ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 17 maggio 2018

A nudo il totalitarismo

ROMA VERGOGNA. LA RAGGI CENSURA IL MANIFESTO DI CITIZENGO SU ABORTO E FEMMINICIDIO. VERITÀ DA NON DIRE…



Il sindaco di Roma, Virginia Raggi, incapace di offrire ai cittadini della capitale servizi pubblici decenti, strade senza buche e una raccolta dei rifiuti degna di un Paese civile, è attentissima a censurare le libertà di espressione individuali e collettive, e a farsi condizionare dalle solite lobby. Ieri il manifesto con cui si ricordava che l’aborto è la prima causa dell’uccisione di esseri di sesso femminile nel mondo è stato censurato dal Comune di Roma. Qui sotto riportiamo quanto scrive Citizengo, invitando i lettori di Stilum Curiae ad aderire alla campagna. Una censura che svela il vero volto conformista e ossequioso ai poteri forti del Movimento Cinque Stelle (per chi non l’avesse capito) e il suo atteggiamento illiberale e repressivo. In una sola parola: un vergogna.

“+ + + Il Comune di Roma ha ordinato la censura della campagna contro l’aborto di CitizenGO + + +
È in atto un attacco senza precedenti alla Libertà di opinione ed espressione di chi vuole difendere la Vita sin dal concepimento.
Lunedì 14 maggio è iniziata a Roma una campagna di sensibilizzazione sociale di CitizenGO sul tema dell’aborto, in occasione dei 40 anni della Legge 194 e in vista della Marcia per la Vita che si svolgerà a Roma sabato 19 maggio (raduno a piazza della Repubblica ore 15).
Abbiamo scelto uno slogan provocatoriamente vero: l’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo.
In Paesi come la Cina e l’India, ma anche in parte d’Europa, milioni di donne vengono sterminate con l’aborto solo perché donne. Ma l’aborto ha sempre anche un’altra vittima. La donna che lo pratica. Ogni donna porterà sempre con sé la ferita psicologica e fisica dell’aborto. Decenni di aborti lo confermano. I traumi post-abortivi gravano su intere generazioni di donne di cui la società non si cura affatto.
Noi vogliamo restare liberi di dirlo, con tutti i mezzi leciti a nostra disposizione. È un nostro diritto costituzionale.
In uno dei manifesti vandalizzati. Hanno scritto che “L’embrione non può essere considerato una persona”
Per tutta la giornata i nostri social network sono stati riempiti di insulti, offese e minacce o auguri di morte.
I collettivi ultrafemministi e i media cosiddetti “progressisti” ci hanno attaccati, dicendo cose spesso false sul nostro conto.
La politica sedicente “democratica” è andata nel panico. Il Partito Democratico e il Movimento 5 Stelle hanno invocato la censura.
E il Sindaco di Roma Virginia Raggi non si è fatta attendere.
Poche ore fa, l’Ufficio Affissioni del Dipartimento Sviluppo Economico, Attività Produttive e Agricoltura ha intimato all’agenzia pubblicitaria a cui ci siamo rivolti di rimuovere immediatamente tutti i nostri manifesti dalle strade della Città, minacciando sanzioni pecuniarie.
Secondo l’amministrazione capitolina, il nostro messaggio viola il Regolamento comunale sulle affissioni, che al comma 2 dell’art. 12 bis vieta “esposizioni pubblicitarie il cui contenuto sia lesivo del rispetto delle libertà individuali e dei diritti civili”.
In che modo il nostro messaggio viola le libertà individuali e i diritti civili?
A parte il fatto che la Corte Costituzionale ha sempre escluso l’aborto dal novero dei diritti civili (visto che è consentito solo in presenza di alcune specifiche situazioni considerate peggiori dalla legge, e dunque non è un diritto assoluto), questo significa che a Roma è vietato fare campagne contro l’aborto?
Quindi la Marcia per la Vita di sabato 19 maggio è una manifestazione fuorilegge?
Il Comune di Roma ha gravemente violato il diritto di opinione ed espressione dei cittadini italiani contrari all’aborto, per motivi politici e ideologici.
Ti chiediamo di firmare questo appello al Sindaco Raggi per ripristinare il rispetto dei veri diritti civili dei cittadini!”.
Marco Tosatti
CAMPAGNE PRO LIFE NEL MIRINO
La "guerra" per immagini che mette a nudo il totalitarismo
Il cambio di strategia comunicativa dei movimenti pro family e pro life sta provocando la reazione liberticida del potere. A scandalizzare, dei manifesti sull'aborto di CitizenGo e ProVita, è la loro razionalità perché viviamo in un'epoca in cui la ragione è stata espulsa per nascondere la verità. Ma essa però si impone con la forza delle immagini e non con la violenza delle campagne pubblicitarie che hanno modificato la cultura. La stessa verità con la quale la Chiesa, nell'arte ha veicolato immagini in presa diretta per educare i fedeli. 


