Cari amici e nemici di Stilum Curiae, nei giorni scorsi su La Nuova Bussola Quotidiana sono stati pubblicati diversi articoli sullo scandalo dei preti omosessuali USA, e sugli abusi. Ne pubblichiamo qui due ( Uno e Due), perché pensiamo che diano una visione di insieme del dramma, e delle sue ripercussioni, e legami, con il Pontefice regnante. Aggiungiamo tre brevi notizie, che arricchiscono il quadro. Per la prima volta sul Washington Post un commentatore parla apertamente della possibilità, e forse dell’opportunità delle dimissioni di papa Bergoglio. Ecco cosa dice, e questo è il link all’intero articolo: “E con il mea-non culpa di lunedì “tutti sono da biasimare” di papa Francesco, anche il suo nome è in gioco. E la Chiesa sarebbe meglio con due papi in pensione e un uomo nuovo assolutamente dedicato ad appoggiare i riformatori, non a sopprimerli”. L’articolista faceva il nome di due seri vescovi, Chaput di Filadelfia e Gomez di Los Angeles invisi alla cricca dei vescovi e cardinali amici di McCarrick e Wuerl e come tali bastonati.
Poi da un sito para-vaticano impariamo oggi che non ci sarà nessun nuovo testo pontificio su vescovi e abusi, perché quello destinato ai vescovi cileni è esaustivo. Quello in cui si invitano tutti a preghiera e penitenza – anche voi, anche me – per gli abusi, e si accusa il clericalismo…
 Infine, della serie cane non morde cane, il card. Blaise Cupich di Chicago, la cui nomina è frutto dei consigli al papa di McCarrick, si è rifiutato di dire alla CBS se Wuerl dovrebbe o no dimettersi a causa delle rivelazioni di coperture fatte dal Rapporto del Grand Jury della Pennsylvania. “È un uomo di buona coscienza”, ha detto il carrdinale…
Buona lettura
Lo scandalo McCarrick, un cardinale che per anni ha abusato o cercato di abusare seminaristi e giovani preti, e le rivelazioni del Rapporto del Grand Jury in Pennsylvania, con la loro orrenda galleria di storie di preti pederasti e di vescovi occupati a tacitare, nascondere e pagare il silenzio segnano – o dovrebbero segnare – il tracollo dell’operazione “America” lanciata sin dall’inizio del suo mandato dal Pontefice regnante.
Papa Bergoglio non aveva e non ha in simpatia i vescovi amati da Giovanni Paolo II e da Benedetto, quelli che i giornalisti del regime bergogliano chiamavano “culture warriors”. Non a caso è stato mandato come nunzio negli Stati Uniti un diplomatico, Christophe George, noto per essere un pedissequo esecutore degli ordini di marcia che provengono dal Centro. E che ha ricevuto istruzioni ben precise: dissuadere personalmente i vescovi che avessero, non si sa mai! la malaugurata idea di invitare, o tollerare l’invito di persone come il card. Raymond Burke. Non solo: stilare una lista ben precisa e aggiornata dei vescovi “conservatori”, quelli non abbastanza “pastorali”, quelli che si battevano contro l’aborto e la cultura gender. Evitare di proporli per promozioni o al cardinalato. Non tenere in conto, per la creazione di nuovi vescovi, dei suggerimenti che dovessero venire dagli appartenenti alla lista dei reprobi. Così come guardarsi da proposte e suggerimenti episcopali di alcune realtà troppo conservatrici…
Lo scandalo McCarrick ha portato alla luce però che la Chiesa “progressista” americana, o per meglio dire, la sua ala liberal e marciante, ha padri molto discutibili. Uno dei consiglieri di Jorge Mario Bergoglio era – e forse è ancora – quel cardinale Roger Mahony che il successore, mons. Gomez (ancora non cardinale, probabilmente perché dell’Opus Dei) sollevò da incarichi pubblici ed episcopali in seguito alla scoperta, tramite documenti, del suo ruolo nella copertura di abusi da parte di sacerdoti. Un brutto affare. Come lo era stato quello di un’altra stella dell’universo progressista cattolico americano, Rembert Weakland, benedettino, arcivescovo di Milawaukee, che pagò 450mila dollari a un suo amante (maschio) per tacitare le sue pretese.
