ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 4 febbraio 2017

Mi ami tu?


SVIATI DA FALSE DOTTRINE

    Gesù Cristo è lo stesso ieri oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine. Non ci sono diversi vangeli e cattolicesimi non ci sono diverse teologie ma soprattutto non ci sono diverse chiese
di Francesco Lamendola  

 

In quel piccolo tesoro poco conosciuto e poco frequentato dai cattolici, che è la Lettera agli Ebrei, si trova espresso un concetto che dovrebbe essere di per sé limpido ed evidente a qualsiasi cristiano, e che tuttavia, specie di questi tempi – tempi di neomodernismo e di protestantesimo strisciante, spacciati per cattolicesimo – pare che venga facilmente dimenticato, anche se poi, a parole, tutti sarebbero pronti ad affermare energicamente il contrario; eccolo (13, 9; traduzione dalla Bibbia di Gerusalemme):
Ricordatevi dei vostri capi, i quali vi hanno annunziato la parola di Dio; considerando attentamente l’esito del loro tenore di vita, imitatene la fede. Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia, non da cibi che non hanno mai recato giovamento a coloro che ne usarono…
Non ci sono diversi vangeli, non ci sono diversi cattolicesimi, non ci sono diverse teologie, e, soprattutto, non ci sono diverse chiese. La chiesa luterana, per esempio, non è un’altra chiesa: la vera Chiesa è una, ed una sola, quella fondata da Cristo, raccolta dagli apostoli e diffusa in tutto il mondo secondo un solo insegnamento, quella fedele alla sua Parola; la chiesa luterana è una contro-chiesa scismatica e apostatica, che si è allontanata in tutto dalle verità cristiane, e che ha aggiunto a tale colpa la ribellione violenta e l’incitamento a seguirla su tale strada, incitamento che fu prontamente raccolto dai principi tedeschi, avidi di mettere le mani sul bottino rappresentato dai beni della Chiesa cattolica. Altro che celebrare i cinquecento anni della cosiddetta riforma luterana; altro che concelebrare la messa insieme ai loro pastori.
Papa Francesco ha commesso qualcosa di peggiore d’uno sbaglio: ha accreditato l’idea che il Concilio di Trento sia stato un errore, un abbaglio, una svista; che i cattolici, per cinque secoli, si siano inutilmente opposti al diffondersi delle dottrine protestanti; e che le anime si possono salvare imboccando qualsiasi strada e seguendo qualunque insegnamento, anche quello apertamente ribelle al Vangelo: il che significa aver dato ragione alla dottrina luterana della libera interpretazione delle Scritture, e torto alla dottrina cattolica, secondo la quale esiste una sola interpretazione veritiera, quella della Chiesa stessa. I luterani hanno negato il libero arbitrio, hanno soppresso cinque sacramenti su sette, riducendo a poca cosa anche i due superstiti, Battesimo ed Eucaristia; hanno negato il valore delle opere nella salvezza, hanno gettato via la sacra Tradizione, hanno negato il sacerdozio, hanno rifiutato l’obbedienza al Papa, hanno agitato l’ombra minacciosa della predestinazione, svalutando il valore redentivo del Sacrificio di Cristo; hanno sostenuto la comoda dottrina secondo la quale l’importante non è evitare il peccato, ma pentirsi dopo averlo fatto. In breve, hanno letteralmente distrutto la Chiesa, per quel che stava in loro e per quel che erano in grado di fare; e sarebbero andati ben oltre, se le forze lo avessero consentito loro: un assaggino se ne ebbe quando i lanzichenecchi entrarono a Roma, nel 1527, e la straziarono per mesi e mesi, irrompendo nelle chiese, insozzando gli altari, violentando le suore, trucidando i preti, torturando i fedeli e persino profanando le Ostie consacrate, con un furore veramente barbarico, quale neppure i saraceni avevano mostrato, allorché, nell’846, erano giunti a saccheggiare le basiliche di San Pietro e san Paolo, allora fuori le mura.
