Medjugorje: giurisdizione sottratta al vescovo
«Il Vescovo è l'interprete degli eventi soprannaturali in seno alla sua giurisdizione, ma purché si eserciti il discernimento correttamente. La Curia di Mostar produceva invece documenti inesatti senza vagliare i fatti. Non a caso Bertone, pur poco convinto delle apparizioni, scrisse che allo stato a cui si era pervenuti le dichiarazioni del vescovo di Mostar erano da considerarsi sue opinioni».
Un altro aspetto che considero superato è il reiterato appellarsi dei detrattori di Medjugorje alle ben note e datate valutazioni del Vescovo di Mostar. La Congregazione per la Dottrina della Fede, in un documento apposito del 1978, stabilisce che l’Ordinario diocesano è il primo interprete degli eventi soprannaturali che si verifichino in seno alla sua giurisdizione. Ma questa norma è valida purché lo stesso eserciti il suo discernimento in modo corretto. Ora la narrazione degli eventi di Medjugorje rivela come mons. Ratko Perić abbia da sempre dimostrato pregiudizio nei confronti degli strumenti che la Vergine si è scelta in questa sua mariofania. Per esempio, non ha costituito un'apposita Commissione né ha mai voluto incontrare, interrogare, ascoltare i veggenti, venendo forse meno alla sua paternità di Vescovo, certamente a una completezza di giudizio.
Di alcuni fatti che lo coinvolgono sono stato testimone. Per esempio, anni fa, ho fatto da tramite tra un’Associazione di fedeli e un arcivescovo, futuro cardinale, considerato tra i canonisti più importanti della Santa Sede. Dovevo chiedergli un consiglio in merito alla situazione di profonda sofferenza in cui versava padre Iozo Zovko, parroco a Medjugorje all’inizio delle apparizioni, inviso al Vescovo di Mostar. Il mio interlocutore indirizzò l’Associazione da un importante avvocato canonista vaticano, il quale dopo aver analizzato i documenti che gli furono presentati e ascoltato a lungo gli intervenuti, consigliò di aprire un fascicolo contro l’Ordinario diocesano per un evidente caso di fumus persecutionis, che contava di dimostrare facilmente.
Non se ne fece nulla, perché padre Jozo preferì sopportare le ingiurie che fare causa al Vescovo, per amore dell’obbedienza alla gerarchia che la Chiesa insegna. E tale scelta non fu indolore, perché da quel momento il frate dovette quasi rinunciare alla sua testimonianza, che aveva reso forte e pubblica sulle apparizioni e il messaggio, fedele a un preciso invito della Madonna che a Medjugorje chiede di gridare la Verità anche dai tetti. Un secondo episodio risale a qualche anno prima, il 2001. Stavo scrivendo, con Vincenzo Sansonetti, il mio primo libro su Medjugorje e mi informarono che la Curia di Mostar produceva documenti sugli strumenti umani che la Madonna si è scelta pieni di inesattezze, che rasentavano la calunnia e la diffamazione. In particolare Jelena Vasilij, una giovane con il dono delle locuzioni interiori, mi confidò molto addolorata di come in tali documenti si dicevano falsità su di lei e la sua famiglia, che mi furono confermate sia dalla mia conoscenza personale sia dalla gente del posto. In queste stesse fonti si asseriva anche che la veggente Marija Pavlović, sposata con un italiano, viveva a Monza, in un palazzo di proprietà, quando invece la famiglia – sei persone – posso assicurare che si trova ancora oggi a suo agio, pur stringendosi un po’, in un normalissimo appartamento, reso speciale dalla cura della padrona di casa.
