IL SUICIDIO DELLA TEOLOGIA
La ‘svolta antropologica’ è il suicidio della teologia. Dal gesuita Karl Rahner vero protagonista occulto della svolta a papa Francesco:"Non basta che qualcuno affermi di essere cattolico perché lo sia davvero"
di Francesco Lamendola
Chiunque segue la propria coscienza, sia che ritenga di dover essere cristiano oppure non cristiano, sia che ritenga di dover essere ateo oppure credente, un tale individuo è accetto e accettato da Dio e può conseguire quella vita eterna che nella nostra fede cristiana noi confessiamo come il fine di tutti gli uomini. In altre parole, la grazia e la giustificazione, l’unione e la comunione con Dio, la possibilità di raggiungere la vita eterna, tutto ciò incontra un ostacolo solo nella cattiva coscienza di un uomo.
Queste parole eloquenti, e assolutamente errate da un punto di vista teologico, sono state messe nero su bianco da Karl Rahner (1904-1984) nel suo libro La fatica di credere, il cui titolo è tutto un programma, pubblicato disinvoltamente dalle già gloriose Edizioni Paoline nel 1986 (p. 86), e formano la base teorica della “svolta antropologica” che sta alla base dei recenti sviluppi del pensiero teologico “cattolico” (lo mettiamo fra virgolette perché, evidentemente, non basta che qualcuno affermi di essere cattolico, perché lo sia davvero, così come non basta che un triangolo si autonomini una circonferenza per essere diventato realmente una circonferenza).
Abbiamo detto ex gloriose Edizioni Paoline, perché questa eccellente casa editrice cattolica, dopo aver pubblicato centinaia di libri, sia classici, sia moderni, e non solo di argomento strettamente religioso, ma anche letterario, scientifico, di manualistica pratica, a partire dagli anni Settanta cominciò ad adeguarsi, come tutto il reso della stampa e dell’editoria cattolica, alla malefica “svolta antropologica”, venendo a contraddire l’opera meritoria che aveva svolto in precedenza. E, del resto, perché non avrebbe dovuto pubblicare La fatica di credere?, visto che il gesuita Karl Rahner era tenuto in altissima stima nelle alte sfere della Chiesa cattolica? Giovanni XXIII lo aveva invitato a partecipare ai lavori del Concilio Vaticano II come “perito”, cioè come consultore teologico; entrato nella Commissione teologica, egli le aveva impresso un indirizzo molto deciso, secondo le sue idee, venendo così a configurarsi come il vero protagonista occulto, ma neanche tanto occulto, in effetti, di tutto l’insieme dei lavori conciliari (cfr. Il nostro articolo: Rahner e Maritain, cattivi maestri del Concilio?, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 27/08/2012, e ripubblicato su Il Corriere delle Regioni il 05/01/2016).
In fondo, il nucleo essenziale della “svolta antropologica”, di cui è maestro Karl Rhaner, e di cui sono discepoli Walter Kasper, Sosa Abascal, James Martin, e lo stesso papa Francesco (il quale dice e ripete, infatti, di non avere altra mira che quella di “attuare” il Concilio), è molto semplice: eliminare tutto ciò che fa problema per l’intelligenza umana e per la morale rilassata della società contemporanea. La salvezza dei soli battezzati è un problema? La si elimina. Resta la coscienza, come criterio di salvezza; anzi, come abbiamo visto., la “buona coscienza” (visto che solo la “cattiva coscienza” è un ostacolo alla salvezza). Non è chiaro cosa avrebbe risposto Karl Rahner a chi gli avesse fatto osservare che Hitler, a suo modo, era in perfetta buona coscienza. Tutto ciò che sappiamo di lui lo conferma: era un idealista (almeno se le parole hanno un senso: era guidato dai suoi ideali, i quali non avevano niente di materialistico), agiva senza opportunismo, puntava a ciò che la sua coscienza gli mostrava necessario per il bene della sua patria, anche a costo di affrontare i più gravi sacrifici; anche a costo di dare la propria vita. Non è forse un esempio di buona coscienza, questo? Considerando le cose soggettivamente, sì, senza dubbio. E proprio questo è il nucleo della “svolta antropologica”: un soggettivismo radicale, da cui scaturisce un relativismo altrettanto radicale. È buono ciò che è buono per me, soggettivamente; dunque, non c’è il Bene in assoluto, ma ci sono tanti beni quante sono le persone che, soggettivamente, lo perseguono, ciascuno alla sua maniera, ma in “buona coscienza”, appunto.
