“Ma guarda, c’è qualcuno che ancora crede che a “questa” (neo) Chiesa sia rimasto un briciolo di autorità!”.
Così mi son detto quando ho ricevuto lettere irate e addolorate, e amici mi hanno girato articoli critici sull’ultimo atto di Bergoglio: la correzione del Catechismo sulla pena di morte. Per duemila anni la Chiesa, i suoi santi e dottori (quindi infallibili) hanno giustificato la pena capitale: anzi Gesù stesso, che l’accettò per sé. “Francesco” cambia la tradizione e dice che è illecita la pena capitale, anzi è peccato, vista la nuova sensibilità del popolo cristiano, e bla bla.
Interessanti, autentiche e intelligenti le confutazioni e le critiche, a cui rimando:
http://isoladipatmos.com/la-pena-di-morte-ed-i-nuovi-dogmidella-chiesa-perche-non-affidare-adolf-hitler-e-pol-pot-ai-servizi-sociali-diretti-dal-presbitero-antonio-mazzi/
https://www.sanpiox.it/articoli/crisi-nella-chiesa/2092-dottrina-sulla-pena-di-morte-modernismo-e-papa-francesco
https://www.ilfoglio.it/preghiera/2018/08/03/news/il-papa-smentisce-santi-beati-e-venerabili-sulla-pena-di-morte-208529/
Ma che spreco d’intelligenza, oso dire; El Papa non merita tanto. Basta osservare che ormai, la sua autorità pontificale, che lui ha strascinato e calpestato, è ormai nulla. Non ne è rimasto niente, tanto da rendere anche questa sua ultima, insignificante.
La Chiesa non ha più un briciolo di autorità
Basta vedere questo: la modifica del Catechismo “obbliga” ogni cristiano ad accettarla. C’è qualcuno che capisca di essere obbligato ad alcunché, da un Papa che ha messo in discussione tanti punti fermi? Dalla Comunione ai divorziati adulteri, alla condanna di Lutero che lui proclama “una grazia per la Chiesa”; che a Scalfaro ha confidato che le anime dei malvagi saranno semplicemente annichilite e dunque non esiste l’Inferno, che mostra simpatia alla “nuova sensibilità” verso le”Nozze gay” e i preti che possono vivere col loro amante e continuare a celebrare l’Eucarestia in parrocchia? Il Papa che non pone ordine in una gerarchia di leccapiedi e finocchi che con la sua sola presenza ha autorizzato al peggio, ed ora appare “la peste di errori e vizi che ammorba il mondo”? Il capo di una neo-Chiesa che parteggia nella politica italiana spudoratamente, diffondendo le fake news del Potere globalista, imponendo come dogmi di fede e carità soluzioni invece discutibili (opinabili), dove la libertà del cristiano deve essere rispettata?Egli stesso ha distrutto la sua autorità, distruggendo l’autorità bi millenaria della Chiesa. Lo ha notato con preoccupazione persino Il Foglio, l’organo dei neocon israeliani, qualche giorno fa:
C’è un problema con Papa Francesco
“Secondo Bergoglio, i giovani senza lavoro hanno solo tre opzioni: suicidio, cocaina o arruolamento con il califfo. Perché il Papa banalizzatore è un guaio. Sia se viene preso sul serio. Sia, soprattutto, se quando parla non viene più preso sul serio”.
Ecco il punto: El Papa non viene più preso sul serio, e il neocon si preoccupa: non serve più al grande progetto di instaurare la religione generale e generica dell’Umanità, senza dogmi altri che l’umanitarismo, e senz’altri riti che le apparizioni all’ONU sul riscaldamento globale.
Vediamo appunto questo: adesso, il Papa decreta che la Pena di Morte è illegittima, è peccato sostenerla ed applicarla. Vi pare che qualche capo di Stato, qualche governo, qualche nazione cristiana, si sia sentito obbligato”? Abbia risposto con un sì o anche un no? Nessuno ha fatto una piega, e già la sola dizione di “nazione cristiana” fa ridere… Chi pratica la pena capitale continuerà, e chi l’ha abolita non si rallegrerà di essere in sintonia con “Francesco”. Fine. Insignificanza, come una copertina di Famiglia Cristiana o un titolone di Avvenire contro Salvini. Argomento di polemica che domani sarà dimenticato.
Questo mio articoletto vuole dunque solo ricordare – a futura memoria – il motivo profondo e radicale per cui la Pena di Morte è cristiana, e non solo è lecito, ma sacramentale che Cesare la applichi, come Cristo stesso accettò sacramentalmente di subirla.
