ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 22 aprile 2017

«Qua ognuno se fa la Chiesa pe’ cconto suo».


Uomini di Dio

Viam veritatis elegi (Sal 118, 30).

Cercasi uomini di Dio. No burocrati, gestori, assistenti sociali, ideologi, opinionisti, animatori, intrattenitori… ma nemmeno sofisti in tonaca, pedanti eruditi, saccenti sputasentenze, pedissequi rubricisti, infallibili censori, astiosi restauratori… Uomini che non solo posseggano la retta dottrina  e una sana teologia, ma ne vivano, le incarnino e le facciano risplendere agli occhi di quanti cercano la verità, ardere nei cuori che la amano e fruttificare nella vita dei fedeli. Uomini che non offrano solo idee chiare e argomentazioni (apparentemente) incontrovertibili, ma che guidino le anime nelle vie di Dio, siano di casa nel Suo cuore, trabocchino di unzione spirituale, gustino e facciano gustare le Sue incomparabili dolcezze, comunichino la Sua compassione e tenerezza, risplendano di luce soprannaturale, rendano “tangibile” la grazia.


L’intellettualismo astratto ha partorito e continua a partorire rivoluzioni contro natura, ma genera parimenti inquisitori che in nome della loro dottrina, considerata l’unica versione valida e legittima, sono pronti a condannare senza appello chiunque non si allinei. Lo stesso difetto congiunge estremi opposti, perché ne costituisce la stessa origine: la realtà divina è scambiata per un teorema, il pensiero prevale sull’essere, l’amore della verità è soffocato dalla passione per la disputa. La grande eresia della modernità è nata dalle derive della tarda scolastica e può infettare qualsiasi ambiente, anche di segno contrario. Che uno sia progressista o tradizionalista, può ugualmente smarrirsi in un mondo cerebrale costruito per giustificare le sue idee, perdendo i contatti tanto con la propria anima che con il Dio vivente (non quello dei filosofi di pascaliana memoria).

Chi ha sinceramente scelto la via della Verità rifugge inorridito da quel sentimento di eccellenza intellettuale e culturale in cui i massoni – e molti ebrei – ripongono la propria sicurezza. Vogliamo metterci sul loro stesso piano per confutarli? Vogliamo utilizzare le loro stesse armi? Finiremo col degradare, sfigurare e, infine, rinnegare quella Verità che pensiamo di difendere, la quale non è un sistema di pensiero, ma una Persona. L’atteggiamento gnostico-iniziatico che combattiamo finirà col contagiare anche noi, sedotti dalle nostre “conoscenze superiori” e ormai sordi all’appello del Verbo incarnato, morto e risorto per risuscitarci a quella Vita che è Egli stesso, che l’uomo ha perso in modo irrimediabile, per quanto dipende da lui, e che nessuna conoscenza ha il potere di rendergli, se non quella che è oggetto della fede umile e compunta di chi non cessa di ripetere: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore».

La correttezza dottrinale è indispensabile per una sana vita spirituale, ma non la sostituisce; la radice non è tutta la pianta, sebbene la pianta non possa farne a meno. L’accanimento teologico di cui certuni fanno una ragion d’essere tradisce spesso una fondamentale estraneità a Dio, tenuto a debita distanza con impeccabili formule dogmatiche e ineccepibili prestazioni rituali. La familiarità divina, invece, impedisce di sviluppare dotti ragionamenti su premesse non sicure presentate come certezze inconfutabili quando non lo sono affatto; ciò ripugna a una coscienza retta, guidata dallo Spirito Santo. Un solo esempio fra tanti: quando si afferma che ogni vescovo riceve la giurisdizione direttamente dal Papa come fosse una verità di fede, in realtà si spaccia come un dato indiscutibile ciò che finanche nella teologia preconciliare era discusso; c’è sì un’importante affermazione in questo senso nell’enciclica Mystici Corporis di Pio XII, ma – con tutto il rispetto per il Magistero pontificio e per uno dei maggiori papi della storia – questo non basta a farne un dogma.