Del resto, per Rahner, vi è perfetta identità fra essere e conoscere: un hegelismo di seconda scelta. Non c’è un essere in sé, ma l’essere che si conosce, quello è l’essere. Inutile notare le conseguenze devastanti di questo delirante principio sul piano etico: se l’essere è solo l’essere conosciuto, e la conoscenza è, essa stessa, l’essere, allora tutto ciò che è, va accettato senz’altro: non si discute con ciò che è, perché esso è come dovrebbe essere, nel senso che l’intelligenza deve solo prendere atto delle cose come sono e riconoscerle, identificandosi in esse. E anche qui, non è chi non veda come tutte le mostruosità etico-pratiche del cattolicesimo progressista e modernista, scaturiscono proprio da tale assunto. Esistono le coppie di fatto? Sì, certo; dunque, si tratta di prenderne atto e di dare ad esse una legittimazione. La società le deve accettare, la Chiesa le deve accogliere e benedire comunque. Esistono le pratiche omosessuali, la fecondazione eterologa, l’utero in affitto? Sì; e dunque, come sopra. E altrettanto dicasi dell’aborto, dell’eutanasia, per non parlare del divorzio, che si può considerare addirittura scontato. Peccato che tutte queste cose siano in radicale contrasto con il Vangelo. Ma niente paura: a tutto c’è rimedio. Basta dire, come ha fatto padre Sosa Abascal, che noi non sappiamo cosa ha veramente detto Gesù Cristo, ed ecco che il Vangelo torna ad essere un libro bianco, pronto per essere riscritto daccapo, secondo il nostro gusto e i nostri desiderata. Che cosa desiderano i “teologi” pro gay? Espungere l’omosessualità dalla lista dei peccati e invocare più spazio per gli omosessuali nella Chiesa, clero compreso? Ma certo: nessun problema. Non è forse vero che Gesù, nei quattro Vangeli, non parla mai degli omosessuali? Se non ne parla, non si può nemmeno dire che li condanna. Già. Peccato che Gesù desse per scontata la Legge mosaica, nelle sue basi essenziali: e la Bibbia dice cosa sia la pratica dell’omosessualità davanti a Dio. Quando Gesù intende rinnovare e modificare la legge mosaica, allora sì, lo dice esplicitamente; ma se non lo dice, s’intende che la considera come il testo fondamentale. Per esempio: interrogato sul divorzio, Gesù ricorda che Mosè lo permise per la durezza di cuore degli uomini; ma, quanto a sé, afferma solennemente che l’uomo non deve separare ciò che Dio ha unito, cioè l’uomo e la donna che si sono sposati. Aggiungiamo che non è neppure vero che Gesù non ha detto nulla sulla omosessualità, visto che ha ricordato esplicitamente il destino di Sodoma, distrutta da Dio per il vizio dei suoi abitanti (anche se monsignor Nunzio Galantino è convinto del contrario, evidentemente dopo aver letto il libro della Genesi in una qualche versione a noi sconosciuta, verosimilmente curata dai teologi della “svolta”). Che miseria teologica e filosofica; quale penosa mancanza di spessore, di ragionamenti, di problematicità. Questa non è teologia: è il nulla spacciato per teologia. Come ha osservato un gigante dimenticato della vera teologia cattolica, padre Cornelio Fabro, nel suo libro La svolta antropologica di Karl Rahner (Segni, Edizioni Edivi, 2011, p. 7): Partendo da un soggettivismo radicale, mai finora tentato dopo la crisi modernistica (…) non teme di capovolgere i principi fondamentali del realismo tomistico; e procede con una scorrettezza metodologica spinta sino alla falsificazione testuale, tanto da poter parlare di una vera e propria depravazione ermeneutica. Così Karl Rahner ha gettato le basi per lo scardinamento della teologia e per trasformare questa scienza da ancella della fede a pietra d’inciampo per le anime credenti, sollevando ovunque obiezioni, perplessità, mettendo in dubbio una serie di verità di fede, il tutto all’insegna dell’antropocentrismo, perché questo, e non altro, è stata la tanto decantata svolta antropologica: una deformazione della corretta prospettiva teologica in funzione dell’uomo e non della conoscenza delle cose divine, le quali diventano una semplice espressione dell’atteggiamento umano. E questo perché Karl Rahner e alcuni altri teologi hanno deciso che l’uomo moderno non è più capace di credere così come credevano i suoi avi, e quindi bisogna fabbricargli una nuova teologia, o, quanto meno, bisogna orientarlo verso una nuova prospettiva teologica, in modo che le parole del Vangelo abbiano ancora un senso per lui.
