di Francesco Lamendola
Hanno avuto il loro momento di gloria: benissimo. Ora Carlos e Paula, 41 e 39 anni, assistenti di volo della compagnia aerea cilena Latam, sono diventati delle celebrità, anche se fra qualche settimana nessuno si ricorderà più di loro; e lo sono diventati grazie alla insaziabile smania di audience del falso papa Bergoglio, al quale non è parso vero di inscriversi nel guinness dei primati (da fiera) celebrando le loro nozze a quasi 11.000 metri d'altezza, nel volo fra Santiago e Iquique, nel Cile settentrionale. L'importante - come diceva Giovan Battista Marino, il principe dei poeti barocchi - è stupire, e così far notizia; l'importante è che si parli, non di Dio, o di Gesù Cristo, o del Vangelo, i quali richiedono all'uomo sacrifici, penitenza e umiltà, ma di lui, di El Papa argentino, l'ammazzasette, il pampero, il decisionista, il rottamatore della vecchia e brutta Chiesa oscurantista e il fondatore della nuova Chiesa, giovane, entusiasta, moderna, protesa verso l'avvenire.
Già. Peccato che fosse tutta una buffonata, una messinscena: una buffonata nella buffonata, una messa in scena nella messa in scena. Il quotidiano cileno El Mercurio ha rivelato che fin dal 19 dicembre scorso, vale a dire un mese prima delle "nozze", i due avevano espresso la speranza, in un'intervista, che fosse proprio il papa sudamericano a sposarli, magari durane il suo viaggio apostolico: e così, guarda caso, è stato: il 18 gennaio Bergoglio li ha sposati "al volo", dopo essersi accertato che tale fosse la loro ferma volontà e che, in precedenza - ma questo lo ha detto dopo, tentando di giustificarsi, e, del resto, messo sotto pressione dal grave scivolone sul caso Barros, che lo ha visto smentito dal cardinale O'Malley e costretto, per la prima volta, a delle parziali scuse - i due avevano frequentato i prescritti corsi di preparazione, e si erano debitamente confessati. Peccato che fosse tutta una sceneggiata. I due che si avvicinano al papa, durante il volo, per chiedergli una fotografia e una benedizione, e gi confidano il loro cruccio di buoni cattolici, di non essersi potuti ancora sposare; la pronta domanda del papa, se lo desiderassero davvero; il loro sì emozionatissimo, le nozze express, seduta stante, con il direttore della Latam a fare da testimone, e i fotografi dell'Osservatore Romano a immortalare il sorriso a trentadue carati dei novelli sposi, e il regalo di nozze del papa, una coroncina del Rosario. Che bel quadretto. Peccato che fosse tutto falso, dalla A alla Z; che fosse tutto preparato; che non vi fosse nulla di spontaneo, nessuna sorpresa, nessuna incognita, nessuna improvvisazione o spontaneità, ma solo, probabilmente, una furba operazione d'immagine per la compagnia cilena da una parte, e una altrettanto furba strategia per accrescere la popolarità di Bergoglio, dall'altra: felice matrimonio d'interesse fra le due furberie, laica ed ecclesiastica. Perché tra furbi ci s'intende sempre.
