ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

venerdì 7 settembre 2018

Topografia pastorale bergogliana

Chiesa invertita, chiesa del demonio (Romanzo Infernale) 


Sarebbe interessante sapere se, nella topografia pastorale bergogliana, siano da considerare periferie esistenziali anche quelle curie e quei seminari popolati da sacerdoti di ogni ordine e grado che corrompono minori, concupiscono giovani preti, aitanti segretari e se li godono nelle loro alcove. Se siano da considerare periferie esistenziali anche quelle diocesi e quelle parrocchie dove gerarchi, gerarchetti e fantaccini di santa romana chiesa stuprano bambine, ragazzine, donne adulte e le costringono abortire nel caso di malaugurate gravidanze. Se siano da considerare periferie esistenziali anche quelle sacre congregazioni e quei corsi di esercizi spirituali frequentati da uomini di Dio che si tengono su a rosari di piste di coca purissima e, invece di recitare il breviario, a mattutino, lodi e compieta sfogliano teneramente “Vogue”, edizione “US”, of course.

Se anche queste fossero periferie, bisognerebbe riconoscere che vi regna una sorprendente organizzazione razionale. Strade linde e ben curate, niente scippi, nemmeno un barbone che pisci sulle palizzate verniciate di fresco, figuriamoci un cane selvaggio che ringhi contro l’Ordine Costituito. Periferie modello, insomma, che non prevedono il clamore e sono dotate di collaudati protocolli per l’immediato insabbiamento dei casi scabrosi. Periferie così poco periferie da essere collegate lungo veloci corsie preferenziali con il Centro dei Centri in cui gli scandali vengono coperti e si dissolvono, a patto di essere nelle grazie del Vicario. Vicario di se stesso, pare di capire dai più recenti fiotti di Magistero Ordinario.
In un paesaggio urbano così perfetto, disegnato da un Architetto così sapiente, edificato da Muratori così abili e popolato da Fratelli così addestrati non c’è macigno buttato sulla piazza che faccia tremare i Sacri Palazzi. Sarà così, temo, anche per le rivelazioni di monsignor Viganò su Theodor Edgar McCarrik, a suo tempo cardinale, arcivescovo e predatore seriale di giovani virgulti nella periferia esistenziale di Washington. Sarà così, temo, perché il meccanismo della perversione clericale e delle sue coperture venuto alla ribalta del grande pubblico in queste settimane non è un’invenzione attribuibile per comodità e pigrizia mentale solo a Bergoglio e alla sua cricca.
C’è del marcio a Roma, dove vizio e omertà danzano insieme da tempo immemore, intra ed extra muros, da lungo tempo in un balletto osceno. Bisogna farsene una ragione e avere il coraggio di tenere gli occhi aperti. È comprensibile lo sconcerto di chi apprende che la mamma pratica un brutto mestiere, ma non è giustificabile la stupida ostinazione di chi pensa che abbia cominciato a farlo solo in vecchiaia. C’è del marcio a Roma, ce n’è troppo, da troppo tempo e ormai si manifesta senza più alcun pudore in eventi eclatanti di portata planetaria che impongono di trovarne le cause vere e profonde. Se mai ve ne fosse stato uno in cui era concesso farlo, questo non è più il tempo di stupirsi. È patetico nascondersi dietro l’ombra silente di Benedetto XVI, che deve ancora spiegare al popolo bue, ma pur sempre di Dio, le vere ragioni per cui si è dimesso. E forse è ancora più patetico rifugiarsi negli ultimi istanti che precedettero il Concilio Vaticano II, come in un ridotto della Valtellina in versione clericalreazionaria. È venuto il momento di mostrare un po’ di coraggio e di lucidità, almeno per chi pratica un mestiere vecchio quasi quanto quello della mamma.
Avevo cominciato a lavorare su queste considerazioni ai tempi dell’omicidio di Alfie Evans, perpetrato con il plateale consenso di una buona metà della chiesa cattolica e con il ruffiano finto recalcitrare di un’altra buona metà. Il sacrificio rituale del bambino di Liverpool ha segnato un punto di non ritorno che non può cadere nell’oblìo di un mondo cattolico plasmato a immagine e somiglianza dei massmedia e già pronto a divorare altri eventi.
Ho scavato, ho posto domande e poi ho messo insieme i pezzi che mano a mano venivano alla luce. Filo dopo filo, tessera dopo tessera, contatto dopo contatto, ragionamento dopo ragionamento, il lavoro mi ha condotto proprio dove doveva condurmi: nel cuore di una chiesa invertita, al cospetto di quel meccanismo che ha permesso, tollerato e coperto per anni e annorum le decine di casi McCarrick di cui tutti sapevano tutto o quasi tutto. Le fonti sono citate usando lettere puntate che non corrispondo ai nomi veri e sono descritte in modo da renderle irriconoscibili. Hanno detto molto più di quanto sto per raccontarvi ora e non posso giocarmi, se necessario, la possibilità di una seconda tornata che scenda un girone più in basso nella ricostruzione di questo Romanzo Infernale.
IL FIUME DI FUOCO SOTTO I NOSTRI PIEDI Tutto comincia in un eremo oltre il confine italiano sabato 21 aprile, sette giorni prima della morte di Alfie. È tardo pomeriggio e sta imbrunendo. Dopo avermi benedetto con l’olio di nardo, padre A. mi chiede di sedermi ancora un momento, prima di tornare verso valle. “Quando sono venuto quassù” dice “il mio padre spirituale mi ha messo in guardia contro una delle prove più dure che deve affrontare un eremita, specialmente di questi tempi: anche se noi pensiamo di essere soli, sotto ogni eremo scorre un fiume che porta con sé tutto quanto si trova nella chiesa, tutto il bene e tutto il male”. Guardo istintivamente il pavimento sotto i miei piedi, un gesto che non ho mai fatto dentro un eremo, dove è normale mettere lo sguardo verso l’alto, e rabbrividisco. “Questi sono tempi in cui il fiume è impetuoso e infernale” continua padre A. “è in piena e continua a salire, non si ferma mai. Negli eremi si patisce il male che sta soffocando la chiesa. Se vuoi sapere perché tutto questo sta avvenendo, devi trovare un esorcista. Sono pochi quelli buoni, però qualcuno c’è ancora. Lui ti potrà dire meglio di me cosa significhi provare sulla propria pelle l’agonia della chiesa. L’esorcista è quello che più di tutti si trova nel fiume di fuoco tentando di andare contro la corrente”.
Abbiamo parlato tutto il pomeriggio, e chissà per quanti altre volte nel corso di questi anni, dell’agonia della chiesa e delle ragioni per cui ci troviamo davanti a questa prova. Non so se ora padre A. percepisca qualcosa di terribilmente inedito, ma la confidenza sul fiume infernale che scorre sotto ogni eremo e l’invito a chiedere informazioni a un esorcista non possono lasciare quieti.
Di solito, quando torno a casa dopo essere stato quassù, le luci della strada e della città mi infastidiscono. Ora, in qualche modo, mi confortano e la cosa non mi piace. Signore Gesù Cristo Figlio di Dio abbi pietà di me peccatore, Signore Gesù Cristo Figlio di Dio abbi pietà di me peccatore…
NIENTE FEDE, NIENTE ESORCISMI Conosco due esorcisti di cui mi fido. Per la verità si tratta di due ex esorcisti perché a entrambi è stato revocato l’incarico, tutto sommato una garanzia. Quello più facile da raggiungere è un sacerdote diocesano, don B. Facile da raggiungere esclusivamente per la distanza, perché risponde al telefono solo quando è sicuro dell’identità di chi lo chiama e, una volta stabilito il contatto, bisogna mettersi in fila con i fedeli che chiedono benedizioni speciali e preghiere di guarigione.
Lo incontro martedì 2 maggio. Alfie Evans è morto quattro giorni prima in mondovisione mentre don B. non faceva altro che pregare. “Sarebbe sbagliato dire che chi ha pregato lo ha fatto inutilmente. La preghiera non è mai inutile, ma quel bambino è stato sacrificato comunque. Dobbiamo chiederci che cosa vuol dire tutto questo. Quanta fede abbiamo?”.
Quanta fede abbiamo, se il Signore non ci ascolta? Questa, in definitiva, è la domanda per cui sono qui, anche se è più circostanziata e articolata. Padre A. dice che solo un esorcista può rendere l’idea di quanto sia terribile ciò che sta accadendo perché lo prova sulla sua pelle… “La pelle dell’anima, la pelle dello spirito e anche quella del corpo”dice don B., che sa bene cosa intendesse dire l’eremita. “Oggi gli esorcismi hanno pochissima efficacia, la maggior parte non ne ha nessuna, perché la chiesa non ha più fede. Intendo la fede vera, nel Dio Uno e Trino rivelato da Gesù Cristo, perché si può avere fede in qualsiasi cosa. Non mi riferisco ai singoli membri, ma il corpo nel suo insieme. Non farmi parlare di Corpo Mistico, perché andremmo troppo lontano. Quello che voglio dire è che ormai il tumore ha messo metastasi ovunque e le poche cellule ancora sane sono isolate una dall’altra. Accontentati. Questo voleva che ti dicessi padre A. e non c’è nessuno che possa dirlo con lo stesso dolore cosciente di un esorcista che combatte senza armi contro Satana. Hanno mutato il rituale ed è stato un colpo tremendo all’opera degli esorcisti. Ma, più ancora, è letale la sistematica incredulità nell’esistenza del diavolo che può dipendere solo dalla mancanza di fede nel Dio Uno Trino, e questo riguarda l’intera chiesa. Senza fede della chiesa, nessuno può liberare una creatura dal demonio, si combatte una battaglia in cui si soccombe davanti al nemico. Questo è quanto prova sulla propria pelle un esorcista che voglia fare il proprio dovere. Dolore fisico e spirituale per la prova in sè e per l’impotenza davanti alla sofferenza spirituale e fisica di chi è posseduto dal demonio. L’esorcismo è un sacramentale ed è efficace in virtù della santità del sacerdote, della fede della persona per la quale si compie e della fede di tutta la chiesa. Chiesa debole e senza fede, esorcismi deboli e senza efficacia. Ti basta?”.
Mi basta e non mi basta. Voglio fatti e date. Non che siano segreti custoditi in un forziere segreto, ma sono venuto fin qui perché don B. li ripeta ancora una volta. A don B. piace interrogare: “Qual è il testo della Sacra Scrittura con il più potente esorcismo?”. Il Prologo del Vangelo di San Giovanni. “Quale passo in particolare?”. “In propria venit, et sui eum non receperunt. Quotquot autem receperunt eum, dedit eis potestatem filios Dei fieri; his qui credunt in nomine eius, qui non ex sanguinibus, neque ex voluntate carnis, neque ex voluntate viri, sed ex Deo nati sunt”. “Quando è stato promulgato il primo rito di esorcismo per la chiesa universale?”. Non lo so. “1614. E cosa mi dici del Prologo di San Giovanni?”. Che è sempre stato usato. “Non a caso, Leone XIII, quando ha inserito l’esorcismo nella Messa, e non fuori dalla Messa come dicono in troppi, lo ha collocato proprio dopo il Prologo. Il decreto del papa entrò in vigore nel 1886, dopo che, due anni prima, ebbe la visione dell’opera di Satana sulla chiesa”.
A questo punto don B. si ferma perché sa cosa si deve dire e, per dovere di ospitalità, lascia che abbia il piacere di farlo io: poi tutto è stato spazzato via il 26 settembre 1964, in pieno Concilio Vaticano II, con l’istituzione Inter oecumenici. Ma, come ho già detto, sarebbe troppo facile trarre la conclusione che tutto nella chiesa funzionasse perfettamente fino alla mezzanotte del 25 settembre 1964 o fino a un minuto prima dell’apertura del Vaticano II. Don B. approva, anche se a malincuore. È meno radicale di me, ma riconosce che altro sono le mozioni degli affetti e altro le esigenze della ragione. Però questo è un tema che affronteremo un’altra volta. Prima di benedirmi, mi chiede se ho mai letto i libri di Malachi Martin, in particolare La Casa spazzata dal vento. “Ce l’hai?”. Celo, come dicevamo da bambini con le figurine.
