di Daniel Wedi Korbaria
Quando si dice la faziosità di un giornalista… “Dopo vent’anni tra Etiopia ed Eritrea scoppia la pace” scrive il cristianissimo l’Avvenire e dai suoi soliti toni accusatori si capisce che ha digerito malissimo il fatto che finalmente i due paesi africani abbiano deciso di fare la pace. Invece di gioire per la splendida notizia di pace e fratellanza, così come avrebbe fatto lo stesso Gesù Cristo, uno stizzito Paolo Lambruschi sceglie col suo articoletto di voler continuare a guerreggiare contro l’Eritrea. Vorrei dirgli: “La guerra è finita anche per te Paolo! Oramai i tuoi scritti non servono più a nessuno, nemmeno alla propaganda del TPLF al potere in Etiopia. Game over come ha detto loro il Presidente eritreo Isayas Afewerki o se preferisci le parole del Ministro Salvini La pacchia è finita anche per te. Finora sei campato e bene raccontando le disgrazie degli eritrei, come un vampiro hai succhiato il sangue agli immigrati sfruttando le loro tragedie nel deserto e in mare. Adesso però basta, cambia mestiere!”.
Eh sì, questa ventennale situazione di né pace né guerra tra Etiopia ed Eritrea è stata una manna dal cielo per lui, per l’Avvenire e per tanti altri giornalisti-mercenari che hanno scritto centinaia di articoli falsi e ripetitivi, un copia e incolla a vicenda sulle orme di Goebbels, per bullizzare vigliaccamente, come fa il branco, il paese più piccolo dei due: l’Eritrea.
Nel 2014 avevo scritto una lettera al Direttore dell’Avvenire Marco Tarquinio per chiedergli di smetterla con la propaganda anti eritrea (se digitate sul loro sito la parola Eritrea vi renderete conto della loro fissazione) ma lui non si è mai degnato di rispondermi. Per anni l’Avvenire ha preferito schierarsi con il gigante Golia attaccando, quasi quotidianamente, la piccola Eritrea già vittima di una campagna occidentale di demonizzazione, derisa e sbeffeggiata perché osava chiedere un po’ di giustizia. Non solo perché il gigante e bruto Golia occupava illegalmente e militarmente i suoi territori sovrani riconosciutigli come tali nel 2002 da una Commissione delle Nazioni Unite (EEBC) e non come riportato dallo stesso Avvenire per sminuirne l’entità: “Un triangolo di sabbia attorno a Bademme”. Non si tratta a quanto pare solo di un triangolo di sabbia se in due anni sono morte oltre 100.000 persone da ambo le parti, ma soprattutto perché il TPLF aveva poi trasformato quei territori occupati in campi di accoglienza con l’idea di svuotare l’Eritrea di quei giovani rimasti a difenderla attraendoli con visti facili per gli Usa. Il TPLF ha facilitato chi scappava accompagnandolo fino al confine con il Sudan per raggiungere a piedi l’Europa attraverso il deserto ed il mare grazie anche al traghettamento satellitare di Don Mussie Zeray, amico dello stesso Lambruschi. E poiché l’allora Ministro dell’Interno italiano Roberto Maroni aveva chiuso il mar Mediterraneo e impedito gli sbarchi, assieme alla Dottoressa Alganesh, proprietaria della ONG Ghandi, il Lambruschi si era prodigato a propagandare in Italia le condizioni dei migranti eritrei ed etiopici imprigionati nel Sinai. Un impegno che a lui valse il Premiolino, ad Alganesh l’Ambrogino e al Don (di recente indagato dalla Procura di Trapani per favoreggiamento del traffico di esseri umani) addirittura la candidatura al Premio Nobel!
In tutti questi anni forte della sua alleanza con il Presidente Obama il TPLF ha speso milioni di dollari per assoldare giornalisti occidentali anche italiani per amplificare quella falsa accusa contro l’Eritrea di finanziare il terrorismo degli Al Shabaab in Somalia, per promuovere le sanzioni e l’embargo all’Eritrea e per avere una Special Rapporteur che indagasse le pseudo violazioni dei diritti umani.
Il tutto condito ogni tanto dai suoi raid militari. Ma è stato tutto inutile. A soccombere è stato proprio il TPLF a seguito di tre anni di sollevazioni popolari delle due più grandi etnie etiopiche Oromo ed Amhara.
Dopo un suo ennesimo attacco gratuito e maligno all’Eritrea con un tweet avevo invitato il Lambruschi a sconfinare verso l’Etiopia dove il TPLF aveva dichiarato lo stato di emergenza per meglio uccidere a vista gli Oromo che protestavano pacificamente. Lui mi rispose che l’avrebbe fatto ma, ovviamente, ha volutamente ignorato la violazione dei diritti umani di quelle migliaia di morti e ha continuato ad attaccare imperterrito l’Eritrea.
Il popolo etiopico ha fatto il regime change in Etiopia dove da tre mesi è stato eletto un nuovo Primo Ministro di etnia Oromo il quale ha già iniziato a riformare le istituzioni, rimuovendo loschi personaggi dai posti chiave, mandando in pensione i Generali TPLF, ricostruendo pezzo dopo pezzo il sistema Paese facendo il contrario di quello che per 27 anni ha fatto il TPLF. Per premiare il suo coraggio e dargli maggiore credibilità il Presidente Isayas Afewerki ha accettato il suo invito alla pace e al dialogo. E senza coinvolgere personaggi terzi, nemmeno i garanti occidentali degli accordi di Algeri che avrebbero dovuto assicurare l’attuazione del verdetto EEBC ma che se ne sono infischiati causando di fatto lo stallo tra i due paesi, creando lo status di né pace né guerra durato sedici anni, l’Eritrea e l’Etiopia hanno fatto la storia, hanno riaperto un nuovo capitolo di pace e di fratellanza proprio per insegnare al mondo che anche gli africani possono camminare da soli sulle proprie gambe sulla via della pace. Guardate i video della felicità delle due popolazioni.