Matrimonio "buffonata" a 10.000 metri: il falso papa Bergoglio nel guinness dei primati (da fiera)
Non è su questo aspetto della vicenda, peraltro, che vogliamo soffermarci. Da Bergoglio siamo ormai abituati a ben altre finte improvvisazioni, a ben altre, e assai più sofisticate, operazioni d'immagine; abbiamo bell'e capito che tutto il suo pontificato si svolge sotto i riflettori, alla ricerca esasperata dell'auto-promozione; e gentucola come Caffarra e Meisner può anche crepare senza ricevere uno straccio di risposta ai suoi dubia calunniosi e importuni, che se ne vadano in pace al Creatore senza rompere le scatole, né mettere bastoni fra le ruote al carro trionfale di El Papa, così buono, così evangelico e misericordioso e, soprattutto, così "francescano". Del pari non meritano risposte o spiegazioni i frati e le suore dell’Immacolata, centinaia di persone che sono state trattate alla stregua di nemici o delinquenti, e molte delle quali, infine, hanno peso la vocazione e se ne sono andate via dal convento, dove erano entrate con tanta fede, speranza e carità. Né ci soffermeremo sulla inaudita banalizzazione di una cosa estremamente seria, come lo è il Sacramento del matrimonio, qui degradato ed umiliato al livello dei matrimoni per direttissima di Las Vegas, dove ci si può sposare in cinque minuti, basta pagare. Non ci soffermeremo perché chiunque abbia un po' di buon gusto, di buona fede e di rispetto per la sacralità del matrimonio cattolico, vede e capisce subito che il matrimonio ad ala quota celebrato da Bergoglio è tutto tranne una cosa seria, e dunque è anche un pessimo esempio, perché il messaggio che fa "passare" è che i gesti, meglio se spettacolari, sono tutto, mentre l'interiorità non conta nulla; e se, per caso, qualcuno non vede, né capisce tutto questo, allora non vale nemmeno la pena di spiegarglielo. Piuttosto, desideriamo rivolgere un po' di attenzione a un altro aspetto del penoso pasticcio, di cui non si è capito neppure se abbia realmente valore giuridico, o no; vale a dire, vorremmo soffermarci un po' sulla psicologia del neocattolico, così come essa traspare dai volti radiosi ed emozionati, preparatissimi e dalla dentatura smagliante, della fotogenica Paula e del suo neoconsorte Carlos. Non è per il gusto di accanirci contro di loro, né perché, in se stessi, meritino tana importanza (e infatti non ne vogliamo riportare i cognomi, perché sarebbe un accontentare il loro sfrenato narcisismo); ma perché sono due neocattolici assolutamente tipici, perciò guardarli un po' da vicino - del resto, è proprio quello che volevano: l'attenzione dei media - può rivelare delle cose interessanti per l'intera categoria sociologica, culturale e morale del neocattolico, un prodotto di massa della neochiesa di questi ultimi anni.
Dunque: tanto per cominciare, sono due emeriti bugiardi e non hanno un briciolo di pudore, né di onestà verso se stessi. Hanno detto di essersi sposati civilmente da otto anni, ma avrebbero voluto sposarsi in chiesa, e di non aver potuto farlo perché la loro chiesa, nei pressi di Santiago, era stata distrutta dal terremoto del 2010. Nel frattempo, oltre a sposarsi civilmente, hanno fatto due bambine, che ora hanno sei e tre anni. Bene, complimenti; ma cosa ci vengono a raccontare? Il Cile è un Paese che ha 17 milioni di abitanti e di chiese cattoliche ne ha, evidentemente, parecchie migliaia, sparse lungo i quattromila chilometri della sua latitudine, dalle sabbie infuocate del Deserto di Atacama al gelido e tempestoso Capo Horn. Vogliono forse darci a intendere che, distrutta dal terremoto la loro chiesa, non ce nera un'altra in cui sposarsi? Forse che il matrimonio civile era l'unica soluzione che avevano davanti? E che, nel corso di otto anni di vita insieme, e con due figlie nate nel frattempo, non avevano avuto altre occasioni di regolarizzare, diciamo così, la loro posizione davanti alla Chiesa, e soprattutto avanti a Dio? E infatti, la cosa è talmente poco credibile, che loro stessi hanno ammesso, genericamente, di aver sempre rimandato. Sì: rimandato per otto anni, non per qualche giorno. Sono fatti loro; ma diventano anche nostri, benché non ci interessino per niente, nel momento in cui costoro scelgono la forma di pubblicità mondiale che abbiamo visto. Dunque, se in circostanze normali sarebbe indiscreto fare i conti in tasca alle persone, specie sotto il profilo morale, qui diventa non solo legittimo, ma doveroso: hanno voluto raccontare al mondo una favola, la favola di Romeo e Giulietta che coronano finalmente il loro sogno d'amore, e di giuste nozze, trionfando di non si sa quali avversità; vediamo almeno se la favola, oltre che falsa, è per caso anche diseducativa.
