La Chiesa smarrita e il Regno di Maria
Sabato 3 Giugno si è svolto ad Ancona l’ultimo appuntamento estivo del ciclo di conferenze organizzato dal Centro Culturale Oriente Occidente, con ospite Danilo Quinto, relatore sul tema del disorientamento presente nella Chiesa cattolica contemporanea.
Il mondo cattolico italiano ("ufficiale") nutre molta stima per Emma Bonino, tanto da definirla “una grande italiana”; ciò non stupisce, perché la dissoluzione contemporanea, conseguente allo spaesamento generale, è operata anche da tanti cattolici i quali hanno opinioni positive su certe leggi o, nel migliore dei casi, non richiamano alla dottrina cattolica sulla società e sull’etica per semplice quieto vivere. Il punto di vista di Danilo Quinto è quello del neofita, il quale ha tratto delle conclusioni osservando la situazione attuale; in questa conferenza ha messo tra parentesi i commenti personali, limitandosi a delle osservazioni dirette mettendo i risultati a confronto con il Vangelo. E la conclusione a cui è giunto è che c’è in atto nella Chiesa cattolica una presa di possesso del pensiero unico formatosi negli ultimi secoli fuori da essa.
In una intervista rilasciata al giornale dei gesuiti, Francesco ha dichiarato il Vaticano II “una rilettura del Vangelo alla luce di cultura contemporanea”, i cui frutti eccezionali sono “ad esempio la liturgia”, e sebbene ci siano linee di interpretazione diverse, alcune in continuità con la tradizione e altre non, “è però un processo irreversibile” (d'altronde Bergoglio nella EV aveva dichiarato di voler aprire processi). Identica dichiarazione di un altro gesuita, Martini, riferita ad un “Concilio permanente”, la cui chiave interpretativa è “adattare il Vangelo al moderno”. Ossia, il Vangelo “attualizzato” trasforma la sposa di Cristo in sposa del mondo. E’ un processo che dura da secoli: ha i suoi prodromi nell’umanesimo pagano, per poi esplodere nella pseudo riforma protestante, passando poi per l’illuminismo e la rivoluzione francese, giungendo poi alla rivoluzione bolscevica. L’esito del Concilio è stato nel mondo laico il ’68 marxista. Tutto ciò è accomunato dal fatto di voler spazzar via la Verità del Verbo fatto carne, rendendola duttile, manipolabile dal mondo e, soprattutto, separando la Fede dalla ragione, rendendo inutile la prima.
Una grande fetta degli uomini della Chiesa cattolica da oltre 50 anni si è prostrata ed ha servito il mondo, rinunciando ad evangelizzarlo, ed ha sostituito la legge divina con i diritti umani, il suo compito profetico con il dialogo coi potentati mondani (e teniamo conto che nella Bibbia non c’è il termine “dialogo”). Mettendo da parte tutto ciò, ci si dimentica che l’elemento con cui confrontarsi nell’esistenza terrena è la melma, la quale va riconosciuta come tale se vogliamo liberarcene: la Bestia immonda è lì che avvinghia e vuole farci suoi.
Non è con sforzi umani che si può costruire la pace nel mondo, perché l’unica pace la dona Cristo (Gv 14,27), non come la dona il mondo. Coloro che credono sanno che l’avvenire è nelle mani di Dio, e occorre pensare al presente, rinunciando alle “magnifiche sorti e progressive” dei tecnocrati, i quali hanno distrutto l’identità culturale europea. La “nuova chiesa” – così è stata definita dal relatore – si illude di integrare il mondo, gli islamici, i non cristiani, i non credenti etc. senza offrire loro la conversione e la comunione con Gesù Cristo: si rinuncia così ad operare per la salvezza eterna in nome di una misericordia verso persone a cui non interessa il peccato che compiono. Ciò è andato di pari passo con l’introduzione di nuove “categorie preferenziali” verso la salvezza, come i poveri e i migranti; quasi che basti la condizione di povertà o di allontanamento dalla patria terrena per ottenere la cittadinanza nella Gerusalemme celeste. Ma tutti noi siamo poveri nelle anime, e siamo chiamati a non pensare alla terra per alzare gli occhi al Cielo. Il migrante e il povero non si salvano solo perché sono migranti o sono poveri.
