Le rotte dell”Eurafrica sono lastricate della morte dell’Europa
Emmanuel Macron, così tenero, così bastardo, aveva attaccato molto duramente l’Italia sul caso Aquarius e sulle mosse politiche di Matteo Salvini «Italia vomitevole per la chiusura dei porti». Poi Gabriel Attal, portavoce del partito di governo, aveva aggiunto che la Francia era sempre alla ricerca di una soluzione. In realtà nel luglio 2017 era stato proprio Macron a chiudere i porti, e all’epoca aveva sbarrato gli attracchi francesi, scaricando il fardello all’Italia, mentre la Commissione europea stava a guardare.
Attualmente a Ventimiglia ogni giorno decine di migranti tentano di attraversare la frontiera italo francese sui treni diretti a Mentone, ma una volta oltrepassato il confine la polizia Francese dispone perquisizioni su ogni vagone alla ricerca dei profughi, che vengono poi espulsi e rimandati in Italia, compresi i migranti minorenni, nonostante questa pratica sia illegale. Sncf, la società ferroviaria francese, ha chiesto ai suoi dipendenti di collaborare con le autorità a individuare i migranti a bordo dei treni, ma in tanti, tra controllori e ferrovieri non sempre obbediscono.
Quindi, mentre l’Italia ha finora accolto con grande generosità, tutti i migranti che venivano ‘salvati’, la Francia ha difeso i suoi confini espellendo i clandestini, scaricandoli sull’Italia e praticando numerose violazioni dei diritti umani. L’Europa non esiste, esistono solo le sopraffazioni politico finanziarie dei Paesi più forti, contro quelli considerati più deboli, nel solito gioco al massacro imperialista.
A impedire il passaggio è l’applicazione ferrea del Regolamento di Dublino, votato a suo tempo dal Governo Berlusconi (Lega e Forza Italia), la cui recente fasulla proposta di riforma, ha visto l’astensione degli euro deputati leghisti e il voto contrario della delegazione del M5s.
Infatti la pseudo riforma è una vera truffa perché obbliga l’Italia a gestire tutti i migranti economici arrivati, per loro non sarebbe previsto nessun ricollocamento e nessuna solidarietà europea.
Allo stato attuale solo i minorenni avrebbero diritto di passare e scegliere lo stato dove chiedere asilo, ma come ampiamente dimostrato la Francia continua a respingerli in Italia, alla stregua dei maggiorenni.
Quello di Ventimiglia continua a rappresentare il passaggio più vulnerabile, nonostante la militarizzazione di entrambi i versanti e i controlli continui sui passeggeri che cercano di passare il confine in treno o valicando i passi di montagna in condizioni di estremo pericolo, Secondo le informazioni, per un passaggio sui loro ‘special taxi’ la tariffa dei passeur oscilla tra i 100 e i 300 euro in base alla destinazione richiesta. Non è facile infatti individuare accompagnatori solidali, che rischino personalmente per guidare i ragazzi oltre il guado.
L’assedio subito dall’Europa si combatte su diversi fronti, le rotte più battute dai migranti sono quelle che vanno dalla Libia all’Italia, attraverso il Canale di Sicilia, e dalla Turchia alla Grecia. Mentre al confine con la Turchia, nella parte sud orientale della Bulgaria gli uomini del movimento nazionalista chiudono la rotta balcanica, tra Serbia e Ungheria è stato alzato un muro, e nella Giungla di Calais la polizia cerca di fermare la formazione di nuovi campi. C’è però anche una rotta molto meno famosa, ma altrettanto utilizzata, ovvero quella di Ceuta e Melilla, i due avamposti spagnoli in Marocco.
Pochi avevano previsto che in un tempo così breve l’Europa sarebbe passata da uno stato di relativo ottimismo sul futuro all’attuale stato di panico sbigottito. Oggi i livelli d’instabilità sono piuttosto elevati, e le correnti sotterranee della ribellione populista si stanno rafforzando, diffondendo le loro ansie da un paese all’altro. In Germania Angela Merkel e il leader della Csu Horst Seehofer sono riusciti a trovare un compromesso sulla politica migratoria, chiudendo una crisi che se portata all’estremo avrebbe potuto far cadere la Grande Coalizione prospettando nuove elezioni.