Nel diritto, la pena non serve alla “difesa sociale” , a toglier di mezzo un pericoloso delinquente, a fargli patire quel che lui ha fatto patire alle sue vittime. Tutte queste sono stupidaggini sociologiche, moraliste e sentimental-psicologiche moderniste. Nel diritto romano penale, la pena “è dovuta” al reo: è suo diritto. Quando il criminale è si è macchiato di un delitto, egli si è lasciato scadere da livello della sua dignità umana, che gli compete come diritto, e come dovere; dunque la pena gli è necessaria, e lo Stato ritualmente gliela commmina per reintegrarlo al livello giusto della sua dignità come uomo. Con la pena, il colpevole ritorna presso la società con la dignità che gli è propria; infatti lo Stato, dopo che l’ha scontata, lo riammette alla cittadinanza lavato e purificato.
In questa concezione, il diritto penale è “retribuzione” e “riscatto”. Per molti reati, bastano le pene comuni. Il ladro dovrà restituire, per esempio. Ma nel caso di omicidio premeditato, il reo ha rapinato la vittima di qualcosa che niente può restituirli: la vita. Il suo delitto è non-riparabile. Il solo modo di “riscattarsi” è subire la pena che lo esclude dalla vita – in tal modo, l’omicida, proprio quando viene privato della sua vita, torna però alla comunità umana, lavato e purificato.
Se questo sembra un paradosso, è perché non si crede più che l’uomo singolo abbia un destino eterno di cui deve rispondere oltre la vita: non si crede più, in altre parole, alla sua dignità propriamente umana, che è superiore al suo esistere zoologico.
Il patibolo purifica e risarcisce
Ma negli Stati antichi, e nei cristiani, la Pena di Morte veniva comminata con sacrale rigore; veniva reso chiaro al colpevole che, una volta subitala pubblicamente, lo Stato, la comunità umana, non avevano più crediti da pretendere da lui: era tornato innocente. Anzi, persino la giustizia divina lo assolveva: il frate era lì sul patibolo, pronto a dargli l’assoluzione se si confessava e a dargli l’unzione estrema, gli stava comunicando proprio questo; che era lavato dal suo peccato, se solo si pentiva – ossia accettava la pena come giusta – l’ultimo istante. Il popolo cristiano sapeva, con la certezza dei semplici, che l’omicida, decapitato, ossia pagato il suo debito con sovrabbondanza, andava dritto in Cielo, senza un’ora di Purgatorio, come aveva promesso Cristo al Buon Ladrone: “Oggi sarai con me in Paradiso”.Lo so che tutto questo sembra assurdo a tanti di voi, non esclusi preti, ecclesiastici, umanitari sciolti e a pacchetti. Questo perché il nostro tempo s’è liberato da Dio. E vive benissimo nonostante la pena di morte venga comminata ad ogni angolo di strada anche oggi. La differenza è che sono i criminali ad infliggerla alle vittime. I colpevoli agli innocenti. E i colpevoli, se vengono presi, vengono condannati dai giudici umanitari a 16 anni in primo grado, che in appello diventano 5, e insomma in quattro si è fuori – restituiti non lavati alla società, con un debito non pagato e non pagabile, e la convinzione – ormai di massa – che i debiti, in questa società umanitaria e liberale, si possono non pagare. Dove gli Stati stessi uccidono i propri cittadini in attentati false flag, o i cittadini altrui in interventi sempre – mi raccomando – umanitari, con una frequenza agghiacciante mai vista prima. Non parliamo poi dei milioni di aborti, uccisioni deliberate di innocenti col consenso strappato alle madri
Voi direte: ma mica è pena capitale, lo Stato italiano l’ha abolita. Certo che no, infatti non la commina il Ministero della Giustizia, ma quello della Sanità: infatti “quel che conta è la salute”, il piacere e il comodo, mica la Giustizia e la Verità, che El Papa ci dice essere evolutiva. Che questo non venga visto come patologia, è normale ad una umanità che è scaduta dal livello della dignità che le compete, lo crede ” liberazione”, e celebra il triste carnevale della sua propria estinzione.
https://www.maurizioblondet.it/perche-la-pena-di-morte-e-cristiana/
- RIFLESSIONI SUL CAMBIO NEL CATECHISMO
I santi impiccati: quando la pena di morte è via di santità
Non c’è un solo passo
nelle Scritture, né in san Paolo né nei Padri e nemmeno in san Tommaso
d’Aquino che parli contro la pena di morte. San Giuseppe Cafasso diceva
che quelli che accompagnava al capestro erano i suoi «santi impiccati».
