Il Signore lo tiene per mano. I versi della Bibbia in cui è sintetizzata la visione cristiana della vita che poi con san Tommaso d’Aquino si fonde meravigliosamente al ceppo della filosofia greca e forma la concezione cattolica
di Francesco Lamendola
Il Signore fa sicuri i passi dell’uomo, / segue con amore il suo cammino. / Se cade, non rimane a terra, / perché il Signore lo tiene per mano (Salmo37, 23). In questi pochi versi della Bibbia è sintetizzata la visione religiosa e cristiana della vita: la visione che poi, per merito di san Tommaso d’Aquino, si fonde meravigliosamente con il ceppo della filosofia greca e forma la concezione cattolica, anima e sostegno della civiltà europea per quasi duemila anni. L’uomo non è solo; non è frutto del caso; non va verso il nulla; non è in balia di forze incontrollabili e incomprensibili; ha un destino, un fine, una meta, perché il Signore lo tiene per mano. Se si volesse concentrare in una formula telegrafica il senso della civiltà cristiana ed europea, il valore del cristianesimo nella storia e la funzione da esso svolta nella psicologia individuale e in quella collettiva, lo si potrebbe fare con queste poche parole: il Signore tiene l’uomo per mano; se cade, non rimane a terra. In queste parole c’è il segreto della forza spirituale che ha animato un’ottantina di generazioni, fino quando la civiltà moderna ha definitivamente soppiantato quella cristiana e l'ha in gran parte spazzata via.
Naturalmente, dal punto di vista della fede cattolica, non ci si può limitare a valutare solo sul piano storico e immanente l’importanza svolta dalla visione cristiana nella vita delle persone e nell’evoluzione della società; dal suo puto di vista, infatti, la divina Rivelazione ha agito anche sul piano soprannaturale, perché nell’uomo vi è, accanto alla natura biologica, anche la componente spirituale, che appartiene alla dimensione del soprannaturale. Se ci si dimentica di questo, non si può capire quel che il Vangelo rappresenta e ha rappresentato nella storia d’Europa e del mondo, così come nella storia delle singole anime umane. In altre parole: il cristiano, il vero cristiano, non ha mai pensato di dovere o di potere affrontare la vita con le sue sole forze; né ha mai pensato che la sua vita personale, nonché l’insieme della storia umana, siano qualcosa che si svolge e si risolve sul piano puramente terreno, ma, al contrario, che l’una e l’altra sono nelle mani di Dio, fanno parte di un disegno di Dio e godono dell’assistenza costane della Provvidenza divina. Se ci si ostina a pensare al cristianesimo come a un prodotto puramente storico (e ancora oggi c’è chi seguita a porre in dubbio perfino l’esistenza storica di Gesù Cristo; oppure, in alternativa, nega che il cristianesimo sia la continuazione dell’opera di Gesù Cristo, ma pensa che sia una creazione di san Paolo e di altri personaggi che nemmeno avevano conosciuto il Maestro), se ne ha una visione assai limitata e sostanzialmente deformata. Voler capire cosa è stato il cristianesimo sul piano della psicologia e della storia, restando solo e unicamente sul piano della psicologia e della storia, è una operazione intellettualmente discutibile, quanto lo sarebbe voler capire che cosa significa la poesia, nella vita dei singoli e in quella dei popoli, restando solo sul piano della lingua; o che cosa significa la musica restando solo sul piano della tecnica strumentale; o che cosa significa la guerra restando solo sul piano della tattica e della strategia.
La visione diametralmente opposta a quella cristiana è la visione della modernità. L’uomo moderno è convinto che Dio non esiste, è solo una proiezione di desideri umani; che l’uomo è un animale prodotto dal caso ed evoluto a caso; che tutte le creazioni dello spirito sono solo un prodotto derivato dalle funzioni biologiche e nervose; che la vita umana è solo ciò che di essa si può vedere, osservare e studiare; che non esiste nient’altro al di fuori e al di sopra della dimensione terrena, e che cercare dei valori assoluti, come il vero, il giusto, il bene, il bello, è come andare a caccia di fantasmi; che solo la scienza ha le risposte agli interrogativi dell’uomo, e che, se vi sono domande alle quali la scienza non sa rispondere, ciò significa o che le domande sono mal poste, o che non sono vere domande, ma fantasie deliranti. Da questa visione deriva necessariamente una enorme sopravvalutazione delle cose terrene, che conduce, altrettanto inevitabilmente, alla loro adorazione, visto che è nella natura umana finire per adorare qualcosa; e, come disse il santo curato d’Ars, se gli uomini non adorano più dio, finiscono per adorare persino le bestie.