In Italia il governo giallo/verde sfida il Vecchio Continente e i suoi trattati “Dobbiamo superare Dublino, un regolamento che appare del tutto inadeguato a gestire i flussi migratori. ‘Va superato – dice il presidente del Consiglio Conte – perché non ci sono più dubbi che solo il 7% dei migranti in arrivo sono rifugiati, e va superato ‘anche il criterio del Paese di primo arrivo, anche questo non è idoneo a gestire i flussi in modo efficace e sostenibile’… ‘Va infatti affermato il principio che chi sbarca in Italia (o in qualsiasi altro Paese di primo arrivo) sbarca in Europa. Questo principio lo ripeterò come un mantra’.
La progressiva instabilità europea è alimentata dai continui flussi migratori provenienti dall’Africa via mare e dal MO, mentre le rotte cambiano e i governi cercano di rafforzare le frontiere esterne dell’Unione europea (chiusura dei porti, muri alle frontiere dell’est).
Oggi l’Europa è fortemente divisa sull’immigrazione: i paesi del Visegrad (Polonia, Ungheria, Slovacchia, Repubblica Ceca) si oppongono a qualsiasi schema che consenta l’ingresso e la ridistribuzione degli immigrati, mentre il flusso migratorio ininterrotto in Europa occidentale ha provocato le ultime reazioni contestate del governo italiano.
In Germania lo shock provocato dall’ondata migratoria 2015/16 ha fortemente riformulato la politica del paese: Alternativa per la Germania (AfD) è oggi il terzo partito del Bundestag, e se il governo Merkel cadesse l’AfD potrebbe arrivare al secondo posto.
Però le élite politiche europee non sembrano particolarmente interessate all’urgenza del dibattito, e si accontentano di una fasulla ‘risoluzione’ del problema (potenziare e trasformare Frontex per difendere i confini esterni dell’UE, ridurre le prestazioni sociali agli immigrati, ridurre i fattori di attrazione e investire nello sviluppo economico nei paesi poveri).
Ciò che manca è una discussione ampia sulla questione profonda dell’identità dell’Unione, una gigantesca medusa che strozza gli stati membri, priva di una propria consapevolezza del futuro comune destino. L’ideologia neo-marxista che ha informato buona parte della cultura di sinistra, quella che ha sollecitato identità contestuali, relativismo culturale e multiculturalismo, è in definitiva divenuta inerme strumento del neoliberismo mondialista, tanto che alla fine ha contribuito alla dissoluzione dei partiti sinistrati. Nel frattempo ha perso buona parte del proprio consenso politico, mentre un numero crescente di europei sta respingendo la convinzione, sostenuta dalle élite liberiste, che nel tempo le differenze culturali tra cittadini e nuovi arrivati potrebbero essere attenuate dalle politiche d’integrazione.
L’Unione europea non riesce a fare alcun passo avanti come soggetto politico, appare sorda dinnanzi al problema, inoltre l’ideologia europeista è riuscita a delegittimare alla radice la cultura della nazione, tanto che ogni riferimento alla nazione è apparso come il potenziale preludio di una deriva nazional fascista, di una violenza sacrilega al mito ancestrale di un’Europa unita, quasi fosse sinonimo di sopraffazione nazionalistica. La propaganda europeista ha imbottito le coscienze di alcuni tabù inviolabili, ripetuti fino alla nausea su tutti i network: gli Stati nazionali significano inevitabilmente la guerra; l’Europa ha portato 70 anni di pace; solo gli Stati uniti d’Europa ci potranno salvare.
Per decenni un’identità civica distinta dai suoi contesti nazionali e culturali è stata il santo graal delle élite in tutto l’Occidente, ma l’immigrazione selvaggia sta dimostrando che l’idea della democrazia non può esistere in una dimensione comunitaria asimmetrica, completamente avulsa dal contesto nazionale e storico dei singoli stati, perché la risoluzione dei problemi resta segregata nell’impotenza delle divergenze incrociate. Di fronte alla dura realtà dell’immigrazione di massa, gli europei sono stati costretti a calcolare il prezzo del relativismo multiculturale, diventato dolorosamente quantificabile. La più grande ondata migratoria in Europa dalla seconda guerra mondiale è diventata quindi un problema sempre più urgente in quanto le popolazioni indigene europee continuano ad invecchiare e a diminuire di numero .