Se questo modo di procedere, non del tutto onesto, si applica a questioni da cui dipendono le scelte morali o l’esercizio del ministero, è evidente quanto sia pericoloso. Una volta presa una decisione ideologica di fondo, in sé difficilmente giustificabile, ma a mio avviso incontrovertibile, posso pure sentirmi autorizzato ad agire abitualmente, come sacerdote, in modo del tutto illegittimo e indipendente, perché ho stabilito a priori, nel mio tribunale personale, che è l’autorità a sbagliare e che io sono non solo giustificato, ma obbligato a fare così. Peccato che questa conclusione, di fatto, contraddica a tutta una serie di verità rivelate che sono pur convinto di difendere… Come soleva ripetere in romanesco il mio primo parroco, buon’anima: «Qua ognuno se fa la Chiesa pe’ cconto suo». Era un prete formato all’antica, poi costretto al cambiamento e perciò tormentato da un terribile conflitto interiore, ma con queste realistiche intuizioni coglieva nel segno.

Il cristianesimo latino ha indubbiamente una tradizione ricchissima nel campo della mistica; non per nulla ho raccomandato più volte di nutrirsi abbondantemente di questo tesoro per poter resistere nella spaventosa prova che stiamo attraversando. I testi sono a disposizione di tutti e i Santi che ne sono autori non aspettano altro che ricorriamo alla loro intercessione. Il dramma è che trovare qualcuno che concretamente viva e aiuti a vivere i loro insegnamenti, nella Chiesa Cattolica, è oggi un’impresa quasi disperata. L’Oriente cristiano non è certo del tutto esente da errori teorici o pratici, ma il vantaggio è che, al di là di polemiche teologiche più o meno pretestuose, la sua spiritualità attinge direttamente ai Padri e, di conseguenza, ne risente in modo molto relativo. L’essere in stato di scisma è un peccato grave per chi ci si pone deliberatamente, non per chi ci nasce e crede in buona fede a ciò che gli hanno insegnato. Intransigenza per intransigenza, anche molti ortodossi considerano eretici i cattolici… Di questo passo, se ne verrà mai fuori?

La prassi che consente una nuova unione dopo il matrimonio è certamente un abuso, ma non è equiparabile al divorzio, tanto è vero che non si ripete il sacramento, il quale si può celebrare una sola volta. Sulla fondazione teologica di tale deroga, poi, non c’è affatto unanimità – segno, questo, che con il vago concetto di oikonomía non riescono a giustificare in modo soddisfacente questa forma di indebita tolleranza. Ma siamo poi sicuri che da noi, anche a prescindere dalla “riforma” introdotta dal Pontefice regnante, le dichiarazioni di nullità matrimoniale rispondano tutte a verità e siano sempre ottenute con procedimenti perfettamente limpidi e corretti, specie quelle a favore dei potenti? Oppure, anche nel glorioso passato, con quali argomenti dottrinali si legittimava il fatto che cristianissimi re e imperatori, assistiti da confessori e cappellani personali, si concedessero il conforto di dozzine di concubine, fra le quali le “favorite” godevano a corte di una posizione pubblica riconosciuta? A ben vedere, anche oggi un capo di governo divorziato e convivente può accedere alla santa Comunione, se ad amministrargliela è un arcivescovo incaricato della “nuova evangelizzazione”, già professore di teologia e di conseguenza aduso a “contestualizzare” i fatti…

Visto che nessuno è senza peccato, rendiamo allora tutto tranquillamente indifferente? No di certo. È solo per mostrare che, nonostante i compromessi storici e gli accomodamenti politici, la santità è comunque possibile, sia da noi che presso gli ortodossi. Il Rinascimento ha visto fiorire santi di prima grandezza, nonostante la gerarchia cattolica versasse in buona parte in una corruzione morale che avrebbe fatto impallidire gli autori, tanto letti e amati, dell’antichità greco-romana. Chi sostiene che lo stato di scisma impedisce allo Spirito Santo di agire ha evidentemente assimilato una teologia che pone dei limiti invalicabili anche a Lui, ma che il Magistero cattolico non ha mai fatto propria. Nell’Ortodossia, per la mancanza di un’unica autorità dottrinale, ci sono certamente deviazioni teoriche e pratiche, nonché, nell’ambito della spiritualità, pericolosi sconfinamenti nell’esoterismo; ma l’autentica santità si riconosce da segni inconfondibili. Non si può servire per errore il diavolo, se per Cristo si è versato il sangue, fisicamente o moralmente.