SATANA INTRONIZZATO IN VATICANO. SOLO FICTION? Prima di don B., anche padre A. ha citato come fonte attendibile La Casa spazzata dal Vento di Malachi Martin. L’ho già letto e, a parte la fiducia nei giudizi di padre A. e don B., per prenderlo sul serio mi basterebbe il fatto che il solito bravo vaticanista, mi pare nel 2011, lo definì una fregnaccia degna del peggiore Dan Brown. Poi, nel 2013, avvenne ciò che Malachi Martin aveva previsto: le dimissioni di un papa che si era mostrato benevolo con la Messa in rito antico.
Il libro, che si trova solo in inglese con il titolo di Windswept House, è un romanzo a chiave uscito nel 1996 in cui l’autore assicura che il 95% è pura realtà. Malachi Martin, morto nel 1999, era un ex gesuita che ha conosciuto dall’interno i piani altissimi della curia romana e parecchie periferie esistenziali clerical-chic di qua e di là dall’Oceano Atlantico. Fu, tra l’altro, collaboratore del cardinale Augustin Bea, ruolo che gli diede accesso a documenti riservati, c’è chi dice anche il Terzo Segreto di Fatima. La sua produzione bibliografica è di tutto rispetto nell’ambito della saggistica, ma, evidentemente, Martin comprese che spesso è più facile dire la verità sotto forma di finzione. Tanto per fare un esempio, una decina buona di anni prima che negli Stati Uniti esplodesse lo scandalo dei preti predatori di sesso, nel suo romanzo descriveva una situazione che, nell’accurata traduzione di Francesco Colafemmina, ci appare così: “Improvvisamente divenne indiscutibile che ora durante questo papato, l’organizzazione della Chiesa Cattolica Romana portava dentro di sé una permanente presenza di chierici che praticavano il culto di Satana e lo apprezzavano; di vescovi e preti che si sodomizzavano a vicenda e sodomizzavano bambini; di suore che praticavano i ‘riti neri’ della wicca, e che vivevano in relazioni lesbiche… Ogni giorno, inclusa la domenica e i giorni santi, atti di eresia e blasfemia erano commessi e permessi ai sacri Altari da uomini che un tempo erano chiamati preti. Atti e riti sacrileghi non solo erano effettuati dinanzi i sacri Altari, ma avevano la connivenza o almeno il tacito permesso di alcuni Cardinali, arcivescovi e vescovi…”.E poi si legge ancora: “omosessualità e satanismo erano fra i virus più antichi insinuatisi nel corpo politico della Chiesa. La differenza era adesso data dal fatto che l’attività omosessuale e satanica aveva ottenuto un nuovo status all’interno di quel corpo politico”.
Ma la rivelazione più interessante del romanzo di Martin, che è una cronaca degli avvenimenti contemporanei, riguarda l’antefatto che li spiega tutti: il 29 giugno 1963, in occasione dell’elezione dell’incoronazione di Paolo VI, un gruppo di sacerdoti e alti prelati celebra nella Cappella Paolina un rituale satanico per incoronare Satana e intronizzarlo nel cuore della chiesa cattolica. Nell’impossibilità di compiere un rituale completo dentro il Palazzo Apostolico, i satanisti danno vita a due riti da officiare contemporaneamente, uno in Vaticano senza la vittima, l’altro cruento negli Stati Uniti: tecnicamente, una concelebrazione, che sarebbe stata introdotta pochi anni più tardi nel rito cattolico con la messa nuova.
Nella descrizione del complesso rituale riferita dall’autore, bisogna mettere in evidenza che viene recitata la formula di consacrazione dell’Eucaristia e viene impartitala benedizione invertita. La scelta della Cappella Paolina come sede del rituale romano si comprende pensando quanto dice il professor Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani, per evidenziarne il ruolo di cuore del cattolicesimo: “In un certo senso, questa Cappella, più ancora della Sistina, è il luogo identitario della Chiesa cattolica e quando sull’Altare viene esposto il Santissimo Sacramento, il ruolo del Papa, custode del Corpus Christi, nella legittimità della sequela Apostolica e nella fedeltà dell’ortodossia, vi è perfettamente significato”. Non sarebbe stato possibile compiere l’intronizzazione di Satana come capo occulto della chiesa in un luogo più concretamente simbolico di questo.
Se la credibilità di Malachi Martin si giudica ex post, è onestamente difficile non prenderlo sul serio. Oltre a verificare la corrispondenza alla realtà di fatti, uomini e ambienti di cui parla nel romanzo, basterebbe leggere un suo saggio reperibile anche in italiano, edito a suo tempo da Sugarco e titolato inequivocabilmente I Gesuiti. Il potere e la segreta missione della Compagnia di Gesù nel mondo in cui la fede e la politica si incontrano. E c’è chi fa notare che la Cappella Paolina è stata riconsacrata da Benedetto XVI nel 2009, quando fu riaperta al pubblico dopo i restauri. Perché?
PORTE APERTE AL SANT’UFFIZIO C’è un amico che mi può dire se tutto questo trova conferma oggi. Non ho mai scritto una riga contro i colleghi che hanno portato alla luce gli scandali vaticani a luci rosse e polvere bianca. So che la maggior parte di loro lavora su fonti certe e, anche quando lo fa con rancore nei confronti della fede cattolica, non scrive nulla di inventato. Non ne ha bisogno. Se si vuole sapere qualcosa di certo su quanto accade dietro le mura leonine, bisogna affidarsi ai cronisti che battono il marciapiede invece che ai vaticanisti, fatte salve le eccezioni che si contano sulle dita di mezza mano, anche meno.
Il collega C. con cui parlo agli inizi di giugno lavora nella redazione romana di un giornale tutt’altro che amico, ma lui è un amico. Giusto un anno prima aveva seguito la vicenda dei festini omosessuali a base di droga celebrati dentro il palazzo dell’ex Santo Uffizio, a due passi dal colonnato del Bernini, da monsignor Luigi Capozzi, segretario del cardinale Francesco Coccopalmerio. “Vuoi che ti aiuti a smentire o vuoi che ti racconti la verità?”. C. si diverte a provocare, ma sa che cosa voglio. Mi importa sapere fino a che livello si arriva. “Vuoi sapere se il cardinale era al corrente delle attività omofestaiole del segretario? Stavano in ufficio insieme fino a notte. Non mi fraintendere, eh… Vuoi sapere che cosa è dispiaciuto a Santa Marta? Che la faccenda l’abbiamo messa sui giornali. Hanno tirato il fiato perché Capozzi era in lista per diventare vescovo e non si era ancora arrivanti al punto in cui sarebbe stato quasi impossibile tornare indietro. Vuoi un particolare interessante? L’ingresso del palazzo ex Sant’Uffizio dà su piazza Sant’Uffizio, in territorio italiano, e si entra senza alcun controllo di frontiera. Poi, una volta dentro, si passa direttamente nello stato del Vaticano, sempre senza alcun controllo. Può farlo, diciamo, quasi chiunque portando con sé quasi chiunque e tutto quanto vuole, purché non sia ingombrante. Ti lascio immaginare che cosa passa attraverso il palazzo che un tempo era quello dell’Inquisizione…”. Uno sberleffo di Satana? “Sei tu lo specialista. Sempre a proposito di quanto interessino queste vicende in alto loco, ti ricordi il casino di Nuzzi sul collegio dei chierichetti?”. Qui serve un ndr per spiegare che si tratta del preseminario San Pio X venuto alla ribalta per la testimonianza di un seminarista che parlava di abusi sessuali. “Non so se hai visto come è andata finire… I tuoi amici…” altro ndr, C. si diverte da matti a provocarmi anche con l’insulto “i tuoi amici hanno spiegato che si trattava ‘solo’ di rapporti omosessuali tra coetanei. Capito? Ribadisco ‘solo’ di rapporti omosessuali”.
EMANUELA ORLANDI E IL SEGNO DEL DRAGO Potremmo fare notte con questi argomenti, e quasi la facciamo, ma parlando di un caso aperto dal 1983, quello di Emanuela Orlandi. Quando scomparve, la sera del 22 giugno di 35 anni fa, Emanuela aveva 15 anni, era figlia di un commesso della Prefettura pontificia ed era cittadina dello Stato del Vaticano. Non se ne è saputo più nulla. Il collega C. ha qualche anno più di me e allora era un cronista con esperienza sufficiente per essere messo sulla vicenda. Ancora oggi di quella storia si parla con molta cautela per rispetto della famiglia, ma è inutile nascondersi che si fanno anche ipotesi che rientrano a pieno titolo nei temi che stiamo trattando.
So come la pensa C. e lui sa che lo voglio scrivere. Comincio citando padre Amorth. Nel libro di memorie L’ultimo esorcista, Amorth spiega che il demonio ha sempre tentato le più alte gerarchie della Chiesa e inserisce in questa cornice la scomparsa di Emanuela Orlandi: “Io penso che una ragazza di quindici anni” scrive il celebre esorcista“non sale su una macchina se non conosce bene la persona che le chiede di salire. Credo dunque che occorrerebbe indagare dentro il Vaticano e non fuori. O comunque indagare intorno alle persone che in qualche modo conoscevano Emanuela. Perché secondo me solo qualcuno che Emanuela conosce bene può averla indotta a salire su una macchina. Spesso le sette sataniche agiscono così: fanno salire su una macchina una ragazza e poi la fanno sparire”.
Poi attendo. “Cosa vuoi che ti dica. Si è parlato fin dal principio di questa pista, ma chi l’ha seguita ha sempre incontrato strane resistenze, anche minacciose. Ci siamo fermati tutti davanti a uno di quei muri che il tuo amico Bergoglio pare proprio che non voglia di buttare giù”. Ma se fosse la pista giusta, dove bisognerebbe indirizzare le ricerche? “Mi pare che Amorth abbia dato indicazioni piuttosto precise. Questa è una notizia che mi hai portato tu. Mettiamola così: il più famoso degli esorcisti dice qualcosa che somiglia molto a quanto pensano quasi tutti i giornalisti che si sono occupati del caso e a quello che ha detto un pentito di mafia, sputtanato quanto vuoi, ma che fu preso in seria considerazione da Borsellino e che non butterei nella spazzatura tanto a cuor leggero”.
Se ti riferisci a Vincenzo Calcara, è andato ben oltre, ha detto anche dove cercare il corpo di Emanula Orlandi e che, scavando lì, non si troverebbe solo il suo… “Sì, ma mi fermerei un passo prima. Se vogliamo si può aggiungere che Calcara lega al caso Orlandi monsignor Marcinkus, al quale dice di aver consegnato una partita di droga in piazza San Pietro mentre era in compagnia di un monsignore poi diventato cardinale di primissimo piano, uno che adesso starebbe dietro a Bergoglio. Marcinkus è morto e non può smentire, il cardinale, se ci fu, non sappiamo chi potrebbe essere”. Dai, neanche come ipotesi… “No, fermati, ripeto: se ci fu, non sappiamo chi potrebbe essere. Questo lo scrivi proprio così”.
Per completezza di informazione riferisco che, per il caso Orlandi, il nome di monsignor Marcinkus viene associato anche all’attività della banda della Magliana, ma molti lo scagionano perché, assicurano, preferiva le donne mature.
“Piuttosto, dovresti sapere un’altra cosa” dice C. “Anzi, dovresti venire con me quando seguo certi personaggi che, se li vedi in giro per Roma, non immagini neanche che un’ora prima magari hanno detto messa e fatto la comunione. Dovresti vedere come amano il cambio di identità, il travestimento. Questa è una mia opinione, ma quando li vedo all’altare penso che anche lì godano del travestimento e solo di quello. Non me ne intendo e non so cosa consacrino… Sei tu quello che parla di chiesa invertita. Te lo dico da profano, lì dentro c’è un mostro”.
