Papa Francesco segreto, nelle omelie a Santa Marta il suo
vero pensiero
C’è un aspetto nascosto dell’impegno di papa Francesco, perché si svolge lontano dalle telecamere e dai giornalisti. Dunque non è “visibile” all’opinione pubblica. E’ uno spazio che Jorge Mario Bergoglio si è riservato per evitare che la sua attività di leader della Chiesa cattolica e di capo di Stato soffochi la sua dimensione di parroco. Si tratta delle messe mattutine, che celebra nella residenza Santa Marta dinanzi ad una trentina di persone, fedeli di parrocchie romane o pellegrini venuti dall’estero.
“Nascosto” non vuol dire segreto, perché le messe sono documentate. Ma rispetto alla cronaca quotidiana, basata sulle immagini, questo aspetto di Francesco rimane quasi nell’ombra.
E invece le sue omelie da parroco, meno altisonanti di quelle pronunciate davanti alle folle, sono estremamente interessanti per capire il nucleo del pensiero di Francesco e la visione che lo accompagna nel suo sforzo di riforma della Chiesa. I critici del pontefice tendono a dipingerlo come “poco teologo”, mentre in realtà le sue parole volutamente semplici e comprensibili ad un uditorio vasto sono sorrette da un pensiero complesso. Un pensiero orientato a cogliere le sfide, che il grande mutamento dovuto alla secolarizzazione pone alla vecchia “Chiesa del catechismo” e della tradizione fossilizzata. Questa Chiesa è diventata in larga parte estranea alle giovani generazioni, che silenziosamente – senza contestazioni – si pongono fuori campo, e il Papa, per usare un’immagine, è come un seminatore che lancia semi di riflessione.
Gianpiero Gamaleri, sociologo e docente di Scienze della comunicazione in università laiche ed ecclesiastiche (tra l’altro è membro del Cda del Centro Televisivo Vaticano), segue da tempo il Bergoglio delle celebrazioni mattutine e ad esse ha dedicato un attento monitoraggio, ricco di commenti, raccolto in un volume intitolato “Santa Marta – Omelie” (ed. Libreria Editrice Vaticana). “Papa Francesco – sottolinea – è sensibilissimo agli eventi”. E in questa capacità di tenere insieme l’attenzione ai fatti del mondo contemporanea, gli episodi del Vangelo e l’afflato religioso sta certamente il segreto della comunicatività dell’attuale papa. Si prenda solo la predica di una mattinata di marzo del 2016. “Tre giorni fa è morto uno, qui, sulla strada, un senzatetto: è morto di freddo. In piena Roma, una città con tutte le possibilità per aiutare. Perché, Signore? Neppure una carezza… Ma io mi affido, perché Tu non deludi. Signore non ti capisco. Questa è una bella preghiera. Ma senza capire mi affido nelle tue mani”. C’è tutto. L’esortazione a non chiudere gli occhi dinanzi alle tragedie quotidiane, la “teologia della non comprensione del silenzio di Dio”, l’affidamento in Cristo che viene dalla fede.
La Chiesa a cui pensa Francesco, anzi come dice lui il “Regno di Dio”, non si affida alla “religione dello spettacolo… sempre (alla ricerca di ) cose nuove, rivelazioni, messaggi… Fuochi d’artificio che illuminano per un momento”. (Per chi vuole capire è un’archiviazione delle multirivelazioni di Medjugorie). Il Regno di Dio non è una “struttura ben fatta, tutto in ordine, organigrammi ben fatti… ”. E’ qualcosa che si costruisce nella quotidianità, il prodotto di un cammino, una crescita. La rigidità non serve e nemmeno il “fissismo” (Bergoglio inventa spesso parole). Credere nello Spirito Santo significa “andare avanti”, mentre i Dottori della Legge “incantano” con le ideologie. E’ evidente che un simile approccio risulti destabilizzante per i fautori di una dottrina concepita come legge e ordine e di una Chiesa militarmente organizzata.
Emergono in queste omelie – in parte preparate, in parte sviluppate a braccio – molte esperienze dirette di Bergoglio. Come lo squarcio sulla “fila di mamme nelle carceri di Buenos Aires… donne (che) soffrivano non solo la vergogna di essere lì, ma anche le più brutte umiliazioni nelle perquisizioni che venivano fatte loro prima di entrare…”.