Quanto alla cosiddetta chiesa post-conciliare, espressione tanto cara ai modernisti che si spacciano per cattolici, ai loro cattivi teologi e ai loro pessimi vescovi e cardinali, che abusano dell’abito cattolico per diffondere dottrine eretiche, con scandalo e danno gravissimo per le anime delle pecorelle loro affidate, noi non sappiamo letteralmente che cosa essa sia. Ammettere che esista una cosa del genere, equivale a riconoscere che, prima del Concilio – l’unico che essi conoscono, e che hanno sempre in bocca: il Vaticano II; peraltro, spesso e volentieri interpretato alla loro maniera, cioè forzando i documenti e pretendendo d’interpretarne non le decisioni effettive, ma un non meglio precisato “spirito”, con la lettera minuscola – esisteva un’altra chiesa, e che tale “vecchia” chiesa è stata poi superata, resa obsoleta, e, di fatto, rottamata, dalla “nuova” chiesa, uscita dal triennio conciliare 1962-1965, una chiesa nuova di zecca, meravigliosamente incamminata verso il Progresso, la Modernità e la piena realizzazione dell’Uomo integrale. Ebbene, una simile credenza o è delirio, o è apostasia: perché, come ci ricorda la Lettera agli Ebrei, non possono esistere due chiese, succedutesi nel tempo, dato che Gesù è sempre lo stesso, e la Chiesa si fonda su di Lui e su nessun altro: Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! E il suo autore aggiunge, per buona misura, questa calda raccomandazione: Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine, perché è bene che il cuore venga rinsaldato dalla grazia… Senza l’aiuto della Grazia di Dio, infatti, il cuore si smarrisce, la mente si confonde, insuperbisce, crede di aver capito tutto, e invece non capisce nulla, perde di vista la verità essenziale. La Verità del Vangelo è una, ed una sola: Gesù Cristo, Figlio di Dio, morto e risorto per amore degli uomini, insieme al Vangelo da Lui insegnato: il Vangelo dell’amore per Dio e per il prossimo.
Le espressioni “chiesa pre-conciliare” e chiesa post-conciliare”, infatti, hanno sempre messo in imbarazzo quelli stessi che le adoperano: da un lato, costoro muoiono dalla voglia di usare un tale linguaggio, per rimarcare la loro modernità e per esaltare la grande opera di “svecchiamento”, di “rinnovamento”, di “approfondimento” che, per fortuna della Chiesa e dei fedeli, essi stanno facendo, dopo secoli e secoli di bieco immobilismo, di truce conservatorismo, di arroccamento egoistico e sterile su posizioni attardate e indifendibili, insomma, per dirla con padre Ermes Ronchi, per prendere le distanze dalla mai abbastanza biasimata “pedagogia della paura”, con cui la “vecchia” chiesa, quella pre-conciliare, riempiva i fedeli di spavento, con l’inconfessabile scopo di spegnere sul nascere ogni discussione democratica, ogni critica costruttiva, ogni iniziativa liberale e liberatoria. Dall’altro lato, però, essi avvertono il disagio che tali espressioni inevitabilmente suscitano, non solo fra chi non la pensa e non sente come loro, ma anche in loro stessi: la lingua scotta loro in bocca, quando si vantano di essere gli alfieri della “chiesa post-conciliare”, perché, così facendo, confessano di aver operato una rottura con la continuità del Magistero. Ora, la loro astuzia (o, almeno, l’astuzia di quelli che, tra loro, sono più abili), consiste nel non voler dare l’impressione, e quindi nel non ammettere, mai e poi mai, nemmeno sotto tortura, che una ”discontinuità” vi è stata: se lo facessero, dovrebbero anche riconoscere di aver creato qualche cosa di nuovo e di diverso, e, con ciò, di aver voltato le spalle a duemila anni di Magistero, alla Tradizione, ai Padri della Chiesa, al Vangelo stesso, così come è stato sempre interpretato, sempre, fino al 1962: a parte, naturalmente, gli scismatici protestanti, i quali, come tutti gi altri eretici, hanno preteso, nel corso del tempo, di staccarsi dalla Chiesa cattolica proprio per essere liberi di leggere e interpretare la Bibbia a loro piacimento e in tutta libertà. Perciò, i modernisti sono presi fra i due corni del dilemma: ammettere che una discontinuità vi è stata, e allora riconoscere che il Vaticano II, il loro grande feticcio, ha spezzato la storia del Magistero e la continuità della Chiesa, assumendosi tutta la responsabilità e tutte le conseguenze di un tale fatto; oppure negare che vi sia stata, e parlare di “continuità” fra la chiesa di prima e di dopo il Concilio, e, con ciò, minimizzare e mortificare la portata della “svolta” da essi impersonata, a cominciare dalla famigerata “svolta antropologica” che ha letteralmente sovvertito la teologia cattolica e che ha tolto l’onore e il timore di Dio, per insediare, al posto del suo Regno, quello terreno dell’Uomo, un regno del tutto immanente, laico e secolarizzato, ma, in compenso, il regno dell’Uomo, cioè di un uomo che pretende, sotto, sotto, di farsi il dio di se stesso, e di mandare finalmente in pensione quell’altro, quel Dio trascendente, del quale gli è venuto a noia riconoscersi creatura.