Il citato documento della Sacra Congregazione prevede che, nei casi in cui il Vescovo sia in qualche modo inadempiente nel suo discernimento e/o in cui un dato evento abbia un’eco internazionale la Santa Sede possa e debba intervenire, come ha fatto nel 2010 Papa Benedetto istituendo la Commissione Ruini che, di fatto, ha esautorato l’Ordinario locale da ogni ulteriore indagine. Non a caso, l’allora segretario di Stato vaticano, il cardinale Tarcisio Bertone, seppure personalmente poco aperto nei confronti delle apparizioni correnti, scrisse che allo stato a cui si era pervenuti le dichiarazioni del Vescovo di Mostar sulle apparizioni andavano considerate alla stregua di opinioni personali. E la validità di queste affermazioni si fa, a mio parere, evidente con le decisioni prese ora: con l’affidamento di Medjugorje a un «Visitatore apostolico permanente» mons. Perić si vede sfilare definitivamente dai propri pensieri il villaggio della Vergine.
Certamente il Papa, sottolineando che l’incarico dato a Hoser è squisitamente di natura pastorale, fa intendere che si riserva un eventuale pronunciamento sulla veridicità dell’evento, tuttavia – vale la pena approfondirlo – questa scelta è molto indicativa della strada intrapresa, che a livello giuridico passerà dalla creazione di una nuova Diocesi o, più probabilmente, di una Prelatura alle dirette dipendenze della Santa Sede (come già avviene a Loreto e a Pompei), resa necessaria dalla presenza di un Santuario mariano, meta di pellegrini da tutto il mondo, laddove la Madonna è certamente apparsa, almeno nel 1981… Insomma, nell’ultimo giorno del mese a Lei dedicato, di quest’anno del Signore 2018, per la Regina della Pace si dischiude, a Medjugorje, un futuro davvero più quieto, finalmente di pace.
Riccardo Caniato
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22. May 2018.
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Nella solennità di Maria Madre della Chiesa, lunedì 21 maggio 2018, dopo la Messa pontificale celebrata nella Cattedrale di Mostar, gremita di fedeli, e presieduta dal card. Vinko Puljić in concelebrazione con dieci arcivescovi e vescovi, tra cui il nunzio apostolico a Sarajevo, mons. Luigi Pezzuto, e il nunzio in Angola, mons. Petar Rajič, e circa 40 sacerdoti, dopo la preghiera del Cardinale presso le tombe dei tre vescovi Petar Čule, Marko Perić e Pavao Žanić nella cripta, un gran numero di fedeli e sacerdoti, religiose e seminaristi maggiori con i vescovi è passato all’attigua grande sala all'accademia. Oltre alle parti musicali di Lucija e Ksenija e alle parole introduttive di don Željko Majić, vicario generale, la presentatrice Ana ha invitato alcuni presenti a condividere le loro testimonianze, in "cinque minuti", sul vescovo Pavao Žanić:
l’arcivescovo di Split-Makarska mons. Marin Barišić;
il nunzio Petar Rajič, arcivescovo titolare di Sarsenterum/Stolac;
il vescovo di Dubrovnik, mons. Mate Uzinić;
a nome della Provincia francescana dell’Erzegovina, fra Ivan Ševo;
il vicario episcopale per Trebinje-Mrkan e parroco di Trebinje, don Ivo Šutalo;
e, a nome dei fedeli laici, l’ing. Srećko Vučina.
Il volume di 400 pagine in onore del vescovo Žanić In fide, spe et caritate, recentemente pubblicato, è stato presentato dall'arcivescovo di Zadar, mons. Želimir Puljić. Tutte queste testimonianze scritte meritano un posto speciale nella programmata edizione dei Ricordi sul vescovo Žanić.
L'ultima parola è stata pronunciata dal vescovo del luogo Ratko Perić, con la parte introduttiva e quella finale, mentre qui pubblichiamo tutto il testo scritto con la conclusione dell'"Anno del vescovo Žanić."
