Sorpresa: questo pagliaccio è un cardinale. Non parliamo di un cardinale qualunque, ma di un vero e proprio pezzo grosso: è Karl Lehmnann una delle punte di diamante dei cattolici progressisti tedeschi grande amico dei luterani
di Francesco Lamendola
Sorpresa: questo pagliaccio è un cardinale
Voi non ci crederete, ma questo pagliaccio è, in realtà, un cardinale; e non un cardinale qualunque, ma un vero e proprio pezzo grosso: è Karl Lehmnann, classe 1936, già vescovo di Magonza, e presidente, per un tempo lunghissimo, della Conferenza episcopale tedesca. Eletto a tale carica nel 1987, è stato riconfermato per tre volte successive: 1993, 1999 e 2005, ed è rimasto fino al 2008, per un totale di oltre vent’anni. Ben noto come una delle punte di diamante dei cattolici progressisti tedeschi, grande amico dei luterani e dei membri del movimento ultra-progressista Noi siamo chiesa (il nome è tutto un programma: loro sono Chiesa, gli altri no), favorevole al sacerdozio femminile e al matrimonio per i sacerdoti, si è scontrato in maniera durissima con Giovanni Paolo II sul tema dell’aborto e, in particolare, sulla funzione dei consultori cattolici; si dice che a quell’epoca, ossia il 2000, abbia chiesto perfino le dimissioni del papa, anche se a spuntarla, alla fine, è stato proprio il pontefice polacco. Grande paladino dell’ecumenismo e del cosiddetto dialogo-interreligioso, all’inizio del 2009, cioè all’epoca dell’affare Williamson, è intervenuto con inaudita veemenza nella polemica che stava per travolgere il suo connazionale Ratzinger, dicendosi costernato per la remissione della scomunica al vescovo negazionista e invocando la cacciata del cardinale Dario Castillon Hoyos, che aveva seguito la vicenda della remissione della scomunica dei quattro vescovi lefebvriani e che non si era sufficientemente informato sulle posizioni negazioniste, o fatte passare come tali, di Williamson.
Un bell’esempio di tolleranza e carità cristiana, cui si aggiunse la proibizione al suddetto Williamson di usufruire di qualsiasi struttura ecclesiastica nella diocesi di Magonza, qualora avesse voluto recarvisi per tenere funzioni religiose o conferenze, mentre il tribunale di Magonza apriva un procedimento contro Williamson per incitamento all’odio razziale, sempre dietro sollecitazione della diocesi progressista e dei cattolici tedeschi di sinistra. Abbiamo già parlato di queste cose in precedenti articoli, perciò non ci dilungheremo oltre (vedi: Il caso Williamson fu un complotto per screditare il pontificato di Benedetto XVI, pubblicato sul sito di Arianna Editrice il 29/07/2015; Ancora su Benedetto XVI e il caso Williamson: una ulteriore chiave di lettura, sempre su Arianna, il 25/10/2016; eShoah, Concilio, Williamson: scacco in tre mosse, sul sito di Accademia Nuova Italia, il 25/12/2017). A queste brillanti attività di pacificatore degli animi e di costruttore di ponti, sia dentro che fuori la Chiesa cattolica, si deve aggiungere la sua pubblica dichiarazione, molto simile a quella della cancelliera Angela Merkel e apertamente censoria e oltraggiosa nei confronti di Benedetto XVI, che la decisione di Benedetto XVI di riammettere Williamson nel seno della Chiesa è una catastrofe per i sopravvissuto dell’Olocausto. Cioè: per non ferire i sentimenti di quelle perone, il papa non avrebbe dovuto rimettere la scomunica, che era stata comminata per tutt’altre ragioni, a un vescovo cattolico; remissione che era stata pensata come un atto di pacificazione all’interno della Chiesa, per tentar di riassorbire lo scisma dei lefebvriani. La morale è chiara: dialogo con le altre religioni, sì, fino alla prosternazione di fronte ad esse; dialogo con i fratelli cattolici non progressisti, no, mai: quelli, che se ne vadano pure a bruciare nelle fiamme dell’inferno, scomunicati e dannati. Dove non si capisce, o forse si capisce fin troppo bene, cosa c’entri una opinione storica riguardo al genocidio degli ebrei, e i sentimenti degli scampati ad esso, con una decisione di ordine disciplinare tutta interna alla Chiesa cattolica: se non che la Chiesa cattolica, prima di fare qualsiasi cosa possa avere attinenza, anche in maniera indiretta, con le relazioni col giudaismo, dovrebbe sempre anteporre l’interesse di tale supposto “dialogo” con i nostri fratelli maggiori (e qui si raccoglie ciò ch’è stato seminato: intendiamo dire, la politica vaticana verso il giudaismo al tempo di Giovanni Paolo II) al bene e alla giustizia riguardo a se stessa. Cioè, in parole più semplici, che, riguardo al giudaismo, la Chiesa è una istituzione a sovranità limitata, bisognosa di una supervisione e di un placet su tutto ciò che lo riguarda, anche al prezzo di aver poca o nessuna carità verso alcuni dei suoi stessi figli.
