ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 4 maggio 2018

Sia fatta la mia volontà


NON C’È SIPARIO CHE TENGA

Soffermiamoci su un argomento di cui molto si è parlato e lo facciamo prendendo lo spunto da un articolo pubblicato lo scorso mese di Febbraio dalla rivista Altroconsumo. Il testo, dal titolo Sia fatta la mia volontà, sottolineava l’importanza della norma sul biotestamento precisandone i riflessi favorevoli già annunciati da Bergoglio prima della sua approvazione. «Sono molti a giurare – si dichiarava agli inizi dell’articolo – che sarebbero state proprio le sue argomentazioni ad aver dato la spinta propulsiva all’approvazione del provvedimento a pochi giorni dallo scioglimento delle Camere». La celebrazione d’una volontà assuefatta agli interpreti della venerabilità fa parte delle regole del gioco e Bergoglio ama giocare d’anticipo.
La teologia dell’immortalità, lontana dalla pateticità del più forte, ci porta a fare un balzo indietro di diversi secoli. «A Roma, dichiarava Papa Leone X (1515), dove i poveri infermi affetti da malattie incurabili confluiscono da diverse parti del mondo, vanno cercando tutto il dì il vitto per la città, dando tedio a sé e a quelli che incontrano per il fastidio delle loro malattie moleste alla vista e all’odorato». Analogo quadro caratterizzava il clima di apprensione in altre città per il girovagare di infermi affetti da un male in parte sconosciuto. La sifilide (o lue venerea), trasmessa per contatto sessuale, aveva portato a livelli allarmanti la convivenza per il pericolo del contagio e per il tormento dei colpiti. Il mal costume, con gli elementi che lo rappresentavano, si volgeva non certo all’emendazione ma all’accentuazione delle tresche con intere città decimate dal contagio. Il male rapidamente si era propagato dopo la scoperta dell’America (1492) mietendo vittime tra le truppe spagnole e francesi e diffondendo l’infezione nei vari posti dove bivaccavano. Il contagio più elevato si ebbe in Italia con la discesa delle milizie di Carlo VIII e con l’approdo di bande di mercenari. Oltre a patire sofferenze indicibili, i luetici venivano emarginati per il fetore delle piaghe e per il ribrezzo che suscitavano. La ripugnanza lasciava uno strascico pietoso perché, sfigurati nel viso e nelle membra come lebbrosi, venivano abbandonati dagli stessi familiari. La medicina del Cinquecento non era in grado di arginare la violenza del male.
         La Chiesa, con l’esemplare conferma della carità, esplicava il suo mandato assistendo gli incurabili di ambo i sessi con la creazione di Ordini e strutture per sfamarli e toglierli dal vagabondaggio. Già agli inizi del 7° secolo l’attività assistenziale, funzione preminente dei religiosi, era svolta nei monasteri o in alcune aree dei palazzi vescovili messi a disposizione dei malati e dei poveri. Proprio per iniziativa di questi eroici religiosi, ai quali in futuro sarà assegnata la corona della santità, il servizio ai malati sarà svolto con la creazione di case, ospedali e istituti per curare non solo il corpo ma anche l’anima sollevando gli infermi dalle loro miserie. La vastità dell’indigenza, che richiederà un’incessante e persistente flusso di iniziative, procederà parallelamente alla propagazione dell’apostolato anche con la creazione di Ordini laicali dipendenti dalla giurisdizione e dall’autorità Pontificia. Quest’ultima provvederà ad istituire un servizio religioso per l’assistenza spirituale anche quando l’Ordine diventerà un Ordine militare come in occasione della difesa dei Luoghi Sacri in Terra Santa. Una simile iniziativa, inquadrata nella società medioevale, sarà ripresa in futuro con il servizio religioso legato alla figura del Cappellano per il sostegno spirituale nelle campagne di guerra e nel servizio esplicato presso le corsie ospedaliere. L’Apostolo Matteo descrive con efficacia l’impatto di Gesù con il popolo del dolore: «Vedendo le folle ne sentì compassione perché erano stanche e sfinite, come pecore senza pastore» (Mt.9,36).
         É la visione che si ripropone anche ai giorni nostri con Gesù che vede l’uomo moderno ferito nella carne e nello spirito perché sbandato ed in balia dei volontari di satana. I popoli, in cerca di guide illuminate, attendono vanamente una risposta agli interrogativi sulle finalità della vita e sull’oppressione della sofferenza. Le conseguenze del peccato originale (infermità e dolore) saranno sempre presenti nell’esistenza umana. Cristo, tuttavia, rende pressante il conseguimento della vita eterna con il progetto salvifico affidato alla riabilitazione interiore con il sostegno della Fede impegnata a valorizzare il patire. Questo è l’unico indirizzo contrapposto alla deriva comunicativa e alla rivoluzione caldeggiata da Bergoglio sul fine vita, sul biotestamento, sulle DAT (Disposizioni anticipate di trattamento). Il Magistero dei Papi che propaga la luce della Verità deve obbligare ad accostarsi alla sofferenza imponendo una pastorale sanitaria che prenda posizione con l’unica terapia possibile: con Dio o contro Dio. Medici, obiettori, malati e tutori sono chiamati a fare questa scelta sapendo che Cristo si fa incontro ai sofferenti imponendo direttive che precludono alternative contro-coscienza. Non è, come negli intenti della compagine religiosa destinata a coprirsi di illusioni, l’opzione del suicidio assistito o della sedazione a condizionare il giudizio dell’Eterno Padre. L’approdo nell’altra vita va inquadrato nella valenza pratica di un ordinamento soprannaturale che obbliga la Chiesa Docente ad erudire sulle realtà immutabili e sulle Verità Eterne con la dimensione teologica dell’approccio alla morte. Anche Bergoglio sa che è Dio il Padrone della vita con l’unica differenza espressa dalla concretizzazione linguistica: se non si decide Lui a toglierla allora ce ne occupiamo noi. Non è il fattore selettivo ma la condivisione dell’amore per il mondo della sofferenza, posto sulla linea del Magistero Infallibile, ad affondare le radici nella Passione di Cristo. Il valore redentivo della sofferenza non rende passivi ma partecipi dei tormenti atroci di Gesù. Anche nella condizione vegetativa (definita irreversibile quando invece ci sono casi di reversibilità parziale o totale anche dopo molti anni) il progetto esistenziale non può convergere sulle coscienze irresponsabili spostando in avanti le lancette della vita.
         Il dominatore del gregge, torniamo nuovamente a Bergoglio, non è chiamato a costruire il regno di Dio con l’incidenza sulla cosa pubblica seminando zizzania ma salvaguardando il destino supremo della persona che è patrimonio di Cristo e non suo. Qualcuno del suo clan qualche tempo fa gli ricordava di averlo eletto per riformare e non per rivoluzionare. Un’ultima annotazione. Siamo all’immancabile scadenza. Rendite cospicue e consistenti somme di denaro saranno dirottate verso l’abituale soggetto secondo il movimento di opinione e la sensibilità dei cattolici. É lecito e doveroso contemplare il volto dei poveri, ma è anche necessario riscoprire l’identità cristiana in virtù di una pastorale che mostri la sacralità della missione salvifica della Chiesa. Resta il fatto che sui forzieri delle Sacre mura fra non molto calerà il sipario. Con Woytjla ingenti somme di denaro, imposte dalla circostanza, furono dirottate in Polonia per sovvenzionare Solidarnosc. Ragioni di forza maggiore esigeranno altri dirottamenti? La ragnatela latino-americana delega agli apparati curiali le incombenze principali del Pontificato. Sereno e sorridente il nocchiero della Nave ha la certezza del futuro (8 x mille).