UN UOMO DELLA VERITA E DELLA FEDE ATTIVA
Incontrai don Pavao Žanić per la prima volta da sacerdote novello a Roma nel giugno 1970, quando egli, come Rettore del Seminario minore di Spalato, portò una trentina dei diplomati del liceo in pellegrinaggio nella Città Eterna. Ebbi l’occasione di fare loro da guida dal Vaticano al Laterano e nei dintorni. Alla fine di quell'anno Papa lo nominò a Coadiutore a Mostar. Da allora fino alla sua morte, per 30 anni, ho seguito la sua attività e vita episcopale da Trebinje, da Sarajevo, da Roma e, dopo il suo ritiro, anche da Mostar. Se in fondo la vera amicizia significa "idem velle, idem nolle" - volere le stesse cose e le stesse cose non volere - come direbbe il fu Sallustio, allora direi modestamente che ho cercato di udire la voce e seguire le orme del vescovo Pavao come quelle di un Pastore innamorato della verità, onesto e intrepido. Forse a guisa di quella metafora biblica che espresse Giosuè: “Sole, fèrmati in Gabaon e tu, luna, sulla valle di Aialon” (Gs 10,12), anche noi abbiamo voluto "fermare" i 23 anni solari del vescovo Žanić sulla valle di Mostar e riconsiderarli da questa distanza storica, nel fausto Centenario della sua nascita.
Il piano preliminare con la Circolare del 9 maggio 2017, dell'"Anno del vescovo Žanić", cioè del Centenario della sua nascita (1918-2018), si è trasformato, per grazia di Dio, nel piano esecutivo. L'anno è stato solennemente connotato innanzi tutto dagli 11 saggi pubblicati sul mensile „La Chiesa sulla roccia“, poi dalla Messa commemorativa nell'anniversario della sua morte, l'11 gennaio 2018, dalla pubblicazione del Festschrift in suo onore In fide, spe et caritate, e, a coronamento di tutto, dalla traslazione dei suoi resti mortali da Kaštel Novi nella cripta della Cattedrale di Mostar, il 2 del mese corrente.[1] Come accade per ogni progetto ideato, così anche nell'attuazione di quest’Anno del vescovo Pavao si sono susseguiti ragionevoli ritocchi, in conformità allo scopo prefisso. Lo scopo era quello di valutare l’attività dottrinale, sacramentale e amministrativa del Presule, nei primi 10 anni da Coadiutore (1970-1980) e poi negli altri 13 anni da Ordinario (1980-1993), la sua sistematica piantagione di rami pastorali che coll'andar del tempo sono germogliati e cresciuti e hanno fruttificato fino ad oggi.[2]
Come Coadiutore fedele all'Ordinario Petar Čule ha seguito le attività in piena corresponsabilità mettendo a disposizione di questa Chiesa locale tutti e “cinque talenti” ed anche altri cinque guadagnati (cfr. Mt 25,15-16).
Il caso erzegovinese, dal 1971. Sebbene la Sede Apostolica, immediatamente dopo la sua ordinazione del 1971, gli avesse affidato la soluzione del “caso” - poiché l’altra parte prometteva che la questione si sarebbe risolta subito se a Mostar fosse stato nominato un vescovo non originario dell’Erzegovina - egli pregò che tutto rimanesse nelle mani del vescovo Petar, mentre lui avrebbe fatto tutto ciò che sarebbe stato in suo potere. Così si formò una Commissione mista del clero diocesano, con a capo appunto il Coadiutore Pavao, e del clero francescano, guidato dal Provinciale o dal suo Vicario. La Commissione si riunì tre volte quell'anno: a Bijelo Polje, Mostar e Humac. Nulla fu risolto, anzi il caso si accese ancor di più. Nell'agosto 1972 fu nominato Visitatore apostolico in Erzegovina Stefan Laszlo, Vescovo di Eisenstadt, in Austria. Furono organizzate diverse sessioni sotto la sua direzione a Zagabria nell'autunno del 1972, poi nel luglio e settembre 1973, che non sortirono alcun risultato. Fu impegnata anche la Conferenza Episcopale di Jugoslavia, ma senza che nulla cambiasse. Si arrivò alla sessione davanti ai Rappresentanti della Santa Sede a Roma nel febbraio 1974. Infine, uscì il decreto Romanis Pontificibus, il 25 giugno 1975, che fu approvato da Papa Paolo VI, in forma specifica. A causa della mancata esecuzione del Decreto, furono emanate varie sanzioni che rimasero in vigore anche dopo il ritiro del Vescovo dal 1993.[3]
Nella fondazione delle parrocchie, dal 1971, il Coadiutore Pavao diede una mano in tutto all'Ordinario Petar. Con l'arrivo di molti neosacerdoti (dal 1969 al 1975: 42 nuovi sacerdoti diocesani), furono smembrate e erette 10 nuove parrocchie: 5 nella Diocesi di Trebinje, Hutovo nel 1971; Stjepan Krst e Neum nel 1974; Aladinići nel 1977; e 5 nella Diocesi di Mostar-Duvno: Raskrižje nel 1971; Vinjani Hercegovački nel 1972; Gabela Polje nel 1977; Zagorje e la Cattedrale nel 1980.