Naturalmente, da buon cattolico progressista sempre attento e preoccupato per i “poveri”, per i “diversi”, per i “deboli” e gli immigrati, il cardinale Lehmann è un assiduo frequentatori degli ambienti radical-chic del suo Paese, quelli che da noi si chiamano dei progressisti al caviale: si trova a suo agio fra signore ingioiellate e signori in frak e cravattino a farfalla, non meno che davanti a un gran boccale di birra, seduto ad una chiassosa e concitata tavolata nazional-popolare, cantando e ridendo da buon borghese tedesco che odia le tristezze quaresimali e vuol tenersi allegro e contento. Il 22 gennaio 2005, ad Aquisgrana, l’arzillo cardinale ha partecipato ad un banchetto dell’AKV, Associazione del Carnevale di Aquisgrana, durante la quale è stato anche insignito di un ordine “cavalleresco”. Indossando il berretto, gli abiti e le collane da pagliaccio sopra l’abito da prete, si è lasciato immortalare in una serie di fotografie che lo ritraggono, fra l’altro, al centro di un gruppo di ragazze molto giovani, truccatissime, sexy e tutte con l’ombelico rigorosamente scoperto, situazione nella quale pareva particolarmente a suoi agio, forse con il generoso contributo di un certo numero di birre, simile a un nonno giovanile e di larghe vedute, che se ne va fiero delle sue graziose e disinibite nipotine. Avevamo scritto, erroneamente, che la deliziosa scenetta si era svolta in chiesa (nell’articolo La neochiesa massonica sta creando un falso Cristo, pubblicato sul sito dell’Accademia Nuova Italia il 02/01/2018); ne siamo dolenti: il fatto è che non si distingue troppo bene quando un cardinale fa il pagliaccio e quando un pagliaccio fa il cardinale. In effetti, è una questione di sfondo: ma se lo sfondo non è chiaro, se non si capisce se ci troviamo in chiesa oppure no, lo si dovrebbe dedurre dalla qualifica e soprattutto dalla dignità del cardinale (se è un cardinale vero e non uno carnevalesco). Proprio questa ambiguità, o, per dir meglio, questa intercambiabilità dei ruoli e delle situazioni, è la migliore testimonianza di quanto la Chiesa cattolica si è sviata, di quanto s’è allontanata dalla retta via. Infatti, in condizioni normali simili confusioni non dovrebbero essere possibili. Un cardinale, in certi luoghi e in certe circostanze, non dovrebbe esserci affatto; ma, se proprio decide di voler esserci, di non poterne fare a meno, forse farebbe bene a conservare, nella persona e negli atteggiamenti, un qualcosa che somigli ancora, o che ricordi non troppo da lontano, la sua qualità di ministro di Dio. Certo, anche Gesù Cristo andava talvolta alle feste; a un matrimonio, se non altro, c’è stato di sicuro: quello di Cana. Ma nulla ci autorizza a pensare che vi andasse, con la scusa di “essere vicino alla gente”, alla maniera di un cardinale Lehmann, gozzovigliando e sbevazzando senza contegno.
D’altra parte, sappiamo bene che, in Germania, simili cose sono ormai considerate normalissime. I cattolici tedeschi e il clero tedesco, e specialmente i cattolici ed il clero dichiaratamente progressisti, da molto tempo vogliono far vedere a tutti, e soprattutto ai “cugini” luterani (diciamo noi “cugini”, tanto per rendere l’idea: se gli ebrei sono i nostri fratelli maggiori, certo i protestanti non si possono chiamare i fratelli “separati”, sarebbe una grave indelicatezza, come girare il dito nella piaga), quanto sono liberi e disinibiti. Specialmente ai luterani, perché verso di essi, da cinque secoli, i cattolici tedeschi nutrono un complesso d’inferiorità: si capisce, i luterani leggevano la Bibbia in tedesco, quella tradotta da Lutero, quando ancora i cattolici non sapevano leggere né la Bibbia in latino, né qualsiasi testo in tedesco, perché erano proprio analfabeti. E quel complesso d’inferiorità non ha fatto che crescere, dando loro l’impressione di stare accumulando un ritardo incolmabile verso i più evoluti connazionali protestanti: loro più colti, più lettori di libri, più studiosi, più laureati, più professionisti, più industrializzati, più ricchi… insomma, più tutto (la situazione economica si è poi rovesciata dopo il 1990, coi luterani della ex DDR scivolati all’ultimo posto e gli ex “poveretti” bavaresi balzati nell’alta classifica del reddito nazionale), nonché più laici e secolarizzati. Il complesso ha toccato il diapason al principio del XX secolo, con il dilagare della cosiddetta teologia liberale protestante: quando i Bultmann e i Tillich parevano aver toccato il vertice della profondità e della genialità negli studi biblici ed evangelici, portando il cristianesimo, sulle orme di Kant (e poi di Hegel, e poi di Nietzsche, e poi di Heidegger, ma poco o niente di Kierkegaard, beninteso), ad una dignità quasi scientifica, e naturalmente sacrificando, sull’altare di un così ambito risultato, tutto ciò che in nessun modo si può ridurre a scienza: il mito, per esempio, e poi gran parte del soprannaturale, i miracoli, forse la stessa resurrezione di Cristo, se non proprio la sua storicità, come arrivò a fare, dubitandone, il celebre pastore luterano Schweitzer.
Non è un caso, certamente, il fatto che proprio in quegli stessi anni abbia cominciato a serpeggiare, in seno al cattolicesimo, il veleno modernista: il modernismo era qualcosa di simile al tentativo di “aggiornare” la Chiesa e la cultura cattolica alle “conquiste”, in primo luogo scientifiche, del mondo moderno, proprio come avevano già fatto, e seguitavano brillantemente a fare, i “colleghi”/rivali protestanti.
Sorpresa: questo pagliaccio è un cardinale
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