Era stato monsignor D., che lavora all’interno delle mura leonine, a parlarmi tempo fa di qualcosa che somiglia tremendamente a un mostro. Lui aveva usato il termine “Drago” per dare meglio l’idea del male personificato che si manifesta attraverso la malversazione del Corpo Eucaristico e, come naturale o preternaturale pendant, la molestia omosessuale. “Dovrebbe vedere cosa accade in certe sacrestie, caro mio. Spero sempre che durante certe Messe le ostie consacrate vengano consumate tutte per evitare ciò che può avvenire dopo. Lo sa che questi signori preferiscono celebrare la messa nuova nelle vecchie chiese, in cui c’è ancora il tabernacolo al centro sull’altare maggiore?  E lo sa perché? Perché quando si piegano sull’altare nuovo al momento della consacrazione mostrano il sedere all’Altissimo. È il segno del Drago”. Sempre monsignor D. mi aveva raccontato di un conoscente, un laico appena sposato, abbordato e molestato dal predatore seriale di turno al suo primo giorno di lavoro in Vaticano. “Ci siamo stati attenti e lo abbiamo messo al riparo, ma non sempre è possibile sventare l’opera di questi travestiti”.
IL PASTORE CHE PROFUMA DI CASHMERE La chiacchierata con C. e il ricordo di quanto mi aveva detto monsignor D., quell’insistere sul travestitismo, mi riportano indietro di una decina di giorni, a fine maggio, questa volta a Milano, capitale della moda. La collega E. è tremendamente radicalchic, radicalissima e sciccosissima. Abbiamo fatto il praticantato nello stesso giornale una trentina di anni fa e abbiamo dato l’esame da professionista nella stessa sessione. È come aver fatto il militare insieme, si rimane amici nonostante tutto.
Ora E. lavora per un giornale di moda e vive di sfilate e passerelle, come si usal dire la gente di mondo, tra Parigi, Milano e New York, che non ho mai capito se significhi a metà strada o in ciascuno di questi posti. Evidentemente è un concetto troppo cosmopolita per un contadino bergamasco.
Avevo chiamato E. subito dopo quel festival del travestitismo che è stato il “Met Gala” andato in scena a New York il 7 maggio scorso, con grande concorso di alto e basso clero. Bisogna sapere che il “Met Gala”, organizzato dal “Metropolitan Museum of Art” di New York in collaborazione con “Vogue US”, è l’evento mondano più atteso dal fashion system internazionale e ogni anno è dedicato a un tema diverso. Quello del 2018 è stato particolarmente “diverso” e lo si intuisce fin dal titolo: “Heavenly Bodies: Fashion and the Catholic Imagination” (Corpi celestiali: la moda e l’immaginazione cattolica). Abiti e paramenti sacri forniti dal Vaticano grazie ai buoni uffici, in primis, del cardinale Gianfranco Ravasi sono stati posti “in dialogo” con le creazioni di Coco Chanel, Donatella Versace, Jean-Paul Gaultier, Dolce&Gabbana, John Galliano, Cristóbal Balenciaga et similia. Sul red carpet, hanno sfilato, tra gli altri, la papessa Rihanna con mitra e spacco vaginale, Jared Leto in stile Cristo barocco, Jennifer Lopez in abito cruciforme, Madonna sacerdotessa blasfemo-chic, Sarah Jessica Parker con un presepe in testa, Lily Collins piangente come una Mater Dolorosa.
Il cardinale Timothy Dolan, arcivescovo della periferia esistenziale di New York, ha evitato la passerella, ma, fedele al principio di stare con un piede in sacrestia e l’altro nel bordello, si è presentato volentieri al ricevimento di apertura e ha posato sorridente con la padrona di casa, Anna Wintour, nei panni di una perfetta papessa in un candido Chanel, accompagnata dalla figlia Bee in rosso Valentino. Sorrisi ammiccanti e strette di mano si sono sprecati in una luciferina atmosfera rossa, in mezzo a comparse che agitavano rosari, brandivano croci, reggevano pochette a forma di pisside. Insomma, una nuova frontiera della strategia pastorale, con tanto di imprimatur del cardinale Ravasi, il quale ha spiegato: “La selezione offerta dalla mostra è marcata da un’indubbia qualità sontuosa: essa è stata esaltata nell’epoca barocca, ma è rimasta nell’ornamentazione liturgica dei secoli successivi. Si voleva, così, per questa via proclamare la trascendenza divina, il distacco sacrale del culto dalla ferialità quotidiana, lo splendore del mistero”.
Era necessario ricordare a chi non è pratico dell’ambiente che cosa sia stato questo evento del fashion system internazionale celebrato, per capire che cosa segue.
EMPIETÀ CLERICAL FASHION La collega E., come al solito, al telefono finge di non ricordare dove e con chi ha fatto il praticantato e sfoggia la solita aria terribilmente rarefatto-fashion. Speravo di cavarci qualcosa di più, invece mi sono sentito sciorinare una specie di comunicato stampa e un sotteso suggerimento a lasciar perdere.
Poi, un paio di settimane più tardi, E. mi richiama.“Ci sei domani in tarda mattinata? Arriva F. dagli States. Se ti interessa ancora avere notizie sul Met Gala, è la persona che fa per te, ci sguazza dentro anni. Scusa, ma l’altra volta avevo attorno troppa gente, non potevo parlare. Ciao”. E. annuncia l’arrivo di F. come il passaggio della Madonna Pellegrina nell’Italia degli Anni Cinquanta. In effetti, per il mondo della moda, F. è qualcuno, lo so persino io. Parla uno slang fashion newyorkese ancora più indecifrabile del bergamasco delle valli ed E. si incarica di tradurre. Abbiamo poco tempo e domanda cruciale è questa: come si sono trovati gli uomini di chiesa nel mondo della moda che conta? “Guarda che sono molto più a loro agio di quanto tu possa immaginare. Non so come vediate le cose voi cattolici, ma secondo me avete in mente una chiesa che non esiste. Non toccherebbe a me dirlo, ma penso che dobbiate aggiornarvi, si dice così, mi pare. Se c’era qualcuno di veramente mondano in tutto quello spettacolo sono stati proprio i sacerdoti che hanno seguito tutta l’organizzazione e quelli che hanno partecipato sulla ribalta e dietro le quinte. Non ho notato nessuna differenza tra loro e, che so? Rihanna, Jared Leto, Jennifer Lopez, Madonna… Lo stesso piacere per la trasgressione chic, per il travestimento… Non saprei come dire meglio… Ecco, sì, nel dare un significato diverso agli abiti che si portano”. Nel profanare, quindi… “Se capisco bene quello che dici, penso di sì, ma per me è positivo. Io penso che l’uomo intelligente e colto abbia il compito di dissacrare. Che cosa è la moda se non questo? Imporre un’abitudine, un comportamento e poi mutarlo a proprio arbitrio”. Invertire? “Se il termine ti rende tutto più chiaro, sì, invertire, capovolgere, ma abusando del potere che si ha in mano”.
IL CULTO DELLA SCIMMIA Il cerchio si chiude proprio come si doveva chiudere, attorno a una chiesa invertita che professa una fede invertita e modella un uomo invertito che si alimenta di una spiritualità invertita, celebra un rito invertito in templi invertiti e pratica una morale invertita.
C’è un passo della Mistagogia di San Massimo il Confessore che pare scritto proprio per spiegare come il pensiero di F. si applichi al dilagare dell’inversione nella chiesa cattolica. Il quarto capitolo, quello in cui l’edificio della chiesa viene paragonato alla struttura dell’essere umano: “E ancora, la santa chiesa di Dio è come l’uomo: ha per anima il santuario, per intelletto il divino altare e per corpo la navata essendo, in quanto è a immagine e somiglianza dell’uomo, che creato a immagine e somiglianza di Dio. Essa presenta attraverso la navata, come attraverso un corpo, la filosofia morale; espone spiritualmente attraverso il santuario, come attraverso un’anima, la contemplazione naturale e manifesta, attraverso il divino altare come attraverso un intelletto, la teologia mistica. A sua volta, l’uomo è una chiesa mistica. Attraverso il corpo, come attraverso la navata, fa brillare virtuosamente la facoltà pratica dell’anima grazie alla filosofia morale. Attraverso l’anima, come attraverso il santuario, offre a Dio i logoi della percezione sensibile, separati dalla materia in totale purezza di spirito grazie alla ragione, per la contemplazione naturale. Attraverso l’intelletto, come attraverso l’altare, invoca il silenzio della grande voce invisibile e sconosciuta della Divinità, celebrata nel Santo dei Santi, con un silenzio loquace e fragoroso. E per quanto all’uomo è concesso, grazie alla teologia mistica, vive con presso la Divinità e diviene come dev’essere colui che è stato giudicato degno della visita di Dio ed è contraddistinto dal suo segno con i suoi fulgidissimi splendori”.
Basta entrare in qualsiasi chiesa del giorno d’oggi, di nuova costruzione o semplicemente adattata al nuovo rito, per comprendere che più nulla è al suo posto. Tutto è stato capovolto, invertendo l’immagine dell’uomo e della divinità. Ma l’edificio rimane pur sempre un tempio e, in un tempio, viene celebrato un culto, e qui sta qui il problema: dove non viene adorato il vero Dio rappresentato secondo la sua vera immagina, si adora la sua scimmia rappresentata secondo la sua immagine capovolta. Che lo si voglia o che non lo si voglia.
La chiesa che si riconosce in questo capovolgimento, salvando le cellule sane di cui parlava don B., viene detta atea, però è una definizione impropria. Magari lo fosse, ma per sua natura non può esserlo, deve necessariamente credere in qualcosa, altrimenti non sarebbe più una chiesa. Sembra una chiesa atea a causa della diffusione planetaria della inversione sessuale, del mutamento della morale e della dottrina o della negazione della Presenza Reale di Cristo nell’Eucaristia. Ma questi sono solo segni, semplice conseguenze, dell’inversione della fede e non della sua assenza. Non sono lo scopo finale della scimmia di Dio, ma solo strumento e il soldo con cui la scimmia utilizza e ripaga i suoi servi. La violenza e la sottomissione, quando entrano nell’intimità del corpo, del pensiero e dell’anima, diventano strumenti di potere e di appagamento.
Il disegno vero è è la profanazione di Nostro Signore Gesù Cristo, della sua immagine, degli edifici in cui viene adorato, dei paramenti e degli oggetti realizzati per il suo culto, dei corpi e delle anime dei suoi fedeli e, sommamente, del suo Corpo Eucaristico. Non è vero che i sacerdoti del culto invertito non credono nella transustanziazione del pane e del vino al momento della consacrazione. Lo sanno benissimo che è tutto vero, hanno bisogno che si compia il miracolo perché solo così possono celebrare il rituale che rende visibile e concreta la violenza metafisica demoniaca, lorda e profanatrice. Vogliono che non ci credano i fedeli e lo stuolo di sacerdoti istruiti al dubbio perché, nei confronti della Presenza Reale si diffonda un’indifferenza tale da non turbare il loro culto profanatore. Non si difende ciò in cui non si crede. Il sostanziale ateismo del popolo di Dio è strumento della fede invertita delle élite infernali.
Per questo sarebbe un grave errore indignarsi solo dal punto di vista umano per le oscene imprese dei chierici predatori di sesso. Non sono soltanto atti terribili sul piano della legge naturale, sono soprattutto atti terribili sul piano della legge soprannaturale perché sono uno sfregio a Dio compiuto nel nome di Satana. Sono prodromi e conseguenze del culto della scimmia. E chiunque ne nasconda almeno uno si fa servo del demonio: come e più di chi lo ha compiuto.
– di Alessandro Gnocchi
By Redazione On 7 settembre 2018 · 2 Comments
https://www.riscossacristiana.it/chiesa-invertita-chiesa-del-demonio-romanzo-infernale-di-alessandro-gnocchi/