Stiamo assistendo ad una colossale messinscena, a un piano diabolico per costruire un nuovo ordine mondiale a cui concorrono classi dirigenti, finanzieri internazionali, pseudointellettuali (in realtà pennivendoli e prostituti intellettuali), golpisti internazionali e parte degli uomini di Chiesa. Si stanno creando enclavi di persone ostili alla cultura europea e alla nostra identità, e ben presto esploderanno (se già non lo fanno): non opporsi all’islam è una colpa grave. Occorre giudicare queste realtà non secondo le apparenze, ma con giusto giudizio, come ci ricorda Gesù nel Vangelo: Luca 12, 54-57: perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?
Se infatti non vi fosse più giudizio, non vi sarebbe più responsabilità. Ma esiste la responsabilità del cristiano per la salvezza delle anime, ed è necessario proclamare la verità. Occorre sempre vegliare e stare pronti, perché – citando Barsotti – “Dio ti fa un grande onore quando ti chiede qualcosa”, non tanto quando te la concede. Il cristiano non è mai solo: nel mondo ci sono altri credenti che come lui non hanno piegato il ginocchio di fronte a Bhaal.
Questo mondo nega la regalità sociale di Gesù Cristo, e il rischio di essere considerato pazzo viene corso volentieri da Danilo Quinto: perché è più importante donare la propria vita come testimonianza a Dio che tenerla per sé stessi e per i propri comodi. In conclusione della serata, è stata letta la meravigliosa lettera di mons. Luigi Negri alle vittime di Manchester, la quale è costata al presule attacchi da parte di frange di cattolici. Tutto questo non sfugge alle mani di Dio, a cui tutto concorre anche senza volerlo, anche opponendosi frontalmente al suo piano salvifico, mentre in realtà non fa che agevolarlo. Per finire, è stato citato san Luigi Maria Grignon de Montfort, il quale previde, nel 1712, l’avvento del regno di Maria – esattamente come rivelato a Fatima un secolo fa. Il nostro tempo non è il tempo di Dio: non disperiamo!
Il ciclo di conferenze proseguirà in autunno, a cominciare dal 29 settembre, sempre presso la parrocchia san Carlo Borromeo di Ancona, via Gentiloni 4.
di Riccardo ZenobiIl mondo cattolico italiano ("ufficiale") nutre molta stima per Emma Bonino, tanto da definirla “una grande italiana”; ciò non stupisce, perché la dissoluzione contemporanea, conseguente allo spaesamento generale, è operata anche da tanti cattolici i quali hanno opinioni positive su certe leggi o, nel migliore dei casi, non richiamano alla dottrina cattolica sulla società e sull’etica per semplice quieto vivere. Il punto di vista di Danilo Quinto è quello del neofita, il quale ha tratto delle conclusioni osservando la situazione attuale; in questa conferenza ha messo tra parentesi i commenti personali, limitandosi a delle osservazioni dirette mettendo i risultati a confronto con il Vangelo. E la conclusione a cui è giunto è che c’è in atto nella Chiesa cattolica una presa di possesso del pensiero unico formatosi negli ultimi secoli fuori da essa.
In una intervista rilasciata al giornale dei gesuiti, Francesco ha dichiarato il Vaticano II “una rilettura del Vangelo alla luce di cultura contemporanea”, i cui frutti eccezionali sono “ad esempio la liturgia”, e sebbene ci siano linee di interpretazione diverse, alcune in continuità con la tradizione e altre non, “è però un processo irreversibile” (d'altronde Bergoglio nella EV aveva dichiarato di voler aprire processi). Identica dichiarazione di un altro gesuita, Martini, riferita ad un “Concilio permanente”, la cui chiave interpretativa è “adattare il Vangelo al moderno”. Ossia, il Vangelo “attualizzato” trasforma la sposa di Cristo in sposa del mondo. E’ un processo che dura da secoli: ha i suoi prodromi nell’umanesimo pagano, per poi esplodere nella pseudo riforma protestante, passando poi per l’illuminismo e la rivoluzione francese, giungendo poi alla rivoluzione bolscevica. L’esito del Concilio è stato nel mondo laico il ’68 marxista. Tutto ciò è accomunato dal fatto di voler spazzar via la Verità del Verbo fatto carne, rendendola duttile, manipolabile dal mondo e, soprattutto, separando la Fede dalla ragione, rendendo inutile la prima.