Ma il caso McCarrick è ancora più pesante, da un punto di vista di politica ecclesiale. Grazie a McCarrick è diventato arcivescovo di Chicago – e cardinale – Blaise Cupich. Cupich è un fan e protettore del gesuita attivista LGBT James Martin. Cupich ha pubblicato, sulla questione degli abusi, un lungo intervento sul website della diocesi; e riesce a non usare una sola volta la parola “omosessualità”, quando è evidente – e lo era sin dai tempi  del rapporto del John Jay College – che l’80 per cento dei preti condannati per abusi all’epoca erano omosessuali.  Grazie alla sponsorizzazione di McCarrick è diventato cardinale di Newark (giusto per opporlo a Dolan…) Joseph William Tobin. E sempre di quel gruppo fa parte il card. Kevin Farrell, nominato prefetto del dicastero dei Laici, Famiglia e Vita. Farrell, che ha vissuto nello stesso appartamento con McCarrick per sei anni (sei anni!) e sostiene di non essersi mai accorto delle inclinazioni del suo protettore…Farrell che fa parlare al Meeting Mondiale delle Famiglie James Martin, sj, sul tema dell’accoglienza alle famiglie LGBT!
E McCarrick trascina con sé un altro capofila dell’ala progressista dei vescovi americani. Cioè il cardinale arcivescovo di Washington, Donald Wuerl. Di cui molti chiedono le dimissioni – dovute, a nostro modesto parere – a causa della sua gestione di preti abusatori quando era arcivescovo di Pittsburgh. Ma che aveva anche nella sua diocesi McCarrick, quando gli è succeduto come arcivescovo di Washington. E se è vero – come ci dicono – che Benedetto XVI avesse imposto, a causa di denunce e lettere, a McCarrick una vita riservata, senza celebrazioni pubbliche e strettamente privata, bisogna vedere se e come Wuerl abbia fatto rispettare la consegna. Certamente sembra che l’operazione “America” del Pontefice si basi su pilastri più marci di quelli del ponte Morandi. E la gente, in America, se ne sta accorgendo, come dimostra la rivolta di molti soci della Papal Foundation, qualche mese fa.
 Ecco il secondo:
Non accenna a placarsi la tempesta scatenata dallo scandalo McCarrick, e dal Rapporto del Grand Jury di Pennsylvania sugli abusi commessi da una rete di preti omosessuali negli Stati Uniti. E nella tempesta stanno dibattendosi alcuni dei nomi più noti dell’episcopato: dall’arcivescovo di Washington, card. Wuerl, al card. Tobin, al card. Kevin Farrell, al vescovo McElroy. Migliaia di persone hanno firmato in diverse petizioni affinché il cardinale Wuerl, 78 anni, si dimetta; e altre migliaia, in un’altra petizione, affinché il suo nome venga cancellato dall’emblema della North Catholic High Schhool di Pittsburgh. Il rapporto del Grand Jury è stato impietoso con lui. Copertura di preti abusatori, nessuna trasparenza verso la giustizia. L’Attorney della Pennsylvania, Josh Shapiro, che ha condotto due anni di indagine, ha accusato il cardinale di “non dire la verità”. Wuerl ha affermato che il rapporto avrebbe confermato “che ho agito con diligenza, con preoccupazione per le vittime e per prevenire futuri abusi”.
Shapiro ha risposto seccamente: “Il cardinale Wuerl non sta dicendo la verità. Molte delle sue dichiarazioni in risposta al Rapporto del Grand Jury sono direttamente contraddette dai documenti della Chiesa stessa e dalle note degli Archivi Segreti”.
Il cardinale sente che la sua posizione è in pericolo. Indiscrezioni di varie fonti riferiscono che Wuerl ha invitato a pranzo gli esponenti più importanti del suo staff episcopale e ha discusso apertamente delle sue prospettive future, compresa l’ipotesi di essere rimosso dall’incarico episcopale. Come d’altronde sarebbe ben possibile: Wuerl è scaduto nel 2015, e solo la simpatia papale lo ha mantenuto alla guida della diocesi ben oltre i limiti. E c’è chi, come Michael Hichborn del Lepanto Institute, che chiede non solo le dimissioni: “Sarebbero un buon primo passo, ma non abbastanza. Il cardinale Wuerl dovrebbe essere privato della berretta, tolto dal Collegio dei cardinali e da ogni posizione di influenza nella Chiesa. I dettagli del suo lavoro per proteggere i preti predatori a Pittsburgh sono così nauseanti che lui e quelli con cu lavorava dovrebbero essere rimossi”.
