentare i nostri pezzi sommergendoli sotto tonnellate di pernacchie e di insulti potremmo invocare l’intervento delle autorità. Chiamare la forza. Si, può funzionare!”. Questo devono aver pensato. Pare di vederli.
Siamo dunque arrivati al momento in cui le masse subalterne, che vivono nel mondo reale, sono divenute insensibili non solo alle blandizie ed alle promesse, ma anche alle minacce, mentre le elite urbane e globalizzate, vittime della propria stessa propaganda, considerano i popoli governati estranei o addirittura nemici. Questa spaccatura, comunque la si guardi, è pericolosa. Gli assediati sembrano avere solo due opzioni: la resa o la repressione violenta. Molto dipenderà dal contesto intellettuale, istituzionale e politico, in cui agiscono.
Perché l’Unione Europea è un grosso problema.
E veniamo così all’Unione Europea. A prima vista sembrerebbe una istituzione abbastanza democratica o, se non proprio democratica (la Commissione Europea è espressione della volontà popolare più o meno come i funzionari imperali al tempo di Teodosio), almeno abbastanza inoffensiva da garantire un esito soddisfacente della crisi. “E’ vero, facciamo tanti disastri” sembrano dirci gli Eurocrati “Ma non siamo cattivi. Siamo tanto buffi, carini e coccolosi. Portateci a casa con voi. Vedrete: vi faremo compagnia.”. E’ davvero così? Purtroppo no.
Per quanto apparentemente troppo stupida per essere pericolosa, l’Unione Europea rappresenta sempre nel fatti una macelleria sociale, e nei principi il risultato di una elaborazione ideologica tutt’altro che rassicurante. L’architrave che regge questo circo Barnum è infatti quel liberalismo da “società aperta” teorizzato da Karl Popper, un pensatore che considera il concetto di verità intrinsecamente totalitario. Secondo la visione del filosofo austriaco una società politica deve accettare che la verità non faccia parte del discorso pubblico, poiché la verità è un concetto autoritario e la sua scoperta impone il silenzio e la cessazione della ricerca.
Nel giardino delle delizie di Popper il campo della verità è occupato dalle opinioni, dai punti di vista parziali, che competono nel mercato dell’epistemologia così come i capitali fanno in quello dell’economia. Effetto collaterale: la soppressione della verità porta ovviamente alla guerra al totalitarismo, una categoria in cui viene ricondotto qualsiasi sistema politico affermi una verità, a prescindere dal merito e dal contenuto della verità affermata. Chi vuole costruire un mondo diverso non è amico né di Popper né dei suoi epigoni odierni.
La lotta al totalitarismo produce, traslata nella prassi dei documenti ufficiali dell’Unione Europea, sia quella che Costanzo Preve chiamò “religione olocaustica intesa all’asservimento simbolico dell’Europa, chiamata ad espiare per sempre”: Auschwitz come simbolo supremo del rifiuto della comunità nazionale (a vantaggio del progetto atlantico, mentre Hiroshima e Dresda sono ovviamente spiacevoli e sfortunati inciampi), sia la rinuncia programmatica alla libertà di immaginare un mondo “altro”. Estraneità che trova la sua concretizzazione ideale e geografica nell’oriente. Nella Russia, già comunista, identitaria, comunitaria, irriducibilmente idealista, o nella Cina, grande antagonista geopolitico, capitalista ma statuale.
