Come è noto da giorni, con un laconico comunicato papa Francesco ha reso pubblico che Theodore McCarrick, 88 anni, arcivescovo emerito di Washington, non è più cardinale, è a domicilio coatto, deve fare vita di preghiera e penitenza e di fatto è sospeso "a divinis". E tutto questo in attesa dell'esito del "regolare processo canonico".
Occorre risalire al 1927 per trovare un precedente caso di rimozione dal collegio dei cardinali. Quella volta a essere privato della porpora fu il gesuita Louis Billot, a motivo della sua adesione al movimento politico "Action Française" condannato l'anno prima dalla Santa Sede. Ma per McCarrick le ragioni sono di tutt'altro genere e incomparabilmente più gravi sotto il profilo morale. Riguardano la sua prolungata e disordinata attività sessuale con adulti, giovani e anche minori, con sacerdoti e seminaristi, praticata per decenni senza che inceppasse minimamente – nonostante fosse nota a un gran numero di persone ai vari livelli della Chiesa – la sua trionfale carriera ecclesiastica.
Del caso McCarrick già molto si è scritto, in questi giorni. Ma ancora poco su quanto esso coinvolga non solo il protagonista della vicenda, ma anche gli ecclesiastici a lui più legati, anch'essi beneficiari di carriere al limite del miracoloso.
Uno di questi, in particolare, fa sorgere seri interrogativi. È Kevin J. Farrell, 71 anni, nel 2016 fatto cardinale da papa Francesco e prefetto del nuovo dicastero per i laici, la famiglia e la vita.
Nato in Irlanda, Farrell entrò a metà degli anni Sessanta tra i Legionari di Cristo, quando tale organizzazione ancora era piccola e il suo malefico fondatore Marcial Maciel era avvolto da un'aura di universale rispettabilità. Uscito una quindicina d'anni dopo dalla Legione, Farrell ha in seguito mantenuto un totale silenzio sulle malefatte sessuali di Maciel – venute clamorosamente alla luce – e ha sempre ostentato di non aver mai avuto contatti degni di nota con lui. Risulta però da attendibili testimonianze che ebbe incarichi nella Legione e godette di una prossimità con Maciel non episodica, che rende inverosimile una sua totale inavvertenza dei malsani comportamenti del suo superiore.
Lasciata la Legione, Farrell si incardinò come sacerdote nell'arcidiocesi di Washington. E ne divenne alla fine del 2001 vescovo ausiliare, quando da un anno McCarrick ne era il titolare.
La promozione di McCarrick ad arcivescovo della capitale degli Stati Uniti – al culmine di un'ascesa che l'aveva visto prima ausiliare di New York, poi vescovo di Metuchen e poi ancora arcivescovo di Newark – aveva suscitato già allora delle serie obiezioni, motivate proprio da quanto era trapelato delle sue insaziabili pratiche sessuali. Le obiezioni arrivarono fino a Roma. Ma la nomina fece ugualmente il suo corso e l'anno dopo McCarrick fu fatto anche cardinale.
Ma anche la nomina dell'irlandese Farrell a suo ausiliare suscitò stupore. La sua precedente militanza tra i Legionari di Cristo non deponeva certo a suo favore, visto ciò che cominciava a trapelare sulla doppia vita del suo fondatore Maciel e sulle complicità o i silenzi colpevoli di tanti attorno a lui. Ma McCarrick era ormai una potenza, nell'alta gerarchia americana e non solo. Voleva Farrell accanto a sé e lo ottenne, ordinandolo vescovo di persona. E volle anche che a Washington abitasse nel suo stesso appartamento, non nel palazzo vescovile ma al quarto piano di un ex orfanotrofio, opportunamente riadattato. Di nuovo, appare inverosimile che Farrell non avvertisse nulla delle reiterate disinvolte avventure sessuali del suo patrono.
Nel 2006 McCarrick lasciò l'arcidiocesi di Washington per superati limiti di età, pur continuando a mantenere un notevole peso tra le alte gerarchie della Chiesa. E l'anno dopo anche Farrell cambiò sede, promosso a vescovo di Dallas, una diocesi di prim'ordine, col palese sostegno del suo mentore.
Nella fase finale del pontificato di Giovanni Paolo II e durante il pontificato di Benedetto XVI Farrell non si espose mai in prima linea, tra i cardinali e vescovi americani di segno progressista. McCarrick sì. Ad esempio, fu tra i critici della direttiva data da Joseph Ratzinger ai vescovi degli Stati Uniti di negare la comunione eucaristica ai politici cattolici favorevoli alla legalizzazione dell'aborto. E fu aperto sostenitore di uno di questi politici "pro choice", John Kerry, nella campagna per le elezioni presidenziali del 2004.
Da quando però a Benedetto XVI è subentrato papa Francesco, anche Farrell si è rapidamente allineato al nuovo corso. Negli Stati Uniti ha fatto subito squadra con i nuovi capofila progressisti – anch'essi con McCarrick loro patrono – Blaise Cupich e Joseph Tobin, promossi da Jorge Mario Bergoglio rispettivamente a Chicago e a Newark, l'uno e l'altro fatti anche prontamente cardinali. Ha salutato con entusiasmo "Amoris laetitia" nella sua lettura favorevole alla comunione ai divorziati risposati. Soprattutto, divenuto nel frattempo cardinale prefetto del nuovo dicastero vaticano per i laici, la famiglia e la vita, ha firmato la prefazione e raccomandazione di uno dei libri più rappresentativi del nuovo clima bergogliano:
L'autore, un gesuita tra i più noti negli Stati Uniti e firma di spicco del settimanale "America", vuole con questo libro aprire la strada a una revisione sostanziale, per via "pastorale", della dottrina della Chiesa cattolica sull'omosessualità.
Ma la prefazione del cardinale Farrell al libro non è l'unico autorevole sostegno dato a questo sollecitato cambio di paradigma. Farrell, per il ruolo che ora ricopre in curia, è anche il regista ufficiale del prossimo incontro mondiale delle famiglie a Dublino, a fine agosto, dove Martin sarà tra gli ospiti e relatori, assieme a coppie omosessuali di tutto il mondo.
Per non dire della mossa personale di papa Francesco in questa stessa direzione, con la nomina di Martin a consultore del nuovo dicastero vaticano per la comunicazione, palese segno di apprezzamento per l'operato di questo gesuita.
Certo, è facile imputare a Giovanni Paolo II e ai dirigenti vaticani dell'epoca d'aver mancato di prudenza nel promuovere ai più alti livelli un ecclesiastico dalla vita notoriamente non esemplare come McCarrick, ignorando tutti i segnali d'allarme a loro pervenuti.
Ma ancor più avventata appare la decisione di papa Francesco di chiamare a Roma a presiedere il dicastero per la famiglia un personaggio come Farrell che ha avuto l'uno dopo l'altro come suoi cattivi maestri i predatori seriali Maciel e McCarrick e per di più si propone oggi come fautore di una legittimazione degli amori omosessuali.