Quante volte il mio piccolo crocifisso si levò in guerra per la benedizione e l’assoluzione, prima del combattimento, sui feriti, sui morenti, nel segreto della confessione, tra il gruppo di contadini russi che se lo contendevano per un bacio con gli occhi lucidi di meraviglia e di fede chiamando lontano i compagni riottosi. Quando, confessando all’aperto, me lo lasciavo cadere sul petto alla foggia dei Vescovi, gli alpini mi si inginocchiavano davanti puntandomi i gomiti sulle ginocchia e affondando la faccia sulla mia divisa odorante di terra come se si affacciassero alla grata di un vivo ed umano confessionale. Eppure quant’è triste il mio piccolo crocifisso di guerra! Forse perché il candore lunare d’argento ricorda troppo da vicino la fosforescenza degli occhi dei morenti che lo premevano sulle labbra inaridite con mano vaga per la lotta e l’agonia. Forse perché i caduti nel suo nome attendono ancora la consolazione e la giustificazione del loro oscuro sacrificio. Eppure soltanto nel Crocifisso può darsi speranza di intesa, di resurrezione e di vita nel mondo.
 (Tratto da: Cristo con gli alpini di Don Carlo Gnocchi)

Nicola Di Carlo
http://www.presenzadivina.it/297-05.pdf

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