Web scatenato dopo la pubblicazione del libro di Zavala su
uno scritto attribuito a suor Lucia che parla di apostasia nella Chiesa. Date,
perizie, l'ombra della "polpetta avvelenata": ma le ragioni per
dubitare dell'inattendibilità si affiancano ai salti logici che portano a
pensare che su Fatima non sia stato detto tutto.
Come era prevedibile il libro di José Maria Zavala, uscito ieri in Spagna, “El secreto mejor guardado de Fátima”, di cui abbiamo parlato ieri, ha provocato un’ampia discussione sul web. In particolare per la parte relativa a una presunta lettera di Suor Lucia, che potrebbe essere la parte “mancante” del Terzo Segreto. Un testo analogo a quello pubblicato da Zavala nel suo libro è apparso per la prima volta nel 2010, sempre in formato digitale (cioè nessuno ha mai visto o può dire di aver avuto nelle mani un originale cartaceo) sul sito “Tradition in Action”, gestito da un brasiliano, Atila S. Guimarães, che sosteneva di averlo ricevuto il 27 aprile 2010, da uno dei suoi lettori.
Allora come adesso, che il libro di José Maria Zavala ne discute, dopo aver chiesto e ottenuto una perizia calligrafica a una esperta grafologa del Tribunale di Madrid, Begona Slocker de Arce, niente di definitivo può in realtà essere detto; anche se l’assenza di un documento cartaceo, e l’indeterminatezza delle fonti ostacolano in maniera seria la possibilità di formarsi un’opinione che non sia sospensiva di giudizio.
Quando abbiamo ricevuto e visionato il testo in pdf dell’opera di Zavala, gli abbiamo chiesto varie delucidazioni; se avesse cercato di rintracciare il mittente del messaggio mail anonimo, da cui diceva di aver ricevuto il documento, tramite l’indirizzo IP, cosa parzialmente possibile anche da parte di un privato; e soprattutto se disponesse di un documento originale, non digitale. L'ipotesi che si fa strada è che l’autore avesse (abbia) in realtà un documento originale, ottenuto da persona che è stata in passato vicina a Suor Lucia, e per “coprire” la sua fonte avesse dichiarato un’origine anonima del messaggio. Ma le risposte a queste questioni sono state rimandate all’incontro del 6 aprile, a Madrid, per la presentazione dell’opera.
Se il testo pubblicato da Zavala e quello di Tradition in Action coincidono, le riserve espresse nella recensione del libro risultano egualmente valide. Anche perché, come ci fanno notare persone esperte del campo, avendo a disposizione testi originali di Suor Lucia, manoscritti, con un programma avanzato di Fotoshop sarebbe possibile costruire un nuovo documento, o modificarne uno esistente. E probabilmente – ma su questo bisognerebbe avere conferma – se l’operazione fosse condotta in maniera di alta qualità, potrebbe inficiare anche quello che è il maggior punto di interesse e di forza nella presentazione del documento di Zavala, e cioè la perizia calligrafica pur condotta con tutti i mezzi tecnici a disposizione da una professionista di grande esperienza.
Il testo ricevuto nell’aprile del 2010 da Tradition in Action veniva dal Portogallo. E’ presumibile dunque che se si tratta di un documento creato a tavolino, o modificato in parte, venga da lì. Però forse non da un portoghese; infatti la data può essere interpretata come 1° aprile 1944, o 1° settembre 1944, se scritta come si usava in Europa e in Portogallo all’epoca. Ma sappiamo da altre fonti che Suor Lucia scrisse ciò che doveva scrivere in obbedienza al vescovo nei primi giorni – dal 2 al 9 – del gennaio 1944. Quindi se il “1”, la cifra iniziale della data, volesse significare gennaio, vorrebbe dire che Suor Lucia – o chi al posto suo – aveva utilizzato un sistema di datazione in vigore negli Usa. Il che appare certamente a dir poco problematico. A meno che non si volesse introdurre volutamente un errore nel testo; così come è problematico l’uso del termine “cattedrale di Roma”.
Nella recensione del libro pubblicata ieri ci siamo chiesti se qualcuno avesse voluto tendere volontariamente una trappola per screditare un autore e giornalista fortemente impegnato nel diffondere e far conoscere l’opera e la persona di Padre Pio di Pietrelcina in Spagna. E’ un’ipotesi che resta valida, (e che lo stesso autore adombra) se non si renderanno disponibili altri elementi a sostegno dell’autenticità della lettera. Allo stesso tempo riportiamo anche quella che è l’opinione di Atila de Guimarães. Il direttore di Tradition in Action avanza l’ipotesi che il testo, così modificato sia stato reso pubblico per screditare, o inficiare, l’idea che vi sia una parte non svelata del Segreto, e che questa riguardi, come è stato detto molte volte in passato, anche da personalità di rilievo, una crisi nella Chiesa.
Adoperate tutte le possibili cautele, resta però irrisolto il problema centrale del messaggio di Fatima così come è stato gestito. E cioè che non sono state chiarite incongruenze, contraddizioni e vuoti che fanno ipotizzare, non senza una base logica che non tutto sia stato reso noto. E che forse qualcuno, anche in Vaticano, vorrebbe invece che lo fosse.
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