E non si tratta affatto di un caso isolato. Nel consiglio dei 9 cardinali chiamati da Francesco a coadiuvarlo nel "governo della Chiesa universale", sono già ben tre quelli azzoppati per motivi di abusi sessuali:
- l'australiano George Pell, sotto processo in patria;
- il cileno Francisco Javier Errázuriz Ossa, accusato d'aver difeso fino all'estremo, contro ogni evidenza, il sacerdote abusatore seriale Antonio Karadima e il vescovo suo discepolo Juan de la Cruz Barros Madrid, sulla cui innocenza anche papa Francesco in persona ha speso tutta la sua autorità fino all'inizio di quest'anno, salvo poi riconoscerne la colpevolezza e rimuoverlo;
- l'honduregno Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, tuttora coordinatore del "C9" ma il cui vescovo ausiliare e pupillo Juan José Pineda è stato rimosso lo scorso 20 luglio a motivo di abusi sessuali continuati accertati da una visita apostolica.
- il cileno Francisco Javier Errázuriz Ossa, accusato d'aver difeso fino all'estremo, contro ogni evidenza, il sacerdote abusatore seriale Antonio Karadima e il vescovo suo discepolo Juan de la Cruz Barros Madrid, sulla cui innocenza anche papa Francesco in persona ha speso tutta la sua autorità fino all'inizio di quest'anno, salvo poi riconoscerne la colpevolezza e rimuoverlo;
- l'honduregno Óscar Andrés Rodríguez Maradiaga, tuttora coordinatore del "C9" ma il cui vescovo ausiliare e pupillo Juan José Pineda è stato rimosso lo scorso 20 luglio a motivo di abusi sessuali continuati accertati da una visita apostolica.
Ma a questi vanno aggiunti anche i non pochi ecclesiastici dai disinvolti comportamenti omosessuali che popolano la corte di Bergoglio, da lui voluti vicini a sé ad uno ad uno: "in primis" quel monsignor Battista Ricca che dirige Casa Santa Marta e fa da tramite ufficiale tra il papa e l'Istituto per le Opere di Religione, la chiacchierata "banca" vaticana. Distintosi per condotte scandalose quando era consigliere di nunziatura ad Algeri, a Berna e più ancora a Montevideo, e per questo richiamato a Roma, Ricca ha visto il suo dossier personale in curia riscritto "ex novo" con cancellati questi suoi precedenti, ha rifatto da capo carriera ed è entrato nelle grazie dell'attuale papa, che riferì proprio a lui, all'inizio del suo pontificato, quella famosa frase: "Chi sono io per giudicare?" che è diventata di fatto un lasciapassare universale.
Settimo Cielo di Sandro Magister 02 agohttp://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/2018/08/02/mccarrick-e-i-suoi-protetti-la-miracolosa-carriera-del-cardinale-farrell/CHIESA Salviamo l'Incontro mondiale delle famiglie dalla lobby gay
I casi degli Stati Uniti, Cile e Honduras che vedono vescovi e cardinali responsabili di comportamenti omosessuali e abusi, devono fare aprire gli occhi sul potere acquisito dalla lobby gay e che influenzerà anche l'Incontro mondiale delle famiglie (Dublino, 21-26 agosto). Se in Vaticano si vuole recuperare credibilità, deve essere annullato l'incontro con padre Martin e chiedere le dimissioni del cardinale Farrell.
- VESCOVI GAY, CHIESA NELLA TEMPESTA, di Lorenzo Bertocchi
Padre James Martin
Lo scandalo dei vescovi coinvolti in attività omosessuali o responsabili di abusi su minori e adulti sta sconvolgendo la Chiesa, ma la gravità delle cose fin qui emerse esige che si vada fino in fondo per comprendere l’ampiezza e le cause del fenomeno. E soprattutto salta all’occhio che l’ondata omosessualista è arrivata molto in alto in Vaticano e, tanto per fare un esempio, sta influenzando il prossimo Incontro mondiale delle famiglie che si svolgerà in Irlanda dal 21 al 26 agosto prossimi e avrà il suo culmine nell’incontro con papa Francesco negli ultimi due giorni.
Se decisioni drastiche devono essere prese, la prima riguarda proprio l’incontro di Dublino: il programma deve essere rivisto così come la posizione del presidente del Dicastero per i laici, la famiglia e la vita, il cardinale Kevin Farrell, la cui permanenza in questo posto di responsabilità è ormai più che imbarazzante.
Ma andiamo per ordine. Anzitutto quanto è accertato dai casi degli Stati Uniti (cardinale McCarrick e non solo), del Cile e dell’Honduras - che coinvolgono pesantemente cardinali molto vicini a papa Francesco – dovrebbe ormai convincere che il vero problema nel clero è l’omosessualità. Nella stragrande maggioranza dei casi accertati anche negli scorsi decenni, gli abusi sui minori sono una conseguenza, o un’estensione dell’attività omosessuale. Questo è il nodo fondamentale, come andiamo ripetendo da anni; parlare semplicemente di pedofilia è un modo per deviare l’attenzione da quello che è il vero problema: l’omosessualità.
Questo ci conduce al secondo punto, che è lo scenario che dobbiamo tenere presente per inquadrare non solo i casi emersi negli scorsi anni ma soprattutto quanto sta emergendo dai casi più recenti che chiamano in causa vescovi e cardinali. Ebbene, ancora una volta dobbiamo tornare alla “Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali” (1 ottobre 1986), firmata dall’allora prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, cardinale Joseph Ratzinger. Tra le altre cose, Ratzinger denunciava – e siamo nel 1986 – l’esistenza di una lobby gay nella Chiesa in combutta con organizzazioni gay al di fuori della Chiesa per sovvertire l’insegnamento cattolico riguardo all’omosessualità. Sarebbe troppo lungo qui citare il documento, ma i punti 8 e 9 descrivono alla perfezione ciò che allora poteva sembrare una esagerazione ma che oggi è una realtà sotto gli occhi di tutti. C’è una vera e propria rete di ecclesiastici omosessuali che non solo si coprono nelle loro attività immorali, ma che in questi anni hanno portato avanti una vera e propria agenda per sovvertire la dottrina cattolica. È quella che il sacerdote polacco Dariusz Oko ha definito “Omoeresia”.
I modi in cui questo avviene sono diversi: dalla teologia che viene insegnata nei seminari e nelle pontificie università che rimette in discussione «la verità sulla persona umana» - come dice il documento Ratzinger –, alle pressioni sempre più forti per benedire le unioni omosessuali; dalla pastorale per le persone omosessuali che ne legittima l’attività sessuale, alla richiesta di riconoscimento civile delle unioni gay. Citiamo solo alcuni casi più recenti: il moltiplicarsi in maggio di veglie contro l’omofobia nelle diocesi italiane; la pastorale per le persone omosessuali affidata in larga parte ad associazioni e gruppi che perseguono il riconoscimento dello stile di vita omosessuale; il documento preparatorio al Sinodo dei giovani che per la prima volta fa propria la terminologia Lgbt; lo schieramento aperto della Conferenza Episcopale Italiana a favore del riconoscimento delle unioni civili (seppure in forma più moderata rispetto alla legge effettivamente approvata); il ruolo importante che il quotidiano Avvenire da molti anni sta giocando nel cercare di cambiare la mentalità dei cattolici riguardo all’omosessualità; la nomina del gesuita padre James Martin, noto attivista che promuove l’agenda Lgbt, a consultore della Segreteria per la Comunicazione; e potremmo continuare ancora per molto.