Una grande fetta degli uomini della Chiesa cattolica da oltre 50 anni si è prostrata ed ha servito il mondo, rinunciando ad evangelizzarlo, ed ha sostituito la legge divina con i diritti umani, il suo compito profetico con il dialogo coi potentati mondani (e teniamo conto che nella Bibbia non c’è il termine “dialogo”). Mettendo da parte tutto ciò, ci si dimentica che l’elemento con cui confrontarsi nell’esistenza terrena è la melma, la quale va riconosciuta come tale se vogliamo liberarcene: la Bestia immonda è lì che avvinghia e vuole farci suoi.
Non è con sforzi umani che si può costruire la pace nel mondo, perché l’unica pace la dona Cristo (Gv 14,27), non come la dona il mondo. Coloro che credono sanno che l’avvenire è nelle mani di Dio, e occorre pensare al presente, rinunciando alle “magnifiche sorti e progressive” dei tecnocrati, i quali hanno distrutto l’identità culturale europea. La “nuova chiesa” – così è stata definita dal relatore – si illude di integrare il mondo, gli islamici, i non cristiani, i non credenti etc. senza offrire loro la conversione e la comunione con Gesù Cristo: si rinuncia così ad operare per la salvezza eterna in nome di una misericordia verso persone a cui non interessa il peccato che compiono. Ciò è andato di pari passo con l’introduzione di nuove “categorie preferenziali” verso la salvezza, come i poveri e i migranti; quasi che basti la condizione di povertà o di allontanamento dalla patria terrena per ottenere la cittadinanza nella Gerusalemme celeste. Ma tutti noi siamo poveri nelle anime, e siamo chiamati a non pensare alla terra per alzare gli occhi al Cielo. Il migrante e il povero non si salvano solo perché sono migranti o sono poveri.
Stiamo assistendo ad una colossale messinscena, a un piano diabolico per costruire un nuovo ordine mondiale a cui concorrono classi dirigenti, finanzieri internazionali, pseudointellettuali (in realtà pennivendoli e prostituti intellettuali), golpisti internazionali e parte degli uomini di Chiesa. Si stanno creando enclavi di persone ostili alla cultura europea e alla nostra identità, e ben presto esploderanno (se già non lo fanno): non opporsi all’islam è una colpa grave. Occorre giudicare queste realtà non secondo le apparenze, ma con giusto giudizio, come ci ricorda Gesù nel Vangelo: Luca 12, 54-57: perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?
Se infatti non vi fosse più giudizio, non vi sarebbe più responsabilità. Ma esiste la responsabilità del cristiano per la salvezza delle anime, ed è necessario proclamare la verità. Occorre sempre vegliare e stare pronti, perché – citando Barsotti – “Dio ti fa un grande onore quando ti chiede qualcosa”, non tanto quando te la concede. Il cristiano non è mai solo: nel mondo ci sono altri credenti che come lui non hanno piegato il ginocchio di fronte a Bhaal.
Questo mondo nega la regalità sociale di Gesù Cristo, e il rischio di essere considerato pazzo viene corso volentieri da Danilo Quinto: perché è più importante donare la propria vita come testimonianza a Dio che tenerla per sé stessi e per i propri comodi. In conclusione della serata, è stata letta la meravigliosa lettera di mons. Luigi Negri alle vittime di Manchester, la quale è costata al presule attacchi da parte di frange di cattolici. Tutto questo non sfugge alle mani di Dio, a cui tutto concorre anche senza volerlo, anche opponendosi frontalmente al suo piano salvifico, mentre in realtà non fa che agevolarlo. Per finire, è stato citato san Luigi Maria Grignon de Montfort, il quale previde, nel 1712, l’avvento del regno di Maria – esattamente come rivelato a Fatima un secolo fa. Il nostro tempo non è il tempo di Dio: non disperiamo!
Il ciclo di conferenze proseguirà in autunno, a cominciare dal 29 settembre, sempre presso la parrocchia san Carlo Borromeo di Ancona, via Gentiloni 4.
http://www.campariedemaistre.com/2017/06/la-chiesa-smarrita-e-il-regno-di-maria.html
Con questa decisione, la prima di questo genere da parte di una conferenza episcopale, si ufficializza uno stato di crisi nella Chiesa cattolica che solo una parola chiara da chi è deputato istituzionalmente a darla – il Pontefice – può risolvere.