Il deciso cambio di strategia dei movimenti pro family e pro life in fatto di campagne comunicative sta provocando una reazione liberticida da parte delle istituzioni. Che si tratti di uffici comunali che ritirano le immagini, come nel caso del manifesto di CitizenGo che ricorda che l’aborto è la prima causa di femminicidio o di Procure della Repubblica sollecitate come nel caso della gigantografia di ProVita che fa memoria a tutti i passanti di essere stati un embrione, poco importa.
Anche perché l’offensiva è destinata a proseguire a lungo: a Genova ad esempio, solo ieri contro il manifesto di ProVita hanno pensato di dire la loro sindacati e partiti e non si è ancora spento l’eco del Bus della Libertà che ha portato in giro per l’Italia scortato dalla polizia la frase scontata che i bambini e le bambine hanno bisogno di una mamma e di un papà. E nuove iniziative si aggiungeranno con manifesti e camion vela.
C’è in questa campagna una costante: a dare fastidio è quel mix di immagini e frasi tale da mandare in corto circuito un potere che con l’arroganza della censura mostra la sua debolezza. Eppure si tratta di immagini innocue: un bambino nel grembo materno, una donna incinta che il suo uomo abbraccia, bambine e bambini stilizzati e per nulla riconoscibili. Innocue, ma che possiedono una forza intrinseca, una forza che parla da sola, indipendentemente dal contesto. Viene a mente la profezia di Chesterton: “Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate”. E in effetti è proprio questo che sta accadendo: spade si stanno sguainando per dimostrare che un essere umano è stato un embrione e che un feto di bambina abortito è un femminicidio in atto.
Come sono lontane le reazioni edulcorate e indifferenti che il Movimento per la vita utilizzava anche solo alcuni anni fa per le sue campagne con mamme in dolce attesa e famiglie felici. Eppure si tratta delle stesse immagini. Solo che ora queste immagini sono entrate nell’alveo della provocazione perché per imporre l’aborto come diritto inalienabile bisogna sotterrare prima di tutto la verità.
Il deciso cambio di passo comunicativo di realtà molto attive come CitizenGo o ProVita Onlus utilizza una strategia simile, ma opposta, a quelle che di cui i pubblicitari degli anni ‘80 si servivano per reclamizzare prodotti con campagne di immagine spregiudicate e al limite della provocazione. Campagne di immagini choccanti che, mentre catturavano l’attenzione con un’immagine sconveniente veicolavano, oltre che il prodotto anche un messaggio destinato a incidere profondamente nel cambiare la mentalità su vita e famiglia.
Come non ricordare le campagne choc di Oliviero Toscani con il bacio tra il prete o la suora? O quelle multicult della nota casa di abbigliamento? E ancora: baci saffici, famiglie irregolari, figli come oggetto. In questi anni la pubblicità ha veicolato immagini ben più choccanti per modificare la cultura. Tutto questo è stato possibile perché anche queste immagini possiedono una forza. Ma non si tratta di una forza intrinseca, bensì di una violenza. La violenza che prim’ancora di esercitarsi nelle coscienze, si esercita nell’inconscio per preparare il terreno.
E’ esattamente il contrario di quello che queste campagne pro life vogliono fare: utilizzare una forza che si imponga prima di tutto sulla ragione, preservando così la coscienza e risvegliandola nei casi di torpore.
E’ dunque un problema di ragione.
Secondo Armando Fumagalli, docente di cinema e spettacolo all’Università Cattolica di Milano “è evidentissimo che l'opposizione a questi manifesti è puramente ideologica e totalmente irrazionale. Proprio perché semplicemente dice una cosa vera, non costruisce niente di finto o di volutamente provocatorio nel senso di costruito. Se provoca è solo perché una verità è stata cancellata ideologicamente e non si vuole vedere la verità”.
Occorre dunque ricostruire questo tessuto razionale con immagini che educhino alla verità? Anche suor Gloria Riva ne è convinta. I suoi occhi splendono perché con essi vede tutto il giorno il Gesù Sacramentato e perché nella storia dell’arte ha visto quei semi di verità di cui ogni uomo ha bisogno.
“L’immagine ha una forza in sé intrinseca – spiega alla Nuova BQ -. Nelle immagini vengono introdotte idee in pillole che possono costruire bene o male. Oggi questa è l’anima della pubblicità, ma l’uomo se n’è sempre servito. E la Chiesa nel corso della storia ha utilizzato le immagini proprio con questo scopo: enunciare una verità proprio quando essa veniva colpita”.