Ma proprio la vicenda di padre Martin ci porta diretti all’Incontro mondiale delle famiglie. Padre Martin è stato infatti invitato come relatore ufficiale all’appuntamento di Dublino, un tentativo chiarissimo di far accettare l’attività omosessuale nel contesto familiare. Si tratta di un tentativo subdolo di colpire al cuore il significato della famiglia, una scelta che ha già creato molte polemiche, ma senza che da Roma sia venuto un qualche segnale di ravvedimento. Tutt’altro: a quanto è dato sapere, per l’incontro con il Papa si starebbe preparando una situazione in cui troveranno spazio diversi “tipi” di famiglie.
Ovviamente tutto sarà giocato sul tasto dell’accoglienza anche nelle situazioni difficili, ma soltanto uno sprovveduto può non rendersi conto che è soltanto un modo per fare accettare come regolari diversi tipi di unione. In pratica l’esatto opposto di quel che aveva in mente san Giovanni Paolo II quando nel 1994 ha istituito il Primo incontro mondiale delle famiglie.
Sebbene in questa impostazione ci sia anche una chiara responsabilità dei vescovi irlandesi, a rendere il tutto più inquietante è la situazione in cui si è venuto a trovare il cardinale Kevin Farrell con l’esplosione dello scandalo McCarrick. Farrell è stato infatti per sei anni vicario generale di McCarrick a Washington, ci ha vissuto fianco a fianco quando i seminaristi venivano insidiati dal porporato; e lo stesso McCarrick ha lanciato Farrell nella carriera ecclesiastica. Oggi Farrell dice di non aver mai sospettato di nulla né mai nessuno gli ha riferito di lamentele o chiacchiere intorno all’arcivescovo.
Viste le dimensioni dei misfatti di McCarrick e le voci che si inseguivano da anni, la versione del cardinale Farrell ha dell’incredibile. Ci sono solo due possibilità: o mente spudoratamente in quanto complice di McCarrick o è talmente fuori dalla realtà di non accorgersi di quanto accade sotto i suoi occhi. Entrambe le ipotesi sono gravissime e da sole consiglierebbero le dimissioni immediate dall’incarico in Vaticano, ma la coincidenza con l’Incontro mondiale delle Famiglie, con la svolta gay che gli si vuole dare, rende la posizione di Farrell ancora più insostenibile.
Possiamo però scommettere che si farà di tutto per mantenere il cardinale Farrell al suo posto e il programma dell’Incontro mondiale delle famiglie inalterato, inclusa la presenza di padre Martin. Il motivo purtroppo è semplice: mai la lobby gay è stata così potente in Vaticano. Potente lo era già negli anni ’90 se è vero che McCarrick ha potuto diventare arcivescovo di Washington e quindi cardinale malgrado le denunce sulla sua condotta arrivate anche a Roma. Ma non si può non notare che negli ultimissimi anni si sta assistendo a una crescita smisurata di potere nelle mani di prelati coinvolti (direttamente o indirettamente) in casi di omosessualità e abusi sessuali o fortemente chiacchierati.
Senza tornare al caso di monsignor Battista Ricca, che ha inaugurato il pontificato di papa Francesco ed è stato l’origine della famosa frase “Chi sono io per giudicare?”, basti pensare che soltanto nel C9 (il consiglio dei nove cardinali chiamati da papa Francesco ad aiutarlo nella riforma della Curia) il cardinale cileno Francisco Javier Errazuriz e il cardinale honduregno Oscar Rodriguez Maradiaga sono pesantemente coinvolti negli scandali dell’episcopato dei loro paesi, mentre – seppure in una situazione molto diversa - il cardinale australiano George Pell ha dovuto da tempo tornare in Australia per difendersi dalle accuse di aver coperto sacerdoti accusati di pedofilia. Il segretario del C9 poi, monsignor Marcello Semeraro, ospita da anni nella sua diocesi (Albano laziale) l’incontro nazionale dei gruppi Lgbt cristiani. Non si deve neanche dimenticare la triste vicenda di cronaca nel 2017 che ha visto protagonista il segretario personale del cardinale Francesco Coccopalmerio, monsignor Luigi Capozzi, coinvolto in un caso di festini gay e cocaina. A rendere più grave la vicenda è il fatto che è stato proprio il cardinale Coccopalmerio ad adoperarsi presso il Papa per fare avere a Capozzi un appartamento vaticano “discreto” che sarebbe stato altrimenti di pertinenza di un officiale della Congregazione per la Dottrina della Fede. E dopo un periodo di disintossicazione, monsignor Capozzi ne ha ripreso possesso. È forse un piccolo caso, ma rivelatore del sistema vigente in Vaticano.
E se sarebbe gravemente ingiusto lanciare una caccia alle streghe basandosi sulle chiacchiere, è anche vero che come il caso McCarrick insegna, voci e denunce che si inseguono per anni hanno spesso un fondamento e quantomeno meriterebbero una seria indagine, se non altro prima di nomine importanti. Invece stiamo assistendo alla ascesa nelle posizioni di responsabilità in Vaticano di molti personaggi già accompagnati da voci insistenti sulle loro attività omosessuali.
Se non si smantella questa rete al cuore della Chiesa, qualsiasi tentativo di rimettere ordine non potrà risultare credibile. L’Incontro mondiale delle famiglie sarà il primo test.
Riccardo Cascioli
Testo integrale lettera denuncia di “epidemia” di omosessualità in seminario honduregno
di Sabino Paciolla
Il 25 luglio scorso, Edward Pentin, del National Catholic Register, pubblica un articolo in cui riporta stralci di una lettera che 48 seminaristi (su 180 iscritti) il 28 maggio scorso avevano scritto ai loro padri formatori denunciando un modello diffuso e radicato di pratica omosessuale nel loro seminario di Tegucigalpa, Honduras, e che tale attività era protetta dal rettore della casa.
Pentin scrive che: “Le inquietanti accuse honduregne hanno particolare risonanza negli Stati Uniti perché riecheggiano alcuni aspetti chiave dell’attuale scandalo nella Chiesa degli Stati Uniti, riguardante presunti abusi sessuali da parte del cardinale Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington.
In maniera similare alle accuse riguardanti il cardinale McCarrick, che secondo quanto riferito era impegnato da tempo nella pratica di esercitare pressioni sui seminaristi affinché svolgessero attività sessuale con lui mentre prestava servizio come vescovo in due diocesi del New Jersey negli anni ’80 e ’90, il vescovo ausiliare José Juan Pineda Fasquelle di Tegucigalpa è stato accusato di avere rapporti omosessuali con i seminaristi di Tegucigalpa”.
