ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 2 marzo 2018

Lo zampino del diavolo

E' QUI IN MEZZO A NOI ?



È qui, in mezzo a noi; ma non sappiamo vederlo. Lo "zampino del diavolo" nei casi di Aldo Bianchini e Kaylee Muthart ? il suo solo obiettivo è la rovina degli uomini e allora non potrebbero, certi delitti, portare la sua firma? 
di Francesco Lamendola  
  
 

In ventisei anni di professione non ho mai visto niente di simile. Per fare una cosa del genere occorre una forza disumana. Questo aveva detto il dottor Gino Barbacci, il medico di servizio presso il Pronto soccorso dell’Ospedale Versilia, al Lido di Camaiore, dove, il 2 novembre 2011, era stato trasportato d’urgenza un uomo di 46 anni, italiano nato in Scozia, che però viveva da sempre con la madre settantasettenne a Viareggio, per essere sottoposto a un intervento immediato ed estremamente delicato. Aldo Bianchini era un uomo colto, aveva una laurea in chimica e parlava cinque lingue, ma soffriva di disturbi psichici, per cui non era mai riuscito a trovare e svolgere un lavoro; lui e la madre vivevano con la rendita proveniente dalla Gran Bretagna, dove avevano qualche proprietà. Recentemente aveva smesso di assumere gli psicofarmaci prescritti; aveva interrotto la terapia con la Asl ed era passato a uno specialista privato; tuttavia passava periodicamente per una vista di controllo ambulatoriale. In ospedale, l’uomo era arrivato con il volto trasformato in una maschera di sangue, senza più i bulbi oculari; questi erano stati recuperati sul luogo del dramma e portati pietosamente all’ospedale dai carabinieri, ma i chirurghi non erano stati in grado di reimpiantarli, e così l’uomo aveva perso la vista per sempre. È arrivato cosciente, insieme all’anziana madre, anche lei a bordo dell’ambulanza. (Questo particolare si rivelerà inesatto, perché la povera donna era stata accompagnata da due conoscenti a bordo della loro automobile.) Non si lamentava e pareva che non sentisse dolore nonostante fosse una maschera di sangue. Poi ci ha dato le sue generalità.