A margine della vicenda Viganò


Come è logico che fosse, dopo la diffusione della “Testimonianza” di Mons. Viganò sulla responsabilità di tanti prelati, Papa in testa, sulla diffusione della pratica dell’omosessualità nelle Curie e nei seminari, sono stati scritti innumerevoli articoli, sia d’accordo, sia critici.
Ora, che Mons. Viganò abbia potuto avere le sue ragioni per diffondere questa sorta di atto d’accusa è cosa che riveste un’importanza relativa, perché quello che conta è il contenuto della “Testimonianza” e la sua veridicità.
A quanto ci risulta, finora non è stata pubblicata alcuna confutazione sui fatti denunciati e sui nomi citati; l’unica nota autorevole è la risposta che ha dato Papa Francesco durante il volo di ritorno dall’Irlanda, il 26 agosto scorso, lo stesso giorno della pubblicazione della “Testimonianza”:
«Ho letto, questa mattina, quel comunicato. L’ho letto e sinceramente devo dirvi questo, a Lei e a tutti coloro tra voi che sono interessati: leggete voi, attentamente, il comunicato e fate voi il vostro giudizio. Io non dirò una parola su questo. Credo che il comunicato parla da sé stesso, e voi avete la capacità giornalistica sufficiente per trarre le conclusioni. E’ un atto di fiducia: quando sarà passato un po’ di tempo e voi avrete tratto le conclusioni, forse io parlerò. Ma vorrei che la vostra maturità professionale faccia questo lavoro: vi farà bene, davvero. Va bene così.»

Per quanto ci si sforzi di essere concilianti, questa risposta, che avrebbe potuto essere anche interlocutoria, si rivela essere un invito a sollevare ogni appunto critico possibile sul documento, tenuto conto della sottesa intenzione di Papa Francesco di essere difeso e sostenuto, egli infatti, non solo è chiamato in correità, ma è invitato a dimettersi. E Papa Francesco non poteva essere più chiaro: «quando sarà passato un po’ di tempo e voi avrete tratto le conclusioni, forse io parlerò. Ma vorrei che la vostra maturità professionale faccia questo lavoro: vi farà bene, davvero. Va bene così

Ecco allora che da quel fatidico 26 agosto sono partite le “messe a punto” sul documento: qui Viganò sbaglia, qui Viganò si confonde, qui Viganò inventa, qui Viganò si vendica, qui Viganò disinforma… aspettiamo ancora di leggere: qui Viganò mente e afferma il falso!

Non possiamo soffermarci sui tanti “appunti critici”, anche perché non siamo “Viganò” né suoi amici e sostenitori, Mons. Viganò si sta già difendendo benissimo da solo. Ma dopo aver letto lo scorso 31 agosto un articolo sulla vicenda, che ci è sembrato come un piccolo compendio delle critiche mosse da questo e quello, abbiamo pensato di poter rendere un buon servizio ai nostri lettori leggendolo insieme.
L’articolo, intitolato “Cum Petro”, è stato redatto da Marco Invernizzi, Reggente nazionale di Alleanza Cattolica e, come espresso dallo stesso titolo, vuole essere un “atto di fede” nei confronti di Papa Francesco, una formale dichiarazione di sostegno al Papa regnante.
Si può leggere l'intero articolo: qui e qui.

L’articolo si apre con questa affermazione: «Pensato e scritto [il documento di Mons. Viganò] con ogni evidenza per nuocere al regnante Pontefice, fino al punto di chiederne le dimissioni, il documento di fatto colpisce più pesantemente i due predecessori, Benedetto XVI e san Giovanni Paolo II».

Un triplice “atto di fede”, dunque, che intende ergere come un baluardo a difesa del Papa, chiunque esso sia, fatto oggetto di attacchi volti solo a “nuocergli”. Chi agisce così, dice l’articolista, “di fatto opera per distruggere la Chiesa”.
Ora, non può esserci niente di più lodevole della difesa del Papa e della Chiesa, e tuttavia qui ci sembra che più della difesa del Papato, e quindi dell’istituzione voluta da Nostro Signore a guida della Chiesa, si tratti della difesa del Papa come persona posta a capo della Chiesa: una sorta di devozione umana per l’umano. Ci dispiace dirlo, ma la cosa non è molto cattolica; difendere il Papato è un conto, ma difendere il Papa regnante “a prescindere” assomiglia più ad un atto di “papolatria” che ad un atto di devozione filiale. Forse sarebbe stato meglio, per maggior chiarezza, intitolare l’articolo “cum Francisco”.

E quasi a conferma di ciò ecco cosa leggiamo subito dopo: «Il documento propone poi un lungo elenco di prelati della Curia vaticana e della Chiesa statunitense che sarebbero compromessi con l’ideologia omosessualista e con le reti gay-friendly che infestano seminari e diocesi di tutto il mondo. Giova però ricordare che tutti questi uomini di Chiesa hanno fatto carriera ecclesiastica ben prima dell’elezione di Francesco al Soglio di Pietroil quale guida la Chiesa da cinque anni, dal marzo 2013.»
Quando si parla, passi, ma quando si scrive occorre fare attenzione a non contraddirsi nello spazio di poche righe. Ora, ammesso e non concesso che Papa Francesco sarebbe esente da responsabilità – cosa che fa a pugni con gli abbracci e i baci di Francesco con ogni sorta di omosessuali –, allora la responsabilità sarebbe  di questi stessi “predecessori, Benedetto XVI e san Giovanni Paolo II” che l’articolista ha difeso poche righe prima. Che confusione!
Quanto poi a “l’ideologia omosessualista e con le reti gay-friendly che infestano seminari e diocesi di tutto il mondo”, ci chiediamo di chi sarebbe la responsabilità se non degli stessi papi, a risalire fino a Giovanni XXIII e a Paolo VI.
Siamo al comico!




