Traduzioni e liturgia, Sarah frena la deriva
Quando il 9 settembre scorso fu reso noto il Motu Proprio di
papa Francesco, Magnum Principium, i soliti noti hanno gridato al “Liberi
tutti” per le traduzioni dei testi liturgici. Così ora interviene il prefetto
della Congregazione per il Culto Divino, il cardinale Robert Sarah, a ribadire
alcuni punti fermi e a rimettere nel giusto equilibrio il rapporto tra Santa
Sede e Conferenze episcopali per evitare una sorta di “federalismo liturgico”.
Non si tratta di un documento ufficiale della Congregazione, ma di una
iniziativa personale del Prefetto, un «contributo per la corretta comprensione
di Magnum Principium», come il cardinale Sarah titola la sua lettera che la
Nuova BQ pubblica in esclusiva per l’Italia.
Della partita che si sta giocando sulle traduzioni dei testi
liturgici abbiamo già parlato, è una questione delicata che va a toccare gli
stessi contenuti della fede. Per capire dove può andare a parare Magnum
Principium, basta leggere i commenti del liturgista Andrea Grillo, uno dei
personaggi che ha lavorato con il segretario della Congregazione per il Culto
Divino, monsignor Arthur Roche, per promuovere i cambiamenti nei criteri delle
traduzioni dal latino in senso contrario a quanto auspicato da papa Benedetto
XVI e prima ancora da san Giovanni Paolo II. Grillo (clicca qui), che si è
distinto recentemente anche per una serie di invettive contro il cardinale
Sarah, ha spiegato che l’obiettivo è superare l’istruzione Liturgiam
Authenticam (2001), che richiedeva una traduzione letterale dei testi dal
latino, a favore di una interpretazione che li renda più comprensibili alla
popolazione locale. Grillo parla esplicitamente di “diritto all’interpretazione”,
sottintendo il maggiore potere che le Conferenze Episcopali devono avere in
materia.
In linea di principio il cardinal Sarah – riprendendo quanto
già osservava il cardinale Ratzinger (poi Benedetto XVI) – non obietta affatto
alla distinzione tra traduzione e interpretazione, ma si preoccupa che questa
non copra la voglia di rivoluzione che alcuni stanno portando avanti. E per
capire appieno l’iniziativa del cardinale Sarah, va ricordato che la
commissione che ha lavorato alla preparazione del Motu Proprio, lo ha fatto
alle sue spalle, tenendolo volutamente all’oscuro.
Entrando nel merito del documento firmato dal cardinale
Sarah, come dicevamo emerge chiara la preoccupazione che la distinzione che
viene fatta in Magnum Principium tra traduzione (= la resa del testo liturgico
in lingua vernacola a partire dall’originale “tipico” latino) e adattamento (=
un nuovo testo aggiunto, un nuovo rito o la modifica di un rito esistente) non
diventi il pretesto per far passare di tutto. Il nuovo canone 838 prevede
infatti un diverso tipo di approvazione da parte della Santa Sede: la confirmatio/conferma per le traduzioni e
la recognitio/revisione per gli adattamenti (cfr su questo più ampiamente padreRiccardo Barile in la NBQ).
Ecco dunque in breve i principali chiarimenti proposti dal
cardinale Sarah:
1. Per le traduzioni restano in vigore le norme attuali di
Liturgiam autenthicam (2001), che richiedono la fedeltà e insieme offrono i
criteri per l’adattamento linguistico nel passaggio dal latino alle lingue
parlate.
2. Sia la confirmatio che la recognitio stabiliscono che
sempre è necessaria l’approvazione della Santa Sede e, dal punto di vista
dell’approvazione, quasi non sembra esserci
differenza e sono intercambiabili.
Anche la conferma richiede la revisione del testo tradotto.
3. C’è differenza invece nel risultato finale, perché la
traduzione è la semplice trasposizione di un libro liturgico dal latino a una
lingua parlata, mentre l’adattamento modifica poco o tanto la edizione tipica
dello stesso libro per quella lingua o area linguistica.
4. Il card. Sarah prevede e auspica una differenza anche nel
procedimento previo: infatti la traduzione sembra più affidata direttamente
alle Conferenze Episcopali le quali poi chiederebbero la conferma alla Santa
Sede, mentre gli adattamenti, data la loro natura più delicata, per giungere
alla auspicata recognitio finale, sembrerebbero richiedere un più opportuno
lavoro di concertazione previa tra le Conferenze Episcopali interessate e la
Santa Sede. Ovviamente tale concertazione previa sarebbe auspicabile anche per
le traduzioni, non in tutto, ma almeno per la traduzione di alcuni termini
particolarmente fondamentali e delicati in ordine all’espressione della fede e
della preghiera della Chiesa.
Questi chiarimenti non piaceranno sicuramente ai soliti
“Guardiani della rivoluzione” e ad alcuni episcopati che mal sopportavano le
precedenti disposizioni. Vedi ad esempio la conferenza episcopale tedesca, che
ha appena annunciato lo stop alla traduzione in tedesco del messale. Ilcardinale Reinhard Marx, secondo quanto riportato dalla testata britannica The
Tablet, considera finita “Liturgiam Authenticam” e quindi decadute tutte le
precedenti disposizioni. Il lavoro sul messale tedesco si era arenato sulle
parole della consacrazione eucaristica, una questione che stava molto a cuore a
Benedetto XVI. Quando si parla del sangue versato da Cristo, il “pro multis”
latino viene tradotto da molti episcopati con “per tutti” anziché “per molti”,
come sarebbe letteralmente. Benedetto XVI aveva dunque invitato tutti gli
episcopati del mondo a correggere la traduzione – risultando “per molti” la
versione corretta -, ma non tutti si sono ancora adeguati: fra questi la
Germania, che ora si sente libera di fare la sua strada.
(Ha collaborato padre Riccardo Barile)
Riccardo Cascioli
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