Le accuse dei sacerdoti chiamano in causa anche il card. Oscar Rodriguez Maradiaga di Tegucigalpa per aver, a quanto pare, ignorato una ricchezza di prove di cattiva condotta omosessuale da parte del vescovo Pineda, suo vescovo ausiliare di Tegucigalpa, le cui dimissioni da ausiliare sono state accettate da papa Francescoil 20 luglio scorso.
Pineda dal 2005 è stato il numero due dell’arcidiocesi di Tegucigalpa guidata dal cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, strettissimo collaboratore di papa Francesco in quanto coordinatore del Consiglio dei nove cardinali che lo coadiuvano nella riforma della Curia romana (il cosiddetto C9).
Uno dei motivi che hanno spinto i seminaristi a scrivere la lettera ai vescovi è stato il suicidio di un seminarista della diocesi honduregna di Santa Rosa de Copán, poichè egli aveva scoperto che il suo amante maschio in seminario era entrato in un altra relazione. Il National Catholic Register aveva detto di avere la copia della lettera di addio.
Il National Catholic Register dichiarava di aver ottenuto prove fotografiche di pornografia omosessuale, scambiate su WhatsApp tra i seminaristi che non avevano firmato la lettera, e altri messaggi osceni. Gli scambi erano stati verificati come autentici da specialisti informatici dell’Università Cattolica dell’Honduras, che hanno perquisito la memoria del computer e consegnato gli scambi ai vescovi del paese.
Il vescovo Guy Charbonneau di Choluteca aveva confermato al National Catholic Register il 29 giugno scorso che l’assemblea permanente dei vescovi, che si era tenuta ai primi di giugno, aveva ricevuto la lettera. Il vescovo aveva detto che la Conferenza Episcopale stava svolgendo un’indagine per vedere se le accuse fossero vere. “Siamo attualmente in questo processo”, aveva detto il vescovo Charbonneau. “Ogni vescovo ha a che fare con i seminaristi della propria diocesi”. “Questo è un problema nuovo”, ha aggiunto. “Forse è successo in altri anni, ma non con la dimensione di cui si parla ora”.
Il National Catholic Register aveva contattato gli uffici del cardinale Maradiaga, la Conferenza episcopale honduregna e ciascuno dei singoli vescovi del Paese, chiedendo ulteriori commenti in merito. Nessuno dei vescovi aveva risposto alle domande del Register al momento della pubblicazione di quell’articolo.
Si deve ricordare che il cardinale Maradiaga, dal dicembre scorso, era stato accusato di aver permesso al suo ausiliare, il vescovo Pineda, di continuare a servire al suo posto, e persino di averlo posto a capo dell’arcidiocesi durante la sua assenza a causa di cure mediche per il cancro alla prostata che Maradiaga aveva curato a Houston (USA), nonostante vi fosse un corpus di accuse di rapporti omosessuali contro il vescovo Pineda – anche con seminaristi (oltre ad accuse di presunti illeciti finanziari).
Il 29 luglio, in risposta all’articolo del Register, la Conferenza Episcopale Honduregna ha rilasciato una dichiarazione esprimendo “rammarico” per il fatto che la notizia della lettera era stata pubblicata, e negando il tipo di “atmosfera” riportata nell’articolo del National Catholic Register che essi percepivano come comunicante una promozione istituzionalizzata di pratiche che sono contrarie alla morale e alle norme della Chiesa.
Secondo il giornalista Pentin, i vescovi non hanno negato le accuse di omosessualità, ma hanno invece notato “erbacce nella debolezza affettiva e sessuale, che colpisce tutti noi e può generare atteggiamenti e comportamenti inappropriati”.
Dopo la presa di posizione dei vescovi, che in un certo senso negava o sminuiva quanto riferito dal Register, da più parti si chiedeva al National Catholic Register di tirare fuori le carte. Per questo, il Register ha deciso di pubblicare alcune di esse nell’articolo di ieri, dal quale riprendo una intervista ad un seminarista e la lettera integrale dei seminaristi che è molto delicata e rispettosa nei toni, piena di amore filiale verso i padri formatori, ma altrettanto carica di intenso e dignitoso dolore. E’ una lettera che merita di essere letta.
Eccole nella mia traduzione.
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Intervista con un seminarista honduregno sotto la condizione di totale anonimato:
di Sabino Paciolla
Il 25 luglio scorso, Edward Pentin, del National Catholic Register, pubblica un articolo in cui riporta stralci di una lettera che 48 seminaristi (su 180 iscritti) il 28 maggio scorso avevano scritto ai loro padri formatori denunciando un modello diffuso e radicato di pratica omosessuale nel loro seminario di Tegucigalpa, Honduras, e che tale attività era protetta dal rettore della casa.
Pentin scrive che: “Le inquietanti accuse honduregne hanno particolare risonanza negli Stati Uniti perché riecheggiano alcuni aspetti chiave dell’attuale scandalo nella Chiesa degli Stati Uniti, riguardante presunti abusi sessuali da parte del cardinale Theodore McCarrick, arcivescovo emerito di Washington.
In maniera similare alle accuse riguardanti il cardinale McCarrick, che secondo quanto riferito era impegnato da tempo nella pratica di esercitare pressioni sui seminaristi affinché svolgessero attività sessuale con lui mentre prestava servizio come vescovo in due diocesi del New Jersey negli anni ’80 e ’90, il vescovo ausiliare José Juan Pineda Fasquelle di Tegucigalpa è stato accusato di avere rapporti omosessuali con i seminaristi di Tegucigalpa”.
Le accuse dei sacerdoti chiamano in causa anche il card. Oscar Rodriguez Maradiaga di Tegucigalpa per aver, a quanto pare, ignorato una ricchezza di prove di cattiva condotta omosessuale da parte del vescovo Pineda, suo vescovo ausiliare di Tegucigalpa, le cui dimissioni da ausiliare sono state accettate da papa Francescoil 20 luglio scorso.
Pineda dal 2005 è stato il numero due dell’arcidiocesi di Tegucigalpa guidata dal cardinale Oscar Rodriguez Maradiaga, strettissimo collaboratore di papa Francesco in quanto coordinatore del Consiglio dei nove cardinali che lo coadiuvano nella riforma della Curia romana (il cosiddetto C9).
Uno dei motivi che hanno spinto i seminaristi a scrivere la lettera ai vescovi è stato il suicidio di un seminarista della diocesi honduregna di Santa Rosa de Copán, poichè egli aveva scoperto che il suo amante maschio in seminario era entrato in un altra relazione. Il National Catholic Register aveva detto di avere la copia della lettera di addio.
Il National Catholic Register dichiarava di aver ottenuto prove fotografiche di pornografia omosessuale, scambiate su WhatsApp tra i seminaristi che non avevano firmato la lettera, e altri messaggi osceni. Gli scambi erano stati verificati come autentici da specialisti informatici dell’Università Cattolica dell’Honduras, che hanno perquisito la memoria del computer e consegnato gli scambi ai vescovi del paese.