Il Vescovo Žanić, come Ordinario, eresse altre 5 parrocchie nella Diocesi di Mostar-Duvno: Gorica-Struge nel 1988 e quattro parrocchie a Mostar, dedicate ai quattro santi Evangelisti: Matteo, Marco, Luca e Giovanni, nel 1993. Seguì da vicino, per quanto gli fu possibile, i lavori sulle chiese e sulle case parrocchiali. In questo campo dimostrò una strategia ragionevole nell'amministrazione dell'una e dell'altra Diocesi. E manifestò una cura particolare per i seminaristi minori e quelli maggiori e mantenne sinceri rapporti con i sacerdoti diocesani e religiosi.[4]
Il tema della famiglia gli stette particolarmente a cuore sin dai primi giorni, sia da Coadiutore, dal 1971, sia da Ordinario, dal 1980, ed ideò vari modi - conferenze, filmini, incontri, messaggi, articoli - per migliorare l'immagine della famiglia in Erzegovina.[5] Ricoprì per più di 20 anni la carica di Presidente del Consiglio per la famiglia presso la CEJ e fu membro del Pontificio Consiglio per la famiglia. Fu aperto alle Missioni nel Terzo mondo e all’invio di fondi e in particolare di sacerdoti ad gentes. Anzi trascorse più di un mese nel 1983 in una visita ai missionari croati in Tanzania e nello Zambia.[6]
La costruzione della Cattedrale, dal 1975, fu sotto il suo controllo ed egli partecipò alla celebrazione della consacrazione della Cattedrale „Maria Madre della Chiesa“ nel 1980, quando subentrò nell'amministrazione delle Diocesi. Fu ispettore per la costruzione della Casa del clero, dal 1981, e per il rinnovo della Curia e della residenza episcopale, dal 1982.[7] Tutti e tre i grandi edifici furono colpiti dalla guerra nel 1992 e furono fuori uso per alcuni anni. Il vescovo poteva sentirsi in quel tempo solo come il Giobbe biblico, al quale ogni tanto si annunciavano varie tempeste catastrofiche e tuoni celesti. Per quanto fosse debilitato dal crollo dei grandi edifici in cui aveva investito la sua salute e le sue speranze, tuttavia rimase in servizio fino alla fine, fedele a Dio e alla Santa Sede. Questi edifici ebbero bisogno di un accurato restauro, e alcuni sono stati da lui benedetti.
Il Santuario della Regina della Pace, dal 1977: il vescovo Žanić si distinse per la sua venerazione mariana e, al contempo, per l'insegnamento di una sana devozione verso la Beata Vergine Maria. Il suo ruolo nell'istituzione del Santuario della Diocesi di Trebinje „Regina Pacis“, fondato dal vescovo Petar, fu decisivo. Per otto anni, il vescovo Žanić presiedette alla Celebrazione Eucaristica della Regina della Pace a Hrasno la seconda domenica di maggio (1978-1979, 1980-1985, 1989), predicando e incoraggiando i pellegrini alla preghiera e alla devozione autentica alla Madre fisica di Gesù e alla nostra Madre spirituale.