Per affrontare il problema dell’immigrazione l’Europa dovrebbe in primo luogo trovare soluzioni condivise per arginare il flusso, in linea con il cliché secondo cui se la vasca si riempie, si dovrebbe chiudere il rubinetto prima di iniziare a discutere, perché mentre tutte le culture si evolvono, però spetta ai membri politici di una comunità determinare la velocità e le condizioni del cambiamento e marcare quali fondamentali basi culturali costituiscono il senso condiviso dell’identità nazionale.
Anche nell’Europa postmoderna, il senso di appartenenza ad una propria comunità nazionale dovrebbe rimanere il fondamento della polis… e una polis europea ancora non esiste.
Con l’immigrazione attuale, così massiccia ed invasiva, destinata in prospettiva a riformare le società occidentali, la funzione ‘nazionalizzante’ dello stato rimane più attuale oggi che in qualsiasi momento dalla fine della Guerra Fredda. Pensarla diversamente, come ha fatto la sinistra negli ultimi decenni, significa permettere non solo la dissoluzione della democrazia, quanto anche quella della civiltà occidentale.
La minaccia che l’Europa sta affrontando se rifiuta di chiudere e controllare i confini viene esaminata da Stephen Smith, un esperto di Africa e ammirato dal presidente francese Emmanuel Macron, nel suo nuovo libro The Rush to Europe: Young Africa on the Way to the Old Continent. Oggi, osserva, vivono nell’Unione europea 510 milioni di europei a fronte di 1,3 miliardi di africani. ‘In trentacinque anni, 450 milioni di europei affronteranno circa 2,5 miliardi di africani, cinque volte di più’, prevede Smith. Se gli africani seguono l’esempio di altre parti del mondo in via di sviluppo, come i messicani negli Stati Uniti, ‘in trenta anni’, secondo Smith ‘L’Europa avrà tra 150 e 200 milioni di afro-europei, rispetto ai 9 milioni di oggi.’
Per Stephen Smith siamo solo agli albori dei grandi movimenti migratori del XXI secolo. Il ricercatore sottolinea che ‘non scappano i più poveri, perché non possono permettersi di emigrare. non ci pensano nemmeno. Sono impegnati a sbarcare il lunario, il che lascia loro poco tempo per familiarizzare con la marcia del mondo e ancor meno per parteciparvi.’
Egli pensa che l’importo minimo necessario inizialmente sia tra 1500 e 2500 euro, ‘una o più volte il reddito annuale in un particolare paese sub-sahariano.’ La seconda condizione è ‘l’esistenza di comunità diasporiche, che costituiscono così tante teste di ponte dall’altra parte del Mediterraneo’. La diaspora facilita l’installazione, l’orientamento del migrante o addirittura il suo primo impiego.
Contrariamente a quanto si sostiene regolarmente, l’aiuto allo sviluppo non limita l’immigrazione, anzi la favorisce ‘perché permetterebbe alla popolazione di raggiungere la soglia di prosperità, quindi di cercare una vita migliore altrove. È l’aporia del co-sviluppo, che mira a tenere i poveri a casa mentre finanzia il loro sradicamento’, scrive nel suo libro.
Ma il co-sviluppo non ha provocato alcun decollo per l’Africa, a differenza di altri paesi come la Cina o l’India, il cui dinamismo economico non deve nulla a queste politiche. Dopo i massicci arrivi del 2015, ‘il Mediterraneo è diventato la ‘scena del test’ per eccellenza’. La traversata del Sahara è poco coperta a causa dei rischi che correrebbero i giornalisti. Stessa cosa in Libia, dove i migranti che non hanno soldi vengono rinchiusi in ‘case a credito’, torturati, affamati, a volte ridotti in schiavitù. In questo contesto, il Mediterraneo diventa ‘l’obiettivo mediatico di un gioco di guerra tra migranti, trafficanti, polizia di frontiera e operatori umanitari senza frontiere’, afferma Smith.
Descritto come la ‘vergogna dell’Europa’ o addirittura il luogo di un ‘genocidio silenzioso’, il Mediterraneo è un cimitero aperto attraverso il quale centinaia di migliaia di migranti si sono riversati sul vecchio continente.
Già nel 2015, l’ anno della morte del piccolo Aylan che aveva sconvolto il mondo intero , ‘il rischio di perire attraverso il Mediterraneo in un’imbarcazione di fortuna era dello 0,37%’, invece ‘Lo stesso anno, secondo i dati della Banca Mondiale, il rischio di morire a letto era dell’1,7% per una donna nel Sud Sudan, il posto peggiore per mettere al mondo un bambino… quindi un rischio quattro volte e mezzo più alto’. ‘Ma dobbiamo affrontare i fatti: i migranti africani corrono un rischio calcolato per arrivare in Europa, simili ai rischi che di solito assumono nella vita, che cercano di lasciarsi alle spalle’, conclude.
