ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

mercoledì 18 luglio 2018

Dio non abita più qui

Addio culto, la chiesa si ricicla rifugio dei clandestini

Zanotelli auspica la trasformazione delle chiese in ostelli per i clandestini; il vescovo di Caserta vorrebbe chiese-moschee per accogliere. E' il trionfo della strategia Sant'Egidio, che segna l'addio all'esclusività del culto. Una "politica" confermata anche da un prossimo convegno vaticano sull'uso delle chiese dismesse per scopi "sociali e culturali".




Avvenire intervista il comboniano Zanotelli e dà spazio a quattro gatti (basti guardare la foto qui) che stanno digiunando “a staffetta” contro il "dittatore" Salvini. Morto Pannella, non si poteva stare senza i digiuni ideologici, digiuni di piazza, fatti per essere pubblici e scagliati contro qualcuno; digiuni che sono esattamente il contrario dell’insegnamento evangelico: “quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto” (Mt. 6, 17-18). Ma ormai qui siamo andati ben oltre i quattro vangeli canonici, ed anche oltre l’arguto e profetico “quinto evangelo” del Cardinal Biffi. Ormai siamo ai frammenti di papiro: il Vangelo sbrandellato, distorto, interpretato a seconda dei gusti e delle mode del tempo, ostentato come fosse la bandiera rossa. Pardon, quella arcobaleno.


Il buon Zanotelli, dopo aver spiegato che “noi europei, anche noi italiani, siamo razzisti ” – ipse dixit - , e dopo aver esortato “a fare disobbedienza civile se serve a salvare vite umane” (chissà se si riferisce agli aborti che ogni anno fanno milioni di morti?), lancia una proposta: “Propongo alla Chiesa italiana di seguire l’esempio statunitense e diventare sanctuary, rifugio per chi è destinato ad essere deportato in Paesi dove rischia la morte. Non possiamo permetterlo. Era una pratica in voga negli anni 80 e che la Chiesa cattolica nordamericana ha ripreso con Trump”. Si tratta di ospitare dentro gli edifici sacri immigrati clandestini, dare loro una “zona franca”, con lo scopo di non farli arrestare dalla polizia. Negli Stati Uniti (si veda qui), con la svolta di Trump, le chiese “rifugio” sono diventate circa 800. In realtà, sembra che le forze dell’ordine possano comunque arrestare immigrati illegali dentro le chiese. Comunque stiano le cose oltreoceano, padre Zanotelli lancia un’iniziativa “born in the USA”.

Non sorprenderebbe che qualcuno in Italia sia pronto ad accogliere l’appello, qualcuno di molto potente nella Chiesa e con i tentacoli infilati ovunque per ottenere sovvenzioni e coperture dallo Stato. Sicuramente, la Comunità Sant’Egidio, sarebbe già “moralmente” pronta. Dopo tutta la campagna dissacratoria dei pranzi in chiesa con i poveri, non si farebbero molti problemi a trasformare le “case di preghiera” in rifugio per clandestini. Qualche mese fa, avevamo dato notizia della nuova offerta “mezza pensione” della Comunità, nella chiesa di San Callisto a Roma, dove si ospitavano i senza tetto per la notte: basterebbe unire i vari servizi finora offerti nella casa del Signore, al quale sembra non ci sia bisogno di chiedere il permesso, ed il gioco è fatto.

Ancora più spinto il proclama di mons. Nogaro, vescovo emerito di Caserta, firmatario dei digiuni lanciati da padre Zanotelli, il quale, in Piazza san Pietro ha letto alcune parole pronunciate da Sua Eccellenza: "Moralmente e da uomo di fede sarei pronto a trasformare tutte le chiese in moschee se fosse utile alla causa e se consentisse di salvare la vita di uomini e donne, poveri e infelici, perché Cristo non è venuto sulla terra per costruire chiese ma per aiutare gli uomini indipendentemente dalla razza, dalla religione, dalla nazionalità. E invece ci sono politici che nei loro comizi continuano a predicare le espulsioni e la cosa peggiore è che lo fanno con la corona e il rosario in mano e nominando il nome di Dio invano, un peccato molto grave”.