È strano che si debba ricordare ai cattolici, e che i cattolici debbano ricordare a se stessi, una verità così semplice, così lapalissiana: Gesù è sempre lo stesso, è uno ed uno solo; dunque, anche la sua Chiesa, quella vera, non può che essere una. Gesù non ha detto a san Pietro di fondare “una”chiesa, a san Giovanni di fondarne un’altra, e a sant’Andrea di fondarne una terza: niente affatto; ha detto a san Pietro; Pasci le mie pecorelle; e glielo ha ripetuto tre volte, dopo avergli chiesto, per tre volte: Mi ami tu? Con ciò, Egli ha voluto ricordare che esiste un solo modo di pascere le pecorelle che Egli ha affidato ai suoi pastori: amare Lui e Lui solo, restare fedeli al suo insegnamento, diffondere la sua parola e nient’altro che la sua parola. Tutto il resto non viene da Lui, ma dal diavolo. La superbia dei teologi modernisti e l’arroganza dei cardinali e dei vescovi progressisti vengono tutte da lì: dalla pretesa, irresponsabile e blasfema, di “aggiungere” qualcosa, e sia pure senza avere il fegato di dirlo apertamente, forse nemmeno a se stessi, ma con la falsa motivazione di voler chiarire, illuminare, spiegare, approfondire, arricchire, e così via. Approfondire cosa, la Parola di Dio? Ma andiamo! Se Gesù avesse voluto essere chiaro sino in fondo, lo avrebbe fatto: invece ha affermato esplicitamente che non tutto gli uomini possono capire; e che parlava e agiva in un  modo tale, che gli orecchi che non volevano udire, non avrebbero udito, e che gli occhi che non avrebbero voluto vedere, non avrebbero visto. Perfino ai suoi discepoli, durante l’Ultima Cena, ha detto che altre cose avrebbe voluto insegnare loro, ma che essi, per ora, non ne erano capaci. Però ha promesso l’aiuto dello Spirito Santo, il Consolatore, il Paraclito, e ha assicurato che, con quello, molte altre cose sarebbero divenute chiare, e la verità sarebbe penetrata più in profondità (confronta il Vangelo di Giovanni, 16, 12-15).
La verità del Vangelo non viene approfondita dai signori teologi, modernisti o altro che siano: perché non è una verità che viene dall’intelligenza umana. Tutti i grandi teologi, fino al 1965, hanno sempre concepito il loro lavoro come un sostegno alla fede, e hanno sempre chiesto l’aiuto della grazia nei passi perigliosi, quando temevano di smarrirsi. San Tommaso d’Aquino, la mente più acuta e più penetrante di tutto il medioevo, faceva precisamente così: quando un concetto non gli era sufficientemente chiaro, piantava la penna e andava in chiesa, si gettava ai piedi dell’altare, abbracciava il tabernacolo e, piangendo e sospirando, se necessario anche per l’intera notte, chiedeva il soccorso dell’Altissimo. Ma i teologi neomodernisti, i Rahner, i Kasper, i Schillebeeckx, i Congar, i De Lubac, loro no, per carità; per loro tutto è chiaro, sono così intelligenti e istruiti, hanno letto tanti libri; loro non hanno bisogno di essere umili, non hanno bisogno del Consolatore, perché si consolano da soli, elaborando una dottrina pseudo cattolica che è, in realtà, puramente umana: un vero e proprio umanesimo superficialmente verniciato da cristianesimo. Si ingannano loro, e, quel che è peggio, ingannano le anime: per questo la loro responsabilità è