ABASCAL: RELATIVISMO
ESTREMO
di Francesco Lamendola
Nel
febbraio del 2017 il nuovo generale dei gesuiti, padre Arturo Sosa
Abascal ha pensato bene di presentarsi per mezzo di una intervista
(oggi si usa così...) al giornalista svizzero-ticinese Giuseppe Rusconi,
per il sito rossoporpora, intervista poi ripresa e pubblicata sul Giornale del Popolo
di Lugano. Polemizzando, neanche tanto indirettamente, con il cardinale
Gerhard Ludwig Müller, il quale aveva ribadito, a proposito
dell'insegnamento cattolico sul matrimonio, che le parole di Gesù circa
la sua indissolubilità sono chiarissime, e quindi la dottrina cattolica è
immodificabile, Sosa ha fatto una serie di affermazioni a dir poco
sconcertanti, del seguente tenore:
Intanto
bisognerebbe incominciare una bella riflessione su che cosa ha detto
veramente Gesù. A quel tempo nessuno aveva un registratore per inciderne
le parole. Quello che si sa è che le parole di Gesù vanno
contestualizzate, sono espresse con un linguaggio, in un ambiente
preciso, sono indirizzate a qualcuno di definito. [...]
Nell'ultimo
secolo nella Chiesa c'è stato un grande fiorire di studi che cercano di
capire esattamente che cosa volesse dire Gesù. Ciò non è relativismo,
ma certifica che la parola è relativa, il Vangelo è scritto da esseri
umani, è accettato dalla chiesa che fatta di persone umane. [...]
Perciò è vero che nessuno può cambiare la parola di Gesù, ma bisogna sapere quale è stata!
[E
sulla posizione della Chiesa circa l'indissolubilità del matrimonio] Io
mi identifico con ciò che dice papa Francesco. Non si mette in dubbio,
si mette a discernimento.[...]
Dottrina
è una parola che non mi piace molto, porta con sé l'immagine della
durezza della pietra. Invece la realtà umana è molto più sfumata, non è
mai bianca o nera, è in un sviluppo continuo".
Secondo padre Sosa, la parole dottrina
fa pensare alla durezza della pietra, mentre la realtà umana è molto
più sfumata, eccetera. Questo è un corto circuito del pensiero: egli
ammette che l'uomo è perennemente "in situazione", ma rifiuta l'unica
cosa che può dargli stabilità, uniformità, armonia, senso e direzione:
la certezza del vero. Gesù stesso paragona la fede a una casa costruita
sulla roccia, che nessuna tempesta è in grado di scuotere dalle sue
fondamenta: ebbene, la dottrina è il materiale di cui sono fatte le basi
della fede. Una fede senza dottrina è un assurdo: fede in che cosa, di
grazia? Fede nell'uomo stesso, per caso? Verrebbe da pensarlo, visto
che, in questa concezione, tutto è rapportato all'uomo, tutto fa
riferimento all'uomo e pare che Dio stesso debba adottare il punto di
vista umano, il che è un vero rovesciamento della sana teologia, la
quale ha sempre saputo ed insegnato che le vie del Signore non sono le
vie dell’uomo; e inoltre - come ha detto Gesù in persona - Dio nasconde
il suo mistero ai sapienti e agli intelligenti, per rivelarlo ai
piccoli, cioè agli umili di mente e di cuore. Ma non c'è alcuna traccia
di umiltà nel modo di porre le questioni della fede da parte di padre
Sosa. Non c'è alcuna umiltà, quando egli dice, con inverosimile nonchalance,
di non amare la parola dottrina, che duemila anni di Magistero ha
sempre considerato come l'anima delle vera fede. Non c'è alcuna traccia
di umiltà, quando dice che ai tempi di Gesù nessuno ha inciso su nastro
le sue parole e che, pertanto, non si sa cosa realmente abbia detto il
Sognore: è come insinuare che, per duemila anni, la Chiesa ha costruito
dei castelli di sabbia. E non c'è ombra di umiltà nelle parole di padre
Sosa, laddove egli dice, con tutta tranquillità, che si tratta di sapere
cosa Gesù realmente abbia detto: è come se accusasse
duecentosessanta papi e ottanta generazioni di cattolici di aver
costruito un Vangelo ipotetico, opinabile, forse addirittura arbitrario.