I nostri padri non facevano dispute teologiche, ma credevano con semplicità quello che sapevano e si sforzavano di farsi santi nella quotidianità, aiutati da uomini di Dio che, oltre a insegnare loro la dottrina, li attiravano con l’esempio di una vita buona, pregavano e facevano penitenza per loro, si consumavano in confessionale e li dirigevano con umiltà e sapienza. La scomparsa pressoché totale di tali guide è causa di una sofferenza indicibile per l’anima, mentre in quella parte della Chiesa che è passata nella macina di una persecuzione inimmaginabile esse sono tornate ad abbondare. Sarà un caso? Lungi da me l’incitare chicchessia a farsi ortodosso… ma diamo almeno un’occhiata al di fuori della nostra torre d’avorio e porgiamo orecchio alle voci di testimoni non antichi, ma attuali, che ci raccontano meraviglie accadute nel nostro tempo e germogliate dal martirio. Riconosceremo allora il timbro inconfondibile di un’unica voce che continua a riecheggiare e, se Dio ce ne fa la grazia, riusciremo a farla risuonare ancora anche da noi.

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http://lascuredielia.blogspot.it/2017/04/uomini-di-dio-viam-veritatis-elegi-sal.html

Florenskij : "Chi agisce con approssimazione si abitua anche a parlare con approssimazione"


Un magistrale brandello del  filosofo e martire cristiano ortodosso Pavel Alksandrovič Florenskij e un piccolo commento aggiuntivo di Antonio Socci.
A buon intenditor poche parole.
Grazie all'amico Giovanni per la segnalazione.
L

"Chi agisce con approssimazione si abitua anche a parlare con approssimazione, e il parlare grossolano, impreciso e sciatto coinvolge in questa indeterminatezza anche il pensiero [... ] Il pensiero è un dono di Dio ed esige che si abbia cura di sé. Essere precisi e chiari nei propri pensieri è il pegno della libertà spirituale".
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padre Pavel Florenskij
(martire)
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"C’è da restare perplessi se persino per i gesuiti – che per secoli sono stati un pilastro della dottrina della chiesa – papa Bergoglio ha indicato ora il dovere di avere «un pensiero incompleto».
Non basta la tolleranza per chi ha «un pensiero incompleto», è prescritto il dovere di averlo: «Il gesuita deve essere una persona dal pensiero incompleto, dal pensiero aperto». così ha dichiarato nell’intervista con padre Spadaro per la rivista dei gesuiti.
Inoltre, il Papa ha rifiutato come «una deformazione» quelle «epoche (in cui) nella compagnia si è vissuto un pensiero chiuso, rigido, più istruttivo-ascetico che mistico».
cosa significhi questo «pensiero incompleto» non è affatto chiaro.
Ma da altre pagine di papa Francesco si capisce che c’è da preoccuparsi. Per esempio nella Evangelii Gaudium se la prende con «quanti sognano una dottrina monolitica difesa da tutti senza sfumature» (n. 40) e poi scrive: «A volte, ascoltando un linguaggio completamente ortodosso, quelo che i fedeli ricevono, a causa del linguaggio che essi utilizzano e comprendono, è qualcosa che non corrisponde al vero Vangelo di Gesù Cristo» (n. 41).
Allora cosa si dovrebbe fare? Usare un linguaggio non ortodosso? Non si era mai sentito un Papa che mettesse in guardia dal linguaggio dell’ortodossia. In duemila anni di storia della chiesa non si trova un solo atto del magistero o un solo santo che dica una cosa del genere.
Papa Giovanni, per esempio, il Papa del Concilio, affermava:
'Di tutti i mali che, per così dire, avvelenano gli individui, i popoli, le nazioni, e così spesso turbano l’animo di molti, causa e radice è l’ignoranza della verità. E non l’ignoranza soltanto, ma talvolta anche il disprezzo e uno sconsiderato disconoscimento del vero. Di qui errori d’ogni genere, che penetrano negli animi e si infiltrano nelle strutture sociali, tutto sconvolgendo con grave rovina dei singoli e dell’umana convivenza' ".
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da Antonio Socci, "Non è Francesco" (Rizzoli)
http://blog.messainlatino.it/2017/04/florenskij-chi-agisce-con.html

Храм-Корабль

Per chi se la fosse persa: la chiesa-barca ortodossa dedicata alla SS.Trinità, in stile bizantino, costruita nei dintorni di Mosca: sarà pure kitsch, ma certamente è meglio delle cagate di Renzo Piano pagatissime dalla CEI...






(fonte foto: blog russo Superman2014)
https://letturine.blogspot.it/2017/04/blog-post.html

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