Se riusciva a confessarli e comunicarli, andavano subito in Paradiso,
avendo espiato con la morte violenta le loro malefatte. L’esempio è
illustre: Gesù in croce dice al Buon Ladrone (il quale riconosce come
giusta la pena inflittagli) «oggi sarai con me in Paradiso». Sul tavolo
della Congregazione per la Cause dei Santi ci sono due dossier
riguardanti due condannati a morte negli anni Cinquanta: uno
ghigliottinato, l’altro garrotato. Perché la pena di morte può essere
via di santità.
-TRA EVOLUZIONE E RIVOLUZIONE DELLA DOTTRINA di Lorenzo Bertocchi
Non c’è giallo, thriller o action movie che non finisca con la morte del cattivo, morte tanto più efferata quanto è stato efferato lui. Attualmente nelle sale circola Skyscraper con mister muscolo Dwayne Johnson. Qui il cattivo, che ne ha fatte di cotte e di crude per due ore, precipita dal grattacielo del titolo, alto cento metri. Ma che si limiti a precipitare, spinto dall’eroe, non basta, perché davvero i suoi crimini sono disgustosi (e, soprattutto, ha messo in gravissimo pericolo la famiglia, bambini compresi, del protagonista, il quale, pur privo di una gamba, ha dovuto combattere con la forza della disperazione).
Così, l’eroe, nello scaraventarlo giù, gli mette in mano una bomba, e il cattivo a terra ci arriva in brandelli. Ebbene, quello che abbiamo descritto è il sentire comune. Non solo americano, dato che Hollywood esporta in tutto il mondo. La riprova? Tutti quei film in cui il cattivo viene consegnato alle patrie galere ma il codice penale non basta alla coscienza di chi si è visto distruggere la vita. Né a quella dello spettatore, che esce di sala contento solo quando vede il cattivo morire ammazzato. Detto questo, la modifica del catechismo sulla pena di morte, politicamente parlando, è una mossa che avrà qualche efficacia, forse, solo riguardo agli Usa. Degli altri Paesi in cui vige la pena di morte non ce n’è uno, Giappone compreso, su cui l’influenza della Chiesa cattolica abbia un minimo di presa. Perciò, si tratta di una trovata che lascerà il tempo che trova.
Ci si potrebbe, tuttavia, chiedere come mai la Chiesa abbia aspettato duemiladiciotto anni prima di cassare la voce corrispondente dal catechismo. Ora, a ragionarci sopra si corre il rischio, di cui siamo ben coscienti, di passare per forcaioli o per eretici che osano contraddire il papa. Non è così, anche perché, ripetiamo, la cassazione suddetta è priva di impatto significativo. Ma il problema è la giustificazione teologica, che non è stata influenzata né da Cesare Beccaria né dalla manzoniana Colonna Infame. Non c’è un solo passo nelle Scritture, né in san Paolo (anzi), né nei Padri e nemmeno in san Tommaso d’Aquino che parli contro la pena di morte.
San Giuseppe Cafasso (1811-1860), anzi, diceva che quelli che accompagnava al capestro, in qualità di cappellano delle carceri torinesi, erano i suoi «santi impiccati». Infatti, se riusciva a confessarli e comunicarli, andavano subito in Paradiso, avendo espiato con la morte violenta le loro malefatte. L’esempio è illustre: Gesù in croce dice al Buon Ladrone (il quale riconosce come giusta la pena inflittagli) «oggi sarai con me in Paradiso» (Lc 23, 43). Sul tavolo della Congregazione per la Cause dei Santi ci sono due dossier riguardanti due condannati a morte negli anni Cinquanta: uno, francese, ghigliottinato, l’altro uno spagnolo, garrotato.
Entrambi pluriomicidi confessi. In carcere, tutti e due, si erano convertiti e avevano edificato col loro comportamento perfino i loro confessori. Sono in attesa di beatificazione. Ma erano ancora tempi in cui si badava più al «giustizia è fatta» che alla «riabilitazione» del reo. La sensibilità è mutata, si dice (ditelo a Hollywood). Di certo non quella delle vittime, comunque. Nei secoli cristianissimi le cose andavano invece così: avete presente Gilles de Rais? Sì, «Barbablù», sadico serial killer di ragazzini ai tempi di Giovanna d’Arco.
Al processo confessò tutto, e tanto erano ributtanti i suoi crimini che il vescovo, presente, andò a coprire il volto del crocifisso. Gilles si pentì in modo straziante, piangendo e battendo la fronte sul pavimento. Quando, singhiozzando, chiese ai genitori delle sue vittime, presenti, di pregare per lui, l’intera aula si inginocchiò commossa. Il suo pentimento era vero? Sì, perché lo aspettava la forca e lui lo sapeva bene. Infatti, fu giustiziato.
