Cardinal Gerhard Müller: L’Europa non è solo un insieme di nazioni e stati. L’Europa ha un’anima, che ha origine nel cristianesimo. All’interno dell’Europa ci sono nazioni con storie e culture uniche, e da questo dobbiamo trarre le adeguate conclusioni.
La Polonia ha avuto la prima costituzione democratica in Europa, adottata nel 1791. Ma la sorte è stata più volte avversa alla Polonia, divisa sia come stato che come nazione e ferita per mano degli allora stati imperiali. La Polonia ha conservato la sua identità grazie alla fede cattolica, ed è questa la speciale caratteristica con cui la Polonia deve contribuire – partendo dal suo passato e presente – al futuro comune dell’Europa. Dobbiamo percorrere un percorso condiviso, in modo che in questo viaggio ognuno possa contribuire con qualcosa di unico.
Credo che il fatto che la nazione polacca sia unita dalla fede cattolica, sia significativo anche per altre parti d’Europa, dominate dal secolarismo e da una vita senza Dio sostenuta dal materialismo.
Dal canto suo, la voce della Polonia dice questo: “No, c’è un senso più grande del significato della vita umana. Lo vediamo nella preghiera, in quanto magnifico è essere umani, figli di Dio”. Questo ci proietta verso la libertà, intesa sia come libertà civile che come libertà personale dell’essere umano, che è il nostro ultimo obiettivo.
Mi sembra essenziale pensare all’Europa come una comunità di nazioni. Non come stati di autorità, come era prima, quando i singoli stati si vedevano come mere incarnazioni del potere e avevano mire espansive a scapito degli altri. Siamo una comunità culturale, e la nostra cultura ha le sue radici nella religione cristiana.
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K.S.: La mia seconda domanda riguarda Medjugorje. A causa della conclusione dei lavori della commissione vaticana e della missione dell’inviato speciale del papa, l’Arcivescovo Henryk Hoser, i fedeli si aspettano che presto venga presa una decisione sull’autenticità delle apparizioni. È giustificata questa aspettativa?
C. G. M.: Da un lato, ci sono diverse iniziative pastorali a Medjugorje. È giusto e opportuno che le persone, ovunque si trovino, si accostino al sacramento della penitenza e della riconciliazione, ricevano la Santa Comunione e riflettano sul loro percorso di vita alla luce della fede. Considerando, per esempio, la vocazione al matrimonio o al sacerdozio.
D’altra parte, questa esperienza non dice nulla sulle presunte apparizioni e profezie. La Chiesa ha il diritto di dire in qualsiasi momento – che sia accettato o meno – se le apparizioni sono soprannaturali, o se sono piuttosto frutto dell’immaginazione della gente o di visioni soggettive, di esperienze religiose soggettive.
Persino se la Chiesa dovesse riconoscere questi fenomeni come soprannaturali, nessun cristiano è tenuto a credervi e a considerarli articoli di fede che portano alla salvezza; i cristiani non sono obbligati a riconoscerli. Il singolo cristiano rimane libero. Per noi è Gesù Cristo il fondamento della Rivelazione, e questa è la misura della nostra fede.
Le presunte apparizioni di Medjugorje sono rivelazioni private. Non vanno escluse a priori, ma non rappresentano il significato della vera Rivelazione di Dio come verità e salvezza. Gesù Cristo si presenta a noi nella vita della Chiesa, è presente nei sacramenti ed è per questo che i fedeli non dovrebbero affidarsi troppo alle eventuali spiegazioni della Chiesa in merito alle rivelazioni private. Perché la verità della Rivelazione non può dipendere dalle visioni più recenti.
Noi, come Congregazione per la Dottrina della Fede, indichiamo se questo sia un fenomeno soprannaturale, o se non si abbia la certezza che lo sia. Questa è una raccomandazione che la Congregazione per la Dottrina della Fede offre al papa. È il papa, in quanto pastore supremo, a decidere sulla credibilità di questi fenomeni o sulla mancanza di credibilità. Nè una commissione speciale né la Congregazione per la Dottrina della Fede può confermare o rifiutare il carattere soprannaturale dei fenomeni; la nostra è soltanto una raccomandazione.
Non è opportuno, credo, dare l’impressione che la commissione o la Congregazione abbiano raggiunto una conclusione definitiva. È ancora da vedere.
K.S.: Un’altra domanda che vorrei porre riguarda il dibattito all’interno della Chiesa circa l’esortazione Amoris Laetitia, pubblicata un anno fa. Sua Eminenza considera questo dibattito fecondo o potenzialmente pericoloso?
C. G. M.: La vera intenzione dell’esortazione apostolica Amoris Laetitia era quella di mettere al centro il messaggio biblico – nella sua completezza – sul matrimonio come sacramento e stile di vita. Si rivolgeva inoltre a coloro che, per varie circostanze, hanno avuto problemi nel loro rapporto coniugale. Affinché non dicano: “Questi sono coloro che fanno tutto bene, mentre gli altri non ci appartengono”. Vogliamo che tutti camminino sulla strada di chi segue Cristo, e vogliamo essere di aiuto affinché questo sia compreso e messo in pratica.
K.S.: In questo senso, ogni dibattito o disputa è positiva. Ma c’è anche un aspetto negativo. Il dibattito si riduce cioè ad una sola questione, tralasciando altri elementi di fondamentale importanza. Questo genera piccole divisioni e preoccupazioni, soprattutto in merito alla seguente domanda: “Cosa pensi della Santa Comunione per i divorziati che vivono in unioni non sacramentali?”.