Ecco come il superamento della nazione produce l’asservimento ad ovest e la guerra ad est. L’Unione che “assicura 70 anni di Pace” (agisce retroattivamente, esistendo da poco più di venti, e per questo è pronto al tavolo un Nobel su ordinazione servito con puntualità dai camerieri di Stoccolma) nasce in realtà per la guerra continentale contro Cina e Russia, nemici naturali dell’Oceania di Orwell. Dall’intima dinamica della lotta al cosiddetto totalitarismo sorge quindi un progetto permeato di strisciante autoritarismo. Lo stesso Popper (che George Soros considera con qualche ragione suo maestro) ha fornito una “clausola di salvaguardia” che consente alla più edenica delle creazioni politiche questa evoluzione: il paradosso della tolleranza. Leggiamo:
“La tolleranza illimitata” scrive Popper in La società aperta e i suoi nemici “porta alla scomparsa della tolleranza. Se estendiamo l’illimitata tolleranza anche a coloro che sono intolleranti, se non siamo disposti a difendere una società tollerante contro gli attacchi degli intolleranti, allora i tolleranti saranno distrutti e la tolleranza con essi. In questa formulazione, io non implico, per esempio, che si debbano sempre sopprimere le manifestazioni delle filosofie intolleranti; finché possiamo contrastarle con argomentazioni razionali e farle tenere sotto controllo dall’opinione pubblica, la soppressione sarebbe certamente la meno saggia delle decisioni. Ma dobbiamo proclamare il diritto di sopprimerle, se necessario, anche con la forza.”
E’ su queste basi ideali che, nei primi anni con fare insinuante e approccio molliccio, e più recentemente, mano a mano il cambio di pelle progredisce, con sempre maggiore assertività, l’Unione Europea ed i suoi paesi membri affermano verità incontrovertibili (lotta al “negazionismo totalitario”) sottraendole all’analisi degli storici, bandiscono i partiti comunisti e socialisti, limitano l’espressione delle opinioni (il contrasto del temibile hate speech), presidiando queste iniziative con i codici penali. Sempre il codice penale e la repressione sono destinati a contrastare il “terrorismo”, una fattispecie di reato abbastanza generica ed estesa a condotte talmente anticipatorie da prestarsi, in potenza, quale opportuno strumento per la repressione di ogni forma di dissenso. Nemmeno i morti e i ricordi sfuggono all’”Amore” dei veri democratici: in tutta l’Europa orientale vengono dissacrati i monumenti all’Armata Rossa, rinominate strade, rimossi monumenti, riscritti i libri di storia, mentre si celebra la “giornata europea dei giusti” vittime di Nazismo e Comunismo (che ovviamente pari sono). E’ una tendenza chiara ed inquietante, che approda necessariamente alla affermazione di un “eccezionalismo” europeo (“Europa potenza indispensabile” cit. Federica Mogherini), fratello minore di quello di oltre Atlantico.
Queste sono le coordinate ideologiche in cui si muove una dirigenza ormai totalmente screditata ed incapace di immaginare le opportune correzioni di rotta. Un contesto in cui anche tentativi velleitari e puerili e idee strampalate come la “Crociata contro le Bufale” i “Ministeri della Verità e dell’Amore” miranti, in ultima analisi, alla repressione violenta dal dissenso, potrebbero sembrare a qualcuno disperato, quando la crisi si aggraverà, una via di uscita praticabile.
Dopo la fine dell’Unione Europea
Tutti questi strumenti repressivi, tutta questa ideologia avvelenata, sarà poi pronta per chi verrà dopo la catastrofe europea. Visto che i “tecnici”, i “saggi”, gli “esperti”, in una parola gli “specialisti” quelli che, in ultima analisi, fanno funzionare la macchina della società, si sono chiusi in una torre d’avorio e hanno rifiutato di porre mano alla riparazione dei danni da loro stessi provocati, è fatale che le elite che verranno dopo il crollo di quella torre saranno (le avvisaglie già si vedono) tecnicamente sprovvedute e politicamente imprevedibili. Costoro si troveranno fra le mani questi strumenti di repressione già pronti, ed il rischio di un loro utilizzo largo ed indiscriminato a questo punto sarà grave.
Un motivo in più per opporsi all’imbarbarimento senza fine del nostro sistema politico e comunicativo. “Possa tu vivere in tempi interessanti”: mai la maledizione cinese è sembrata più puntuale e più sinistra.
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http://sakeritalia.it/mondo/crociata-anti-bufala-situazione-tragica-ma-non-seria/
Articolo di Marco Bordoni per Sakeritalia.it
Articolo di Marco Bordoni per Sakeritalia.it
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