Rino Cammilleri
http://www.lanuovabq.it/it/i-santi-impiccati-quando-la-pena-di-morte-e-via-di-santitaCambio sulla pena di morte, esulta la lobby gay
Per la lobby gay,
impegnata nell'assalto al catechismo della Chiesa, la decisione del Papa
sulla pena di morte è una grande vittoria. La notizia è che «la
dottrina può cambiare», e può cambiare secopndo la mentalità del mondo.
Per questo diventa ancora più importante l'Incontro mondiale delle
famiglie a Dublino, un test decisivo per capire in che direzione vuole
andare il Papa.
Basta questo per capire quale conseguenze possa avere la decisione di papa Francesco di cambiare l’articolo del Catechismo sulla pena di morte. L’irreformabilità della dottrina, l’impossibilità di catechismi che si contraddicono sono stati finora il baluardo perché la Chiesa, annunciatrice di ciò che è eterno, non abdicasse all’effimero, alla mentalità mondana. Ora questo baluardo è stato abbattuto. «La dottrina della Chiesa può cambiare», annuncia festoso il New Ways Ministry, sito americano che raccoglie le istanze degli Lgbt nella Chiesa. Ed è la grande notizia per cui la lobby gay nella Chiesa sta lavorando da tempo.
Non c’è dubbio che il cambiamento del Catechismo sulla pena di morte darà un grande impulso alla lobby gay nella Chiesa, ed è proprio New Ways Ministry a spiegarne i motivi. Ne riassumo i principali: primo, si tratta di un «chiaro, esplicito esempio contemporaneo di un cambiamento nella dottrina della Chiesa, e anche di come può essere fatto: con un cambiamento del catechismo da parte del Papa». Secondo, per arrivare al cambiamento sono stati necessari decenni di discussioni e dibattiti teologici. Questo vuol dire che gli attuali dibattiti ecclesiali in chiave Lgbt hanno una grande possibilità di arrivare al medesimo risultato. Ovvia l’indicazione: intensificare il dibattito teologico ed ecclesiale. Terzo, la violazione della dignità umana è l’argomento alla base della condanna della pena di morte; è lo stesso argomento fondamentale su cui si basano le rivendicazioni Lgbt. E ancora, questione molto importante: la lettera di spiegazione che accompagnava la decisione del Papa riguardo al cambiamento del Catechismo, «spiega che una delle ragioni per il cambiamento della dottrina è il nuovo contesto sociale che ha una nuova comprensione del senso della punizione». Ma nella società oggi è ancora più forte il cambiamento di atteggiamento rispetto all’omosessualità, e quindi allo stesso modo ci si può aspettare un cambiamento del Catechismo laddove considera gli atti omosessuali intrinsecamente disordinati.
Dunque oggi la vera domanda è se papa Francesco sia in totale sintonia con i sostenitori della causa Lgbt così come lo è con la Comunità di sant’Egidio che da tanti anni ha fatto della battaglia contro la pena di morte una sua ragione d’essere. Diversi pronunciamenti molto chiari sul matrimonio e sull’ideologia gender farebbero pensare di no, ma allo stesso tempo certi gesti, certe battute e tante nomine suscitano molti dubbi al proposito.
A maggior ragione dunque l’Incontro mondiale delle famiglie di Dublino sarà un test decisivo per capire l’orientamento in materia. Come abbiamo già avuto modo di dire, a un tale incontro non è concepibile la presenza di padre James Martin come relatore né sarebbe accettabile la parata di “tutti i tipi di famiglie” all’incontro con il Papa. Lasciare padre Martin nel programma e procedere nella presentazione dei vari tipi di famiglie sarebbe un segnale chiaro nella direzione omosessualista.
Allo stesso modo non è più tollerabile che a presiedere il Dicastero per la famiglia, la vita e i laici resti il cardinale Kevin Farrell, la cui miracolosa carriera ecclesiastica – come giustamente ricostruita da Sandro Magister – è strettamente legata soprattutto a quel cardinale Theodore McCarrick, responsabile di una sfrenata attività omosessuale e di abusi sessuali su adulti e minori, e con cui il cardinale Farrell ha convissuto per diversi anni a Washington. Soltanto per prudenza, senza neanche indagare sulla moralità personale di Farrell, si dovrebbe evitare che a difendere la famiglia ci sia un personaggio come minimo facilmente manipolabile da quel circolo omosessuale che ha assunto un così grande potere nella Chiesa.
Le parole non bastano, soltanto i fatti ci diranno quale è l’indirizzo che il Papa intende dare in materia.
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