gravissima. Con la loro pretesa di “rinnovare” la chiesa, in nome di un non mai chiarito “dialogo” con il mondo moderno, essi, di fatto, la stanno tradendo, la stanno sviando, la stanno vendendo per un piatto di lenticchie: il prezzo della popolarità mal guadagnata che si attirano, dicendo e insegnando ciò che piace al mondo, ma che dispiace a Dio. Stanno sovvertendo la morale cattolica, e hanno la pretesa blasfema di farlo in nome di Dio stesso. Tanto, come ha detto papa Francesco, con una rozza semplificazione che voleva essere lodata come esempio di franchezza, Dio non è cattolico. E allora, se Dio non è cattolico, a che serve ancora la morale cattolica? A che serve tenersi lontano dalla tentazione, dal peccato? Tanto, c’è sempre la misericordia di Dio. Facile; troppo facile. Somiglia molto a quel che diceva Lutero del peccato: pecca fortemente, ma poi pentiti ancor più fortemente. Del resto, questa tendenza è nel DNA dei gesuiti, e lo è sempre stata: ma siamo ben lontani dall’insegnamento di Gesù Cristo. Il quale non disse alla donna adultera: Va’, io non ti condanno; ma le disse invece: Va’, io non ti condanno; e non peccare più. C’è una bella differenza: una differenza fondamentale. Per Gesù il peccato esiste: esiste talmente, che l’anima peccatrice, se non si pente, va all’inferno. L’ha detto e ridetto mille volte; l’ha insegnato con le sue parabole, ad esempio quella del ricco Epulone; ha ammonito, rimproverato: ma ora sono giunti i teologi e i preti modernisti, e hanno fatto sparire l’inferno. È arrivato Enzo Bianchi, e si parla sempre della chiesa del futuro. Quale chiesa del futuro? Una chiesa diversa, un’altra chiesa? Ma se Gesù è uno solo, come può esserci una chiesa del futuro, diversa dalla chiesa del presente, del passato, di sempre? 
«Gesù Cristo è lo stesso ieri, oggi e sempre! Non lasciatevi sviare da dottrine diverse e peregrine»
di Francesco Lamendola

http://www.ilcorrieredelleregioni.it/index.php?option=com_content&view=article&id=11008:sviati-da-false-dottrine&catid=70:chiesa-cattolica&Itemid=96

GLI EXTRATERRESTRI DI ADAMSKY


    Gli extraterrestri di Adamski erano parte di un complotto religioso gnostico-massonico? Riteneva di avere un importante messaggio da comunicare a Giovanni XXIII per conto degli extraterrestri ed erano gli anni del Concilio 
di Francesco Lamendola 
Come mai George Adamski (1891-1965), il più famoso “contattista” di tutti i tempi, benché non fosse né uno scienziato, né, tanto meno, un astronomo, e benché i racconti dei suoi viaggi sulla Luna e su Venere a bordo dei dischi volanti siano palesemente fantasiosi, per non dire del tutto inverosimili, è stato sepolto nel cimitero militare di Arlington, come se fosse stato un eroe nazionale? Forse perché ha reso dei servigi alla C.I.A.? Forse perché i racconti dei suoi contatti con degli extraterrestri intelligenti e benevoli, erano pilotati dall’alto, in modo da orientare in un certo senso l’opinione pubblica americana e mondiale, e preparare il terreno per ulteriori manipolazioni mentali, ad esempio per screditare gli avvistamenti reali di U.F,O. e i contatti veri, o verosimili, che altre persone riferivamo di aver avuto, allora e anche in seguito?