New York, Nunziatura Apostolica, 3 ottobre 2015
Francesco riceve gioiosamente, con abbracci e baci, l'amico argentino Yayo Grassi (a sx)
accompagnato dallo “sposo” Iwan Bagus (al centro)


Proseguendo nella lettura, troviamo un’altra impropria difesa di Papa Francesco: «Se lo scopo del memoriale è, come è stato affermato dal suo autore, quello di provocare interventi più decisi contro i responsabili degli abusi sessuali, non si spiega il salto logico della richiesta di dimissioni del Pontefice: sarebbe stato sufficiente diffondere il testo, pur se cautela e amore per la Chiesa avrebbero preteso di evitarlo. La richiesta di dimissioni qualifica l’attacco, più che contro gli autori di quelli che Papa Francesco ha definito «crimini», come diretto in prima battuta contro lo stesso Santo Padre

Qui, dal comico si passa alla farsa. Di grazia, ma chi dovrebbe attuare gli “interventi più decisi” se non “in prima battuta” il Papa regnante? Il risibile richiamo a “Papa Francesco che ha definito ‘crimini’” gli “abusi sessuali” non fa onore al redattore dell’articolo, perché nel “memoriale” è detto a chiare lettere, e documentato, che Papa Francesco era al corrente e da cinque anni non ha fatto quanto doveva: meno che dimettersi quindi?Ma, per l’attuale Reggente di Alleanza Cattolica si tratterebbe invece di un “salto logico”, come dire che Papa Francesco, pur essendo responsabile, dovrebbe essere riconfermato nella sua funzione… sol perché è il Papa!
A noi sembra che ci si aggrovigli con posizioni insostenibili senza rendersene conto.
«Sarebbe stato sufficiente diffondere il testo, pur se cautela e amore per la Chiesa avrebbero preteso di evitarlo».
Diffonderlo o no, allora? Diffonderlo “sarebbe stato sufficiente”, ma sembra che il farlo manifesterebbe la mancanza di “amore per la Chiesa”. Come dire che l’amore per la Chiesa “pretenderebbe” di tenere nascoste le malefatte e i loro responsabili, confermando così il perpetuarsi delle prime e l’immunità dei secondi. Sarà per questo che non si sarebbero dovuto chiedere le dimissioni del responsabile Papa regnante?
Come logica non c’è che dire, anche se più che stringente qui appare strangolante!
Il Papa non si tocca, la Chiesa va prima di tutto amata, ergo le più turpi porcherie commesse dai prelati vanno tenute nascoste!

Insomma, dice il Reggente: «il documento è di fatto un risentimento» nei confronti di «Papa Francesco» e dei «suoi due predecessori»; cosa che «è incoerente con chi si augura di dividere la Chiesa fra il Papa emerito e quello in carica, nonostante le ripetute dichiarazioni di fedeltà di Benedetto XVI nei confronti del successore

“Chi si augura di dividere la Chiesa”? Cos’è sta roba cervellotica? Com’è che a fronte di una denuncia gravissima il Reggente si nasconde dietro una supposta volontà di dividere il Papa in carica dal cosiddetto “emerito”, tra l’altro tale per sua unilaterale volontà?
Dichiarazioni di fedeltà? Ma quali, ci si chiede: quelle che hanno portato Ratzinger a rinunciare al Papato per far posto a Bergoglio, o quelle espresse da Ratzinger nei confronti di quello stesso Bergoglio per l’elezione del quale aveva rinunciato?
Qua, se c’è una qualche fedeltà è quella ad un piano architettato per portare Bergoglio sul Soglio di Pietro, che trovò un intoppo nel 2005 proprio nell’elezione di Ratzinger.

E come se ciò non bastasse, il Reggente escogita un’altra responsabilità per la “Testimonianza” di Mons. Viganò: «Il documento costituisce inoltre un assist per chi ha un progetto ideologico più ambizioso, quello di mettere in discussione l’operato della Chiesa dal Concilio Vaticano II in poi, confondendo i documenti conciliari, che invitano alla nuova evangelizzazione di un mondo non più cristiano, con gli abusi dell’epoca postconciliare.»

Questa, detta da un vecchio militante di Alleanza Cattolica, appare davvero un tentativo di volo senza paracadute: quanti triplici salti mortali avrebbe fatto il nostro per affermare oggi, in termini negativi, quello che affermava ieri in termini positivi?
Ma, a dire il vero, non è questo che qui importa, trattandosi di un problema interno ad Alleanza Cattolica. Ciò che importa, invece, è che, dopo 50 anni, solo i ciechi e i sordi possono parlare di confusione tra i documenti conciliari e gli abusi dell’epoca postconciliare; non c’è mai stata e non c’è alcuna confusione: oggettivamente, il Vaticano II, con i suoi documenti, ha dato il via ad ogni sorta di abuso, dottrinale, liturgico e pastorale, e sia i primi sia i secondi sono stati attuati dagli stessi papi, da Paolo VI a Benedetto XVI.
Ed è davvero puerile che ci si appelli alla ormai logora “ermeneutica della discontinuità” per tacciare di “scismatici” tutti coloro che continuano a chiedere da cinquant’anni la revisione del Vaticano II.
Non si può affermare davvero in buona fede che «la Chiesa cattolica è una e una è la sua storia, fatta di luci e di ombre, di santità e di peccato, di fedeltà e di tradimenti» quasi insinuando che l’essere veramente cattolici implicherebbe l’accettazione acritica di tutto questo, senza la doverosa condanna e il netto rifiuto delle “ombre”, del “peccato” e dei “tradimenti”. Altro che scisma!
Il dovere di ogni cattolico è seguire la Verità e combattere l’errore, ovunque esso si annidi, e massimamente in seno alla Chiesa, e anche se l’errore è frutto di un concilio come il Vaticano II che, fino ad oggi, non ha insegnato volutamente alcunché di definitivo, tanto che nessun papa ha osato apporre il sigillo dell’infallibilità ad alcuno dei nuovi pronunciamenti conciliari… tanto sono in contraddizione col bimillenario Magistero della Chiesa!
Il nostro Reggente non si rende conto che se di scisma si può parlare questo è lo scisma attuato dal Vaticano II e dai papi coevi e successivi nei confronti dell’insegnamento perenne della Chiesa.

Papa Francesco - dice il nostro Reggente – è l’obiettivo dell’attacco di Mons. Viganò e non gli “abusi sessuali”; attacco condotto in maniera preordinata (e come se no?) e con modalità simil-politiche, come contro Berlusconi (???) e Prodi (???), che porteranno il suo autore – Mons. Viganò – a subire a sua volta la delegittimazione: «nei confronti di monsignor Viganò si stanno attivando svariate contestazioni di avere lui per primo mantenuto ottime e pubbliche relazioni con parte dei prelati che ora accusa. »

E qui il Reggente sfonda una porta aperta, quella stessa porta che tiene aperta anche lui con scritti come questo che stiamo esaminando. Scritti che corrispondono pari pari alla direttiva semiocculta impartita da Papa Francesco ai giornalisti sull’aereo di ritorno dall’Irlanda.
Chi più realista del Re, se non il cicisbeo di corte che si compiace dello zuccherino offertogli dal suo signore e padrone?
Una porta aperta, dicevamo, perché è risaputo che quando qualcuno avanza un’accusa come quella della “Testimonianza” di Mons. Viganò, subito si mette in moto una macchina denigratoria che serve a sviare l’attenzione dalla gravità e dalla portata dell’accusa stessa per focalizzarla su ogni possibile aspetto della vita dell’accusatore. Una vecchia tattica sempre efficace, come se nel voler “fare le pulci” a qualcuno non fosse più che facile trovare mille appigli nella sua vita. La vecchia storia del fuscello e della trave, usata strumentalmente per suggerire un’aberrazione: se la vita dell’accusatore non è irreprensibile, anche le sue accuse sono inconsistenti, malevole e false.
Una bella evoluzione involutiva per Alleanza Cattolica!

E inevitabilmente, il nostro Reggente incorre in un incidente di percorso, non tanto casuale però: «è certo che, a partire dalle parole pronunciate dall’allora cardinale Joseph Ratzinger nella Via Crucis per il Venerdì Santo del 2005 … vi siano state, da oltre un decennio, e siano state d’intensità crescente, le denunce dei Pontefici sugli abusi sessuali commessi da sacerdoti, soprattutto nei confronti di minori. Poco prima dei discorsi tenuti sul punto in Irlanda, e poi all’udienza generale di mercoledì 29 agosto, Papa Francesco ha dedicato alla questione la Lettera al Popolo di Dio del 20 agosto 2018. »

E chi mette in dubbio che ci siano state denunce anche di crescente intensità? Questo è vero, ma non può servire da giustificazione o da scusante, semmai da aggravante, perché dopo 13 anni constatiamo che la “sporcizia” evocata da Ratzinger è cresciuta a dismisura in seno alla Chiesa, e certo non per colpa di Mons. Viganò, ma per incontrovertibile responsabilità di Papa Ratzinger prima e di Papa Bergoglio poi.
Che qualcuno si metta il cuore in pace di fronte all’evidenza dei fatti.



Mons. Battista Ricca accarezza affettuosamente Papa Francesco.
Monsignor Ricca, nonostante le segnalazioni sugli scandali che aveva dato in varie nunziature all’estero, e specialmente in Uruguay,  è stato messo da Papa Francesco sia alla direzione dello I.O.R.,  sia alla direzione di alcune case per sacerdoti a Roma, fra le quali, guarda caso, la casa Santa Marta.

Senza parlare che la Lettera al Popolo di Dio, di Papa Francesco, è come un’offesa all’intelligenza, vista l’orchestrazione mediatica messa in atto dallo stesso Papa Francesco intorno ai suoi abbracci e ai suoi baci con ogni sorta di omosessuale laico e chierico.
Si ha voglia a denunciare con crescente intensità “gli abusi sessuali commessi da sacerdoti”, mentre ci si sbaciucchia pubblicamente con alcuni di loro.
Una bella evoluzione involutiva per Alleanza Cattolica!




Città del Vaticano, 6 maggio 2014
Francesco bacia la mano a don Michele de Paolis, prete pro omosessuali, oggi defunto.
Insieme hanno concelebrato la Messa.


Ma forse noi ci sbagliamo, perché il Reggente precisa che:
«Né si può dire che le denunce non siano state seguite da provvedimenti concreti nei confronti di preti, vescovi e cardinali nei cui confronti siano emersi elementi di responsabilità per atti di questo tipo. Che la parte più significativa di abusi sessuali risalga a oltre 10-15 anni fa (talora a più decenni fa) è la conferma che l’attenzione prestata dagli ultimi tre Pontefici abbia avuto effetti positivi nel circoscriverne la quantità

Ci vuole una bella faccia tosta a parlare di “circoscriverne la quantità”, quando sappiamo che i corrotti e i corruttori continuano ad essere al loro posto nella gerarchia, per di più affiancati oggi da quella che viene universalmente definita come la “lobby gay in Vaticano” e dal sempre crescente numero di preti omosessuali che elogiano e propagandano e insegnano quanto sia bella la convivenza tra preti omosessuali e omosessuali in genere.
O forse Papa Francesco non si sarebbe accorto di aver invitato in Irlanda, a predicare nell’Incontro Mondiale delle Famiglie, il gesuita James Martin, quello che propugna la “costruzione di ponti” tra il movimento LGBT e la Chiesa, accusando la Chiesa di “omofobia”: «Purtroppo c’è ancora tantissima omofobia nella nostra Chiesa.», ha affermato questo falso gesuita in un’intervista rilasciata in proposito – e a tempo opportuno - su  Avvenire il 22 agosto scorso.