La
sua malizia e la sua disonestà intellettuale traspaiono anche dai
particolari. Quando dice, con sicumera, che nell'ultimo secolo c'è stata
una grande fioritura di studi, nella Chiesa, per capire che cosa
veramente ha detto Gesù Cristo, dice una cosa falsa e tendenziosa. Non
nell'ultimo secolo: nell'ultimo mezzo secolo, cioè dopo il
Vaticano II. Un secolo fa c'era Benedetto XV, e recente era la scomunica
del modernismo da parte di Pio X. Nessuno si sognava di porre in dubbio
che i Vangeli riportassero fedelmente le parole e il pensiero di Gesù,
né che la Chiesa custodisse da sempre e riportasse fedelmente i
Vangeli. Solo qualche eretico e qualche scomunicato lo faceva, come
Ernesto Buonaiuti: qualcuno che non era nella Chiesa o che ne veniva
allora cacciato. Forse padre Sosa intende riabilitare implicitamente e
surrettiziamente quelle persone? Ci sarebbe da pensarlo, vista la sua
perfetta sintonia con papa Francesco, il quale, vedi il caso di don
Lorenzo Milani (che il "papa buono" per antonomasia, Giovanni XXIII,
aveva definito un povero pazzerello fuggito dal manicomio, proprio per la pubblicazione del libro Esperienze pastorali,
ora tanto lodato), di riabilitazione di preti discussi e discutibili se
ne intende parecchio. A parte costoro, quelli che procedevano
nell'esegesi biblica a colpi di "smitizzazione", un pezzo dopo l’altro,
erano i teologi protestanti della scuola cosiddetta liberale, non certo i
cattolici. E chi voglia apprezzare la differenza, metta a confronto i
lavori di Rudolf Bultmann - per esempio il suo Gesù - il quale,
togliendo un "mito" dopo l'altro, non lascia praticamente più nulla di
soprannaturale intorno alla figura del Redentore, tanto da autorizzare
la domanda se ci troviamo di fronte al Figlio di Dio o ad un semplice
uomo di alta statura morale, e la Vita di Gesù Cristo di
Giuseppe Ricciotti, forse il migliore storico del Vangelo della scuola
cattolica ortodossa: quella che non poneva affatto in dubbio la
veridicità dei Vangeli e la loro perfetta attendibilità quanto alle cose
dette e fatte da Gesù Cristo, registratori o non registratori
posizionati per coglierne la viva voce.
Eppure, il Vangelo di Giovanni, nella conclusione (21, 24-25), afferma: Questo
è il discepolo che rende testimonianza sui questo fatti; e li ha
scritti e noi sappiano che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora
molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una,
penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si
dovrebbero scrivere. Perciò, i casi sono due: o si crede agli
evangelisti, o non ci si crede, e si presta fede a padre Sosa. Da una
parte le persone che vissero accanto a Gesù, i suoi discepoli e quelli
per primi si fecero i battezzare e accolsero il Vangelo, insieme a
duemila anni di Padri della Chiesa, a venti concili ecumenici (il
Vaticano II è il ventunesimo), compresi quelli di Trento e il Vaticano
I, dei quali i teologi e il clero modernisti non amano parlare mai;
dall’altro, padre Sosa e quelli che la pensano come lui. Ma chi è padre
Sosa? Il generale dei gesuiti. Dunque, prendiamo atto che a un generale
dei gesuiti, l’ordine religioso più importante della Chiesa cattolica,
quello dal quale proviene anche il papa attuale (il primo ed unico, a
dire il vero; mai un gesuita aveva avuto l’ambizione di sedersi sulla
cattedra di san Pietro, finora) è permesso dire – e dire alla stampa,
come una qualsiasi personalità laica, che parla prima ai giornalista e
poi, eventualmente, ai fedeli - qualcosa che, fino a pochi anni fa,
sarebbe costato caro a un qualsiasi seminarista di un qualsiasi
seminario cattolico, per non parlare di un professore di teologia o di
scienze bibliche: che nessuno sa cosa disse veramente Gesù Cristo. Si
tratta di un’affermazione inaudita, intollerabile: per farsi un’idea
della sua gravità e della sua follia, si provi a immaginare un musulmano
il quale affermi che non si può sapere se quel che c’è scritto nel Corano
sia davvero ciò che disse, o dettò, il profeta Maometto. Le sue parole
verrebbero giudicate una provocazione e una bestemmia intollerabile, e
un tale incauto sarebbe lapidato all’istante.
«E noi sappiamo che la sua testimonianza è vera»
di Francesco Lamendola
continua su:
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.