E come mai una delle persone interessate a dialogare con Adamski - che, pur assurto al rango di celebrità mondiale, e considerato da alcuni come una personalità carismatica, una specie di illuminato o di guida spirituale, era comunque una figura controversa, da altri giudicata alla stregua di quella d’un ciarlatano o di un mitomane – fu Giuliana d’Olanda, regnante dal 1948 al 1980? Deve considerarsi un caso che il Gruppo Bilderberg abbia tenuto la sua prima riunione, nel 1954, ad Oosterbeek, presso Arnhem, proprio nei Paesi Bassi, sotto l’alto patrocinio finanziario di David Rockefeller e sotto quello, politico, assai più sfumato e discreto, della casa regnante olandese? E che un qualche legame fra la casa d’Orange e il Bilderberg vi sia, è provato dal fatto che Beatrice d’Olanda, la figlia di Giuliana (salita al trono nonostante il suo contestatissimo matrimonio con un ex membro della Gioventù hitleriana e della Wehrmacht), è tra gli invitati abituali alle annuali riunioni del Gruppo. Sono interrogativi legittimi, e che sorgono spontanei, osservando talune stranezze e talune coincidenze che caratterizzano la vita di un personaggio come Adamski, che, pur essendo finito sui giornali e sulle televisioni di tutto il mondo, rimane, tuttavia, per molti aspetti tuttora elusivo, inafferrabile. Di lui, a ben guardare, sono più le cose che si sanno, di quelle che si ignorano, o che si conoscono poco e male. Immigrato polacco negli Stati Uniti, si arruolò e ottenne la cittadinanza nel 1915, e subito dopo prese parte alla spedizione del generale Pershing nel Messico, alla caccia di Pancho Villa che, il 9 marzo 1916, aveva sferrato un attacco a sorpresa contro la cittadina di Columbus, nel New Mexico (cfr. Il nostro articolo: L’attacco su Columbus di Pancho Villa nel 1916, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 29/10/2007, e ripubblicato su Il Corriere delle Regioni il 12/01/2016).
Poi lo troviamo alle pedici del monte Palomar, proprietario di un ristorante, o forse di una rivendita di hot-dog, e astronomo dilettante, anche se la stampa ne parlò come di un vero astronomo. L’equivoco nasceva dal fatto che sul Monte Palomar, come è noto, dal 1949 è in funzione uno dei più importanti osservatori astronomici del mondo, a oltre 1.700 metri d’altezza sul mare, dotato di un telescopio Hale di 5 metri d’apertura. Una parte del pubblico ritenne, o piuttosto fu indotta a credere, che, se Adamski era “un astronomo” e lavorava sul Monte Palomar, doveva essere un astronomo “ufficiale” dell’ente che gestiva l’osservatorio – il California Institute of Technology -; e che, che se aveva avvistato il suo U.F.O. proprio da lì, allora anche il fenomeno U.F.O. riceveva, implicitamente, un riconoscimento ufficiale o ufficioso. E questo è solo un esempio della costante ambiguità che accompagna tutta la vita di quest’uomo, che girò il mondo a tener conferenze (pagate da chi?), e tuttavia non risulta che si sia arricchito, mentre i suoi libri inondavano le librerie dei cinque continenti e non c’era praticamente famiglia, negli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta, negli Stati Uniti e negli altri Paesi di lingua inglese, ma anche in Europa, che non conoscesse il suo volto, per averlo visto sulle pagine di un giornale o sullo schermo televisivo.
Prima di allora, Adamski aveva già fatto parlare di sé, ma solo a livello locale, per due fatti: la fondazione di un circolo esoterico situato a Laguna Beach, in California, chiamato Ordine Reale del Tibet (basato su una specie di sincretismo tra cattolicesimo e filosofie orientali) e l’avvistamento, nel 1946, alle pendici del Monte Palomar, di un disco volante, allorché assurse alla celebrità mondiale il 20 novembre 1952. In quel giorno, mentre si aggirava in automobile, con alcuni amici, nel deserto della California, egli si sarebbe allontanato dagli altri per osservare un U.F.O. in fase di atterraggio e poi, da solo, avrebbe incontrato un extraterrestre dai caratteri fisici “nordici”, proveniente dal pianeta Venere. Questi gli si sarebbe rivolto amichevolmente e l’avrebbe introdotto ai segreti di una vaga fratellanza intergalattica che da tempo seguiva, in modo discreto, l’evoluzione dell’umanità e lo aveva scelto quale “ambasciatore” per mettere in guardia i suoi simili contro i gravissimi rischi insiti nella proliferazione nucleare e in una eventuale guerra atomica.