Stephen Smith contesta anche l’idea che l’esportazione di manodopera africana possa ‘co-sviluppare’ la giovane Africa e il Vecchio Continente. In Europa, l’arrivo di migranti non fermerà il declino demografico e non salverà il sistema di pensioni e sicurezza sociale basato sulla solidarietà intergenerazionale.
Con tutti questi elementi in mano, Smith disegna diversi scenari che potrebbero emergere in futuro, il più ottimista – lo scenario di una ‘Eurafrica’ - formerebbe un’Europa accogliente e multiculturale, ma sarebbe la fine della sicurezza sociale per l’Europa.
Un altro scenario sarebbe quello attuale della ‘Fortezza Europa’, la battaglia delle convenzioni bilaterali firmate con i paesi di partenza o di transito, come la Turchia o la Libia (priva di un apparato statale funzionante). ‘Nell’estate 2017, anche il flusso di migranti dalla Libia è calato bruscamente mentre i 6 miliardi di euro concessi alla Turchia hanno intasato il fianco sud-orientale dell’Europa’. Tuttavia, in considerazione della portata dei futuri movimenti migratori ‘qualsiasi tentativo di sicurezza è destinato a fallire’.
L’intero consenso politico europeo si sta frantumando sotto l’impatto sismico dell’ondata migratoria. La migrazione verso l’Europa è diventata una questione politica tossica, e l’attuale mancanza di risoluzione del problema evidenzia senza mezzi termini che o si difende la volontà dei cittadini europei, quindi la democrazia, o l’UE crollerà sotto le proprie contraddizioni.
E mentre il problema della moneta unica è percepito ancora come un problema astratto da parte dell’opinione pubblica, ancora molto scettica circa il ritorno alle valute nazionali, la convivenza forzata con un’endemica mancanza di sicurezza sul territorio, dovuta a microcriminalità diffusa, furti seriali e tentativi di stupro, metterà a dura prova l’egemonia degli stati del nord Europa, verso gli odiati ‘Paesi Piigs’, che si stanno ribellando.
Il nuovo governo giallo/verde italiano sta sostenendo una sfida importante allo status quo europeo, ma non nel modo in cui la maggior parte degli osservatori si sarebbero aspettati inizialmente, per il momento la coalizione di governo ha messo da parte la sua sfida alla politica dell’euro (solo per il momento?), e sta forzando la mano invece proprio sull’immobilismo politico europeo per arginare il grave problema dell’immigrazione.
Rosanna Spadini
Fonte: www.comedonchisciotte.org
25.07.2018
MACRON VUOLE UNA BASE MILITARE IN LIBIA (ha dalla sua Open Arms)
Il ministro ha incontrato Sarraj, il capo dello pseudo governo, ma anche il capo delle “forze armate libiche (sic) Abdulhramman al-Tawi e il comandante della zona militare occidentale Osama Al Juwaili, della zona centrale Mohamed al-Addad, il comandante della zona militare di Tripoli Abdelsabit Marwan- insomma i caporioni delle milizie (bande) locali più o meno “fedeli” a Sarraj, ossia che lui non controlla ma che controllano lui – allo scopo di “promuovere lo spiegamento di truppe francesi a Misurata onde aiutare il GNA a stabilizzare la Libia.
Il sito Special Monitoring Mission to Libya , citando “il membro dell’Alto Consiglio di Stato Abdurrahman Shater”, riferisce che già un mese prima, in Tunisia, c’erano stati incontri con “rappresentanti francesi” dei “gruppi armati di Misurata” per discutere “operazioni comuni antiterrorismo” ossia sempre stabilire una base francese;la delegazione di Misurata “aveva rifiutato”; sicché “si attende la visita del ministro degli Esteri per far cambiare idea ai gruppi armati”: Certo Le Drian sarà arrivato doni. Quali: armi? (come noto, l’ONU ha posto un embargo sulla vendita di armi alla Libia), soldi? Tutt’e due?
Quanto a Naaba TV, l’11 luglio segnalava l’arrivo di “cinque esperti militari francesi da Bengasi a Ras Lanut per sostenere le milizie Karama” – ossia le bande del generale Haftar impegnate ad impadronirsi della “mezzaluna petrolifera”. I francesi erano “esperti nel controllo dei sistemi aerei che hanno aiutato le milizie durante le battaglie sulla mezzaluna del petrolio”.
