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lunedì 28 maggio 2018

Vi rendete conto che ci stiamo avvicinando alla guerra?

Nella Russia di Putin si parla anche di prepararsi alla guerra


(Vladimir Rozanskij, AsiaNews – 26 maggio 2018) Nei giorni scorsi ha fatto sensazione la dichiarazione di un noto uomo politico russo, Grigorij Javlinskij, che ha riferito di un colloquio avuto il 19 maggio con il presidente Vladimir Putin. Alla domanda di Javlinskij: “Vladimir Vladimirovich, vi rendete conto che ci stiamo avvicinando alla guerra?, il presidente avrebbe risposto: “Sì. E noi la vinceremo.


Javlinskij è il capo del partito liberale Yabloko, da sempre all’opposizione di Putin, e da alcuni mesi sta insistendo in articoli e interventi pubblici sui pericoli dell’isolamento internazionale della Russia. A suo parere, questo rischia di sfociare in un conflitto globale in grado di distruggere sia la Russia che buona parte del mondo, un conflitto nucleare ben più minaccioso degli avventurismi coreani o iraniani. L’insistenza di Javlinskij, secondo le impressioni di diversi commentatori, sembra rivelare non solo un’opinione molto critica nei confronti della politica presidenziale, ma anche un allarme generato da informazioni riservate, riguardanti possibili mosse future della Russia sullo scenario internazionale. In questo senso, ad esempio, si è espresso l’autorevole politologo Andrej Piontkovskij, in un intervento a Radio Svoboda del 25 maggio.
Il colloquio riferito da Javlinskij, conferma Piontkovskij, difficilmente può essere inventato, vista l’autorevolezza del personaggio e la mancanza di smentite da parte del Cremlino. Si tratta evidentemente di un segnale che lo stesso Putin ha voluto trasmettere, attraverso uno dei pochi uomini veramente moderati di Russia, per diffondere le sue minacciose intenzioni: il mondo deve sapere che Putin non ha paura della guerra, e che può vincere un conflitto nucleare. Se la Russia si prepara veramente alla guerra, questa minaccia rischia quindi di trasformarsi in un incubo, quello di una Quarta guerra mondiale di portata apocalittica.
In che modo lo “zar Putin IV” intenda vincere la guerra, in realtà, era stato già descritto in alcuni interventi dello stesso presidente russo degli ultimi anni, dopo che il conflitto ucraino aveva creato i presupposti di uno scontro con l’America e con la NATO. In essi si ribadiscono alcuni concetti, che costituiscono il pilastro dell’ideologia grande-russa rilanciata dall’annessione della Crimea: la “riunificazione delle terre russe” e il “mondo russo” sono espressioni sempre più frequenti e inequivocabili, a partire dallo storico discorso di Putin del 18 marzo 2014, giorno del referendum di Crimea. L’Ucraina, secondo la narrazione russa, è una di queste “terre originarie” da riunificare, come in parte i territori caucasici, ma anche, ad esempio, i paesi baltici. Proprio l’ideale della “riunificazione” porta alle radici stesse dell’ideologia medievale di Mosca-Terza Roma, oggi sempre più ripresa, e alle imprese quattrocentesche del gran principe Ivan III “il riunificatore”, nonno del primo zar Ivan il Terribile.
Secondo questo schema, la Russia dovrebbe annettersi non solo territori come la penisola di Crimea, dove peraltro sono già stati infranti tutti i trattati internazionali, ma pezzi dell’Estonia o della Lettonia, i cui confini segnano i limiti della NATO e della stessa Unione Europea. E com’è noto, l’articolo 5 dell’Alleanza atlantica prevede l’immediato intervento di tutti i Paesi membri a difesa di quello aggredito. Lo scenario dunque prevede un conflitto diretto con l’America e l’Europa, cioè con le potenze nucleari, provocandole a un intervento senza il quale la NATO perderebbe di significato, e l’America perderebbe la preminenza sulla scena internazionale.
È a tutti evidente che la Russia non potrebbe reggere il confronto con l’America, superiore anche negli armamenti nucleari, o con l’Europa, superiore in tutte le forme di armamento convenzionale. Si tratterebbe infatti di un piano di guerra “ibrida”, in cui i russi non rischierebbero il reciproco annullamento suicida con gli Stati Uniti, o una guerra di posizione con le armate europee. Potrebbero però limitarsi a colpire (e annientare) un paio di città europee, giocando sull’aspetto psicologico del terrore nucleare. Gli americani, secondo le ricostruzioni dei piani russi, non rischierebbero l’autodistruzione per difendere gli europei, e Paesi come la Germania o la Francia non si lancerebbero certo in difesa dell’antica regione di Curlandia, sia essa o meno “terra atavica” di russi o di popoli ugro-finnici. Sarebbe lo scenario ucraino, moltiplicato all’ennesima potenza.
Non a caso, di recente è stato effettuato un sondaggio tra i cittadini tedeschi con la domanda: “Se la Russia invadesse l’Estonia, la Germania dovrebbe tenere fede ai propri impegni di alleanza?”. Il 70% ha risposto di no, e si può immaginare quanto l’America di Trump sarebbe disposta a sacrificare per salvare Narva o Kovno, oscure cittadine baltiche anticamente facenti parte dell’impero russo. La guerra ibrida conta non soltanto sulle fredde cifre degli arsenali e delle strategie, ma soprattutto sulle emozioni, le paure o i complessi di cui soffrono i popoli e le persone. Il complesso d’inferiorità di Putin e della Russia è ben più profondo e più grave, di quello di superiorità degli occidentali.

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