Moralmente e da uomo di fede, molto semplicemente, mons. Nogaro non ha la facoltà di trasformare chiese in moschee, manco fosse un Mago Merlino filoislamico… Le chiese sono chiese, appartengono a Dio e sono edificate per il culto pubblico della Chiesa. Moralmente e da vescovo, poi, dovrebbe ricordare che Gesù non è venuto sulla terra per aiutare gli uomini, ma per salvarli da quella che l’Apocalisse chiama la seconda morte, eterna, definitiva, irrevocabile. Infine, moralmente e da donna di fede, la sottoscritta vorrebbe chiedere di sforzarsi due minuti due, per richiamare alla mente chi da mesi sta continuando a nominare il nome di Dio invano – un peccato molto grave! -, tirando per la giacchetta il Signore per timbrare con il marchio evangelico il reato di favoreggiamento della clandestinità, salvo poi farLo sloggiare da casa sua – Domus mea, domus orationis -, mettendolo per un po’ in sacristia, per permettere a gruppi, associazioni, preti e vescovi di far vedere quanto sono ospitali a dar mangiare agli affamati, in un luogo che non è loro, e con dei soldi che non sborsano loro…

In fondo si potrebbe concludere con l’ennesima scrollata di testa, di fronte a tanta insipienza, ma le cose si fanno serie se si collegano queste “uscite”, che potrebbero sembrare estemporanee, con un evento che rischia di dare una svolta veramente disastrosa alla questione. Si tratta del convegno che si terrà a novembre, di cui abbiamo già dato notizia, organizzato dal Pontificio Consiglio della cultura, Cei e Pontificia Università Gregoriana sul tema “Dio non abita più qui? Dismissione di luoghi di culto e gestione integrata dei beni culturali ecclesiastici”. Uno dei criteri preannunciati dal Cardinal Ravasi, nella presentazione dell’evento, è il seguente: “fare attenzione che il tempio rimanga sempre all’interno della comunità con qualche valore di simbolo spirituale, culturale, sociale”. Ed è proprio quell’ultima parolina a rischiare di diventare fatale. Insomma, basta a chiese che diventino ristoranti o pub con scopo di lucro, ma potrebbero diventare ristoranti o alberghi per l’accoglienza dei poveri.

“I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me” (Gv. 12, 8): con quanta reale drammaticità si stanno avverando queste parole! Ma non sembra che ci sia grande preoccupazione sul fatto che “non sempre avremo Lui”, sempre più sfrattato dalle chiese, sempre più assente sacramentalmente per il crollo delle vocazioni sacerdotali. Ce ne faremo una ragione e ci consoleremo con la presenza dei poveri, rigorosamente clandestini.

Luisella Scrosati

http://www.lanuovabq.it/it/addio-culto-la-chiesa-si-ricicla-rifugio-dei-clandestini

Nigeriane, dai barconi ai marciapiedi della tratta.