Dunque sono sempre più intense le manovre di Parigi per destabilizzare “la parziale pax italiana” ricreata in Libia. In questa serie di manovre, secondo Luca Donadel, Francesca Totolo ed altri, va inserita l’ostinata operazione della spagnola “Proactiva Open Arms” per creare difficoltà al governo italiano, con la scusa dell’accoglienza ai profughi.
Il punto è che la petrolifera francese, Total, sfrutta la sua parte di petrolio libico insieme alla petrolifera spagnola Repsol. Insieme, secondo l’accusa, finanziano “milizie berbere che gestiscono le attività scafiste a Al-Zuwara”. Altre bande armate, nemiche della Guardia Costiera libica, che però vengono promosse, propagandate e esaltate rommanticamente da articoli di Open Migration, uno strumento della Coalizione Italiana Libertà e Diritti Civili (CILD), dove operano figli di papà dell’estrema sinistra italiana, ovviamente collegati a organizzazioni globaliste.
In questa opera di promozione è ancor più favorita la Open Arms, creata da Oscar Camps. Un catalano che fino a pochi anni fa faceva il capo di bagnini, accaparrandosi contratti per la sicurezza sulle spiagge spagnole, spesso denunciato (e alle Baleari condannato) perchè non pagava i dipendenti.
L’ausilio interessato della Spagna (socia di Total)
Di colpo, nell’autunno 2015, Oscar Camps decide di diventare umanitario e va a salvare i profughi siriani in Grecia. SI scatena “il circo mediatico di beatificazione attorno a Camps”; che “coinvolge tutto il sistema català, dalla alcaldesa Ada Colau alla Junta Permanent di Puigdemont…media, personaggi dello sport, l’ex allenatore del Barça Guardiola e il cestista NBA Marc Gasol, entrambi caval” (Così Vale Mameli).
Questo interesse dell’indipendentismo catalano per Open Arms si spiega con motivi petroliferi. La compagnia petrolifera spagnola, Repsol, è al 73% flottante in borsa e le quote di controllo le detengono la banca catalana La Caixa col 12%, la società Sacyr e il fondo sovrano di Singapore. Caixa è dominus in Repsol”.
“E Caixa non detiene solo il controllo Repsol, controlla anche Naturgy (ex gas Natural Fenosa) società con interessi in Italia come i gassificatori di Taranto e Trieste, partecipata da algerina Sonatrach e Suez es.wikipedia.org/wiki/La_Caixa es.wikipedia.org/wiki/Repsol
E infatti è La Caixa, attraverso la sua fondazione, a dare i primi finanziamenti all’ex bagnino Oscar. Con una prima donazione di 200 mila euro, ma certo mobilitando molte più “donazioni”.
Qui si vede l’umanitario Camps in compagnia di Jaime Girò, che è il donatore: capo delle comunicazioni della Caixa, ma nello stesso tempo, capo della comunicazione della Repsol e della Petronor (la petrolifera basca). Importante partner della Petronor è la compagnia di rimorchiatori Ibaizàbal – che è la compagnia che ha “donato” uno dei suoi rimorchiatori ad Oscar Camps: quella nave dipinta di giallo e rosso che “salva” i migranti sotto le coste libiche, sottraendoli alla guardia costiera, per portarli a vagonate in Italia (fino a ieri).
E non basta: qualcuno dona anche la nave appoggio, Astral, “un veliero di lusso”: è “il milionario andaluso-italiano Livio Lo Monaco”.. Che ha fatto i soldi vendendo materassi in tv, “famoso per spot e telepromozioni su Telecinco. E’ l’anima commerciale di #OpenArms cronicaglobal.elespanol.com/business/lo-mo…
Altri fondi vengono da “Il portale di fundraising “Banco Solidal”, che fa capo alla Fundacion Real Dreams di Barcellona presieduta da David Levy Faig, ex vicePresidente di Merrill Lynch Spagna”.
Tutti questi banchieri ardono di carità e dalla volontà benefica di scaricare migliaia di negri in Italia, fino al punto da sfidare il governo italiano.
(Qui una completa storia sui moventi della Open Arms:
La Open Arms che voleve querelare il governo, poi ha cambiato idea e querelerà la Guardia Costriera Libica, ma forse cambierà ancora idea. Avrebbe da spiegare il salvataggio di Josefa e del suo smalto per unghie.