Il vescovo Guy Charbonneau di Choluteca aveva confermato al National Catholic Register il 29 giugno scorso che l’assemblea permanente dei vescovi, che si era tenuta ai primi di giugno, aveva ricevuto la lettera. Il vescovo aveva detto che la Conferenza Episcopale stava svolgendo un’indagine per vedere se le accuse fossero vere. “Siamo attualmente in questo processo”, aveva detto il vescovo Charbonneau. “Ogni vescovo ha a che fare con i seminaristi della propria diocesi”. “Questo è un problema nuovo”, ha aggiunto. “Forse è successo in altri anni, ma non con la dimensione di cui si parla ora”.
Il National Catholic Register aveva contattato gli uffici del cardinale Maradiaga, la Conferenza episcopale honduregna e ciascuno dei singoli vescovi del Paese, chiedendo ulteriori commenti in merito. Nessuno dei vescovi aveva risposto alle domande del Register al momento della pubblicazione di quell’articolo.
Si deve ricordare che il cardinale Maradiaga, dal dicembre scorso, era stato accusato di aver permesso al suo ausiliare, il vescovo Pineda, di continuare a servire al suo posto, e persino di averlo posto a capo dell’arcidiocesi durante la sua assenza a causa di cure mediche per il cancro alla prostata che Maradiaga aveva curato a Houston (USA), nonostante vi fosse un corpus di accuse di rapporti omosessuali contro il vescovo Pineda – anche con seminaristi (oltre ad accuse di presunti illeciti finanziari).
Il 29 luglio, in risposta all’articolo del Register, la Conferenza Episcopale Honduregna ha rilasciato una dichiarazione esprimendo “rammarico” per il fatto che la notizia della lettera era stata pubblicata, e negando il tipo di “atmosfera” riportata nell’articolo del National Catholic Register che essi percepivano come comunicante una promozione istituzionalizzata di pratiche che sono contrarie alla morale e alle norme della Chiesa.
Secondo il giornalista Pentin, i vescovi non hanno negato le accuse di omosessualità, ma hanno invece notato “erbacce nella debolezza affettiva e sessuale, che colpisce tutti noi e può generare atteggiamenti e comportamenti inappropriati”.
Dopo la presa di posizione dei vescovi, che in un certo senso negava o sminuiva quanto riferito dal Register, da più parti si chiedeva al National Catholic Register di tirare fuori le carte. Per questo, il Register ha deciso di pubblicare alcune di esse nell’articolo di ieri, dal quale riprendo una intervista ad un seminarista e la lettera integrale dei seminaristi che è molto delicata e rispettosa nei toni, piena di amore filiale verso i padri formatori, ma altrettanto carica di intenso e dignitoso dolore. E’ una lettera che merita di essere letta.
Eccole nella mia traduzione.
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Intervista con un seminarista honduregno sotto la condizione di totale anonimato:
“L’omosessualità in seminario è un problema che si è moltiplicato negli ultimi anni“.
“Penso che alcuni uomini potrebbero non essere sinceri quando fanno l’intervista per entrare in seminario. Col tempo, questa situazione di immoralità comincia a fiorire con gli uomini che hanno qualche tendenza all’omosessualità. Distrugge la vita comunitaria e i fondamenti che cerchiamo di imparare in seminario“.
“Questa è una realtà che sta accadendo e che ho osservato“.
“La mia opinione è che, in passato, i criteri per entrare in seminario non erano molto forti“.
“Una delle cose buone di papa Francesco è che dice che queste cose non devono essere nascoste. Il problema dell’omosessualità in seminario è là. Non è facile. Una riforma del seminario richiede tempo. La Chiesa deve agire con misericordia e non condannare nessuno“.
“Penso che se ci fosse qualche dubbio sull’omosessualità, le persone non dovrebbero entrare in seminario. Purtroppo, alcuni entrano. Forse pensano che andrà via“.
“I vescovi si sono incontrati e hanno parlato di questo. Quando il problema è stato scoperto, la gente in un primo momento ha detto ‘No’, e lo ha negato. Il problema è che questo problema (di omosessualità) è apparso e viene negato. Il Cardinale, purtroppo, l’ha negato. Ma il problema è qui“.
“I seminaristi eterosessuali sono scandalizzati e davvero depressi. Molti stanno pensando di lasciare il seminario.Temo che molti se ne andranno“.
“Un altro grande problema è che quando qualcuno parla in modo diverso da quello che dicono i vescovi o il cardinale, viene censurato ed espulso“.
“Se le persone vengono a indagare qui, troveranno cose peggiori di quelle che sono state trovate in Cile. Il problema è che il cardinale Maradiaga è la mano destra di papa Francesco. Penso che abbia mentito al Papa. I vescovi qui non hanno potere. Hanno paura del cardinale e sono troppo timidi per prendere una decisione“.
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Testo integrale della lettera dei seminaristi
Noi, mossi dallo Spirito del Signore risorto e con la speranza e la certezza che tutte le nostre azioni scaturiscano dal Signore come dalla loro fonte e tendano verso di Lui come il loro fine, ci sentiamo con urgenza chiamati a rivolgerci a voi, Padri, che avete la delicata missione di essere formatori dei sacerdoti di Cristo che giungiamo a questa casa seguendo la chiamata del Signore.
“L’omosessualità in seminario è un problema che si è moltiplicato negli ultimi anni“.
“Penso che alcuni uomini potrebbero non essere sinceri quando fanno l’intervista per entrare in seminario. Col tempo, questa situazione di immoralità comincia a fiorire con gli uomini che hanno qualche tendenza all’omosessualità. Distrugge la vita comunitaria e i fondamenti che cerchiamo di imparare in seminario“.
“Questa è una realtà che sta accadendo e che ho osservato“.
“La mia opinione è che, in passato, i criteri per entrare in seminario non erano molto forti“.
“Una delle cose buone di papa Francesco è che dice che queste cose non devono essere nascoste. Il problema dell’omosessualità in seminario è là. Non è facile. Una riforma del seminario richiede tempo. La Chiesa deve agire con misericordia e non condannare nessuno“.
“Penso che se ci fosse qualche dubbio sull’omosessualità, le persone non dovrebbero entrare in seminario. Purtroppo, alcuni entrano. Forse pensano che andrà via“.
“I vescovi si sono incontrati e hanno parlato di questo. Quando il problema è stato scoperto, la gente in un primo momento ha detto ‘No’, e lo ha negato. Il problema è che questo problema (di omosessualità) è apparso e viene negato. Il Cardinale, purtroppo, l’ha negato. Ma il problema è qui“.
“I seminaristi eterosessuali sono scandalizzati e davvero depressi. Molti stanno pensando di lasciare il seminario.Temo che molti se ne andranno“.
“Un altro grande problema è che quando qualcuno parla in modo diverso da quello che dicono i vescovi o il cardinale, viene censurato ed espulso“.
“Se le persone vengono a indagare qui, troveranno cose peggiori di quelle che sono state trovate in Cile. Il problema è che il cardinale Maradiaga è la mano destra di papa Francesco. Penso che abbia mentito al Papa. I vescovi qui non hanno potere. Hanno paura del cardinale e sono troppo timidi per prendere una decisione“.
