Sui rischi della devozione al Sacro Cuore
Pompeo Batoni, Sacro Cuore |
Il problema centrale è il sentimentalismo in cui può scadere questa devozione. Essenzialmente, la devozione al Sacro Cuore è un modo particolare di venerare la Passione Redentrice di Nostro Signore. Ora, noi sappiamo che già la semplice devozione alla Passione, a partire dal francescanesimo e dal Tardo Medioevo, ha subito nel mondo latino una pericolosa deviazione sentimentale; nella devozione al Sacro Cuore si aggiunge il rischio di venerare il Sacro Cuore come "oggetto", come parte del corpo di Cristo, come "cuore di carne": questa cardiolatria potrebbe veramente definirsi nestoriana, in quanto seiunge irrimediabilmente la natura umana (il cuore, se nella Scrittura esprime la volontà, nell'immaginario dal XVII secolo in poi rappresenta piuttosto la sede del sentimento, che è emblema di umanità finita) da quella divina di Nostro Signore.
Scrive infatti S. Atanasio: Noi non adoriamo una creatura, ma il Creatore d'ogni cosa, il Verbo Incarnato, e anche se la carne è, presa separatamente, parte delle cose create, quella assunta da Dio è stata resa Dio stesso. Noi non adoriamo il Corpo separato dal Verbo, così come allo stesso modo non separiamo il Verbo dal corpo quando lo veneriamo. Noi riconosciamo il Logos in carne e ossa quale Dio. (Ep. ad adelph., 3)
In questo scritto, ci limiteremo a fare qualche semplice considerazione sulla genesi della devozione al Sacro Cuore, lasciando al lettore di trarre le conclusioni che più riterrà opportune.
La devozione al Sacro Cuore compare nella fine del 1600 negli ambienti dei Gesuiti, i quali hanno sempre teso ad enfatizzare l'umanità di Cristo. Questa nuova devozione faceva parte del progetto gesuitico di rendere più semplice e accessibile la religione ai fedeli, per andare a costruire quello che essi stessi chiamavano il Cristianesimo minimale. I Gesuiti si erano già resi protagonisti dell'introduzione di altre tendenze antispirituali: per esempio, oltre alle questioni sulla ricezione dell'Eucaristia già citate in questo blog, insistevano sulla sufficienza del pentimento in punto di morte (la qual cosa è assolutamente vera dal punto di vista teologico, ma forse risulta inopportuno propugnarla come fonte migliore di salvezza, come soleva opportunisticamente fare qualcuno...), oppure alla casuistica, sistema morale lassista che riconduceva le singole azioni peccaminose a un complesso predeterminato e precodificato di casi, le classificava e le valutava in modo tale da ridurre la colpa e la conseguente pena del peccatore. Tale sistema, denunciato da Pascal nelle sue Lettere provinciali (le quali, benché all'Indice, furono accuratamente lette e impiegate in funzione antigesuitica da diversi Papi), fu ripetutamente condannato dal Sant'Uffizio e dai Pontefici (1665, 1679, etc.)
Il primo a parlare di questo culto fu il gesuita La Colombiere (+ 1682) il quale fu il confessore di S. Maria Margherita Alacoque (+ 1690). Come conferma lui stesso, il confessore diffuse solamente delle rivelazioni private che suor Alacoque riceveva nella sua cella nei momenti di solitudine. Le narrazioni di suor Maria furono poi raccolte e pubblicate dal vescovo Languet, un gesuita, nella città di Soissons. Nonostante il clero diocesano, leggendo il libro, fosse disgustato, ormai era stato dato alle stampe ed era impossibile fermare la diffusione che pareva inarrestabile. Papa Clemente XIV nel 1772 comunque condannò fermamente il libro e la devozione.
Maria Alacoque aveva raccontato di aver ricevuto la rivelazione sul Sacro Cuore nel modo seguente.
Mentre si preparava per la venerazione del Santissimo, Gesù le era apparso e le aveva confidato che voleva che la Chiesa fondasse una nuova festività, dopo il Venerdì dopo il Corpus Domini, "se davvero l'amava". Gesù le avrebbe chiesto di avvicinare Le Colombiere e convincerlo a diffondere la devozione, "per far godere il mio cuore" le avrebbe detto. Suor Maria avrebbe riferito la visione al confessore, aggiungendo anche: "Il Cristo ha grandi prospettive per il vostro Ordine (Gesuiti)". Maria spendeva intere notti in colloqui col suo Gesù mentre l'interesse per questo piccolo officio cresceva ovunque. Suor Maria donò il proprio cuore a Gesù con un documento scritto, firmato col sangue. Un giorno Cristo le disse, secondo i suoi racconti, che Maria era divenuta erede del Suo cuore nei secoli. Un giorno, Dio le avrebbe permesso di appoggiare la testa sul Suo petto, per poi appoggiare la Sua sul petto di lei. Un altro giorno ancora, suor Maria prese un coltello e incise sul proprio seno, a grandi lettere, il Nome di Gesù. Il clero era scandalizzato, ma il popolino era invece colpito da questo strano rapporto, che non si esita a definire sentimentale.