I media italiani si sono precipitati a strillare che la storia dello smalto alle unghie della povera profuga salvata dalla Open Arma da 48 ore in acqua, e quindi in fin di vita, era “Una fake”, una bufala. Invece la notizia è vera e hanno dovuto ammetterlo “le volontarie: abbiamo messo noi lo smalto alla povera Josefa per tranquillizzarla”.
Per tranquillizzare naufraghi, niente di meglio che lo smalto per unghie. Non deve mai mancare nella cassetta del pronto soccorso nautico.
Magari si balla anche un po’, sulla Open Arms. Del resto si deve tenere allegra la Josepha: del Ghana, è fuggita dal marito perché la picchiava. La picchiava perché non poteva avere figli. Così la Josefa ha intascato preso i suoi 3-5 mila dollari – ogni donna africana li ha nel salvadanaio, specie le mogli picchiate dai mariti – ed ha intrapreso il periglioso viaggio. Pagando gli scafisti e finendo nelle braccia aperte di Open Arms. Che aveva a bordo, allora, un deputato della sinistra italiota, Palazzotto – e adesso è ripartita da Barcellona per creare nuove difficoltà alla Guardia Libica, stavolta con a bordo Nicola Fratojanni – addirittura il Segretario della Sinistra.
Sempre al servizio di qualunque potenza straniera, la Sinistra. In odio all’avversario interno, chiamare l’amico esterno : ecco un classico della storia italiota.
Potenza, la Capitale del Profugo
Ma anche i soldi contano, mica solo l’ideologia, nell’odio contro Salvini. Dal sito di Francesca Totolo, riporto un elenco, probailmente incompleto, di “cooperative umanitarie” che guadagnano dalla “accoglienza”. Guardate che fatturati. Domandatevi come mai i più grossi fatturati li fanno due caritatevoli organizzazioni a Potenza: con 61 milioni e 41 milioni l’anno, sicuramente, in una città come Potenza, sono le due potenze economiche massime. Le Amazon, le Google di Pz, capitale del Profugo. E i principali datori di lavoro. E i profitti, li vedete? In tasca a chi finiscono? Sono soldi pubblici, meditate. Questi non vogliono far finire la pacchia.
Smontate le accuse della Ong: così i libici hanno provato a salvare i migranti
La Guardia costiera libica accusata di omicidio in mare, l'Italia di collusione. Ma Open Arms mente: ecco il video che lo prova
I libici della guardia costiera non sono educande o suorine della Croce rossa, ma neppure tagliagole che affondano volutamente i gommoni con gente viva ancora a bordo.
La Guardia costiera libica accusata di omicidio in mare, l'Italia di collusione. Ma Open Arms mente: ecco il video che lo prova
I libici della guardia costiera non sono educande o suorine della Croce rossa, ma neppure tagliagole che affondano volutamente i gommoni con gente viva ancora a bordo.
Le foto della Open Arms e la foto della Guardia costiera libica
Nel tritacarne quotidiano delle notizie vere e false sugli inutili viaggi della speranza dalla Libia ci siamo già dimenticati del video reportage realizzato dalla giornalista tedesca sul soccorso di un gommone maledetto. Prima annunciato a gran voce e poi mai visto. Poche ore dopo lo stesso gommone semi affondato è stato intercettato dalla nave dell'Ong spagnola Open Arms, che ha trovato fra i relitti alla deriva Josefa, la migrante miracolata e purtroppo un'altra donna ed un bambino annegati.
Subito è scattata la grancassa umanitaria per accusare la Guardia costiera libica di omicidio in mare e l’Italia di collusione.
Adesso che sul sito di Tripoli hanno postato uno spezzone del soccorso notturno possiamo renderci conto che i libici si sono dannati l'anima per soccorrere i migranti, compresa una bambina piccola che non ce l'ha fatta e viene tenuta in braccio dalla giornalista. Non solo: uno dei sopravissuti dichiara in francese che nessuno, morto o vivo, è rimasto indietro (guarda il video).
Al contrario gli stessi libici hanno ammesso di avere abbandonato a bordo due corpi senza vita. È lo stesso gommone intercettato da Open Arms? Una delle supposte vittime in realtà era ancora viva? Probabilmente sì, ma nessuno l'ha lasciata volutamente alla deriva.