Molti altri impulsi si colgono in queste prediche. La ripulsa per la corruzione, la valorizzazione del dubbio (anche Giovanni il Battista, ricorda Francesco, ha dubitato), l’esigenza che il perdono sia totale e dunque comporti che gli altri dimentichino il peccato commesso, l’importanza che la fede cristiana sia caratterizzata da “gioia” e “stupore”, mai da routine. La denuncia definitiva che il terrorismo, che si ammanta di religione, è “satanico”. Il giorno della morte di padre Jacques Hamel, sgozzato in Francia da adepti dell’Isis, Francesco esclama da leader religioso (e geopolitico): “Quanto piacerebbe che tutte le confessioni religiose dicessero ‘Uccidere in nome di Dio è satanico!’. Gli input, che vengono dalle omelie di Santa Marta, vanno in tutte le direzioni. Gamaleri rileva che il messaggio di Francesco ha un richiamo universale. Di certo i sondaggi confermano che il papa argentino parla al di là di frontiere confessionali e filosofiche.
http://www.ilfattoquotidiano.it/2017/07/27/papa-francesco-segreto-nelle-omelie-a-santa-marta-il-suo-vero-pensiero/3758279/
Il curioso Articolo n. 36 del MP di Papa Francesco
Il curioso Articolo n. 36 del MP di Papa Francesco
Il famoso proverbio: “fa ciò che il prete dice, non ciò che il prete fa….”, insegna che i precetti valgono anche se chi li proclama, spesso poi, non li rispetta. E’ forse il caso del recente Motu proprio di Papa Francesco sulle regole che stabiliranno chi saranno i “nuovi martiri”? Al momento non vogliamo occuparci del MP in questione di cui ha spiegato già qualcosa il prof. de Mattei qui, piuttosto vogliamo catturare la vostra attenzione su di un articolo in particolare che dice, anzi proibisce letteralmente:
“Tutto ciò che ho deliberato con questa Lettera Apostolica in forma di Motu proprio, ordino che sia osservato in tutte le sue parti, nonostante qualsiasi cosa contraria……” (testo integrale qui)
Abbiamo letto bene? Papa Francesco, ragionevolmente e legittimamente, proibisce e vieta che nelle chiese si faccia una qualsiasi celebrazione di defunti (religiosi o laici) che, anche se morti per alcuni in odore di santità…. sono ancora oggetto di indagine… e persino al di fuori della chiesa “bisogna astenersi” su atteggiamenti che possono indurre in errore i fedeli a credere che: se un vescovo si occupasse di una indagine del genere, questa possa significare una canonizzazione automatica…
Bene! Siamo perfettamente d’accordo con il santo Padre Francesco, anche perché è sempre stata questa la prassi della Chiesa.
Tuttavia, ed è qui la nostra curiosità, non comprendiamo perché il primo a calpestare questa regola è proprio Papa Francesco sia nei confronti di Martin Lutero, per altro neppure “Servo di Dio” ma vero e proprio eretico, clicca qui, e vedi qui esattamente un anno fa… sia nei confronti di Don Lorenzo Milani, i cui scritti ed insegnamento furono condannati dalla Congregazione per la Dottrina della Fede e mai venne dichiarato “servo di Dio”, vedi qui.
A che gioco sta giocando Papa Francesco? Di certo sappiamo che di recente lo stesso Avvenire ha giocato “sporco” – clicca qui – eliminando il vero Servo di Dio – Don Giussani – dall’insegnamento della religione cattolica nelle scuole e sdoganando di soppiatto Don Milani, quasi anticipando questo articolo 36 che allora non era ancora uscito…. insomma nessun “panegirico” su Don Giussani, sembrerebbe di leggere, eppure il Papa stesso contravvenendo all’articolo, di panegirici ne ha fatti a iosa sia su Lutero, quanto su Milani, imponendo una sua interpretazione errata su questi “falsi maestri”, inducendo molti fedeli nell’errore…
Non possiamo affermare con certezza a cosa stia mirando Papa Francesco, ma è certo che leggendo questo articolo 36 ci viene da dire: fa ciò che il prete dice, non ciò che il prete fa…. e che tutti i recenti panegirici su Lutero e su Milani da parte di Bergoglio, valgono meno di zero e contravvengono, questi stessi, alle leggi stabilite dalla santa Chiesa.
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