Ma che cos’era successo a quell’uomo apparentemente tranquillo, solo un po’ triste, a volte, per usare l’espressione di sua madre? Quella domenica mattina, lei e il figlio avevano deciso di recarsi alla santa Messa: entrambi erano cattolici, anche se non molto praticanti. Si erano recati nella Chiesa di San Paolino, nella loro parrocchia, e lì avevano assistito alla funzione. Poi il figlio aveva espresso il desiderio di recarsi in un’altra chiesa, quella di sant’Andrea, nella quale c’era ancora la Messa, ma entrambi erano entranti e avevano partecipato anche a quella. Però, a un certo punto, era accaduto qualcosa. Fra le circa 300 persone assiepate, a un certo momento si erano alzate delle urla disumane, come poi avrebbe ricordato il parroco, don Lorenzo Tanganelli. I fedeli che si trovavano seduti vicino alla madre e al figlio non si erano accorti di nulla, assorbiti dallo svolgimento della sacra cerimonia, finché Aldo Bianchi, che si era ficcato le dita negli occhi in silenzio, per strapparseli, a un certo punto non aveva più retto al dolore atroce e gli erano sfuggite quelle urla spaventose. Solo a quel punto la gente si era accorta di quel che era accaduto: l’uomo si era strappato i bulbi e poi, cieco, era uscito dal banco, dirigendosi verso l’uscita, respingendo con una forza incredibile quelli che cercavano di soccorrerlo e di fermarlo; ma, così facendo, si era procurato diverse lesioni, andando a sbattere di qua e di là. Giunto all’esterno, era crollato a terra, e lì era stato poi raccolto dal personale dell’ambulanza e portato in tutta fretta all’ospedale, dove sua madre, in stato di shock, lo aveva raggiunto. Adesso mi curerete, finalmente?, aveva detto, come unico commento, più che come interrogativo, ai sanitari del Pronto soccorso. I quali, dopo l’inutile intervento per salvargli la vista, null’altro potendo fare per lui, lo avevano trasferito al reparto psichiatrico, affinché fosse tenuto sotto osservazione. Alla madre che gli chiedeva perché avesse fatto quel gesto, pare abbia risposto: è il castigo di Dio. Ai sanitari, davanti alla medesima domanda, aveva dato una versione differente; aveva detto che una voce glielo aveva ordinato, una voce dentro la sua testa. Poi non  ha più detto una parola, né si è lasciato sfuggire un solo lamento, ha riferito il medico, decisamente impressionato.
Perché abbiamo voluto rievocare questa vecchia, lugubre storia, accaduta sette anni fa e probabilmente dimenticata fra le cronache di ordinaria follia e di orrore ormai quotidiano, dalle quali siamo praticamente assediati? Semplice: perché la stessa vicenda si è ripetuta pochi giorni fa, in tutt’altra parte del mondo, protagonista una bella ragazza bionda di soli vent’anni. E anche questa volta il teatro dell’orribile scena è stata una chiesa. Una semplice coincidenza?Possibile. Però quando due fatti identici accadono nello stesso ambiente, è inevitabile che qualche domanda sorga spontaneamente. Il 6 febbraio 2018, in una cittadina del South Carolina, presso la chiesa South Main Chapel and Mercy Center, la ventenne Kaylee Muthart, fuori dell’edificio e nel bel mezzo della Messa, si è strappata gli occhi con le dita, respingendo i fedeli i quali, non appena hanno udito le urla strazianti, sono corsi all’esterno e, resisi conto della situazione, hanno cercato invano di fermarla. La ragazza teneva ancora fra le mani uno dei suoi bulbi oculari; il secondo se l’è strappato alla loro presenza, senza che nessuno riuscisse ad avvicinarsi, tanto era aggressiva in quel momento la ventenne. L’ambulanza stava già arrivando, chiamata dai parrocchiani, ma, prima che arrivasse, la poveretta, in preda a un rinnovato raptus, si era già privata del secondo occhio: la scena, degna di un film dell’orrore, deve essere durata, pertanto, almeno qualche minuto, con la folla impietrita e la ragazza coi suoi stessi occhi fra le dita insanguinate. Trasportata d’urgenza, in volo, all’unità di crisi del Greenville Memorial Hospital, i medici non hanno potuto far nulla per salvarle la vista e hanno dovuto limitarsi a ripulirle le occhiaie vuote dai frammenti e dal sangue, per scongiurare il pericolo di un’infezione. La colpa del fatto che i bellissimi occhi verde-azzurri di questa ragazza rimarranno chiusi per sempre è stata attribuita alla circostanza che la sfortunata ragazza, ormai da almeno sei mesi, faceva uso massiccio di metanfetamine, mescolate con altre sostanze chimiche, il che le avrebbe provocato delle terribili allucinazioni. La madre, infatti, ha deciso di intraprendere una campagna di sensibilizzazione, con relativa raccolta di fondi, per mettere in guardia i genitori contro il pericolo rappresentato dalle droghe per i loro figli.