Uno di questi è il cardinale Tobin, che in un’intervista a un giornale locale ha detto che in qualità di vescovo ausiliare di Pittsburgh il problema degli abusi non era di sua competenza. E nel frattempo – di fronte a un nuovo scandalo emerso nella sua diocesi, e portato alla luce da un’agenzia cattolica, la Catholic News Agency, ha inviato una lettera a tutti i suoi preti, ordinando di non rilasciare interviste o dichiarazioni ai giornalisti. Tobin, promosso a Newark (per contrastare l’influenza di Dolan) e fornito di berretta cardinalizia, era uno dei candidati di McCarrick, e ha sostenuto nella lettera che “nessuno…mi ha mai parlato di una ‘sottocultura gay nell’arcidiocesi di Newark”. Dal 1986 al 2000 la diocesi di Newark è stata diretta da Theodore McCarrick; e l’atmosfera di omosessualità nel clero è proseguita con l’arcivescovo John Myers che l’ha retta dal 2001 al 2016. “Semplicemente, non capiscono” ha scritto Elizabeth Scalia, che dirige un programma seguitissimo, The Anchoress, a proposito delle dichiarazioni di Tobin. Un altro di cui si chiedono le dimissioni.
Ma Wuerl e Tobin non sono i soli nel mirino. Un altro vescovo di quelli suggeriti e appoggiati da McCarrick, il presule di San Diego Robert McElroy è nel mirino delle proteste di un numero crescente di cattolici laici in tutto il Paese. McElroy avrebbe saputo dell’attività di predatore sessuale di McCarrick almeno dal 2016, quando Richard Sipe, un esperto nel campo, e che ha giuocato un grande ruolo nello scandalo degli abusi sessuali a Boston, ha mandato una lettera dettagliata a McElroy fornendo dettagli sulle aggressioni compiute da McCarrick verso i seminaristi.
E nell’occhio del ciclone c’è anche il cardinale di Boston, Sean O’Malley, che ha ammesso di aver ignorato una lettera di denuncia degli abusi commessi da McCarrick.  Nel 2015 padre Boniface Ramsey, di New York, scrisse una lettera sugli abusi di McCarrick al cardinale O’Malley; che ha negato di aver saputo qualche cosa della lettera, o di padre Ramsey, perché la lettera “è stata gestita da un impiegato dello staff”. Ora O’Mally si scusa con Ramsey “per non aver risposto in un modo appropriato”. Ma per ragoni analoghe a quelle che ora lo vedono protagonista, O’Malley chiese le dimissioni dell’arcivescovo di Minneapolis John Niensted e dell’arcivescovo di Kansas City Robert Finn. Molti ritengono che dovrebbe trarre le conseguenze, e dimettersi.
Benzina sul fuoco ha gettato l’inchiesta di ChurchMilitant.com che ha svelato come per anni dalla Colombia fosse attiva una “pipeline” che faceva entrare negli Stati Uniti seminaristi e giovani preti omosessuali, che si sono poi sparsi in tutto il Paese. Questo grazie a due “case di formazione” della diocesi di Newark – quella guidata dal McCarrick – e lì c’era la selezione: “Seminaristi che erano stati espulsi dai seminari locali per questioni di omosessualità venivano discretamente avvisati che avrebbero potuto trovare la loro via per il discernimento negli USA”.
L’impressione prevalente è che né i vescovi degli Stati Uniti, e neanche Roma si rendano conto del livello di indignazione presente nei laici. Quando si leggono commenti centrati sul “clericalismo” e sul fatto che il Pontefice vuole rispettare la capacità decisionale delle singole conferenze episcopali si ha una misura esatta dell’incomprensione? Che alimenta un’indignazione crescente, che non risparmierà nessuno, né a livello locale né a livello centrale, dovessero emergere coperture e omissioni ad altissimo livello.
Questa percezione è resa molto bene da Phil Lawler, un guru laico del cattolicesimo USA, che su “Catholic Culture” scrive: “Questa nuova messe di scandali ha fatto sorgere molta, molta più rabbia delle precedenti rivelazioni della Lunga Quaresima del 2002. E mentre sedici anni fa il pubblico fu scioccato soprattutto per le disgustose attività dei preti predatori, quest’anno il focus è – giustamente – sui vescovi. I nostri pastori ci hanno tradito. Ci hanno guidati male. Ci hanno detto che avevano risolto il problema, e non lo avevano fatto. Ci hanno detto che non ci sarebbero più state coperture, ma ci sono state. Ci hanno detto che avevano capito il problema, ma non lo avevano capito. E temo che, come gruppo, ancora non lo abbiano capito. Se i vescovi americani capissero l’ampiezza e la profondità della rabbia che sta montando fra i laici cattolici – ed è più evidente fra i più leali, i più attivi, quelli che pregano di più – seguirebbero l’esempio del colleghi cileni, e si dimetterebbero in massa”.
Marco Tosatti