Ha probabilmente ragione papa Bergoglio nella sua tesi che il tempo è superiore allo spazzio, e che i processi avviati hanno ragione delle situazioni statiche. Ma purtroppo questo è vero per tutti i processi; e nel caso in questione noi abbiamo una divisione che il tempo accentua, invece di saldare.
In precedenza abbiamo avuto alcuni gruppi di vescovi – come quelli del Kazakhstan, o dell’Alberta e dei Territori del Nord Ovest che hanno deciso, in base all’Amoris Laetitia, che l’eucarestia non può essere data a chi vive con un coniuge more uxorio mentre il primo matrimonio è valido, e il primo coniuge è in vita. E abbiamo avuto numerosi vescovi che hanno deciso di muoversi in quel senso nella propria diocesi.
Ma quella della Conferenza Episcopale polacca è una decisione importante. Perché si tratta di una Chiesa ancora viva e fiorente, a differenza di altre dell’Europa Occidentale (vedi Belgio e Germania) che appaiono ben intrise dei germi che hanno portato le Chiese riformate dei loro Paesi alla semi-scomparsa. E cioè il desiderio di rincorrere i fedeli con una campagna di saldi basati sullo spirito della cultura prevalente. Perché è la Chiesa da cui è uscito l’ultimo papa santo della storia, che ha forgiato – insieme con Benedetto XVI – gli strumenti di fede e culturali necessari per affrontare la tempesta travolgente della secolarizzazione.
E’ difficile non vedere a questo punto, a oltre un anno dall’uscita dell’esortazione apostolica, che Amoris Laetitia costituisce una ferita aperta nel corpo della Chiesa. E non solo a livello di cardinali, vescovi, teologi, studiosi; ma di semplici fedeli. Per chi, come la persona che scrive, ha un contatto continuo sui social con persone di tutte le estrazioni e cammini di vita, questo è un dato evidente.
Così come sono un dato evidente le opposte interpretazioni da parte dei responsabili di diocesi. La punta di un iceberg, quelli che parlano (soprattutto contro, per timore di possibili e ahimè probabili ritorsioni, in questo regno) ma segnale di un disagio silenzioso molto più ampio. Qualche tempo fa LifeSiteNews ha pubblicato una lista dei pro e contro, che adesso è certamente molto più lunga. Ma che da sola parla, e chiede: chiarezza.
La chiede al Pontefice, come l’hanno chiesta i cardinali dei Dubia. E’ ideologia non voler vedere che c’è un problema, e un problema grave; non è ideologia porre delle questioni a chi ha la responsabilità di rispondere. Se non lo si vuole fare pubblicamente, lo si può fare in privato. E se i dubbiosi saranno convinti dalla spiegazione di Pietro, non esiteranno certo a dirlo pubblicamente, essi stessi. Ma dopo la presa di posizione di un’intera conferenza episcopale, e di quelle dimensioni e importanza, non si può far finta di niente.
http://www.marcotosatti.com/2017/06/09/la-conferenza-polacca-conferma-il-divieto-per-i-divorziati-risposati-senza-chiarezza-a-l-e-una-ferita-nella-chiesa/
Cardinali, vescovi e “Amoris laetitia”. Qualche conteggio
Per chi si occupa di sport questa è stagione di cifre, tabelle, consuntivi, classifiche. Anche nella Chiesa, comunque, c’è da fare qualche conto.
Parlo di cardinali, vescovi e «Amoris laetitia». E parto dalla Conferenza episcopale polacca, che a Zakopane ha concluso la sua assemblea generale con una dichiarazione del presidente, monsignor Pawel Rytel-Andrianik, secondo il quale l’insegnamento della Chiesa, per quanto riguarda la Santa Comunione per quelle persone che vivono in relazioni non sacramentali, «non è cambiato dopo “Amoris Laetitia”».
Nella loro dichiarazione pubblica, i vescovi polacchi spiegano che i cattolici che vivono tali relazioni dovrebbero essere portati «ad una vera conversione» e, facendo riferimento alla «Familiaris consortio» di Giovanni Paolo II, ribadiscono che l’accesso ai sacramenti per i risposati è possibile solo se essi vivono in un rapporto fedele e casto.