E il Reggente nazionale di Alleanza Cattolica non poteva concludere se non in bellezza il suo intervento a favore di Papa Francesco:
«Al netto di questo attacco contro il Papa, meglio contro gli ultimi tre Papi (almeno), rimane il fatto che la Chiesa ha risposto con la santità all’aggressione portata cinquant’anni fa, a partire dal 1968, dall’ideologia gay e dalle reti di complicità clericale che questa lobby è riuscita a creare dentro il corpo di Cristo. Non dimentichiamolo. Non smettiamo di guardare anche al tanto bene che continua a esistere dentro la Sposa di Cristo, a cominciare dalla santità dei Papi del secolo XX, san Pio X (1903-1914), san Giovanni XXIII (1958-1963), il prossimo san Paolo VI (1963-1978), san Giovanni Paolo II (1978-2005). Questa è la via che può cercare di smantellare la “sporcizia” clericale presente dentro la Chiesa e denunciata anche da Papa Francesco nella Lettera al popolo di Dio come prima dal cardinale Ratzinger

Dicevamo, in bellezza, e sarebbe meglio dire in “santità”.
Che dire di un responsabile di Alleanza Cattolica che si permette di mettere insieme, con fare noncurante ma in realtà subdolo, il santo Papa Pio X, santificato dopo 40 anni dalla sua morte, e i papi del Concilio e del post-concilio che si sono frettolosamente santificati fra loro?
La prima cosa che si deve dire è che il Reggente usa strumentalmente un papa santo per avallare la supposta santità dei tre papi dal 1958 al 2005, e per introdurre la prossima santificazione degli ultimi due: Ratzinger e Bergoglio, che qualcuno dice potrebbero essere santificati persino in vita… tale sarebbe uno degli effetti del processo evolutivo della dottrina cattolica instauratosi col Vaticano II.
La seconda cosa che si deve dire è che, come ammesso prima dallo stesso Reggente, questi papi supposti santi non hanno “smantellato la ‘sporcizia’” con la santità, come maldestramente afferma adesso il nostro.
La terza cosa che si deve dire è che, di fronte a tale constatazione, la loro stessa dichiarata santità è talmente dubbia e controversa che il solo richiamarla denota una totale mancanza di prudenza e di carità, tale da demolire tutto il ragionamento del Reggente.
La quarta cosa che si deve dire è che se tale declamata santità ha permesso che la cinquantennale aggressione “dell’ideologia gay” riuscisse “a creare” “le reti di complicità clericale” “dentro il corpo di Cristo” – come sostiene il Reggente –, o questa supposta santità è falsa o questa supposta santità è stata complice o questa supposta santità non è servita e non serve proprio ad un bel niente, malgrado le illusorie aspettative del Reggente.

Siamo forse oggettivi e disinteressati? Nient’affatto, siamo interessati e ci sentiamo coinvolti, tanto è grave la questione che stiamo trattando; per cui non esitiamo ad affermare:
meno male che Mons. Viganò ha preso il coraggio a quattro mani ed ha incominciato a “scoprire gli altarini”, perché altrimenti tutta la “sporcizia” avrebbe continuato a montare sotto un manto di omertà e connivenze con la complicità di chi afferma che la dichiarata santità di Paolo VI e di Giovanni Paolo II avrebbe prodotto un argine!

di Belvecchio

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2583_Belvecchio_A_margine_vicenda_Vigano.html

La setta conciliare:
una cloaca di impurità, una tana di pervertiti,
un paradiso per gli invertiti



Orge omosessuali in Vaticano, scandali pedofili: non c’è un continente, non un angolo di terra che siano risparmiati dai crimini dei “preti” o dei “vescovi” modernisti, dall’Irlanda all’Australia, dagli Stati Uniti al Cile. Ogni tanto, la denuncia di un prete pedofilo riempie i titoli dei giornali. Poi il clamore indignato si spegne, la cosa viene dimenticata. Non appena viene fuori un altro episodio, ecco che ritornato i soliti discorsi: la colpa è del celibato, la colpa è del rifiuto della contraccezione, la colpa è del conservatorismo. Come se far sposare i preti risolvesse il problema della pedofilia… a meno che non si voglia considerare di farli sposare con dei ragazzi!

In tutti questi abominevoli scandali, non si tratta di casi isolati, di pecore nere, ma di un sistema mafioso, pedo-criminale, di reti di omosessuali e di pedomani che hanno l’appoggio, discreto ma reale, delle più alte autorità della setta conciliare. Non stiamo più parlando di un prete indegno, di una specie di verruca su un corpo globalmente sano, di sporcizia indesiderata negli ingranaggi ben oliati di una macchina in funzione. No, si tratta di un sistema criminale che non si può più dissimulare, tanto è gigantesco.

Uno scandalo inedito

Il 25 agosto 2018, una lettera di 11 pagine redatta da “Mons.” Carlo Maria Viganò, ex ambasciatore del Vaticano negli Stati Uniti, chiama in causa i più alti gradi della “gerarchia” vaticana. La pedofilia è un sistema, camuffato da «reti omosessuali», e Bergoglio, lungi dal lottare contro questa “piovra”, fa parte della cospirazione. Ecco, in sintesi, cosa ci fa sapere Viganò con le sue accuse, prima di arrivare a chiedere le dimissioni di Francesco. Lo scandalo è inedito per la sua ampiezza.

Inedito, ma non del tutto inatteso. Fin dal 2017, si stringeva la morsa attorno ai debosciati, ai depravati e ai criminali che popolano il Vaticano e le alte cariche della Chiesa conciliare. Fu per primo George Pell, “arcivescovo” di Sydney, nominato nel 2014 “cardinale-prefetto” della Segreteria per l’Economia, ad essere coinvolto nelle accuse di violenza sessuale. Questa Segreteria era stata creata da Bergoglio; una bella ricompensa per Pell messo a questo nuovo posto, alle dirette di pendenze di Francesco, una bella prova di fiducia data da Bergoglio. Nel giugno 2017, la stampa australiana rivela l’indagine di cui è oggetto. Sarà processato in Australia. Era il numero tre in Vaticano. La vicenda avrà prodotto sicuramente i sudori freddi ai perversi prelati che affollano le strade di Roma. Ma questo non impedì la ripresa del ritmo delle orge. Francesco arrivò persino a difendere un “vescovo” che aveva soffocato degli scandali pedofili in Cile. Il 22 gennaio scorso, egli ha detto cinicamente ai giornalisti: “Voi, con buona volontà, mi dite che ci sono delle vittime, ma io non le ho viste, perché non si sono presentate”.

Nuovo errore. Oggi, le vittime hanno la sfortunata tendenza a rifiutarsi di tacere. In Cile, è una lettera di una vittima di un “prete” pedofilo che accusa Francesco: lo sapeva dal 2015. Sapeva che il “vescovo” che difendeva, Juan Barros, aveva assistito più volte alle aggressioni sessuali di “padre” Fernando Karadima. Juan Barros aveva coperto il “prete” pedofilo, e Francesco copriva il “vescovo”. “Sono convinto che sia innocente”, disse Francesco, se non con la mano sul cuore almeno con la sua solita aria bonacciona. Eppure lo sapeva da tre anni.

Nel 2015, fu l’“arcivescovo” di Boston in persona ad assicurare alla vittima che la sua testimonianza era stata trasmessa a Francesco, direttamente nelle sue mani. La testimonianza era inequivocabile. La vittima vi spiegava che i toccamenti sessuali di Karadima erano moneta corrente nel suo gruppo, di cui era una specie di guru. Juan Barros, al pari di altri quattro “vescovi” cileni, venivano da questa comunità. La colpevolezza di Barros è fuori dubbio. E quella di Francesco?

Sarebbe stato vittima di un accantonamento di informazioni da parte dell’“Arcivescovo” di Boston, Sean O’Malley, nel 2015? La “diocesi” di Boston è tristemente nota per aver organizzato la collocazione di “preti” pedofili di parrocchia in parrocchia, una strategia messa in luce da un gruppo di giornalisti del Boston Globe nel 2002. Quest’affare ha portato persino alla realizzazione di un film, Spotlight. Il cardinale Bernard Law, che ne era stato “arcivescovo” e aveva quindi permesso a diversi “preti” pedofili di prosperare, è morto pacificamente nel suo letto all’età di 86 anni alla fine del 2017. Come premio di consolazione per la perdita della “diocesi” di Boston, era diventato “arciprete” della Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma.

Non a tutti i pastori coinvolti nella pedofilia è andata così bene. Il “padre” John Geoghan, della famosa “diocesi” di Boston, che era riuscito a fare 130 vittime (aggressioni sessuali e stupri di minori), è stato meno fortunato, perché fu strangolato nella sua cella dal suo compagno di detenzione. Alcuni vi scorsero la giustizia di Dio. Intanto, nel 2003, dopo le rivelazioni del Boston Globe. Law lasciò al suo successore, O’Malley, una diocesi finanziariamente fallita a causa dei milioni di dollari da pagare alle vittime. Sarebbe stato quindi l’uomo che è succeduto al famigerato Law a non aver parlato della testimonianza della vittima cilena a Francesco, se quest’ultimo dice il vero.
Ma possiamo credere a questo impostore?

Orge gay e droghe pesanti al “Sant’Uffizio”

L’orrore non finisce qui. Nell’aprile 2018, i gendarmi addetti al palazzo del “Sant’Uffizio”, interrompono una vera orgia. Il segretario di “Mons.” Coccopalmerio – attivo sostenitore di Bergoglio -, Luigi Capozzi, viene arrestato nel bel mezzo dei suoi sollazzi omosessuali con diversi compagni, sotto l’effetto di stupefacenti. La sua BMW d’ufficio gli serviva per trasportare in franchigia la polvere bianca. Cocaina, eroina? Non lo sapremo mai. Droghe pesanti. Il personaggio, “ordinato” nel 1992, stava per essere “consacrato” vescovo, con la benedizione di Coccopalmerio. Quest’ultimo, era a conoscenza della vita quantomeno disordinata del suo segretario? O era troppo occupato a promuovere l’“enciclica” Amoris Laetitia, in particolare il capitolo 8 a cui ha dedicato un suo lavoro? Nel suo libro, il “cardinale” (Presidente emerito del «Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi) spiega in maniera dotta che «la Chiesa potrebbe dunque ammettere alla Confessione e all’Eucaristia i fedeli che intrattengono un’unione non legittima, ma che assolvono due condizioni essenziali: desiderano cambiare la situazione ma non possono realizzare il loro desiderio[…] Questa intenzione è esattamente l’elemento teologico che permette l’assoluzione e l’accesso all’Eucaristia, sempre, lo ripetiamoche ci si trovi nell’impossibilità di cambiareimmediatamente la situazione di peccato».
Quanto all’omosessualità, il suo segretario era senz’altro incoraggiato dalle affermazioni del suo patron, secondo il quale vi sono degli «aspetti positivi» nelle unioni omosessuali («Se io incontro una coppia di omosessuali, osservo subito che la loro relazione è illecita: questo dice la dottrina, che riaffermo con assoluta sicurezza. Tuttavia, se mi fermo alla dottrina, non guardo più le persone. Ma se constato che le due persone si vogliono veramente bene, fanno per esempio atti di carità verso i bisognosi… allora posso anche dire che, se la relazione resta illecita, nelle due persone emergono anche elementi positivi. Anziché chiudere gli occhi di fronte a tali realtà positive, le sottolineo. Si tratta di essere obiettivi e di riconoscere oggettivamente il positivo di una certa relazione, di per sé illecita.» - Intervista a Rossoporpora, del 23 ottobre 2014).