Il vescovo Pavao fu ascoltato come predicatore e seguito come organizzatore di pellegrinaggi sia in patria che all'estero, specialmente nel periodo del suo ufficio di Coadiutore.[8]
Eresse La Chiesa sulla roccia, nel 1980, come un mezzo di comunicazione primario nella vita pastorale. Il mensile è uscito, nel corso del suo governo, in 150 numeri ininterrottamente, nonostante la guerra. Nel corso del tempo, il Foglio ha radunato più di 30 penne sacerdotali, e quasi sempre vi ha partecipato il Vescovo con le sue introduzioni, dichiarazioni o commenti. Le basi del mensile furono così impostate che finora ne sono usciti 450 numeri. Dal 2003, cioè per ultimi 15 anni, il periodico è stato esteso a 42 pagine. L’omonima Casa editrice, anch'essa opera del vescovo Žanić, ha pubblicato 30 libri durante la sua amministrazione, e finora 150 titoli in tutto. È una fonte fondamentale non solo di informazioni pastorali, ma anche di un insegnamento sistematico di spiritualità, dottrina cattolica, morale ed anche di educazione nazionale.[9]
Il fenomeno di Medjugorje, dal 1981: fin dall'inizio seguì e personalmente soffrì profondamente a causa di tutte le contraddizioni circa le "apparizioni", i "messaggi", i "segreti" e le disobbedienze. L'”apparente” di Medjugorje dal 12 ottobre 1981 si presentò come "la Madre di Dio e la Regina della Pace", e dal 2 febbraio 1982 lei stessa raccomandò di celebrare la "Festa della Regina della Pace" il 25 giugno, poiché la gente avrebbe cominciato a radunarsi al Podbrdo in quella data. Nel corso del tempo, di persona e con l'aiuto di due Commissioni studiò il fenomeno, coinvolgendo la Conferenza Episcopale di Jugoslavia e la Santa Sede per raggiungere la piena verità sull' enigmatico fenomeno. A tal fine rilasciò delle istruzioni e decisioni ecclesiastiche nel febbraio 1982, nell'ottobre 1984, nel luglio 1987, nel maggio 1990.[10] Nel 1985 scrisse: “Compatisco la mia Madre Chiesa che vedrà un gran scandalo […]. Compatisco la cara Madonna che è diventata una ‘impiegata allo sportello’”.[11] Sia col „caso“ che col „fenomeno“ ebbe anche lui visibilità a livello mondiale e si comportò abilmente e coraggiosamente nei confronti dei curiosi media mondiali e dei fanatici religiosi. "So che ci saranno molte anime sinceramente devote che mi fraintenderanno e mi considereranno nemico della Madonna. Sono stato a Lourdes molte volte e in altri santuari di apparizioni riconosciute dalla Chiesa. Quel che sto facendo è difendere la verità, difendere la Chiesa, e prego Dio di essere capace di dare la vita per questo”.[12] C'è una testimonianza più grande di questa?!
Co-organizzatore, nel 1981, con altri vescovi della Metropolia, fu partecipe delle celebrazioni del Centenario della restaurazione della gerarchia ordinaria in Bosnia ed Erzegovina e guida del pellegrinaggio di ringraziamento degli erzegovinesi a Roma nel 1982.