Ora, il fatto che Adamski fosse un cultore di esoterismo orientale e che attendesse con impazienza una rivelazione dal “cielo”, non si sa bene se in senso fisico o spirituale, o entrambe le cose insieme, è già, di per sé, sospetta per quel che riguarda le sue rivelazioni sugli extraterrestri: le testimonianze ritenute più attendibili, infatti, in questo genere di fenomeni, sono quelle provenienti da persone che non hanno interessi esoterici o ufologici, che conducono un’esistenza molto tranquilla e che possiedono pochissima fantasia, e ancor meno curiosità, per tutto ciò che esorbita dal recinto rassicurante della realtà ordinaria, della vita d’ogni giorno. Nel caso di Adamski vien fatto di pensare che il suo desiderio di un “contatto” con gli extraterrestri fosse così ardente, e la sua aspettativa di una loro “rivelazione” così intensa, da averlo spinto a vedere quel che non c’era, e ad immaginare quel che si era svolto solo nella sua mente. La circostanza che avesse scritto un racconto di fantascienza basato sugli stessi elementi che si ritrovano nella sua esperienza del 1952, ma con un anticipo di dieci anni, è ancor più sospetta; e le cose non appaiono più credibili se si pensa che, nel racconto del 1943, a scendere dall’astronave non era un “marziano”, ma Gesù Cristo in persona (si tenga presente che Adamski era un fervente cattolico).
Nella Appendice al bestseller I dischi volanti sono atterrati - scritto dallo stesso Adamski insieme a Desmond Leslie -, l’ufologo Roberto Pinotti faveva queste osservazioni (titolo originale: Flying Saucers Have Landed, British Book Centre, 1953, e London, Neville Spearman, 1970; traduzione dall’inglese di Roberta Rambelli, Roma, Edizioni Mediterranee, 1973, pp. 381-383):
Un editore americano del Wisconsin, Ray Palmer, alcuni ani dopo la pubblicazione di “Flying Saucers Have Landed”, affermò che Adamski gli aveva sottoposto nel 1943 un racconto avente la medesima trama del suo primo libro. Al posto del pilota venusiano, però, dall’U.F.O. discendeva Gesù Cristo. Nondimeno, scrisse Palmer nel 1965, “noi non abbiamo mai definito Adamski un bugiardo e ancor oggi accettiamo la sua storia per vera, pur sapendo che egli non incontrò nessun venusiano nel deserto nel 1952, che le impronte di quest’ultimo sono una contraffazione, e che egli non è mai salito a bordo del ‘ricognitore’ di Venere”. “Adamski”, conclude significativamente Palmer, “aveva un’esperienza, genuina in ogni dettaglio, da rendere nota, ma dovette fare uso della saga dei ‘dischi volanti’ come di un ‘mezzo’ atto a proclamare il suo messaggio”.
E alla predicazione di tale ‘messaggio’ di buona volontà dei ‘Fratelli’ dello spazio egli si dedicò con ogni energia, nonostante l’età avanzata. Scrisse, per rispondere alle migliaia di lettere che gli venivano indirizzate, l’opuscolo “Questions and Answers”, e quindi il volume “Flying Saucers Farewell” ed ancora “Cosmic Philosophy, Telepathy” ed uno “Science of Life Study Course” limitato ad una ristretta cerchia di discepoli e dal prezzo a dir poco esoso. Era comunque evidente come i fondi ricavati Adamski li devolvesse esclusivamente alla sua “predicazione”. Al suo primo viaggio-lampo intorno al mondo del 1959 per un ciclo di conferenze sulle sue esperienze, culminato con la clamorosa udienza concessagli dalla regina Giuliana d’Olanda, fece seguito una sua visita in Scandinavia e la creazione di un “International Get Acquainted Program” (IGAP) tuttora parzialmente operante e financo, nei giorni immediatamente precedenti la morte di Giovanni XXIII;un contatto con gli ambienti vaticani sul quale, peraltro, nulla o quasi trapelò.
A suo dire Adamski sarebbe stato latore di un messaggio per il pontefice che egli si limitò a consegnare nelle mani di papa Roncalli. Giunto improvvisamente a Roma dagli USA e fattosi vivo con Lou Zinsstag (una svizzera già intima del caposcuola della psicanalisi post-freudiana Carl Gustav Jung) e con il Console dottor Alberto Perego, egli fu visto entrare in Vaticano poco prima del trapasso del “papa buono”. La Segreteria di Stato di Sua Santità, successivamente interrogata dall’inglese Ronald Caswell in merito alla natura della presunta visita di Adamski a Papa Giovanni morente, comunicò testualmente all’interessato, in termini piuttosto evasivi, che “non era possibile fornire le informazioni richieste”. Perché?