E oggi che questa maledetta guerra è finita il Lambruschi scrive il suo ennesimo pezzo contro la pace.
Lui vede nel Presidente eritreo il demonio per il semplice fatto che ha resistito assieme al suo popolo per tutti questi lunghi anni agli attacchi del TPLF e dei suoi alleati e ha reso vano il tentativo di regime change dei mercenari occidentali. Il Lambruschi ancora oggi non vuole arrendersi al fatto che Isayas Afewerki sia il vero vincitore della guerra del 1998. Ai suoi nauseanti epiteti preferisco di gran lunga le parole del Primo Ministro etiopico che, dopo la visita alla modesta abitazione del Presidente eritreo che vive circondato dal calore autentico dei suoi vicini, ha detto colpito: “Il suo semplice stile di vita è un grande esempio per tutti noi”. Ed è anche per questa umiltà che gli eritrei vedono il loro leader come un eroe vivente e un padre della Patria.
Concludo quindi rivolgendomi nuovamente al Direttore dell’Avvenire, poiché sarebbe inutile farlo con il soldatino Lambruschi, dicendogli: “Visto che per anni con i vostri articoli avete fomentato l’odio e la guerra vi chiedo di volgere altrove la vostra attenzione e di distogliere il vostro sguardo di Medusa dal Corno d’Africa, affinché regni la pace, la fratellanza, la cooperazione e lo sviluppo fra le sue popolazioni. E se proprio non riuscite a seguire le indicazioni di “pregare per la pace” suggerite dal Papa durante l’Angelus, allora vade retro Satana! e andate a suonare la vostra tromba di guerra altrove. Sparite il più lontano possibile da noi, lasciateci in pace e amen!”
Dopo un suo ennesimo attacco gratuito e maligno all’Eritrea con un tweet avevo invitato il Lambruschi a sconfinare verso l’Etiopia dove il TPLF aveva dichiarato lo stato di emergenza per meglio uccidere a vista gli Oromo che protestavano pacificamente. Lui mi rispose che l’avrebbe fatto ma, ovviamente, ha volutamente ignorato la violazione dei diritti umani di quelle migliaia di morti e ha continuato ad attaccare imperterrito l’Eritrea.
Il popolo etiopico ha fatto il regime change in Etiopia dove da tre mesi è stato eletto un nuovo Primo Ministro di etnia Oromo il quale ha già iniziato a riformare le istituzioni, rimuovendo loschi personaggi dai posti chiave, mandando in pensione i Generali TPLF, ricostruendo pezzo dopo pezzo il sistema Paese facendo il contrario di quello che per 27 anni ha fatto il TPLF. Per premiare il suo coraggio e dargli maggiore credibilità il Presidente Isayas Afewerki ha accettato il suo invito alla pace e al dialogo. E senza coinvolgere personaggi terzi, nemmeno i garanti occidentali degli accordi di Algeri che avrebbero dovuto assicurare l’attuazione del verdetto EEBC ma che se ne sono infischiati causando di fatto lo stallo tra i due paesi, creando lo status di né pace né guerra durato sedici anni, l’Eritrea e l’Etiopia hanno fatto la storia, hanno riaperto un nuovo capitolo di pace e di fratellanza proprio per insegnare al mondo che anche gli africani possono camminare da soli sulle proprie gambe sulla via della pace. Guardate i video della felicità delle due popolazioni.
E oggi che questa maledetta guerra è finita il Lambruschi scrive il suo ennesimo pezzo contro la pace.
Lui vede nel Presidente eritreo il demonio per il semplice fatto che ha resistito assieme al suo popolo per tutti questi lunghi anni agli attacchi del TPLF e dei suoi alleati e ha reso vano il tentativo di regime change dei mercenari occidentali. Il Lambruschi ancora oggi non vuole arrendersi al fatto che Isayas Afewerki sia il vero vincitore della guerra del 1998. Ai suoi nauseanti epiteti preferisco di gran lunga le parole del Primo Ministro etiopico che, dopo la visita alla modesta abitazione del Presidente eritreo che vive circondato dal calore autentico dei suoi vicini, ha detto colpito: “Il suo semplice stile di vita è un grande esempio per tutti noi”. Ed è anche per questa umiltà che gli eritrei vedono il loro leader come un eroe vivente e un padre della Patria.
Concludo quindi rivolgendomi nuovamente al Direttore dell’Avvenire, poiché sarebbe inutile farlo con il soldatino Lambruschi, dicendogli: “Visto che per anni con i vostri articoli avete fomentato l’odio e la guerra vi chiedo di volgere altrove la vostra attenzione e di distogliere il vostro sguardo di Medusa dal Corno d’Africa, affinché regni la pace, la fratellanza, la cooperazione e lo sviluppo fra le sue popolazioni. E se proprio non riuscite a seguire le indicazioni di “pregare per la pace” suggerite dal Papa durante l’Angelus, allora vade retro Satana! e andate a suonare la vostra tromba di guerra altrove. Sparite il più lontano possibile da noi, lasciateci in pace e amen!”
Daniel Wedi Korbaria, scrittore eritreo, ha pubblicato diversi articoli in italiano poi tradotti in inglese, francese, tedesco e norvegese.
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