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Testo integrale della lettera dei seminaristi
Noi, mossi dallo Spirito del Signore risorto e con la speranza e la certezza che tutte le nostre azioni scaturiscano dal Signore come dalla loro fonte e tendano verso di Lui come il loro fine, ci sentiamo con urgenza chiamati a rivolgerci a voi, Padri, che avete la delicata missione di essere formatori dei sacerdoti di Cristo che giungiamo a questa casa seguendo la chiamata del Signore.
Vogliamo ed imploriamo che tutto ciò che leggete in questa lettera non sia ricevuto con lo spirito mondano di razionalizzazione e di orgoglio che deriva dalla sicurezza dei propri pensieri, ma con lo spirito proprio del discepolo, che è l’umiltà e la docilità allo Spirito Santo che ha parlato attraverso i profeti. Quanto vorremmo che lo stesso Spirito Santo ispirasse ciascuno di noi.
Siamo consapevoli che questo gesto potrebbe essere interpretato come un attacco a questo consiglio di formatori, ma vorremmo piuttosto che fosse interpretato come proveniente dalla Parola di Dio che ci invita a non avere paura di annunciare la Buona Novella che ci libera dalla schiavitù del peccato e dà vista ai ciechi. E così leggiate questa lettera come un segno che il Signore stesso vi parla attraverso di noi, perché sentiamo veramente dal cuore che questa lettera è un incarico del Signore.
Viviamo e sperimentiamo un momento di tensione nella nostra casa a causa di situazioni gravemente immorali, soprattutto di un’omosessualità attiva all’interno del seminario che è stata un tabù per tutto questo tempo. E per coprire e penalizzare questa situazione, il problema si è aggravato, trasformandosi, come ha detto un sacerdote non molto tempo fa, in una “epidemia in seminario”. Quasi tutti noi conosciamo questa situazione ma sembra che ci siano situazioni che passano inosservate nella formazione e che vengono lasciate dissolversi nel tempo, e così l’ampiezza del problema cresce di giorno in giorno, come pula tra il grano. Papa Francesco ha detto nel suo messaggio quaresimale di quest’anno: “A causa dell’aumento della malvagità, l’amore della maggior parte si raffredderà” (Matteo 24:12). Lasciamo che l’amore in seminario si raffreddi perché lasciamo che il male cresca, non a causa di liti o differenze tra di noi, ma a causa del peccato di cui non siamo consapevoli. Questa è una forma assunta dai falsi profeti, come dice il Papa nel messaggio: “Sono come ‘incantatori di serpenti’ che manipolano le emozioni umane per schiavizzare le persone e condurle dove vorrebbero che andassero. Quanti figli di Dio sono ipnotizzati da piaceri momentanei, confondendoli con la vera felicità! Quanti passano attraverso la vita credendo di essere sufficienti a se stessi, e finiscono intrappolati dalla solitudine!”
Tutti noi abbiamo trasportato molti complessi ma, non poiché non abbiamo lavorato su di loro, non li abbiamo superati e poi diventano seri problemi di identità di cui siamo tutti responsabili.
Abbiamo osservato in questi giorni una certa tensione che ha destabilizzato il clima di fraternità, e ora tutti sono sulla difensiva o stressati, impedendo una migliore esperienza dei sacramenti e della vita accademica. Di conseguenza, noi umilmente vogliamo che voi, Padri, riesaminaste come avete agito, secondo quanto il Signore vi ha chiesto di fare, o come pensavate di dover fare, agendo sotto i vostri impulsi, il sentimentalismo paternalistico, o una falsa misericordia che papa Francesco ha indicato con molta durezza.
Per favore, non possiamo più nascondere la grandezza di questo problema in seminario e abbiamo bisogno che voi formatori ne siate consapevoli e seguiate ciò che dice la Chiesa (secondo il diritto canonico e la ratio fundamentalis). Siamo consapevoli che non è colpa dei formatori, ma di un processo formativo che va ripensato nella prospettiva del discernimento dei candidati in ogni diocesi, che va modificato e aggiornato secondo i cambiamenti del tempo. La vita sacerdotale oggi non è vissuta come nel Medioevo, nemmeno come nel periodo pre-conciliare. Questo seminario non è come era all’inizio, infatti non è come era durante il tempo dei formatori. Cari Padri, questa lettera non deve provocare divisioni tra voi, ma, come fratelli, avete bisogno di una visione olistica, senza sentimenti patetici, e di prendere decisioni profetiche di fede profonda per cambiare e trasformare la dura realtà che la Chiesa sta vivendo nel nostro Paese che non tutti vogliono accettare.
Il problema principale che abbiamo in seminario è proprio quello dell’omosessualità ed è per questo che ci riferiamo direttamente a questo. Non si tratta di una persecuzione, né dei capricci omofobi di certi seminaristi machisti, come voi avete detto più volte. Né si tratta di pettegolezzi o mancanza di virilità. Se non lo diciamo davanti a voi, è perché molte volte avete espulso seminaristi per aver denunciato questo tipo di cose, e non potete negarlo perché conosciamo molto bene queste situazioni. È una preoccupazione e una sofferenza per l’amore della Chiesa. Non abbiamo bisogno di essere visti come nemici all’interno della comunità. Questa è anche la nostra sofferenza. Non ci sentiamo bene a essere indicati come propalatori di pettegolezzi, un aggettivo con cui a volte ci avete etichettati voi stessi.
Cari padri della formazione, questa lettera non è il frutto di un capriccio. Abbiamo pregato e invocato l’aiuto divino in molte occasioni per decidere se scrivere o meno questa lettera. Lo abbiamo scritto dopo aver parlato con molti fedeli nelle parrocchie dell’arcidiocesi e nelle diocesi suffraganee della provincia ecclesiastica, anche vittime di commenti sprezzanti quando scendiamo dagli autobus: i passeggeri che si riferiscono a noi come provenienti dalla casa dei “finocchi” o cose del genere. Il popolo di Dio non è né cieco né sciocco, ma ha la saggezza e l’intuizione dello Spirito del Signore e non deve essere ignorato.
Forse non abbiamo i fatti che volete, video, fotografie ecc, ma ricordate che in altri momenti, la parola ha avuto una forza straordinaria ed è stata un segno di fedeltà, verità e vita. Se un uomo ha dato la sua parola, ha chiesto rispetto. Forse oggi non siamo come quegli uomini del passato, ma ci sono ancora persone leali che sono fedeli alla loro parola. Anche per questo la Chiesa è ancora viva: con l’annuncio della verità proclamata da tanti uomini e donne. Qui ci sono molti seminaristi con testimonianze impeccabili che vivono la loro castità e lottano ogni giorno per vivere il loro processo formativo secondo la loro vocazione, consapevoli anche della loro miseria – seminaristi che non solo fuggono da una vita sessuale immorale, ma fuggono dall’alcolismo, non come un peccato, ma perché rappresenta una minaccia che distrugge il futuro ministro, come vediamo oggi. Crediamo profondamente che il Signore abbia posto davanti a noi sacerdoti che sono moralmente distrutti a causa della loro formazione qui in seminario.