Basta guardare le immagini del soccorso nel buio della notte (guarda qui). Braccia che issano a bordo i naufraghi sfiniti, bambini dissetati, donne sfinite fatte distendere sul ponte. Prima di pensare a riportarli indietro, i libici, come qualsiasi marinaio al mondo, si sono fatti in quattro per salvare i migranti. Tutti condannati a morte certa dai trafficanti di uomini, che li avevano spediti verso l'Europa su uno stracarico gommone cinese destinato a colare a picco.
Fausto Biloslavo
http://www.ilgiornale.it/news/mondo/smontate-fake-news-ong-cos-i-libici-hanno-salvato-i-migranti-1557456.html
BANDE PARAMILITARI DI MIGRANTI
Gruppi di migranti nigeriani che in un primo momento collaboravano con le mafie per lo sfruttamento della prostituzione ed il traffico delle droghe, ora stanno organizzando bande paramilitari per controllare il territorio italiano”, a rivelarcelo un articolo del “Times” del 29 giugno 2017, a cui si sono aggiunte pubblicazioni del “The Guardian” dell’agosto scorso. Parlano di gang criminali nigeriane e centrafricane che operano in Italia, già soprannominate dall’intelligence britannica “I Vichinghi”: “I membri sono soliti portare il machete come arma – riferiscono le fonti britanniche – hanno prima controllato il traffico di esseri umani, ed oggi usano il capoluogo siciliano come punto d’approdo e smistamento in Italia per centinaia di migliaia d’immigrati clandestini”.
Secondo la stampa inglese il territorio italiano sarebbe ora a forte rischio di “tribalizzazione territoriale”, ovvero le bande di migranti potrebbero appropriarsi di aree e difenderle come usano fare nelle zone del centro Africa già attraversate da guerre civili e atavici conflitti tribali.
Rodolfo Ruperti, capo della polizia di Palermo, aveva dichiarato al Times che “la gang dei Vichinghi è sorta mentre la polizia sgominava l’organizzazione dell’Ascia Nera (struttura mafiosa nigeriana in Italia): quando elimini una gang, subito altre vengono a colmarne il vuoto”. Secondo le fonti britanniche si sarebbe ormai a cospetto di “organizzazioni molto gerarchiche, con capi presenti in ogni città”.
Il rischio secondo gli inglesi è che, messi alle strette (o progettando una supremazia sugli italiani) potrebbero anche armare i centri d’accoglienza, e coloro che vivono nei palazzi occupati, per fronteggiare le forze dell’ordine in eventuali focolai di guerriglia urbana: l’esempio dello sgombero nei pressi di Roma-Termini avrebbe potuto avere di queste conseguenze.
L’ulteriore restrizione dei flussi migratori verso la Gran Bretagna sarebbe stata operata dal governo di Londra dopo le relazioni dell’intelligence. Di più, il caso italiano sarebbe oggetto di studio e preoccupazione, al punto che Scotland Yard avrebbe consigliato maggiore controllo sui voli in entrata dall’Italia, e perquisizioni accurate sui vettori su rotaia e gomma che attraversano il canale. Dal canto loro i francesi hanno già in due occasioni fronteggiato gruppi paramilitari nelle banlieue parigine, ricorrendo all’esercito in supporto alla Gendarmerie.
Ma la politica italiana sarebbe quella di non allarmare la popolazione circa il rischio d’assalti da parte di gruppi “paramilitari extracomunitari”. Anche se bande sudamericane avrebbero già il controllo d’una decina di edifici a Milano e d’una zona non ben definita a Genova. Va rammentato che lungo l’Adriatico sarebbero già state segnalate bande di africani. Qualche funzionario di polizia ventila che ordini superiori avrebbero minimizzato il fenomeno, etichettandolo come ininfluente sotto il profilo dell’ordine pubblico. Evidentemente necessita attendere che si manifestino con i fatti, e cioè non basta qualche stupro o rapina per gridare al fenomeno diffuso.
Occorre che bande paramilitari di migranti assalgano aziende agricole e piccoli centri rurali, che s’approprino arma alla mano di pezzi del Paese… allora forse lo Stato democraticamente sonnacchioso si desterà, forse proponendo di dialogare con gli eventuali nemici. Il Papa ci dirà di perdonare loro ogni peccato, ma soprattutto qualcuno ci rammenterà che prima di tutto sono rifugiati politici.
14 settembre 2017
di Ruggiero Capone
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