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venerdì 26 maggio 2017

Un «vecchio rancoroso» ?

Egitto, attacco ai cristiani copti: almeno 26 uccisi su un autobus

I cristiani copti stavano viaggiando verso il monastero di Anba Samuel. Un commando armato ha sparato contro l'autobus: almeno 35 morti, molti dei quali bambini

In Egitto torna a scorrere il sangue. E a essere brutalmente ammazzati sono, per l'ennesima volta, i cristiani copti.
Questa mattina, a Minya, città di quasi 200mila abitanti a circa 250 chilometri a sud del Cairo, è stato preso d'assalto un autobus. Ad attaccarlo è stato un commando formato da dieci persone a volto coperto che, imbracciando armi automatiche, hanno aperto il fuoco sui quaranta cristiani copti che, dalla città di Beni Suef, stavano andando al monastero di San Samuele. Ne ha ammazzati 35, alcuni dei quali erano bambini. I feriti, una ventina in tutto, sono stati trasportati presso l'ospedale di Maghagha (guarda il video).

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"Ci sparavano contro - hanno raccontato i superstiti - e filmavano tutto". L'attentato di oggi in Egitto contro un bus che trasportava cristiani copti è l'ennesimo attentato terroristico contro questa comunità con radici millenarie, che vanta 10 milioni di fedeli, moltissimi appartenenti alla diaspora, che formano il 10% della popolazione del Paese a stragrande maggioranza musulmana. Dalle Primavere Arabe del 2011 e dalla cacciata di Hosni Mubarak, che godeva del sostegno dell'ex patriarca Shenouda III, i copti hanno vissuto in uno stato di crescente tensione che ha avuto il suo apice durante il periodo del governo del presidente islamista, Mohamed Morsi. Solo dal 2013 vi sono stati una quarantina fra aggressioni di cristiani e attacchi a chiese, in pratica un episodio al mese, con decine di morti.
L'epicentro delle violenze è l'Egitto rurale e in particolare la regione di Minya, il turbolento governatorato con il mix esplosivo di un 35% di popolazione cristiana e un forte radicamento jihadista. E proprio nella regione di Minya, a circa 250 chilometri a sud-ovest del Cairo, si è verificato l'attacco armato di oggi. Il presidente egiziano, Abdel Fattah al Sisi, che ha destituito Morsi promettendo di ripristinare l'ordine e di proteggere le minoranze, ha convocato una riunione di emergenza del Consiglio nazionale di sicurezza. Recentemente aveva ribadito che gli egiziani "sono tutti uguali nei loro diritti e nei loro doveri, in accordo con la Costituzione" e ha lodato la calma e la saggezza con cui la comunità cristiana sta rispondendo alle violenze. Una legge per punire ogni atto che mina all'unità nazionale e per allentare le limitazioni per la costruzione di nuove chiese è all'esame del Parlamento.
I copti sono una minoranza che ha sempre avuto un ruolo chiave nell'economia e nell'establishment dell'Egitto, anche se molti di loro oggi vivono sotto la soglia di povertà. Sono cristiani la maggioranza degli orafi e la gran parte degli impiegati nel settore farmaceutico del Paese, così come alcune delle famiglie più ricche dell'Egitto come i Sawiris, che controllano il gigante delle telecomunicazioni Orascom. Dinastie di copti hanno ricoperto incarichi politici di primo piano: un membro della famiglia Boutros Ghali ha sempre fatto parte dei vari governi prima della caduta di Mubarak e un suo esponente, Boutros Boutros Ghali, è stato ministro degli Esteri prima di diventare segretario dell'Onu.
 Ven, 26/05/2017 
Io sto con Mons. Negri             


Parte del mondo cattolico e del mondo mussulmano italiano, dopo l’attentato di Manchester, hanno espresso la loro condanna. Ma non contro il giovane attentatore, Salman Abedi, bensì verso S.E. Mons. Negri, arcivescovo di Ferrara, reo d’aver commentato l’accaduto da cattolico ricordando che «il Male è una persona», che quelle dei morti del Manchester Arena sono «vite falciate dall’odio del demonio» e che è tempo di sbarazzarsi della «retorica di chi non ha niente da dire di fronte alle tragedie perché non ha niente da dire di fronte alla vita».
Ora, che la comunità islamica di Bologna si sia risentita per queste parole – e per altre, con cui Mons. Negri ha osato parlare di «guerra di religione» –, sarò crudele, non mi allarma particolarmente. Mi preoccupa invece di più un mondo cattolico dove oggi il pensiero infastidisce più del peccato; dove delle cose si tenta di dare solo, spesso neppure riuscendovi, una interpretazione sociale e mai soprannaturale; dove si predica l’illimitatezza della misericordia ma se pratica l’assenza; dove la tolleranza è abbondante ma selettiva; e dove il Vangelo, ormai, fa più paura del Corano.
Lo so, non c’è molto da guadagnare a schierarsi dalla parte di un «vecchio rancoroso» – così è stato elegantemente apostrofato l’arcivescovo di Ferrara, in un sito a parole cattolico -, ma da quel poco che ho capito del Cristianesimo verità e convenienza non fanno rima; anzi, dove c’è la seconda, di solito, non trovi mai la prima. Per questo, e non certo perché venerdì scorso questo vescovo ha avuto parole generosissime per il mio libro, aggiungo il mio trascurabile appoggio a quello di coloro i quali, in queste ore, stanno esprimendo la loro solidarietà a Mons. Negri. Meno male che abbiamo ancora pastori che, all’intensità dell’applausometro, preferiscono l’integrità delle pecore.

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