Non abbiate paura padri formatori di agire secondo i processi che la Chiesa propone, anche mandando via un seminarista molto amato e vostro amico. Ricordate sempre che compassione non significa nascondere le cose per un amico. Il vero affetto si manifesta facendo risplendere la verità espressa a quella persona. Molte volte con tristezza sentiamo molti di voi raccontare ai seminaristi: “Non preoccuparti, ti difendo”. Crediamo che la nostra missione non sia quella di essere avvocati difensori, perché questa casa non è un tribunale, ma un luogo santo, una casa il cui unico padrone è Cristo che seguiamo e con il quale dobbiamo configurarci. La vostra missione consiste nel mostrarci un esempio, come padri e pastori, di come essere trasformati in Cristo, come diceva San Giovanni Eudes.
Siate veramente padri custodi dei sacerdoti non ancora nati nel grembo della Chiesa, in pellegrinaggio in questo paese che è il seminario. Perché questa casa non è altro che la casa madre di tutti i sacerdoti diocesani ed è per questo che la maggior parte dei sacerdoti si sentono a casa quando vengono a visitare. Il seminario ha bisogno di custodi autentici che combattano coraggiosamente la formazione povera di cui molti seminaristi sono affetti a causa delle misure proposte dalla Chiesa. Perché molte volte, invece di bambini veri in gestazione, vengono curati tumori maligni e questi tumori causano metastasi in seminario. Tale discernimento è concesso solo dallo Spirito del Signore.
Vogliamo dirvi con dolore e con molta sincerità che abbiamo perso la fiducia in alcuni di voi e che ciò che vediamo è un’incoerenza tra ciò che siete e ciò che dovreste essere. I formatori non sono caratterizzati da un dottorato o dal loro “intellettualismo” o semplicemente dal fatto di vivere in seminario. Ciò che vi caratterizza è la missione che avete abbracciato, forse senza sapere quanto sia profonda e delicata. Questa missione è molto più delicata dell’essere parroci o maestri di seminario.
Vi chiediamo di non commettere l’immaturità di voler indagare su chi ha scritto questa lettera o di prendere questo problema da un punto di vista personale. No. Prendetelo nel senso della sinodalità che la Chiesa ci invita a vivere, che i membri della Chiesa esprimono liberamente con libertà ciò di cui hanno bisogno o ciò di cui pensano di aver bisogno. Quanto vorremmo che voi disponeste di una copia di questa lettera e rifletteste su di essa, rivendicaste la vostra missione e adottaste misure visibili e definitive. Se un seminarista è sessualmente malato, non c’è bisogno di studi psicologici per determinare se è inadatto al ministero pastorale, perché prima o poi causerà dolore alla Chiesa.
Non tutti coloro che vogliono essere sacerdoti possono esserlo! Il ministero è un dono che deve essere vissuto e accolto con la convinzione del Vangelo e con lo zelo dell’amore, e dell’amore radicale, che esso esige. Il ministero non viene dall’affidarsi alla sicurezza del vescovo perché molti di loro sono ingannati dalla follia del comportamento della gente.
Questa lettera raccoglie i sentimenti non di un seminarista o di un sacerdote, ma di un grande gruppo di seminaristi che vivono qui, così come di sacerdoti e direttori spirituali che hanno raccomandato di rivolgerci a voi.
Chiediamo umilmente perdono se le nostre parole vi hanno ferito o vi hanno messo a disagio, ma siamo convinti che fosse necessario esprimerle con libertà, rispetto e carità. Esprimiamo il nostro affetto filiale e preghiamo per voi che siete i capi di questa casa e che avete una missione molto difficile. Vi affidiamo alle mani di Nostra Signora di Suyapa, Patrona di questo seminario e di San Giuseppe, patrono di tutti i seminari del mondo e della Chiesa universale.
Perdonateci per non aver messo sotto il nostro nome, ma non lo consideriamo necessario.
Vogliamo ed imploriamo che tutto ciò che leggete in questa lettera non sia ricevuto con lo spirito mondano di razionalizzazione e di orgoglio che deriva dalla sicurezza dei propri pensieri, ma con lo spirito proprio del discepolo, che è l’umiltà e la docilità allo Spirito Santo che ha parlato attraverso i profeti. Quanto vorremmo che lo stesso Spirito Santo ispirasse ciascuno di noi.
Siamo consapevoli che questo gesto potrebbe essere interpretato come un attacco a questo consiglio di formatori, ma vorremmo piuttosto che fosse interpretato come proveniente dalla Parola di Dio che ci invita a non avere paura di annunciare la Buona Novella che ci libera dalla schiavitù del peccato e dà vista ai ciechi. E così leggiate questa lettera come un segno che il Signore stesso vi parla attraverso di noi, perché sentiamo veramente dal cuore che questa lettera è un incarico del Signore.
Viviamo e sperimentiamo un momento di tensione nella nostra casa a causa di situazioni gravemente immorali, soprattutto di un’omosessualità attiva all’interno del seminario che è stata un tabù per tutto questo tempo. E per coprire e penalizzare questa situazione, il problema si è aggravato, trasformandosi, come ha detto un sacerdote non molto tempo fa, in una “epidemia in seminario”. Quasi tutti noi conosciamo questa situazione ma sembra che ci siano situazioni che passano inosservate nella formazione e che vengono lasciate dissolversi nel tempo, e così l’ampiezza del problema cresce di giorno in giorno, come pula tra il grano. Papa Francesco ha detto nel suo messaggio quaresimale di quest’anno: “A causa dell’aumento della malvagità, l’amore della maggior parte si raffredderà” (Matteo 24:12). Lasciamo che l’amore in seminario si raffreddi perché lasciamo che il male cresca, non a causa di liti o differenze tra di noi, ma a causa del peccato di cui non siamo consapevoli. Questa è una forma assunta dai falsi profeti, come dice il Papa nel messaggio: “Sono come ‘incantatori di serpenti’ che manipolano le emozioni umane per schiavizzare le persone e condurle dove vorrebbero che andassero. Quanti figli di Dio sono ipnotizzati da piaceri momentanei, confondendoli con la vera felicità! Quanti passano attraverso la vita credendo di essere sufficienti a se stessi, e finiscono intrappolati dalla solitudine!”
Tutti noi abbiamo trasportato molti complessi ma, non poiché non abbiamo lavorato su di loro, non li abbiamo superati e poi diventano seri problemi di identità di cui siamo tutti responsabili.
Abbiamo osservato in questi giorni una certa tensione che ha destabilizzato il clima di fraternità, e ora tutti sono sulla difensiva o stressati, impedendo una migliore esperienza dei sacramenti e della vita accademica. Di conseguenza, noi umilmente vogliamo che voi, Padri, riesaminaste come avete agito, secondo quanto il Signore vi ha chiesto di fare, o come pensavate di dover fare, agendo sotto i vostri impulsi, il sentimentalismo paternalistico, o una falsa misericordia che papa Francesco ha indicato con molta durezza.