Luigi De Ficchy, procuratore capo di Perugia: “Così avviene il traffico delle giovani dalla Nigeria all’Italia”
GIACOMO DE SENA
Prostitute nigeriane
Otto persone arrestate, sei donne e due uomini, tutti nigeriani. È questo il risultato nei giorni scorsi di un’operazione della Squadra mobile della Polizia di Perugia, con il coordinamento della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Perugia, che ha smantellato un’organizzazione criminale dedita allo sfruttamento della prostituzione nel capoluogo umbro. Il gruppo di uomini e donne – a partire dal 2015 – faceva arrivare ragazze dalla Nigeria all’Italia, attraverso la Libia, per farle prostituire. Le giovani salivano su camion gremiti, poi sugli ormai arcinoti gommoni che navigano nel Mediterraneo per finire sui marciapiedi italiani. L’indagine toglie il velo su una piaga diffusa e complessa, sulla quale In Terris ha provato a far luce intervistando Luigi De Ficchy, procuratore capo di Perugia.
Da quest’ultima operazione emergono i profondi interessi commerciali che trasformano queste donne in merce da piazzare sui vari mercati della criminalità: quanto è diffuso questo fenomeno in Italia e cosa si può fare per stroncarlo?
“Anzitutto il pubblico deve prendere consapevolezza del fatto che siamo di fronte non ad un’emergenza, ma ad una permanenza. Ci sono elementi, studi, analisi, investigazioni su questo fenomeno da almeno venticinque anni. Personalmente, stando alla procura nazionale, ne scrivevo al riguardo già vent’anni fa. Certo, sono cambiate le modalità del traffico, magari un tempo si arrivava in Italia in modo diverso, i flussi migratori seguivano altre strade, ma la tratta di persone proveniente da Nigeria e Paesi limitrofi è un fenomeno antico”.
Il fenomeno è stato sottovalutato?
“Ritengo che in troppi che dovevano fronteggiare questa piaga, purtroppo hanno messo la testa sotto la sabbia. La magistratura fa quello che può, con investigazioni che non sono facili, perché in gran parte sono transnazionali e internazionali, che riguardano organizzazioni criminali di diversi Paesi”.
In genere quante organizzazioni criminali sono coinvolte in questi traffici?
“Se parliamo dei traffici della Nigeria, esistono organizzazioni che agiscono già in Nigeria. Poi, dello spostamento delle persone dal subsahara alla Libia se ne occupano già altre organizzazioni. E ancora, in Libia, queste persone vengono prese in consegna da gruppi libici che si occupano del viaggio fino in Italia. Una volta qui, tante cellule si attivano per lo smistamento di queste donne sui vari mercati”.
C’è anche un forte legame tra traffico di stupefacenti e sfruttamento della prostituzione…
“Certo, c’è un legame, spesso queste stesse donne vengono utilizzate per il trasporto della droga. La Nigeria, del resto, è un crocevia di sostanze stupefacenti: passano di lì la cocaina che viene dal Brasile e dalla Colombia e l’eroina proveniente dal Sud-Est asiatico e dal Pakistan, queste sostanze vengono poi stoccate e portate verso i Paesi consumatori. Negli anni ’80 i nigeriani operavano come corrieri per altre organizzazioni, oggi stanno gestendo questo traffico in proprio perché hanno acquisito una capacità criminale maggiore. In Nigeria questa attività viene organizzata liberamente perché c’è una notevole corruzione e poi perché la povertà è dilagante”.
Quanto è forte l’aspetto pseudo-religioso sul traffico di prostituzione?
“Nel caso della Nigeria è fortissimo. Nelle ragazze nigeriane c’è una forza costrittiva legata ai riti voodoo. In molte occasioni, queste giovani sanno che vengono qui a prostituirsi, mentre in tante altre non lo sanno. In ogni caso, tuttavia, sono consapevoli che devono pagare un prezzo molto alto, quello del viaggio, che si aggira tra i 10 e i 20mila euro. Soldi che devono corrispondere sotto minaccia nei confronti loro e dei loro familiari. E poi prima che partano, spesso vengono loro sottratti degli effetti personali con riti voodoo, magari un ciuffo di capelli o una parte di un abito, facendo loro credere che ciò serva per controllarle a distanza. Non va poi trascurata la figura della maman, la donna che va a prendere queste ragazze direttamente nei campi di prima accoglienza per prendersene carico e costringerle alla prostituzione”.
Ci sono zone a Perugia, ma anche in tanti altri territori d’Italia, in cui la prostituzione è radicata, quasi da sembrare impossibile da smantellare. Come è possibile che ciò avvenga?
“Perché c’è grande disattenzione sul fenomeno della prostituzione. Il retroterra criminale che vi sta dietro viene spesso ignorato, così lo sfruttamento viene visto come un reato minore, con pene relativamente basse, difficilmente repressive dell’ampio fenomeno in questione. E poi c’è una domanda continua e numerosa: sarebbe necessaria maggiore consapevolezza da parte di chi utilizza queste donne sul fatto che così si rende responsabile di queste storie tristi e cariche di sofferenza. Ritengo dunque necessario stroncare la domanda, ma non con mezzi sanzionatori, bensì con la cultura”.
Qual è la percentuale, tra le donne che arrivano in Italia sui barconi, di quelle che finiscono sui marciapiedi? È possibile fare una stima?
“Non è possibile. Tenga però presente che, se parliamo della Nigeria in particolare, è quasi normale che le donne vengano avviate alla prostituzione, anche se spesso viene promesso loro, al termine del viaggio, un lavoro diverso, dignitoso. Per quanto riguarda gli uomini, gran parte di essi, giunti in Italia, sanno già che non avendo altre opportunità lavorative, dovranno unirsi a gruppi criminali oppure dedicarsi all’accattonaggio”.
Dalle intercettazioni utilizzate nell’inchiesta emerge la preoccupazione da parte degli organizzatori che questi traffici possano essere arginati dalla linea del nuovo governo?
“L’indagine non riguarda solo gli ultimi due mesi scarsi in cui è in carica il nuovo governo, riguarda un periodo pregresso, dunque al momento non è possibile fare queste valutazioni. Vedremo in futuro se, in qualche modo, la nuova linea influirà sul fenomeno”.

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