C. G. M.: Possiamo affrontare questa domanda soltanto dalla prospettiva della pienezza dell’insegnamento della Chiesa. Il papa non ha cambiato la Rivelazione, non lo farà e non può farlo. Alcuni sostengono che il papa abbia cambiato le basi della morale della Chiesa e abbia relativizzato il sacramento del santo matrimonio. Non lo farebbe e non potrebbe farlo.
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K.S.: La mia quarta domanda riguarda gli attuali martiri cristiani, ad esempio dalla Siria, dall’Egitto o addirittura dalla Francia. Il Concilio Vaticano II ci incoraggia a leggere i segni dei tempi e interpretarli nel loro contesto attuale. Cosa ci dice oggi dunque il signum temporis dei nuovi martiri?
C. G. M.: C’è una corrente secondo la quale i martiri sarebbero vissuti solo all’epoca degli antichi romani. Se pensiamo ai martiri della storia contemporanea, ci riferiamo soprattutto a quelli del XX secolo in paesi cristiani come la Germania, nell’Unione Sovietica e nel Blocco Sovietico.
Questa grande sfida è ora riapparsa a causa dell’Islamismo radicale. I paesi islamici devono prendere posizione sulle libertà – religiosa e di coscienza – e dovrebbero rispettarle. Non si può dire: “Vengo da parte di Dio e deciderò della tua vita”. Ognuno di noi deve decidere nella propria coscienza se rimanere o meno nella fede.
Questo è ciò che dobbiamo imparare. Anche nei paesi occidentali che mettono in pericolo la libertà di coscienza, ad esempio quando una persona è costretta ad eseguire un aborto per rispettare la legge. Anche questa è una forma leggermente diversa di perseguitare i cristiani, è la più grave violazione della libertà di coscienza. Dobbiamo apprendere di nuovo – anche nei paesi occidentali, negli stati laici – cosa significhi la libertà di religione e di confessione.
Non possiamo essere arrogantemente indignati per gli islamisti se non siamo noi stessi a riconoscere, pienamente e senza limiti, la libertà religiosa e di confessione. È proprio questa la lettura dei segni dei tempi: la Chiesa sostiene i diritti umani, senza restrizione alcuna, e l’universale dignità umana. La dignità di tutti, se così preferite. Noi non difendiamo solo i credenti della Chiesa cattolica o di altre Chiese cristiane, ma difendiamo ogni persona.
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K.S.: La mia ultima domanda riguarda la teologia della liberazione, che so è di interesse di Sua Eminenza. Alcuni cattolici mostrano un approccio testardamente reticente. Qual è l’essenza della teologia della liberazione e che cosa possiamo imparare dai teologi che vi aderiscono?
C. G. M.: Il punto di partenza della teologia della liberazione è: “Come posso pensare all’amore divino di fronte alla povertà estrema e all’ingiustizia che esiste nel mondo, nell’America meridionale e centrale, in comunità prevalentemente cattoliche? Perché la fede cattolica non dovrebbe contribuire alla parità sociale e alla dignità di ogni essere umano?
La Chiesa fornisce una risposta che non somiglia a quella data dai comunisti. I comunisti sostenevano: “In questo mondo tutto diventerà migliore”, e a queste promesse è seguito soltanto l’inferno. Noi, da parte nostra, diciamo: “Attraverso Dio tutto diventa migliore”. Allo stesso tempo, siamo chiamati ad assumerci la responsabilità di questo mondo, ad essere coinvolti e ad utilizzare la nostra ragione per fornire istruzione, cibo, alloggio e lavoro, affinché ci sia uno sviluppo sociale positivo.
Abbiamo la Dottrina sociale cattolica, con i suoi principi di rispetto per la persona umana, di sussidiarietà e di solidarietà. Abbiamo questi principi fondamentali e perciò vogliamo essere attivi, come Chiesa e come cristiani, affinché la società possa svilupparsi bene. Non in termini materialistici, però. Il temporale è la strada verso l’eternità. Si tratta di un’unione tra modo e scopo. Cristo è il Modo e lo Scopo. È la Verità e la Vita.
Per noi, membri della Chiesa Cattolica, non c’è discrepanza tra quel mondo e questo mondo, tra il materiale e lo spirituale. Per noi questa è unità in Cristo. Dio è diventato uomo. Cristo è Dio incarnato. Perciò l’uomo e il divino sono uniti in Cristo.
L’arcivescovo Oscar Romero ne è un esempio perfetto, un vero modello. Nella Congregazione – durante il processo di beatificazione – abbiamo studiato tutti i suoi libri, i suoi scritti e le sue affermazioni. Io stesso li ho letti in spagnolo per esaminarne l’ortodossia. Su questa base, abbiamo rilasciato un nihil obstat, un permesso che conferma che nulla impedisce l’innalzamento di Romero alla gloria degli altari.
Dobbiamo tener presente che questa linea di pensieri è fortemente influenzata dal Concilio Vaticano II, con la dottrina sui rapporti tra la Chiesa e il mondo contemporaneo. È questa la ragione del nostro impegno. Non solo l’impegno di rendere questo mondo un posto migliore in termini materiali, ma l’impegno di sostenere la dignità umana come pietra fondamentale.
Questo è inoltre l’impegno di Dio verso di noi. Dobbiamo ricordare la sofferenza e la passione di Gesù Cristo sulla croce, per noi e per questo mondo. La Sua Risurrezione ci offre la speranza di creare un mondo migliore dove i bambini ricevano una buona istruzione, dove ci siano opportunità di sviluppo e dove siano valorizzati carismi e talenti… Dobbiamo ricordare il supremo orizzonte: il nostro Dio, Creatore di questo mondo.
Konrad Sawicki/Aleteia | Apr 21, 2017
[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]
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