Non vogliamo indagare per quale ragione hanno lasciato passare otto anni senza pensare di recarsi davanti all'altare: da cattolici, a quanto pare praticanti, avrebbero dovuto pensarci. Non indaghiamo se, per tutto quel tempo, in cui hanno vissuto sposati solo civilmente, vale a dire non sposati davanti a Dio, si son sentiti autorizzati ad accostarsi ai Sacramenti. Sono fatti loro, ed eventualmente del loro confessore. A quanto pare, nemmeno la nascita di due figlie è valsa a dare loro la giusta motivazione e ad imprimere una svolta nel loro continuo "rimandare". Facciamo notare che non si tratta di un appuntamento qualsiasi, ma di un appuntamento davanti a Dio; ma, anche di ciò, se la vedranno con la loro coscienza di credenti. Quel che ci preme far notare è che, dopo otto anni di convivenza non benedetta da Dio (e il prete che ha battezzato le loro figlie, non ha detto loro nulla?), se davvero intendevano sposarsi in chiesa, dopo otto anni di pubblica trasgressione alla legge di Dio, avrebbero potuto e dovuto scegliere una linea di sobrietà, di discrezione, quasi di nascondimento. Avrebbero dovuto fare le cose in forma strettamente privata, evitando qualsiasi pubblicità: infatti, cosa c'era da pubblicizzare? Il fatto che per otto anni si erano presi gioco di Dio e della Chiesa, e ora passavano allo sportello, come nulla fosse, ad acquistare il biglietto d'ingresso, come si fa al cinema o allo stadio, anche a spettacolo già incominciato da un pezzo? Il matrimonio cattolico è un Sacramento, vale a dire un dono di Dio, non un atto umano; a Dio ci si rivolge, da Lui si ricevono le grazie, i doni soprannaturali per affrontarlo e per superare le difficoltà che, inevitabilmente, esso comporta, prima o poi. Pertanto ogni esibizionismo, ogni spettacolarizzazione sono assolutamente riprovevoli e da evitarsi; a maggior ragione se si tratta di un matrimonio "riparatore", come questo. Su che cosa di bello c'era da attirare l'attenzione altrui, se non su otto anni di grave negligenza? Pertanto: sobrietà, discrezione, silenzio, due o tre invitati, nessuna ostentazione, niente che possa attirare l'attenzione più dello strettissimo necessario. Questo sarebbe stato l'atteggiamento di due persone le quali, dopo otto anni di convivenza, decidono di prendere sul serio il loro rapporto davanti a Dio e che, fatta la debita penitenza, si presentano, umili e devote, a chiedere la benedizione di Dio per mezzo del sacerdote (non la benedizione del sacerdote per mezzo di Dio). Non è il sacerdote che benedice, e neppure il papa in persona: è Dio, e Dio solo; e ciò per una ragione semplicissima: non è certo il sacerdote che manda sugli sposi le grazie soprannaturali delle quali avranno bisogno, ma Dio. Il sacerdote è un semplice uomo, peccatore fra gli altri peccatori. Certo, mentre amministra i Sacramenti, egli è un alter Christus: ma è Cristo che agisce per mezzo di loro, non loro per mezzo di Cristo. Non capovolgiamo la prospettiva; altrimenti non si capisce più nulla della vita cristiana e di quale sia il vero rapporto che intercorre fra essa e la vita profana.