Pertanto, se si volesse sintetizzare in una formula brevissima il senso della civiltà moderna, si potrebbe dire così: I passi dell’uomo non sono guidati dall’alto, sono i passi di un animale intelligente che vuol conquistare il mondo, che prende il proprio destino nelle sue stesse mani e che non si aspetta altra sorte finale che la morte e il nulla. Pertanto, se l’uomo cade, rimane a terra; non solo, ma tutti gli altri passeranno sopra il suo corpo: perché, sotto la vernice delle buone maniere, l’uomo è e resta un animale, e gli animali sono guidati dall’istinto di sopravvivenza e non dai valori morali, che ignorano del tutto. Appare dunque evidente che la civiltà cristiana e la civiltà moderna sono diametralmente opposte e inconciliabili; che la civiltà moderna è sorta e si è affermata come la negazione deliberata della civiltà cristiana; che la visione della modernità, fondata sull’io, si colloca agi antipodi di quella cristiana, fondata su Dio. E appare altrettanto evidente che qualsiasi tentativo di “aggiornare” il cristianesimo e la Chiesa cattolica, mettendoli al passo con il mondo moderno, è non solo sbagliato e impossibile, ma sicuramente nasce da un disegno perverso, in quanto intenzionalmente diretto a sovvertire il Vangelo e a distruggere la Chiesa stessa. Sarebbe come se si volesse concimare un campo di grano con un potentissimo veleno: nessun agricoltore, che sia in buona fede, potrebbe concepire un’idea del genere. Perciò una tale idea può nascere solo nella mente di qualcuno che odia il cristianesimo e odia la Chiesa.
Naturalmente, da un punto di vista cristiano, la civiltà moderna non è una vera civiltà; è, semmai, il contrario di una civiltà, è una anti-civiltà, e ciò per l’ottima ragione che, negando Dio, nega anche una componente essenziale dell’anima umana, e quindi è una civiltà che tradisce l’uomo, che ne ha un concetto falso e ingannevole, e che, pertanto, non riuscirà mai a soddisfare i suoi veri bisogni, condannandolo, invece, ad una infelicità assolutamente certa. Tuttavia, per adesso, vorremmo restare su un terreno più neutrale e considerare la cosa da un punto di vista non specificamente cristiano, ma aperto, almeno in una certa misura, al confronto con altre prospettive, sulla base di una valutazione oggettiva dei fatti. La civiltà moderna, essendo fondata su una concezione del tutto immanente del reale, sa che ogni sforzo umano verrà annullato dalla morte; di conseguenza, per quanto si sforzi di non pensarci, o forse appunto per questo, l’uomo moderno è letteralmente ossessionato dal pensiero della morte, che gli fa molta paura, certo assai più di quanta ne faccia al cristiano. Ed è logico: se non esiste nient’altro che questa vita terrena, la morte è la fine di tutto, è il nulla; e questo pensiero mal si concilia con il senso di ebbrezza, di dominio, quasi di onnipotenza che l’uomo moderno ricava dalle sue scoperte scientifiche e tecnologiche, le quali gli hanno conferito un potere prima impensabile sulla natura. D’altra parte, egli non può, senza smentirsi, ammettere che il pensiero della morte lo terrorizza, perché, se lo facesse, dovrebbe ammettere che in lui esiste qualche cosa che non è solamente naturale, un desiderio di eternità che non si riscontra negli altri animali. Paradossalmente, proprio la scienza moderna conferma la sentenza inappellabile e ribadisce la condanna: che l’uomo è solo un animale e che, come tutti gli animali, viene dal caso e sparisce nel nulla. Ribellarsi a questa idea sarebbe come ammettere di aspirare a una vita ulteriore, e ciò gli viene inibito dalla sua stessa scienza, nonché dalla sua psicologia, la quale gli insegna che il desiderio d’immortalità è solo una nevrosi, senza alcuna corrispondenza reale con la natura del mondo. A ciò si aggiungono la sua sociologia e la sua antropologia materialiste, le quali gli dicono che la religione nasce da una proiezione illusoria del suo io, da una duplicazione irragionevole del tessuto sociale al quale egli appartiene, con un Signore dell’universo che corrisponde ai grandi monarchi dell’antichità o agli imperatori del Medioevo, ma che, nella realtà politica di oggi, non trova alcun riscontro credibile e rivela, così, la sua origine puramente simbolica. Pertanto l’uomo moderno è preso in trappola dalle sue stesse convinzioni: la sua coscienza è infelice perché tutto il suo sapere contrasta con il suo essere, desideroso di vivere per sempre.
Il Signore lo tiene per mano
di Francesco Lamendola
continua su:
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.