Infatti, un buon parallelo che indica come le campagne “choc” di questi giorni abbia un fondamento, se vogliamo anche teologico, lo si trova nella lotta alle eresie nel corso dei secoli: la Chiesa ha attinto a immagini di “rottura” per veicolare una verità che in quel momento veniva colpita o non compresa.
“Pensiamo alla lotta contro i Catari. Siamo nell’anno Mille e la Chiesa ha utilizzato proprio le immagini per contrastarla. Nella nostra regione, soprattutto quella del Ticino, moltissime Ultime cene sono state realizzate con la presenza del gambero di fiume. Si tratta di una specie molto presente nei nostri corsi d’acqua. E’ grigio e limaccioso e spesso non si vede, ma quando viene passato al fuoco della cottura diventa rosso. Ebbene: il gambero è l’eresia e quando viene passato sul fuoco di Cristo essa presenta la sua natura diabolica. Con questa immagine molto famigliare per la gente, la Chiesa educava così all’eresia, che si presenta sempre innocua e solo sotto lo sguardo di Cristo mostra la sua natura”.
Ma la storia della Chiesa è piena di queste immagini. Per educare al mistero della Trinità spesso il pesce (che dal greco è anagramma del Cristo) è presentato come tagliato in tre parti, ma anche l’immagine del diavolo aveva una presa diretta sul fedele: “Quando nasce il nuovo mondo e inizia l’importazione dei primi coccodrilli in Italia si afferma l’immagine dell’animale esotico come immagine del Leviatano che viene sconfitto dal percorso mistagogico del credente. Il fedele che entra in chiesa lascia alle spalle i suoi demoni e arriva alla santità. Ecco perché in molte chiese c’è il coccodrillo, come ad esempio nel santuario delle Grazie a Mantova”.
Significativa l’immagine dell’ananas anch’essa importata dal nuovo mondo e rappresentata spesso nei piviali. “L’ananas, all’esterno rugosa e repellente ma dentro è dolce, succosa e di un giallo splendente diventa l’immagine della croce e della resurrezione”.
Immagini che si autoaffermavano nella mente del fedele senza particolari spiegazioni. E che vengono riprese anche in epoca moderna da geni come Gaudì. Gaudì parte dalla constatazione che le grandi cattedrali medievali avevano al loro interno la grande narrazione della storia di amore di Dio con l’uomo e della salvezza. Ma già all’epoca dell’artista spagnolo capisce che la gente non sarebbe più entrata in chiesa. Così, cosa fa? “Butta fuori la narrazione e pensa alla Sagrada familia come a una narrazione del mistero tutta esterna. Dentro c’è la celebrazione del cosmo e Cristo è l’amen della storia, ma Gaudì ha capito che il messaggio deve essere portato fuori, alla vista di tutti perché di fronte ad un uomo che ha perso la fede le immagini di verità vanno messe in evidenza prim’ancora che lui decida di entrare. E’ un concetto rivoluzionario e salvifico. Che si propaga proprio con la forza dell’immagine”.
Esattamente come oggi dove la salvezza si impone senza violenza, ma con la forza di un’immagine vera. Un bambino e una mamma. Niente di più reale, niente di più scandaloso.
Andrea Zambrano
http://www.lanuovabq.it/it/la-guerra-per-immagini-che-mette-a-nudo-il-totalitarismo

Perché agli italiani non interessa parlare di aborto

Il caso dei manifesti di Roma con la scritta “L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo” e il silenzio della politica

“La campagna si svilupperà ulteriormente. Con l’utilizzo di camion-vela in diverse città italiane”, dichiara Filippo Savarese, responsabile per CitizenGo dei manifesti apparsi a Roma con la scritta “L’aborto è la prima causa di femminicidio nel mondo”. I necrofili spadroneggianti nei media avranno dunque modo di escogitare contromosse. Risultando difficile negare il fatto che a uccider femmine siano più i medici autorizzati che i maschi criminali, o la realtà dell’aborto selettivo (specialità asiatica e balcanica ormai sbarcata in Italia), potrebbero ad esempio chiedere uccisioni supplementari di bambini col pisellino, per andare in pari. Ma non sarà necessario arrivare a proposte così swiftiane perché gli italiani non si fanno certo turbare da quattro manifesti, a loro la morale e la demografia interessano quanto l’onestà ai grillini valdostani, e lo conferma l’assenza del tema aborto dalle trattative per il nuovo esecutivo. Gli altri vedono mille discontinuità, io vedo una perfetta continuità: col governo di chi aspira a scrivere la storia si continuerebbero ad aspirare tante bambine.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.