E presto, nel 1984, fu il principale promotore della celebrazione del Millennario della Diocesi di Trebinje, ottenendo dalla Santa Sede di proclamare Cattedrale di Trebinje la centenaria chiesa parrocchiale di Trebinje.[13]
Fondò la Caritas diocesana nel 1982: insieme alla rivista La Chiesa sulla roccia, anche l’istituzione della Caritas fu uno strumento fondamentale dell'attività pastorale, il quale nel tempo si diffuse in vari settori e dipartimenti così che oggi impiega circa 80 dipendenti.[14]
Inaugurò l'Istituto teologico nel 1987, poi soppresso per volontà dei comunisti e ribattezzato “Insegnamento per gli adulti” e dal 1993 di nuovo Istituto Teologico di Mostar, approvato, nel 2017, dalla Santa Sede come istituzione universitaria, associata alla Facoltà teologica cattolica di Sarajevo. L'istituto riunisce sacerdoti e laici qualificati come docenti. In questi 30 anni, dal 1987 al 2017, su 609 studenti iscritti, 244 si sono diplomati da catechisti o professori di scuola superiore. Tutto ciò è stato possibile grazie a dei piani razionali che hanno potuto reggere nel lungo periodo, come aveva immaginato il Vescovo Žanić con i suoi validi collaboratori.[15]
“Collaboratore” o “nemico” del regime comunista? Fu pedinato dai nemici di Dio e della Chiesa attraverso gli strumenti tecnico-operativi a Spalato, ed poi a Mostar, mentre i diversi delatori riportavano le sue parole e i suoi passi all'Ufficio segreto statale.
Scheda di polizia - dal 1941 al 1971 - "... non ha simpatizzato per Pavelić, ma secondo le sue dichiarazioni 'coerentemente con la tradizione dei suoi antenati ha guardato con favore alla politica di Radić e Maček e, soprattutto, era ed è per la Croazia come Stato indipendente. [...] Ha iniziato l'attività di nemico dell'ordine sociale immediatamente dopo la guerra attraverso discorsi tenuti davanti a persone dello stesso profilo. Attraverso le prediche ai fedeli spesso ha abusato della religione per scopi politici, diffondendo sfiducia nella stabilità del sistema, attaccando gli atei, il sistema socialista, chiamando il comunismo 'ideologia di rapina’, parlando della inevitabilità della Terza guerra mondiale come unica occasione per 'liberarsi dai selvaggi' /1947./. Ha sostenuto il rifiuto di ogni collaborazione con le autorità, con le quali, dice, bisogna parlare 'duramente e inflessibilmente', perché cooperare con le autorità significa aiutarle a 'liquidarci' /1964/. Del comunismo dice che crollerà perché è ‘la causa di tutta la miseria del mondo’. - A Spalato ha radunato attorno a sé un gruppo di sacerdoti estremisti e intellettuali clerico-reazionari. In quella cerchia si è espresso sgarbatamente da posizioni ostili, attaccando il sistema socialista e il comunismo in generale. Ha seguito attivamente gli sviluppi degli eventi da noi e nel mondo e tutto ciò che è negativo lo ha attribuito al comunismo e al socialismo. Critica tutti i provvedimenti in attuazione, le relazioni interetniche e l'autogestione. Con tali sue uscite ha suscitato intolleranza nazionale e religiosa. Ha insultato e calunniato in modo volgare i massimi dirigenti del Partito e, in particolare, il compagno Tito.“ Questo è il rapporto segreto statale sulla figura ed opera del sacerdote e vescovo Žanić dell'ottobre 1971.
Nemico, non collaboratore - dal 1971-1990 - "Come è possibile che neanche un solo documento finisca col nome di Žanić come 'fonte' ma sempre come 'responsabile di attività nemiche''? Può una persona che è sempre trattata come portatrice di attività nemiche allo stesso tempo essere un collaboratore?! Sia i servizi segreti di Spalato /SDS/ sia quelli di Mostar /SDB/ a suo tempo, giunsero alla conclusione che non era più necessario trattare e seguire il Vescovo Žanić. Lo SDB di Mostar lo fece solo nel 1990, quando il Vescovo non fu più considerato idoneo al servizio militare – cancellato dal Piano di difesa, né utilizzabile per le circostanze straordinarie - cancellato dal Piano per circostanze straordinarie, che, per caso o meno, coincise con lo sfacelo della Jugoslavia".[16] Poté essergli di consolazione il fatto che i suoi occhi videro il crollo del comunismo come sistema disumano e ateo, che per 45 anni ha oppresso le nazioni e le nazionalità e voleva eliminare la religione o almeno assoggettarla ai suoi perfidi fini. Non ce l'ha fatta in nessun modo.