Il Vescovo Languet riferisce anche di "promesse matrimoniali" tra Gesù e suor Maria, culminate con un fidanzamento e un matrimonio "reali". Languet concesse la pubblica recita delle orazioni al Sacro Cuore i primi venerdì del mese.
I Gesuiti sfruttarono grandemente la devozione al Sacro Cuore per portare la loro teologia nelle masse, ma, nonostante, le pressioni della Compagnia del Gesù, la richiesta di creare una Festa del Sacro Cuore fu rigettata dalla Congregazione dei Riti nel 1697. Per trent'anni l'Ordine diffuse con immagini, medagliette, libretti questa nuova devozione pietistica. Nel 1729 il card. Prospero Lambertini, responsabile per la Congregazione dei Riti, uomo di grande cultura, rifiutò ancora una volta l'istituzione della festa commentando: " E perché allora non la Festa degli Occhi di Cristo? O del Cuore di Maria, magari?" l'ingenuo futuro papa Benedetto XIV non poteva sapere che si sarebbe davvero istituita una devozione anche per il cuore di Maria.
Papa Clemente XIII, amico dei Gesuiti, tentò invece di proporre questa devozione a Roma: pare invece che l'ambiente curiale fosse tutt'altro che favorevole. Nel 1765 Clemente permette una Festa al Cuore di Cristo, a livello locale, ma non inteso "fisicamente", ma come "espressione dell'Amore per l'umanità che mosse Dio a prendere carne". Tant'è vero che vietò assolutamente la raffigurazione di immagini sacre con il solo Cuore di Cristo, esortando piuttosto a compiere queste devozioni davanti a immagini della Passione. Tali indicazioni furono naturalmente da subito disattese, e soprattutto grazie alla gran copia di stampe e santini raffiguranti Cristo che offre il proprio cuore, in modo veramente molto carnale, la gente iniziò a interpretare in modo sentimentale e rischioso questa devozione.
La devozione, che Clemente XIV cercò ovviamente ma invano di fermare, ottenne un qualche rilievo all'interno mondo cattolico negli anni successivi, quando iniziò ad essere usata dai gruppi politici fedeli alla Tradizione Cattolica e monarchica in contrasto con il giacobinismo (Pio VI e Pio VII l'incoraggiarono privatamente), e quando essa assunse il suo massimo significato in questo contesto anzitutto politico, Pio IX poté elevarla ai massimi onori all'interno del culto cattolico, esaltando anche agli onori della santità Maria Margherita Alacocque.
Infine, una nota liturgica. Uno degli strumenti che più di tutti contribuirono alla trasformazione della devozione al Sacro Cuore in un culto sentimentale e carnale, fu la riforma dei testi dell'Ufficio Divino della festa, occorsa per volontà di Pio XI. Gl'inni, le letture, le omelie patristiche, le antifone... tutto fu cambiato: tutti i testi che si riferivano alla Passione di Cristo furono sostituiti da altri creati appositamente, inediti, ambigui. Un esempio tra tutti, il primo che s'incontra leggendo il Breviario, ossia l'antifona dell'Invitatorio del Mattutino
Forma "tradizionale": Christum pro nobis passum, venite adoremus (Venite, adoriamo Cristo, che patì per noi).
Forma di Pio XI: Cor Jesu amóre nostri vulnerátum veníte, adorémus (Venite, adoriamo il Cuore di Gesù, ferito per amore nostro).
Una forma esprime la devozione a Cristo Uomo-Dio nella sua interezza, e della sua Passione nella totalità; l'altra può essere pericolosamente interpretata come l'adorazione di un membro singolo del Corpo di Cristo, per di più accompagnata dal termine amor (che quasi mai s'incontra nei testi scritturali e liturgici, ove si preferisce il termine caritas per indicare l'amore di Dio) che apre a rischiose prospettive sentimentaliste...
http://traditiomarciana.blogspot.com/2018/06/sui-rischi-della-devozione-al-sacro.html
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