ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

sabato 22 dicembre 2018

Disconnected

Display connessi e intelligenze sconnesse




La seria trasmissione 60 Minutes Overtime, della catena televisiva americana CBS, ha messo in onda, il 9 dicembre 2018, i primi risultati di un’inchiesta scientifica condotta su larga scala, che riguarda l’impatto degli smartphone e di altri tablet sullo sviluppo del cervello dei più giovani.


I Giornalisti della CBS confessano che hanno cominciato ad interessarsi della questione dell’impatto neurologico dei display sui più giovani, dopo aver incontrato Tristan Harris nel 2017. Questo ex direttore di Google ha spiegato loro senza esitare che le applicazioni per smartphone sono state progettate dai suoi ingegneri per «catturare l’attenzione degli utilizzatori», e per «creare un’abitudine», quindi una forma di dipendenza.
Oltre atlantico, i programmatori chiamano la cosa anche «pirateria cerebrale», senza la minima preoccupazione.

Nel misurare l’impatto di questi strumenti sui bambini, occorre tener presente che negli Stati Uniti essi passano in media 4 ore e mezza al giorno a guardare il loro telefonino: i giovani Europei tendono sempre più a seguirne l’esempio.
Tanto più che agli stessi bambini vengono offerti sempre più smartphone e tablet: ci si chiede perché!

Nei due reportage diffusi da “60 Minutes”, il pediatra Dimitri Chrisakis – Direttore del Centro per la Protezione dell’Infanzia di Seattle e Professore alla Facoltà di Medicina di Washington – spiega che i più piccoli utilizzano sempre più degli apparati mobili per calmarsi, invece di imparare a farlo con l’aiuto dei loro genitori.
Lo studioso, autore di più di 170 opere sull’infanzia, avverte che la tecnologia sostituisce sempre più la relazione con i genitori. Ed egli consiglia a questi ultimi, con un giuoco di parole in americano: «laps more than apps», cioè dare ai più piccoli « più attenzioni che applicazioni».

Lo studio sullo sviluppo cognitivo del cervello degli adolescenti, o ABCD – il più vasto mai realizzato negli Stati Uniti -, ha avuto inizio nel 2016 e ha riguardato 11.874 bambini tra i 9 e i 10 anni, che sono stati regolarmente sottoposti ad una serie di esami neurologici.

Il Dott. Gaya Dowling, membro dell’Istituto Nazionale della Sanità (NIH) e responsabile dell’inchiesta, spiega che il progetto aveva inizialmente lo scopo «di valutare gli effetti neurologici dell’alcool, della droga e degli infortuni sportivi sui giovani».
Ben presto – spiega Gaya Dowling – gli studiosi hanno voluto tenere conto del tempo passato davanti ad un dislay: «questi apparecchi sono così coinvolgenti che abbiamo formulato tra noi l’ipotesi di un impatto non trascurabile sul cervello e lo sviluppo sociale».

I primi  risultati sono senza appello e hanno messo in evidenza che 4.500 giovani «grandi consumatori di display» presentavano delle « notevoli differenze nello sviluppo fisico delcervello».
Più precisamente, la corteccia cerebrale – che tratta le informazioni inviate al cervello dai cinque sensi – si era assottigliata prematuramente. E lo studioso lamenta che «Ciò che doveva verificarsi molto più tardi si era prodotto molto presto».
Tale assottigliamento della corteccia cerebrale si osserva normalmente nelle persone anziane e va di pari passo con una diminuzione dei neuroni e dunque delle funzioni cognitive. Nei casi estremi esso si riscontra nella malattia di Alzheimer.

Non si può obiettare al Dott. Dowling che questi risultati sarebbero il risultato di un caso: «Quando si hanno 12.000 bambini sotto mano, si possono controllare molte cose», precisa lo studioso, che prosegue «per determinare che è veramente il  tempo passato davanti ad un display la causa dell’impatto neurologico, si possono esaminare i bambini che passano molto tempo ai display, confrontando i dati con quelli dei bambini che non lo fanno; i bambini che passano molto tempo ai display e che praticano uno sport, confrontando i dati con quelli dei bambini che passano molto tempo ai display, ma non praticano uno sport.»

Le informazioni fornite dallo studio hanno anche messo in luce quello che era già stato osservato altrove: e cioè che i bambini che passano due ore al giorno o più davanti ai display, nei test della memoria e della lingua ottengono un punteggio inferiore agli altri.

“60 Minutes” avverte: sono attese numerose altre scoperte, via via che i dati raccolti dai NIH saranno messi a disposizione dei ricercatori del mondo intero. Ma forse ci vorranno ancora molti anni prima che gli studiosi possano risolvere un altro rompicapo che attiene al paradosso dell’uovo e della gallina: è l’esame del cervello del bambino che permette di determinare il tempo passato davanti ai display o è il tempo passato davanti ai display che da solo determina il cervello del bambino?

Tutti i ricercatori in neuroscienze a cui si sono rivolti i giornalisti della CBS si sono trovati d’accordo nel dire che allorché si sarà trovata la risposta «ci sono molte possibilità che sia sopraggiunta una nuova tecnologia a rimpiazzare gli apparecchi che attualmente richiamano l’attenzione dei nostri bambini, visto che Silicon Valley si muove a ritmo più veloce della scienza.»

Marcel De Corte, che già cinquant’anni fa diagnosticava «l’intelligenza in pericolo di morte», di certo non ha perduto la sua attualità.








L'articolo è stato pubblicato, il 18 dicembre 2018, dal servizio informazioni della Fraternità San Pio X: FSSPX NEWS

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2728_Display_connessi_cervelli_sconnessi.html

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.