Per favore, non possiamo più nascondere la grandezza di questo problema in seminario e abbiamo bisogno che voi formatori ne siate consapevoli e seguiate ciò che dice la Chiesa (secondo il diritto canonico e la ratio fundamentalis). Siamo consapevoli che non è colpa dei formatori, ma di un processo formativo che va ripensato nella prospettiva del discernimento dei candidati in ogni diocesi, che va modificato e aggiornato secondo i cambiamenti del tempo. La vita sacerdotale oggi non è vissuta come nel Medioevo, nemmeno come nel periodo pre-conciliare. Questo seminario non è come era all’inizio, infatti non è come era durante il tempo dei formatori. Cari Padri, questa lettera non deve provocare divisioni tra voi, ma, come fratelli, avete bisogno di una visione olistica, senza sentimenti patetici, e di prendere decisioni profetiche di fede profonda per cambiare e trasformare la dura realtà che la Chiesa sta vivendo nel nostro Paese che non tutti vogliono accettare.
Il problema principale che abbiamo in seminario è proprio quello dell’omosessualità ed è per questo che ci riferiamo direttamente a questo. Non si tratta di una persecuzione, né dei capricci omofobi di certi seminaristi machisti, come voi avete detto più volte. Né si tratta di pettegolezzi o mancanza di virilità. Se non lo diciamo davanti a voi, è perché molte volte avete espulso seminaristi per aver denunciato questo tipo di cose, e non potete negarlo perché conosciamo molto bene queste situazioni. È una preoccupazione e una sofferenza per l’amore della Chiesa. Non abbiamo bisogno di essere visti come nemici all’interno della comunità. Questa è anche la nostra sofferenza. Non ci sentiamo bene a essere indicati come propalatori di pettegolezzi, un aggettivo con cui a volte ci avete etichettati voi stessi.
Cari padri della formazione, questa lettera non è il frutto di un capriccio. Abbiamo pregato e invocato l’aiuto divino in molte occasioni per decidere se scrivere o meno questa lettera. Lo abbiamo scritto dopo aver parlato con molti fedeli nelle parrocchie dell’arcidiocesi e nelle diocesi suffraganee della provincia ecclesiastica, anche vittime di commenti sprezzanti quando scendiamo dagli autobus: i passeggeri che si riferiscono a noi come provenienti dalla casa dei “finocchi” o cose del genere. Il popolo di Dio non è né cieco né sciocco, ma ha la saggezza e l’intuizione dello Spirito del Signore e non deve essere ignorato.
Forse non abbiamo i fatti che volete, video, fotografie ecc, ma ricordate che in altri momenti, la parola ha avuto una forza straordinaria ed è stata un segno di fedeltà, verità e vita. Se un uomo ha dato la sua parola, ha chiesto rispetto. Forse oggi non siamo come quegli uomini del passato, ma ci sono ancora persone leali che sono fedeli alla loro parola. Anche per questo la Chiesa è ancora viva: con l’annuncio della verità proclamata da tanti uomini e donne. Qui ci sono molti seminaristi con testimonianze impeccabili che vivono la loro castità e lottano ogni giorno per vivere il loro processo formativo secondo la loro vocazione, consapevoli anche della loro miseria – seminaristi che non solo fuggono da una vita sessuale immorale, ma fuggono dall’alcolismo, non come un peccato, ma perché rappresenta una minaccia che distrugge il futuro ministro, come vediamo oggi. Crediamo profondamente che il Signore abbia posto davanti a noi sacerdoti che sono moralmente distrutti a causa della loro formazione qui in seminario.
Non abbiate paura padri formatori di agire secondo i processi che la Chiesa propone, anche mandando via un seminarista molto amato e vostro amico. Ricordate sempre che compassione non significa nascondere le cose per un amico. Il vero affetto si manifesta facendo risplendere la verità espressa a quella persona. Molte volte con tristezza sentiamo molti di voi raccontare ai seminaristi: “Non preoccuparti, ti difendo”. Crediamo che la nostra missione non sia quella di essere avvocati difensori, perché questa casa non è un tribunale, ma un luogo santo, una casa il cui unico padrone è Cristo che seguiamo e con il quale dobbiamo configurarci. La vostra missione consiste nel mostrarci un esempio, come padri e pastori, di come essere trasformati in Cristo, come diceva San Giovanni Eudes.
Siate veramente padri custodi dei sacerdoti non ancora nati nel grembo della Chiesa, in pellegrinaggio in questo paese che è il seminario. Perché questa casa non è altro che la casa madre di tutti i sacerdoti diocesani ed è per questo che la maggior parte dei sacerdoti si sentono a casa quando vengono a visitare. Il seminario ha bisogno di custodi autentici che combattano coraggiosamente la formazione povera di cui molti seminaristi sono affetti a causa delle misure proposte dalla Chiesa. Perché molte volte, invece di bambini veri in gestazione, vengono curati tumori maligni e questi tumori causano metastasi in seminario. Tale discernimento è concesso solo dallo Spirito del Signore.
Vogliamo dirvi con dolore e con molta sincerità che abbiamo perso la fiducia in alcuni di voi e che ciò che vediamo è un’incoerenza tra ciò che siete e ciò che dovreste essere. I formatori non sono caratterizzati da un dottorato o dal loro “intellettualismo” o semplicemente dal fatto di vivere in seminario. Ciò che vi caratterizza è la missione che avete abbracciato, forse senza sapere quanto sia profonda e delicata. Questa missione è molto più delicata dell’essere parroci o maestri di seminario.
Vi chiediamo di non commettere l’immaturità di voler indagare su chi ha scritto questa lettera o di prendere questo problema da un punto di vista personale. No. Prendetelo nel senso della sinodalità che la Chiesa ci invita a vivere, che i membri della Chiesa esprimono liberamente con libertà ciò di cui hanno bisogno o ciò di cui pensano di aver bisogno. Quanto vorremmo che voi disponeste di una copia di questa lettera e rifletteste su di essa, rivendicaste la vostra missione e adottaste misure visibili e definitive. Se un seminarista è sessualmente malato, non c’è bisogno di studi psicologici per determinare se è inadatto al ministero pastorale, perché prima o poi causerà dolore alla Chiesa.
Non tutti coloro che vogliono essere sacerdoti possono esserlo! Il ministero è un dono che deve essere vissuto e accolto con la convinzione del Vangelo e con lo zelo dell’amore, e dell’amore radicale, che esso esige. Il ministero non viene dall’affidarsi alla sicurezza del vescovo perché molti di loro sono ingannati dalla follia del comportamento della gente.
Questa lettera raccoglie i sentimenti non di un seminarista o di un sacerdote, ma di un grande gruppo di seminaristi che vivono qui, così come di sacerdoti e direttori spirituali che hanno raccomandato di rivolgerci a voi.
Chiediamo umilmente perdono se le nostre parole vi hanno ferito o vi hanno messo a disagio, ma siamo convinti che fosse necessario esprimerle con libertà, rispetto e carità. Esprimiamo il nostro affetto filiale e preghiamo per voi che siete i capi di questa casa e che avete una missione molto difficile. Vi affidiamo alle mani di Nostra Signora di Suyapa, Patrona di questo seminario e di San Giuseppe, patrono di tutti i seminari del mondo e della Chiesa universale.
Perdonateci per non aver messo sotto il nostro nome, ma non lo consideriamo necessario.
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