Tutto chiarito e nessun mistero, dunque, e sia pure nel terribile cono d’ombra provocato dall’assunzione di sostanze stupefacenti? Non proprio; qualcosa che non torna c’è, e somiglia moltissimo a ciò che era accaduto in Italia sette anni fa. Anche la povera Kaylee, infatti, ha dichiarato di aver sentito delle “voci” che le ordinavano di fare quel che ha fatto; non solo: ha detto che le voci le avrebbero assicurato che quella era la sola possibilità, per lei, di andare in Paradiso. Pertanto, il fatto che la tragedia sia accaduta davanti a una chiesa non è per nulla casuale: il gesto autodistruttivo della ragazza è strettamente legato alla religione. Certo, una religione aberrante e crudelissima, non la vera religione cristiana: e tuttavia, ci sembra che il cristianesimo potrebbe entrare in questa bruttissima storia, eccome. Se una voce ha ordinato a Kaylee di strapparsi gli occhi all’ombra della croce, una ragione deve esserci; e forse è la stessa che aveva indotto Aldo Bianchini a commettere lo stesso terribile gesto, dentro una chiesa, sempre con la minaccia del castigo divino. Tuttavia, se non era la voce di Dio, o, almeno, del Dio cristiano; se non era la voce di Gesù Cristo, che è amore e che ha predicato l’amore verso tutti, anche verso i nemici, e il perdono delle offese; se non era quella voce, di chi era, dunque? Chi poteva avere interesse a ordinare una cosa del genere, in una chiesa o davanti a una chiesa, durante lo svolgimento della santa Messa? Se non Dio, chi allora? Sì; lo sappiamo: le “voci” non provano nulla, tutte le persone mentalmente disturbate, o in preda al delirio della droga, possono udire delle voci, le quali ordinano loro di fare questo e quest’altro, anche le cose più strane o più orribili. Certo: è tutto chiaro, se vogliamo fermarci al livello della scienza psichiatrica. Ma se quel livello non fosse sufficiente a darci la risposta ultima che andiamo cercando? Se si fermasse prima di quella risposta, e ci fornisse solo delle risposte di comodo, buone per rassicurare le nostre menti e la nostra vanità intellettuale, la nostra pretesa d’aver capito tutto, o almeno l‘essenziale, e di avere sotto controllo ogni cosa? Se non bastassero per farci comprendere delle cose che possiamo, sì, spiegare sul piano razionale e strettamente umano, terreno, ma, forse, al prezzo di limitare la spiegazione entro i parametri intellettuali e gli schemi culturali che ci riescono graditi, perché siamo troppo superbi e orgogliosi, o magari troppo angosciati e spaventati, all’idea di ammettere, anche solo in via d‘ipotesi, che sono molte di più le cose che non sappiamo di quelle che sappiamo, e molte di più le domande che non le risposte che abbiamo a disposizione? Ci sono più cose fra il cielo e la terra di quante ne sogni  tutta la tua filosofia, dice Amleto ad Orazio, nel dramma di Shakespeare. Qualcuno si ricorda di Kabobo, il ghanese trentaquattrenne che, nel maggio del 2013, seminò il terrore per le vie del quartiere Niguarda di Milano, ammazzando tre persone ignare, a colpi di piccone? Fra parentesi, era il classico finto profugo, come ce ne sono a centinaia di migliaia nel nostro Paese: aveva fatto domanda di asilo e gli era stata rifiutata, quindi si era trattenuto in Italia illegalmente, da perfetto clandestino. Anche in quel caso, l’uomo sostenne di aver agito perché così gli avevano ordinato delle “voci” che aveva nella testa, anche se la sentenza di condanna per il triplice omicidio non ha dato alcun credito a questa “spiegazione”, affermando che l’africano era perfettamente in grado di intendere e di volere e che agì per rancore e frustrazione. E, in generale, bisogna dire - forse l’opinione pubblica non ne è sufficientemente a conoscenza - che in molti delitti efferati, maturati nell’ambiente della droga e, ancor più, in quelli compiuti da pericolosissimi killer seriali, dominati alle loro ossessioni erotiche e sadiche, salta fuori la faccenda delle “voci” che, all’interno della mente di quei soggetti, avrebbero ordinato loro di uccidere, e di farlo con quelle modalità raccapriccianti. Quando saltano fuori le “voci”, infatti, non si è mai in presenza di delitti “normali”, se normale può essere definito un omicidio; ma sempre vi compare un elemento di ferocia particolarmente truculenta e addirittura difficilmente immaginabile, almeno finché si resta in un ambito puramente umano. E certo non vi è nulla di normale, neppure in senso patologico, nel gesto compiuto a suo tempo da Aldo Bianchini, e, adesso, da Kaylee Muthart: è un gesto che richiede una dose di ferocia e di odio di sé veramente impressionanti. Come è stata impressionante la loro forza fisica e la loro aggressività, mostrate nel respingere le persone avrebbero voluto soccorrerli, e impedir loro di auto-mutilarsi così crudelmente. Una forza e una aggressività che lasciano sconcertati, e che hanno poco di umano.

È qui, in mezzo a noi; ma non sappiamo vederlo

di Francesco Lamendola

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