Dunque, dopo che monsignor Jan Watroba, presidente del Consiglio per la famiglia della Conferenza episcopale polacca, aveva già espresso la sua posizione a favore dell’insegnamento di Giovanni Paolo II, e dopo che l’ausiliare di Lublino, Józef Wróbel, aveva sostenuto la scelta dei quattro cardinali che hanno inviato a Francesco i loro «dubia» su «Amoris laetitia», ora i vescovi polacchi si sono ufficialmente pronunciati anche in forma comune e, a quel che ci risulta, si tratta della prima presa di posizione sostanzialmente critica verso «Amoris laetitia» da parte di una Conferenza episcopale.
In precedenza tre vescovi del Kazakistan (Tomash Peta, Jan Pawel Lenga e Atanasius Schneider) avevano diffuso, nel gennaio di quest’anno, una dichiarazione congiunta con la quale chiedevano a papa Francesco di «confermare la prassi immutabile della Chiesa per quanto riguarda la verità dell’indissolubilità del matrimonio». E sulla stessa linea era stata una presa di posizione di sei vescovi canadesi dell’Alberta e dei Territori del Nord Ovest, guidati dall’arcivescovo di Edmonton Richard Smith.
Se è vero che alcune conferenze episcopali (Malta, Germania e Belgio), così come nel caso dei vescovi della regione pastorale di Buenos Aires, hanno pubblicato linee guida in cui si prevede, a determinate condizioni, l’accesso ai sacramenti per i divorziati risposati, è anche vero che altri singoli vescovi in varie parti del mondo hanno detto che non permetteranno un cambiamento della dottrina cattolica sul matrimonio. Si tratta per esempio di Charles Chaput di Philadelphia, Vitus Huonder di Chur (Svizzera), Wolfgang Haas di Vaduz (Liechtenstein).
Ma è possibile avere un quadro un po’ più completo?
È quello che cerca di fare Maike Hickson, che nel sito «Onepeterfive», riprendendo un conteggio di «Lifesitenews», propone una tabella sulla base delle dichiarazioni pubbliche di cardinali e vescovi.
Eccola.
A favore dei «dubia»
Walter Brandmüller, Raymond Burke, Carlo Caffarra, Joachim Meisner (ovvero i quattro cardinali che hanno firmato i «dubia»), arcivescovo Luigi Negri (emerito di Ferrara – Comacchio), vescovo Charles J. Chaput, cardinale Joseph Zen (emerito di Hong Kong), vescovo Rene Henry Gracida (emerito di Corpus Christi, Texas), arcivescovo Tomash Peta, arcivescovo Jan Pawel Lenga, cardinale Wim Eijk (arcivescovo di Utrecht), vescovo Andreas Laun (Salisburgo, Austria), cardinale Renato Raffaele Martino, cardinale Paul Josef Cordes, vescovo James D. Conley (Lincoln, Nebraska), cardinale George Pell, vescovo Athanasius Schneider, vescovo Jan Watroba, vescovo Józef Wróbel.
Vescovi e cardinali che si oppongono ai «dubia»
Arcivescovo Bruno Forte (Chieti – Vasto), cardinale Vincent Nichols (arcivescovo di Westminster), cardinale Donald Wuerl (arcivescovo di Washington), cardinale Orlando Quevedo (arcivescovo di Cotabato, Filippine), cardinale Gerhard Müller (ma, sembra di capire, più per quanto riguarda la forma che la sostanza), cardinale Walter Kasper, cardinale Reinhard Marx, cardinale Fernando Sebastian Aguilar (emerito di Pamplona, Spagna), arcivescovo Mark Coleridge (Brisbane, Australia), monsignor Pio Vito Pinto, cardinale Wilfrid Fox Napier (arcivescovo di Durban, Sudafrica), cardinale Claudio Hummes, monsignor Frangiskos Papamanolis (emerito di Santorini, Grecia), cardinale Blase Cupich (arcivescovo di Chicago), cardinale Joseph Tobin (arcivescovo di Newark), cardinale Christoph Schönborn.
Stando alla tabella, c’è poi un cardinale in posizione intermedia, Angelo Amato, secondo il quale «il dibattito deve proseguire nel rispetto reciproco».