A metà agosto 2018, i servizi del procuratore della Pennsylvania hanno pubblicato un’inchiesta che chiama in causa 300 (trecento!) «preti predatori» che hanno fatto un migliaio di vittime minorenni nel corso di 70 anni. L’inchiesta è durata due anni ed è contenuta in un rapporto di quasi 900 pagine: tra gli altri crimini, il Procuratore ha scoperto degli abusi sessuali commessi su ragazzi di meno di dieci anni. Ogni volta l’accaduto veniva nascosto, ma “preti” e vescovi” compilavano degli archivi segreti che venivano inviati in Vaticano. «Il Vaticano era al corrente degli abusi ed era implicato nel loro occultamento», rivela il rapporto, che ha avuto l’effetto di una bomba.

Bergoglio sperava indubbiamente di venir fuori da questa sequela di avvenimenti giocando ancora tardivamente e subdolamente la carta dell’indignazione e dell’umiltà. Così fece riconoscendo i suoi errori nel suo apprezzamento della situazione cilena! Così ha fatto recandosi a Dublino il 25 agosto scorso per il IX “Incontro Mondiale delle Famiglie” per esprimere la sua “sofferenza” e la sua “vergogna”!
Peraltro, in Irlanda, i casi di pedofilia non sono gli unici scandali che la setta conciliare ha dovuto coprire. Mentre i “preti” abusavano dei ragazzi, le religiose del «Convento  della Maddalena» (Magdalene Sisters) accoglievano le ragazze madri, vendevano i loro bambini agli Americani e facevano lavorare come schiave le ragazze nelle lavanderie dove le tenevano rinchiuse per anni. C’è qualcosa di marcio nel Regno d’Irlanda; e in Pennsylvania e a Boston e in Cile e in Australia e dovunque dei falsi pastori, dei criminali camuffati, degli incalliti modernisti senza fede né legge, hanno potuto abusare impunemente del nome di cristiano, dello status di consacrati, per commettere impurità sacrileghe e insozzare, sporcare a vita, bambini e minori innocenti.

“Eravamo la terra dei Santi… Ora sento che il paese sta perdendo la fede”, ha detto un cattolico irlandese alla vigilia della visita di Francesco. Cosa poteva aspettarsi da questo intruso, questo lupo travestito da pecora?
San Patrizio dava la caccia ai serpenti dell’Isola di Smeraldo; Francesco li scalda sul suo petto, ed è uno di loro, certamente il più velenoso. Mentre era occupato a fingere di simpatizzare con le sofferenze delle vittime, “Mons.” Viganò pubblicava la sua lettera di undici pagine, completata nella festa del Cuore Immacolato di Maria.
Questa volta, Francesco non può sfuggire all’obbròbio. Non sono solo quelli vicini a lui che vengono presi con le mani nel sacco, o meglio nei pantaloni; è lui, l’autoproclamatosi “vescovo di Roma” che è direttamente coinvolto.

La corruzione raggiunge i vertici della gerarchia modernista

Nella sua lettera, Viganò accusa direttamente Francesco di aver coperto gli abusi sessuali del “cardinale” americano Theodore McCarrick, commessi da diversi decenni. “La corruzione ha raggiunto i vertici della gerarchia della Chiesa”, scrive.
Di cosa è accusato McCarrick? Il “prelato” americano è un po’ il figlio spirituale di Luigi Capozzi, l’amante delle orge gay, e di George Pell, il pedomane. La legge vieta ormai di stabilire un collegamento tra omosessualità e pedofilia. Questo significa che la combinazione di questi due comportamenti sessuali è del tutto fortuito nella persona di McCarrick? Il fatto è che l’uomo è annoverato in tutti casi di cui può essere accusato un predatore sessuale. McCarrick, “arcivescovo” di Newark, New Jersey, dal 1986 al 2000, è felice proprietario di una casa al mare, ove trascorreva il fine settimana in compagnia di diversi seminaristi (a volte fino a cinque) con cui condivideva il suo letto. Impunemente, dalla fine degli anni 1980 al 1996, McCarrick ha corrotto, deviato e insozzato con orge omosessuali a ripetizione intere generazioni di seminaristi. Certuni di questi giovani sono stati “ordinati” per la diocesi di Newark.
Denunciato alla Santa Sede nel 2000 dall’allora Nunzio, “Mons.” Montalvo, McCarrick non è stato oggetto di alcuna sanzione da parte dello pseudo-san Giovanni Paolo II. È stato addirittura nominato “arcivescovo” di Washington nel 2000, e creato “cardinale” da Wojtyla nel 2001.

Nel 2006, il nuovo Nunzio, “Mons.” Sambi, trasmise alla “Santa Sede” una testimonianza di Gregory Littleton, un “prete” che raccontava di essere stato abusato da McCarrick… e che lui stesso era accusato di atti di pedofilia. Secondo Viganò, che era stato incaricato di redigere la nota che Sambi avrebbe inviato, «i fatti attribuiti a McCarrick da Littleton erano di una gravità e di una laidezza tali da causare nel lettore confusione, disgusto e profondo dolore e amarezza».
Si trattava di «delitti di adescamento, di sollecitazione dei seminaristi e dei preti a peccare contro il sesto comandamento, in maniera ripetuta, anche in maniera simultanea e in gruppo, di derisione di un giovane seminarista che cercava di resistere alle seduzioni dell’arcivescovo in presenza di altri due preti, di assoluzione del complice col quale venivano commessi gli atti impuri, di celebrazione sacrilega dell’Eucaristia insieme ad altri preti dopo aver commesso con loro atti impuri.»
Queste rivelazioni non ebbero alcun effetto su Benedetto XVI, lo pseudo-campione della trasparenza nei confronti agli scandali di pedofilia, e questo fino al 2009 o al 2010, quando infine il “cardinale” McCarrick venne moderatamente e tardivamente sanzionato: egli non poteva più «celebrare la Messa in pubblico, partecipare alle riunioni pubbliche, fare delle conferenze, viaggiare», e aveva «l’obbligo di dedicarsi ad una vita di preghiera e di penitenza». Ciò nonostante, egli continuò ad apparire in pubblico, anche al fianco di Benedetto XVI.

Da non dimenticare anche che nel maggio 2012, quando Viganò venne in possesso delle rivelazioni che oggi, sei anni dopo, ha reso pubbliche, egli salutava pubblicamente McCarrick nel corso di una serata di gala, parlando di lui come di uomo «molto amato da tutti noi». Il 10 maggio 2013, egli concelebrò la sinassi di Paolo VI con McCarrick. E’ per questo che il tentativo di Viganò di incriminare Francesco e alcuni prelati esonerando Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, non regge.
Gli ultimi occupanti modernisti della Sede di Pietro sono stati coinvolti tutti nella cospirazione che Viganò mette in luce, e lui stesso è compromesso con coloro che oggi accusa.

Nel corso dell’udienza generale del 15 dicembre 2010, Benedetto XVI ha anche presentato a migliaia di fedeli riuniti nella sala Paolo VI in Vaticano, un numero acrobatico del Gay Circus, realizzato da degli uomini seminudi il cui obiettivo era apertamente quello di promuovere l’omosessualità.
http://resistance-catholique.org/articles_html/2011/01/RC_2011-01-24_un-spectacle-revelateur-au-vatican.html

Poco prima di questo spettacolo indecente e ripugnante, Benedetto XVI aveva giustificato pubblicamente l’uso «in certi casi» del preservativo, in particolare per un “prostituto” maschio! Affermazioni scandalose al pari di quelle del suo successore (chi sono io per giudicare i gay?); un Bergoglio che lo si è visto dare vistosamente la mano ad un prete omosessuale favorevole al matrimonio degli invertiti e all’ordinazione dei chierici sodomiti; un Bergoglio che ha ricevuto in Vaticano dei transessuali militanti, in compagnia dei quali si è compiaciuto di farsi fotografare; un Bergoglio che è andato a visitare molto ufficialmente delle organizzazioni della lobby LGBT, come quando nel corso del suo viaggio in Paraguay, nel luglio 2015, incontrò pubblicamente il rappresentante di “Somos gay”, un collettivo di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali!
In queste condizioni, ecco che ci si spiega come con l’elezione di Francesco nel 2013, McCarrick abbia potuto prosperare.

Bisogna dire che McCarrick e Bergoglio sono amici di lunga data. Nel 2014, McCarrick ebbe un malore mentre celebrava la “messa”, e venne portato in ospedale. Subito, suona il telefono: è Bergoglio che si fa vivo per la notizia. Scherzando, McCarrick dice di star bene. «Il tuo alloggio presso il diavolo non è ancora pronto», gli risponde Francesco. Una battuta che assume una colorazione particolarmente sinistra.
Nel maggio 2018, Bergoglio persiste e sottoscrive. L’uomo in bianco fa un viaggio in Terra Santa, McCarrick è della partita. Bergoglio lo vede e, affettuosamente, lo saluta dicendo: «L’erba cattiva non muore mai».
Questi non sono aneddoti tratti da una qualche fonte ostile ai modernisti in Vaticano, ma cose raccontate dallo stesso McCarrick ai giornalisti compiacenti, che redassero un articolo elogiativo del “cardinale” nel 2014, per il National Catholic Reporter.

