Le pene di Papa Bergoglio
L’Epifania tutte le feste porta via, diceva un vecchio moto popolare. Le Feste, non le pene. Quelle che accompagneranno l’anno di Papa Bergoglio non saranno da poco. I problemi irrisolti del suo pontificato. La riforma della Curia, l’ opposizione che in modo diverso si manifesta contro il suo operato all’interno della Chiesa, espressa peraltro anche a livelli molto alti. Si pensi ai “dubia”, scritti e resi pubblici da importanti cardinali.
Nel suo recente viaggio in Asia, mentre levava la sua voce contro l’ eccidio dei Rohingya, Il Cardinale Muller, in una intervista concessa a Massimo Franco per il Corriere della sera, faceva intravvedere la possibilità di eventi scismatici. Negli stessi giorni il vicedirettore dello IOR veniva licenziato in tronco e accompagnato alla porta-confine della Città del Vaticano da due colleghi (in modo che non avesse il tempo per organizzarsi e portare con sé documenti e dossier da usare poi?).
Nel suo recente viaggio in Asia, mentre levava la sua voce contro l’ eccidio dei Rohingya, Il Cardinale Muller, in una intervista concessa a Massimo Franco per il Corriere della sera, faceva intravvedere la possibilità di eventi scismatici. Negli stessi giorni il vicedirettore dello IOR veniva licenziato in tronco e accompagnato alla porta-confine della Città del Vaticano da due colleghi (in modo che non avesse il tempo per organizzarsi e portare con sé documenti e dossier da usare poi?).
La mediatizzazione di difficoltà, puntigliosi dissensi che a volte assumono quassi il tono della minaccia, vengono attribuiti a incapacità di Papa Francesco, al suo modo di fare, a una sua presunta indisponibilità al dialogo, ad ascoltare consigli. Non che il suo operato non sia opinabile. Tuttavia malesseri, distorsioni, comportamenti che a volte rasentano o toccano l’ illecito penale, comportamenti teologici che usano la speculazione e la riflessione in modo perverso non sono nuovi nella vita della città del Vaticano. Partono da lontano. Basta leggere il diario del Concilio vaticano secondo scritto da Henri De Lubac e pubblicato dopo la sua morte, superando le perplessità che aveva avuto in vita a rendere pubblico ciò che con metodo e rigore aveva visto, sentito e registrato. Fu proprio De Lubac ad essere nominato consultore e perito del Concilio da Giovanni XXIII, assieme ad altri importanti teologi, perché, come il Papa ebbe a dire, non voleva dipendere dalle Congregazioni romane. Evidentemente aveva le sue buone ragioni se voleva tutelarsi dall’abbraccio della curia.
Quando Papa Roncalli decise di andare a Loreto e ad Assisi, primo Papa che dopo l’ unità d’ Italia varcava i confini laziali, ebbe a dire ai suoi famigliari: “Andrò a pregare per il concilio; e poi, il viaggio mi consentirà di prendere un po’ d’ aria, per qualche ora starò fuori da qui”. L’ insofferenza è palese. Sempre durante il Concilio, Roncalli avrebbe confidato a Mons. Dell’ Acqua che la cosa che lo affaticava di più era l’ opposizione che gli facevano il Cardinale Ottaviani e il Cardinale Ruffini. Anche l’ uso delle voci e dei dossier contro il Papa non è nuovo. Durante il Concilio comparvero articoli contro il segretario particolare di Giovanni XXIII, don Loris Capovilla. Cattivi costumi, appartamenti segreti gestiti di conseguenza. Il Papa sconvolto, riporta De Lubac, volle approfondire l’ indagine. Fanfani, allora Presidente del consiglio mise in moto i servizi segreti italiani e avrebbe portato lui stesso l’ esito delle indagini al Papa che lo ricevette, presente e testimone il Cardinal Bea. Tutto, fu il risultato delle indagini, avrebbe avuto origine da tre minutanti del Sant’Uffizio. Il Papa non volle farne uno scandalo pubblico e si provvide all’immediato trasferimento dei tre minutanti.