Come si vede, prima del pronunciamento dei vescovi polacchi il confronto era punto a punto, ma ora coloro che si sono dichiarati favorevoli ai «dubia» prevalgono. È chiaro comunque che la questione non è soltanto numerica. Per tanti motivi, la Chiesa polacca ha oggettivamente un peso notevole e il fatto che una Conferenza episcopale come quella abbia deciso di uscire allo scoperto apre una fase nuova.
Aldo Maria Valli
LA CONFERENZA POLACCA CONFERMA IL DIVIETO PER I DIVORZIATI-RISPOSATI. SENZA CHIAREZZA A.L. È UNA FERITA NELLA CHIESA.
Marco Tosatti
Nei giorni scorsi la Conferenza Episcopale polacca, riunita a Zakopane, sui monti Tatra, ha deciso unanimemente che in base all’Amoris Laetitia i divorziati risposati che non vivono come fratello e sorella non possono ricevere l’eucarestia. Qui trovate i dettagli della decisione, sulla Nuova Bussola Quotidiana.Con questa decisione, la prima di questo genere da parte di una conferenza episcopale, si ufficializza uno stato di crisi nella Chiesa cattolica che solo una parola chiara da chi è deputato istituzionalmente a darla – il Pontefice – può risolvere.
Ha probabilmente ragione papa Bergoglio nella sua tesi che il tempo è superiore allo spazzio, e che i processi avviati hanno ragione delle situazioni statiche. Ma purtroppo questo è vero per tutti i processi; e nel caso in questione noi abbiamo una divisione che il tempo accentua, invece di saldare.
In precedenza abbiamo avuto alcuni gruppi di vescovi – come quelli del Kazakhstan, o dell’Alberta e dei Territori del Nord Ovest che hanno deciso, in base all’Amoris Laetitia, che l’eucarestia non può essere data a chi vive con un coniuge more uxorio mentre il primo matrimonio è valido, e il primo coniuge è in vita. E abbiamo avuto numerosi vescovi che hanno deciso di muoversi in quel senso nella propria diocesi.
Ma quella della Conferenza Episcopale polacca è una decisione importante. Perché si tratta di una Chiesa ancora viva e fiorente, a differenza di altre dell’Europa Occidentale (vedi Belgio e Germania) che appaiono ben intrise dei germi che hanno portato le Chiese riformate dei loro Paesi alla semi-scomparsa. E cioè il desiderio di rincorrere i fedeli con una campagna di saldi basati sullo spirito della cultura prevalente. Perché è la Chiesa da cui è uscito l’ultimo papa santo della storia, che ha forgiato – insieme con Benedetto XVI – gli strumenti di fede e culturali necessari per affrontare la tempesta travolgente della secolarizzazione.
E’ difficile non vedere a questo punto, a oltre un anno dall’uscita dell’esortazione apostolica, che Amoris Laetitia costituisce una ferita aperta nel corpo della Chiesa. E non solo a livello di cardinali, vescovi, teologi, studiosi; ma di semplici fedeli. Per chi, come la persona che scrive, ha un contatto continuo sui social con persone di tutte le estrazioni e cammini di vita, questo è un dato evidente.
Così come sono un dato evidente le opposte interpretazioni da parte dei responsabili di diocesi. La punta di un iceberg, quelli che parlano (soprattutto contro, per timore di possibili e ahimè probabili ritorsioni, in questo regno) ma segnale di un disagio silenzioso molto più ampio. Qualche tempo fa LifeSiteNews ha pubblicato una lista dei pro e contro, che adesso è certamente molto più lunga. Ma che da sola parla, e chiede: chiarezza.
La chiede al Pontefice, come l’hanno chiesta i cardinali dei Dubia. E’ ideologia non voler vedere che c’è un problema, e un problema grave; non è ideologia porre delle questioni a chi ha la responsabilità di rispondere. Se non lo si vuole fare pubblicamente, lo si può fare in privato. E se i dubbiosi saranno convinti dalla spiegazione di Pietro, non esiteranno certo a dirlo pubblicamente, essi stessi. Ma dopo la presa di posizione di un’intera conferenza episcopale, e di quelle dimensioni e importanza, non si può far finta di niente.
http://www.marcotosatti.com/2017/06/09/la-conferenza-polacca-conferma-il-divieto-per-i-divorziati-risposati-senza-chiarezza-a-l-e-una-ferita-nella-chiesa/
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