Qui non si tratta di una certa cerchia che sarebbe corrotta, di un uomo in bianco lasciato nell’ignoranza, impedito a fare il bene che vorrebbe fare. Viganò punta il dito accusatore in direzione di Francesco, lo invita a dimettersi, poiché sa, per avergliene parlato personalmente, che Francesco conosceva perfettamente fin dalla sua elezione i crimini di McCarrick. Viganò scrive che «Occorre proclamare un tempo di conversione e di penitenza. Occorre ricuperare nel clero e nei seminari la virtù della castità. Occorre lottare contro la corruzione dell’uso improprio delle risorse della Chiesa e delle offerte dei fedeli. Occorre denunciare la gravità della condotta omosessuale. Occorre sradicare le reti di omosessuali esistenti nella Chiesa»
E l’accusa contro Francesco è violenta: «Se questa giustamente è da considerarsi una grave responsabilità morale per ogni fedele, quanto più grave lo è per il supremo pastore della Chiesa, il quale nel caso di McCarrick non solo non si è opposto al male ma si è associato nel compiere il male con chi sapeva essere profondamente corrotto, ha seguito i consigli di chi ben sapeva essere un perverso, moltiplicando così in modo esponenziale con la sua suprema autorità il male operato da McCarrick. E quanti altri cattivi pastori Francesco sta ancora continuando ad appoggiare nella loro azione di distruzione della Chiesa! […] Francesco sta abdicando al mandato che Cristo diede a Pietro di confermare i fratelli. Anzi con la sua azione li ha divisi, li induce in errore, incoraggia i lupi nel continuare a dilaniare le pecore del gregge di Cristo.»

Il “cardinale” McCarrick, 88 anni, ha dato le dimissioni il 28 luglio 2018, quando è stato accusato di abusi sessuali su minori, perpetrati negli anni ‘70 quand’era solo prete a New York. Per la forma, Bergoglio ha rimesso in auge le solite sanzioni: ritirarsi in una vita di preghiera e di penitenza. Il suo caso è risolto, e d’altronde McCarrick non è l’obiettivo di Viganò. Le rivelazioni dell’ex Nunzio hanno un solo scopo: la caduta di Francesco, per ragioni proprie a Viganò e al suo ambiente. Bisognerebbe essere molto ingenui per credere che un rappresentante della setta conciliare sia guidato dall’amore per la verità.
Come reagisce alle accuse il principale interessato? Al rientro dalla sua visita demagogica in Irlanda, sull’aereo che lo riportava nel paese delle orge omosessuali e dell’uso di droghe, ai giornalisti che lo interrogarono sullo scandalo Viganò, l’uomo in bianco diede una risposta sorprendente: “Leggete attentamente il documento e giudicate voi stessi. Non dirò una parola al riguardo. Penso che il documento parli da solo. […] Quando passerà un po’ di tempo e avrete le vostre conclusioni, forse parlerò io.»

Bergoglio spera che nella nostra civiltà dell’istantanea altri scandali possano cancellare l’attuale e così lui possa sfuggire al giudizio? Siamo ancora di fronte allo spregio e al disprezzo che egli ha espresso al suo ritorno dal Cile. Al momento della sua “elezione”, su molti giornali venne riprodotto un disegno che lo rappresentava come un supereroe armato della sua valigia su cui stava scritta a lettere cubitali la parola “Valori”. In fatto di supereroi, abbiamo a che fare con un vero cattivo dei fumetti: malvagio, diabolico, machiavellico.

La setta conciliare è un vero lupanare di pederasti. I cattolici battezzati saranno scossi da questo marciume e da questo cinismo generalizzati? Purtroppo molti di quelli che lo saranno, rischiano di perdere la fede e di odiare una Chiesa cattolica che confondono a torto con la setta conciliare. Il torrente dell’apostasia, già in piena, rischia di straripare. Ma non è così che bisogna reagire: questi scandali abominevoli, che sono tutto tranne dei casi isolati, devono permettere ai cattolici di aprire gli occhi sull’impostura che è la setta conciliare. Se essa è una cloaca di impurità, non è il segno che non vi si predica la verità, non vi si insegna la vera fede, che non vi si dispensano i veri sacramenti? Come si può credere che possa essere Vicario di Cristo un uomo che non contento di bestemmiare e di ingannare i fedeli, promette il Cielo agli atei, incoraggia la fornicazione in una enciclica, riceve calorosamente dei sodomiti, distrugge l’indissolubilità del matrimonio?
Anche Viganò considera che Bergoglio è indegno della funzione che ha usurpato. Attenzione, non ci si inganni: Giovanni Paolo II e Benedetto XVI non erano certo meglio di Francesco. Anch’essi hanno apostato, hanno coperto i pedofili, hanno moltiplicato gli scandali, hanno visitato compiacenti le moschee e le sinagoghe, hanno ricevuto elogiativamente i B’nai B’rith, hanno fatto loro il falso culto umanista e olocaustiano. Costoro si canonizzano a gran velocità gli uni gli altri, mentre invece sono in realtà dei sostenitori dell’Inferno.

Queste storie clamorose e disgustose al massimo grado possono almeno permettere di aprire gli occhi dei fedeli sul fatto che, come ha annunciato la Santa Vergine a La Salette, «Roma ha perso la Fede ed è diventata la sede dell'Anticristo».
Non sorprende che coloro che hanno distrutto la Messa, il messale, il breviario, la fede, le costituzioni religiose, la dottrina e la morale cattoliche, che hanno gettato alle ortiche l’abito ecclesiastico, che hanno scelto il mondo e non Cristo, che combattono la verità conosciuta, uno dei peccati contro lo Spirito Santo, che promuovono in maniera ad un tempo larvata e aperta i crimini contro natura che il Catechismo di San Pio X insegna che gridano vendetta al cospetto Dio, si lascino andare alle peggiori abiezioni.

Il loro destino è già segnato: 

«Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare.» (Matteo, XVIII, 6).


di Jérôme Bourbon



Articolo pubblicato sul settimanale francese Rivarol, n° 3342 del 5 settembre 2018




SORRIDERE NEL DRAMMA. UMORISMO (AMARO) SULLA CHIESA DEVASTATA DAGLI ABUSI E DALLE COMPLICITÀ ECCELLENTI.

Anche nei drammi, quale è quello che stiamo vivendo, con una Chiesa devastata dalla scoperta di preti, vescovi e cardinali infedeli e autori o complici di crimini orrendi, e con un vertice che teme di dire una parola di verità, e si chiude a riccio in un silenzio mascherato di vittimismo, non si può non sorridere, o almeno provare a farlo, sia pure con amarezza. E così abbiamo raccolto qualche vignetta soprattutto da fonti americane, per illustrare alcuni dei personaggi della tragedia.
Le prime sono dedicate a Donald Wuerl, cardinale di Washington, e prima vescovo a Pittsburgh dove secondo il rapporto del Grand Jury ha coperto e spostato e pagato (a Cuba) preti indegni. Nei giorni scorsi è scomparso da Washington, e allora è partito lo slogan: dove è Wuerl? Era a Roma per colloqui riservati. Chissà su che cosa…

Ancora Wuerl, uno dei pupilli di McCarrick. Viene preso in giro perché ha fatto suo il motto del Vaticano: non si parla di omosessualità pretesca (eppure le cifre dicono proprio questo…) per non offendere il politically correct, gli omosessuali al vertice delle Chiese, James Martin sj o chissà chi, bensì di “clericalismo”. Questa è la prima vignetta, che riprende Cupich in un programma televisivo a indovinelli. Risponde sbagliato: clericalismo, mentre la risposta giusta è omosessualità pervasiva…sfortuna vuole che la Polizia di Miami abbia arrestato due suoi preti scoperti a fare sesso fra di loro in automobile. Ma come sappiamo, nella crisi della Chiesa l’omosessualità non c’entra: il problema è il clericalismo.
La seconda se l’è cercata, con la famosa frase di un’intervista alla NBC. Intervistato su McCarrick e la testimonianza di Viganò, ha detto: “Il Papa ha un’agenda più grande. Ha da andare avanti con altre cose, parlare dell’ambiente, della protezione dei migranti e continuare con il lavoro della Chiesa”. Sì, l’ha detto davvero. E poi ha fatto leggere ai suoi preti un comunicato a messa per correggere…Nella vignetta dice al bambino: “Il Papa ha da fare di più che soloproteggeriti…come proteggere gli orsi polari nell’Artico”.

McCarrick è un bersaglio facile. Qui è immaginato mentre dice a un gruppo di preti coperti dall’ombrello LGBT: “Siete ancora miei amici”?

E poi c’è il Papa che gli dice: Non ti preoccupare Ted, abolirò la pena di morte”.

C’è chi pensa che il Papa non difenda le vittime. E così si vede un bambino che protesta: “Questo prete continua a molestarmi”. Il Papa risponde “O poverino, vieni che ti difenderò io”. Ma è il prete molestatore, non il bambino che trova rifugio.

Questa invece è autentica, non è una vignetta. Bill Donohue, presidente della Catholic League, dice: “La maggior parte delle presunte vittime non sono state stuprate. Sono state palpate, o molestate in altro modo, ma non penetrate”. Allora, di che si lamentano! Eddaiii….
E naturalmente anche i giornalisti sono stati coinvolti. Il primo screenshot riguarda chi scrive, dopo la pubblicazione della testimonianza dell’arcivescovo Viganò; e il secondo, di cui ignoro l’autore ma che gira sui social, da cui l’ho tratto, riguarda un famoso collega molto vicino al Pontefice, dopo che quest’ultimo ha scelto di non rispondere alle questioni poste dalla testimonianza. E in particolare alla domanda: quando è venuto a conoscenza dei misfatti di McCarrick? Sono sicuro che anche il collega tirato in causa ne sorriderà.
 
E poi un amico e lettore di Stilum Curiae mi ha inviato questa, che riproduce alcuni dei principali protagonisti della Bergoglio Press Gang (ma ne mancano moltissimi) intorno in piazza San Pietro. Da sinistra a destra: il direttore di Avvenire Tarquinio, Antonio Spadaro sj, Luis Badilla del Sismografo e il famosissimo co-autore col Papa Andrea Tornielli. L’idea gli è venuta dalla festa messicana di qualche giorno fa in Vaticano, credo. Non lo conosco di persona, ma penso che sia geniale…

Chiudiamo con una frase raccolta su un sito americano: “Tornate a dormire, fedeli cattolici. È stata solo una cattiva cospirazione! Sì c’è stato un sacco di sodomia e anche di coperture, ma non soffermiamoci sui momenti tristi di cinque minuti fa. Sono stati fatti degli errori, ma state allegri! Tutto è fantastico!”.
Ovviamente chi parla sono i vertici della Chiesa.
5 settembre 2018 Pubblicato da wp_7512482 31 Commenti --

Marco Tosatti

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