E invece della sobrietà, della discrezione, del nascondimento, che cosa hanno fatto questi due neocattolici, conviventi da otto anni e genitori di due figlie? Hanno brigato per essere sposati personalmente dal papa, davanti ai fotografi, a bordo di un aereo, in una prima assoluta, con la certezza di ottenere la massima visibilità mediatica. Hanno brigato perché tutto il mondo sapesse di loro, parlasse di loro, riportasse le loro fotografie. Il massimo del narcisismo, dell'esibizionismo e della superficialità; anche il massimo della sciatteria morale, se ci è consentito giudicare (nonostante l'ammonimento di Bergoglio: chi sono io per giudicare?), non le persone, ma le loro scelte ed i loro comportamenti. Quelli sì, che li possiamo giudicare; specialmente se sono proprio loro, con il loro modi di porsi sopra le righe, di farsi vedere da tutti, di farsi ammirare da tutti, a mettersi nelle condizioni di essere giudicati, di sollecitare un giudizio da parte dell'opinione pubblica. Hanno avuto quel che volevano: tutto il mondo ha visto e saputo che due persone narcisiste, superficiali, esibizioniste, invece di chiedere un matrimonio discreto e riservato, hanno chiesto e ottenuto, da un altro esibizionista e narcisista patologico, il falso papa Bergoglio, quel che volevano; le luci della ribalta, gli onori delle telecamere. Come in un reality show, come in un Grande Fratello a 10.000 metri di quota, sopra le nuvole e le vette nevose delle Ande: la vita in diretta, in questo caso le nozze express. Come andare al supermercato e fare la spesa, anzi, una cosa ancor più veloce. Volete voi sposarvi, Carlos e Paula? Sì? E allora io vi dichiaro marito e moglie. Meglio che in un film di Hollywood; anzi, meglio che in una soap opera. Tanti auguri e Baci Perugina.
Ci pare un po' troppo, davvero, anche tenuto conto degli standard sudamericani, che conosciamo di persona, e specialmente dei cattolici sudamericani, dalle cui file, non per caso, viene il falso papa argentino: gente che spesso cerca istintivamente lo spettacolo, nella vita così come in chiesa. Qualcuno potrebbe sentirsi offeso; pazienza: e lascia pur grattar dov'è la rogna, dice il padre Dante. Del resto, queste differenze culturali non dovrebbero mai essere sottovalutate; perciò, diremo ancora di più, a costo di passare per razzisti: proprio per ragioni di differenza culturale, l'elezione di un papa sudamericano è stata una grossa imprudenza, per non dire un errore madornale. Sempre che sia stato un errore, e non un calcolo voluto, proprio per attaccare e demolire duemila anni di tradizione cattolica europea. C'è una ragione storica se i papi, per duemila anni, sono stati quasi tutti italiani: il cattolicesimo è inseparabile dalla civiltà europea, e specialmente dalla civiltà italiana. Certo, i numeri non sono più quelli della metà del Novecento: oggi ci sono più cattolici fuori d'Europa, e specialmente in America latina, che nel nostro continente. Ma questa non è ancora una ragione valida per improvvisare dei pappi culturalmente impreparati, leggeri, superficiali, come è nello stile di un certo clero sudamericano. A meno di voler mandare a catafascio la tradizione millenaria della Chiesa, appunto, e poi, dallo sfascio della tradizione, passare all'attacco della Tradizione: quella che non è di origine umana, perché viene da Dio. Cosa che sta già avvenendo, e lo vediamo tutti i giorni, grazie alle furiose, e sacrileghe, picconate del falso papa Bergoglio.
Una neochiesa di "Buffoni" narcisisti e comici
Del resto, il cristianesimo non può essere ridotto a una questione numerica, né la Chiesa cattolica declinata come una mera funzione algebrica: se così fosse, bisognerebbe trasportare il papa, non alla Casa Santa Marta, ma a Buenos Aires, o a San Paolo del Brasile, o a Città del Messico. E può darsi che ciò avverrà, un giorno.
Neocattolici fra superficialità, sciatteria, narcisismo
di Francesco Lamendola
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