Quale incalcolabile errore! La risonanza delle parole del Vangelo è perenne, oppure, semplicemente, non è: non sono esse che devono venire poste in questa o quella maniera, ma è l’uomo che deve mettersi in ascolto, così come, del resto, i cristiani hanno sempre fatto, e la Chiesa ha sempre insegnato, fino all’epoca del Concilio Vaticano II. Peraltro, anche tutto questo potere dato in mano ai teologi è di per se stesso indice di un’aberrazione, di una patologia nella vita della Chiesa: da quando in qua sono essi a tracciare il cammino verso Dio? Da che esiste la Chiesa, quel cammino è segnato dai santi, e sempre sulla base di una fedele e rigorosa adesione alle due sorgenti della Tradizione e delle Scritture. Questa è la Rivelazione cristiana, custodita e tramandata per due millenni; codesti “nuovi” teologi non possono, né hanno alcun diritto, di venire fuori come se avessero scoperto l’acqua calda, e dire: Ecco, ecco, noi abbiano trovato la giusta maniera di leggere di Vangelo e d’interpretare la Rivelazione! Non date retta a quelle mummie di san Paolo, di sant’Agostino, di san Tommaso e ai padri del Concilio di Trento, o a quelli del Vaticano I; ciò che essi hanno detto e scritto, andava bene per i loro tempi, ma ora non più; ora è il popolo che deve dir la sua, in accordo con il liberalismo, la democrazia, il socialismo o ciò che ne ha preso il posto (cioè in accordo con tutto quel che Pio IX aveva condannato nel Sillabo). Di più: i protagonisti della Rivelazione sono oggi le minoranze, i marginali, le donne, gli omosessuali, gl’immigrati; bisogna dare il Vangelo in mano ad essi, lasciare che ad interpretarlo siano loro: perché loro sono più vicini a Dio. E quindi avanti con la teologia della liberazione; con la teologia della negritudine; con la teologia, anzi, con le molte teologie femministe; e, fra poco, avanti con la teologia sincretista e gnostico-massonica, che farà di tutta l’erba un fascio e mescolerà bellamente cristianesimo e islamismo e giudaismo, e perché no, anche un po’ di buddismo e d’induismo: partendo, si capisce, da un ”perfetto” amalgama fra cattolici, ortodossi e protestanti – perché in fondo, si sa, il buon Lutero aveva ragione, bisogna pur dargliene atto dopo cinquecento anni!
Alla radice di questa deriva relativista e soggettivista c’è un atteggiamento di fondo, che è tipico della modernità: l’egocentrismo dell’uomo, il suo rifiuto di essere creatura e di stare dentro i liniti del mondo creato, la sua invidia nei confronti di Dio e della divina onnipotenza, e l’assunzione di una prospettiva delirante, gonfia d’inaudita superbia, per cui la teologia non è più ancella della fede, ma riscrittura del cristianesimo, secondo lo spirito del mondo. Non ci si accosta al Vangelo in perfetta umiltà e obbedienza, sforzandosi di mettere in pratica la parola di Dio; no, ci si accosta al Vangelo per strapparne qualche brandello, quello che più fa comodo a questo o quel soggetto, a questo o quel gruppo, a questa o quella minoranza rancorosa e aggressiva: tutti vogliono qualcosa, tutti lo brandiscono come un’arma, tutti se ne servono come una piattaforma per aumentare, raddoppiare e triplicare le loro rivendicazioni. Le teologhe femministe, per esempio: La donna è sempre stata ai margini della Chiesa, non è giusto! Essa ha diritto alle “quote rosa”, al sacerdozio femminile, e anche al papato, perché no? Che bel momento, sarà, quando verrà eletto finalmente un papa donna, e non già costretta, come la leggendaria papessa Giovanna, a fingersi uomo, ma così, a viso aperto, e magari con le labbra truccate e il tailleur con lo spacco: perché Dio non è mica sessuofobo, e poi Cristo amava le donne – leggete il libro d Dan Brown, altro che quel vecchio misogino di san Paolo! Anzi, a pensarci bene non si può dire nemmeno che Dio sia maschio; meglio dire che Dio è femmina: così le teologhe femministe sono più contente. Il Vangelo, allora, diventa lo strumento per avanzare delle rivendicazioni, per alzare la voce, per serrare i pugni, per scandire degli slogan: lo stesso concetto che è alla base della teologia della liberazione. Dalla semplice verità che Gesù amava i poveri, si passa alla radicalizzazione del Gesù è dalla parte dei poveri, contro i ricchi! Ma quando mai? Dove è scritta una cosa simile? Non importa, lo dicono loro; lo dicono Leonardo Boff, dom Helder Câmara e tutti gli altri. E così Gesù amava solo le donne, contro lo strapotere maschile; e, chissà, forse amava anche i sodomiti, pardon, volevamo dire i gay, s’intende contro l’omofobia imperante! Avanti, c’è posto per tutti! Gesù amava soprattutto i non cristiani, dato che il Buon Pastore lascia le novantanove pecorelle per cercare quella smarrita. E infatti, cosa c’è di meglio che invitare gli islamici in chiesa, alla santa Messa, per celebrare lo sgozzamento di un prete cattolico sull’altare, e centinaia di cristiani ammazzati negli attentati terroristici in Europa, e centinaia di migliaia ammazzati o messi in fuga in Africa e in Asia, sempre dai cari “fratelli” musulmani? Oh, già, ma questo non bisogna dirlo: papa Francesco lo ha proibito. Papa Francesco ha detto che non esiste un terrorismo islamico, così come non esiste un terrorismo cristiano. Quello cristiano, infatti, no: sfidiamo chiunque ad asserire il contrario, sulla base anche d’un solo fatto. Quello islamico, con un po’ di buona volontà, si può sempre girar la testa dall’altra parte, per non vederlo, e così evitar di guastare il “dialogo” fra le due religioni, così carico di rosee speranze: e sempre, come volevasi dimostrare, nello spirito di gioiosa “apertura” del Concilio Vaticano II…
La ‘svolta antropologica’ è il suicidio della teologia
di Francesco Lamendola
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