Conclusione. Quest'Anno giubilare ha fatto emergere che nella persona di Pavao Žanic abbiamo avuto un Vescovo di livello nazionale, amante della verità e della giustizia, diligente costruttore di relazioni umane, familiari ed ecclesiastiche, virtuoso nella fede, nella speranza e nella carità, un avversario duro e inflessibile di un regime empio, visto dalla posizione classica della religione e della nazione. Arricchiti con le nuove conoscenze raccolte in questo secondo Volume in suo onore, concludiamo e proclamiamo concluso "L’Anno del Vescovo Žanić", grati al Signore per il suo magnanimo dono! Crediamo che di questo suo Eletto nel futuro si dirà e si farà meglio e di più di quanto abbiamo fatto noi, tutto a gloria della verità e dell'amore di Dio, per una giusta stima e venerazione del Vescovo Pavao e per il bene di tutta la nostra Chiesa particolare.
[2] Cfr. T. Vukšić, a cura di, Istina oslobađa [La verità fa liberi], Mostar, 1992.
[3] Cfr. M. Krešić, „U rješavanju 'hercegovačkoga slučaja'“ [Per la soluzione del „caso erzegovinese“], in: Ž. Majić – B. Goluža, a cura di,U vjeri, nadi i ljubavi [In fide, spe et caritate], Mostar, 2018, pp. 177-219.
[4] Cfr. L. Pavlović, „Briga za duhovna zvanja i odnos prema svećenicima“[La cura delle vocazioni spirituali e l'atteggiamento nei confronti dei sacerdoti], Ibidem, pp. 81-85.
[5] Cfr. K. Puljić, „Promicatelj kršćanske obitelji“ [Un promotore della famiglia cristiana], Ibidem, pp. 46-61.
[6] Cfr. I. Štironja, „Doprinos misijskom poslanju Crkve“ [Un contributo ad Gentes della Chiesa], Ibidem, pp. 71-80.
[7] Cfr. A. Šarac – A. Luburić, „Graditeljska nastojanja, djelatnost i brige“ [Sforzi architettonici, attività e preoccupazioni], Ibidem, pp. 153-176.
[8] Cfr. M. Šutalo, „Pastoralac“ [L'operatore pastorale], Ibidem, pp. 62-69.
[9] Cfr. B. Goluža i I. Drmić, „Osnivatelj Crkve na kamenu“ [Il fondatore della Chiesa sulla roccia], Ibidem, pp. 31-43.
[10] Cfr. I. Turudić, „U potrazi za istinom o 'međugorskom fenomenu'“ [Alla ricerca della verità sul 'fenomeno di Medjugorje'], Ibidem, pp. 221-238.
[11] La lettera del vescovo Žanić a p. R. Laurentin, 29 gennaio 1985, prot. 100/1985.
[12] P. Žanić, Međugorje, Mostar, 1990., pp. 16.
[13] Cfr. I. Puljić, „Apostolski administrator Trebinjsko-mrkanske biskupije“[L'Amministratore apostolico della Diocesi di Trebinje-Mrkan], in: U vjeri, nadi i ljubavi [In fide, spe et caritate], pp. 87-98.
[14] Cfr. A. Komadina, „Utemeljitelj Biskupijskoga caritasa“ [Il fondatore della Caritas diocesana], Ibidem, pp. 99-120.
[15] Cfr. A. Pavlović, „Utemeljitelj Teološkoga instituta u Mostaru“ [Il fondatore dell'Istituto teologico di Mostar], Ibidem, pp. 121-151.
[16] Cfr. Ž. Majić, „Čovjek neustrašivi“ [Un uomo intrepido], Ibidem, pp. 239-262.
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