Una volta Montanelli scrisse un articolo sui rapporti tra il papa e il modernismo. Successivamente Montanelli espresse il suo rammarico “per essere caduto in una trappola tesa da alcuni elementi della curia”. L’ opposizione e i “dubia” dei cardinali vennero espressi anche nei confronti del Papa che indisse il Concilio. E’ mons. Villot che confida con amarezza a De Lubac che “alcuni oppositori si lamentano del fatto che l’ età avanzata del papa, il suo buon cuore, la carenza di scienza lo spingono in avventure inquietanti. Alcuni avanzano dei dubbi sulla qualità della sua fede”. In realtà il Papa benché vecchio oltre a seguire in modo attivo il Concilio, si era occupato in quegli stessi anni della crisi degli Stati Uniti con Cuba. Di più. Sempre a Concillio aperto continuava a tessere con il Card. Casaroli le strade di un diverso rapporto con i paesi dell’ Est e con l’ Unione sovietica con la precisa volontà di aprire vie prima precluse o, quantomeno, di dare una prospettiva ai rapporti con quella realtà.
La verità è che il Papa buono non era buono per la curia e non lo era neanche per le Congregazioni romane. Non è che le richieste dei cardinali “romani” fossero cosa da poco. Otto cardinali, in testa Ottaviani, scrissero al Papa per poter condannare tutti coloro che, a loro giudizio, avrebbero proferito delle eresie nel Concilio. Da parte sua il Cardinal Ottaviani chiese anche al Papa di espellere da Roma Karl Rhaner, uno dei maggiori teologi del Novecento. Con grande scorno di Ottaviani, Roncalli lasciò cadere quella richiesta e trovò il modo di fargli leggere tre lettere di altrettanti cardinali che tessevano gli elogi di quel grande teologo. Non fece polemiche, com’era suo costume, ma fu irremovibile. Con tatto fece perdere fiato a quella richiesta così assurda e così imperativa.
Per dire del clima antipapale dell’ epoca basti sapere che all’ Università Lateranense, mons. Piolanti trattò in classe questo problema: che cosa si deve fare nel caso di un papa eretico?
Il Card. Ruffini confidò a mons. Ancel che alcune parti dei documenti conciliari erano eretici.
Il Card. Ruffini confidò a mons. Ancel che alcune parti dei documenti conciliari erano eretici.
E’ interessante questa testimonianza di De Lubac: “P. Greco mi racconta una storia incredibile: il giorno di Pentecoste, il cardinale Ottaviani, entrato a far visita a Giovanni XXIII morente, gli avrebbe detto pressappoco così: “Santissimo Padre, Lei ha fatto durante il suo Pontificato delle cose eccellenti, ha sempre avuto le migliori intenzioni, ma non sempre è stato ben compreso. In coscienza bisogna che le dica questo: Lei sta per comparire davanti a Dio; per il bene della sua anima e della Chiesa, e per l’ onore della Santa Chiesa, faccia quello che Le chiedo. Ho scritto una puntualizzazione. Tutte le precisazioni sono state considerate per evitare delle cattive interpretazioni. Santissimo Padre, la vuole firmare?” Allora il moribondo, allungando le due braccia, gridò: “No, no, no”. Ottaviani dovette ritirarsi.
Fin qui la testimonianza di De Lubac. Ora che compare il libro di Enrico Maria Radaelli che critica duramente il pensiero teologico di Joseph Ratzinger e la sua opera fondamentale “Introduzione al cristianesimo” sostenuto dall’avallo del teologo Antonio Livi già dell’ Università lateranense, appare chiaro che, al di là della criticabilità dell’ operato di papa Bergoglio, ciò che è preso di mira, ciò che si vuole distruggere è l’ “eretico” Concilio Vaticano secondo.
Le vedove dell’ antico Concilio Vaticano primo si sono scatenate nel rimpianto di un tempo assai lontano e senza prospettive.
di: ADRIANO DONAGGIO
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