Il fatto è che “GA”(così, dalle sue iniziali, lo chiamavano comunemente i suoi corrispondenti) giunse a Roma e ne ripartì nella massima discrezione dopo la visita in Vaticano, evitando qualsiasi pubblicità. Non si viene indubbiamente in aereo dalla California per limitarsi a fare una passeggiata in Piazza San Pietro.
“Credo”, scrisse Adamski in una lettera indirizzataci il 15 luglio 1964 “che il messaggio dei ‘Fratelli’’ per il papa avesse qualcosa a che fare con il suo successore, in quanto questi era il favorito di papa Giovanni”. Cattolico praticante, Adamski vide nell’ecumenismo conciliare la migliore conferma della sintesi fra cristianesimo ed esoterismo orientale che, in clima evangelico e comunitario, aveva perseguito sin dagli Anni Trenta col suo ‘Ordine Reale del Tibet’: una sintesi che a suo dire si identificava con la ‘Weltanschauung’ degli Extraterrestri.
Gentile, preciso e telegrafico nelle risposte agli interrogativi che gli ponevamo periodicamente nelle nostre lettere, a conferma del contenuto dei suoi libri, Adamski dimostrò di essere dominato, negli ultimi anni della sua vita, da una problematica di carattere esistenziale e spirituale, più che di tipo scientifico.
Nel 1961 dichiarò di essere stato portato su Venere e di avervi incontrato, reincarnata in una bambina venusiana, la moglie May scomparsa qualche anno prima. I ‘Fratelli’, rispondendo in tal modo ai suoi dubbi circa la realtà della immortalità del’anima, si trasformarono così’ per lui in una sorta di guide spirituali. E non era finita.
Dopo, Saturno. Dal 27 al 30 marzo 1962 Adamski vi darebbe rimasto quale osservatore nel corso di una riunione dei 12 consiglieri del nostro Sistema Solare. A questo punto era sempre più difficile seguirlo.
“Le affermazioni di Adamski circa il suo viaggio su Saturno”, scrisse nel 1964 il suo ex segretario C. A. Honey, “sono in completo accordo con le esperienze dello stesso tipo che i sensitivi (‘medium’) riferiscono ogni giorno. Un’altra ragione per cui credo che egli si sia ingannato pensando di avere fatto un viaggio sul piano fisico è il fatto che egli cominciò a fare ricorso alla ‘trance‘ medianica circa due anni fa…”. “Reputo”, conclude C. A. Oney, “che i ‘Fratelli’ lo abbiano sotto controllo ipnotico. Penso che il suo viaggio su Saturno si sia prodotto nello stesso modo”.
Se quest’ultima ipotesi ha un qualche fondamento, allora la domanda successiva dovrebbe essere: chi esercitava un controllo ipnotico su George Adamski, per spingerlo e dire e fare quello che disse e che fece? Non si potrebbe pensare, oltre che a quegli improbabili “Fratelli” dello spazio, a qualche settore della N.A.S.A. o della C.I.A., il che fornirebbe la spiegazione per la sepoltura nel cimitero di Arlington, dato che la partecipazione alla campagna messicana di Pershing è un motivo troppo debole (ad essa parteciparono 10.000 uomini, e non hanno meritato un tale onore)?
Come si è visto, Adamski riteneva di avere un importante messaggio da comunicare a Giovanni XXIII, per conto degli extraterrestri. Erano gli anni del Concilio, della “scoperta” dell’ecumenismo e del dialogo inter-religioso. Adamski fu usato, consapevolmente o no, per “battere il ferro caldo” in quella direzione? Per favorire un cambiamento, un superamento del cattolicesimo “tradizionale”, in vista di un sincretismo deista e misticheggiante alla New Age? Guardando quel che accade oggi nella Chiesa, si direbbe che quelle idee bizzarre siano sul punto di realizzarsi. Curioso, non è vero?
Gli ‘extraterrestri’ di George Adamski erano parte di un complotto religioso gnostico-massonico?
di
Francesco Lamendola

 

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