ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 20 dicembre 2018

Natale ciao!

A Natale… vedi come ti distruggo il Natale

Alla recita di Natale i bimbi cantano “Bella ciao”, è bufera a Napoli

17 dicembre 2018 - Al concerto di Natale nella parrocchia di Santa Teresa del Bambin Gesù a Bologna “Tu scendi dalle stelle” è stato sostituito da “Bella Ciao”.

E’ inevitabile che notizie del genere facciano il giro dei mezzi d’informazione, tanto le iniziative sono ridicole, prima ancora che scandalose.




Dalla prima notizia, si coglie che la maestra della scuola elementare di Napoli ha chiaramente voluto approfittare dell’età dei bambini per crearsi una fama da sostenitrice della “Resistenza”, a partire chiaramente sulla sua manifesta militanza progressista o, per meglio dire, comunista.
 La cosa che fa ridere è che a Napoli nessuno sa cosa sia la “resistenza”, se non per sentito dire; mentre i Napoletani conoscono benissimo il senso vero della “liberazione”, come si evince dalla famosa “Tammurriata nera”, canzone tarantella oggi nota in tutta Italia, testo del napoletano Edoardo Nicolardi, noto paroliere, e musica del consuocero E. A. Mario (Giovanni Ermete Gaeta), noto musicista.




La canzone nacque nel 1945 dall’esperienza di Nicolardi, che come dirigente all’Ospedale Loreto Mare assistette alla nascita di bambini neri da giovani donne napoletane. Erano passati gli Americani e avevano lasciato il segno. E il Nicolardi mise il fatto in versi, scrivendo:

Io nun capisco ‘e vvote che succere
e chello ca se vere nun se crere.
E’ nato nu criaturo, è nato niro,
e ‘a mamma ‘o chiamma gGiro, 
sissignore, ‘o chiamma gGiro.

Io a volte non capisco che succede
E quello che si vede non si crede.
E’ nato un bambino, è nato nero,
E la mamma lo chiama Ciro,
Sissignore, lo chiama Ciro.

Seh, vota e gira, seh
seh, gira e vota, seh
ca tu ‘o chiamme Ciccio o ‘Ntuono,
ca tu ‘o chiamme Peppe o gGiro,
chillo ‘o fatto è niro niro, niro niro comm’a cche...

Seh, volta e gira, seh,
Seh, gira e volta, seh,
che lo chiami Ciccio o Antonio,
che lo chiami Peppe o Ciro,
il fatto è che quello è nero nero, nero nero che più non si può… 

S''o contano 'e cummare chist'affare
sti cose nun so' rare se ne vedono a migliare.
'E vvote basta sulo 'na 'uardata,
e 'a femmena è rimasta sott''a botta 'mpressiunata.

Se lo raccontano le comari, quest’affare,
queste cose non sono rare se ne vedono a migliaia.
A volte basta solo una guardata,
e sotto il colpo la donna rimane impressionata.

Seh, 'na 'uardata, seh
seh, 'na 'mprissione, seh
va truvanno mò chi è stato,
c'ha cugliuto buono 'o tiro
chillo 'o fatto è niro niro, niro niro comm'a cche...

Seh, una guardata, seh
Seh, un’impressione, seh,
va a vedere mo’ chi è stato,
chi nel segno ha ben colpito,
il fatto è che quello è nero nero, nero nero che più non si può… 

Cosa sarà mai passato per la testa alla maestra napoletana, far cantare ai bambini una canzone come “bella ciao” che, non solo non ha alcunché a che vedere col Natale, ma attiene ad un passato che non riguarda Napoli e che altrove è vergogna ricordare; tanto più che tale ormai nota canzone “partigiana” non è mai stata cantata dai partigiani, esistiti solo al Nord, ma è stata inventata nel dopoguerra, ad uso e consumo della retorica comunista e “antifascista”. 
Vae victis
.

Si veda a proposito l’articolo di Luigi Morrone pubblicato sul Corriere della Sera dello scorso 10 luglio.
http://lanostrastoria.corriere.it/2018/07/10/la-vera-storia-di-
bella-ciao-che-non-venne-mai-cantata-nella-resistenza/

La realtà è ancora più cruda, se si pensa che iniziative del genere hanno il non dichiarato scopo di svilire e distruggere il Natale, in un quadro che alimenta l’odio contro la nostra religione, che, nel caso di Napoli, è stata fortemente sentita e seguita fino a pochi anni fa. Evidentemente, le nostre contrade del Sud stanno diventando atee a ritmo sempre più accelerato, mandando al macero secoli e secoli di cultura, tradizione, usi e costumi. Un mondo che si sgretola.

La seconda notizia serve di conferma alla prima, e chiarisce come in quest’opera di smantellamento della nostra religione, siano proprio i neopreti della neochiesa a fare da mallevadori e a volte da battistrada.




Far cantare in chiesa, al concerto di Natale, la canzone politica “bella ciao” significa assestare un sonoro schiaffo a tutta la tradizione religiosa della nostra gente, non solo, ma significa farsi beffe del Natale, di Gesù Bambino e di millenni di storia della Salvezza.
Perché?
Per assestare un altro colpo mortale alla vera religione di Dio, per far posto alla blasfemia e alla nuova religione mondialista che ormai ha invaso tutto il corpo ecclesiale della neochiesa nata da quel concilio Vaticano II che non a caso si svolse negli anni ‘60, si sviluppò insieme al ‘68 e sancì l’apertura al mondo, compreso quel comunismo che il Concilio non volle condannare, che Paolo VI volle corteggiare e che ha in “bella ciao” il suo inno retorico e falso.

Tanti fedeli si sono stupiti, tanti altri si sono indignati, purtroppo però non abbiamo letto o sentito che abbiano lasciato in massa la chiesa o che abbiano cacciato da quella chiesa i preti responsabili. Purtroppo, oggi i moderni fedeli cattolici finiscono con l’accettare qualunque cosa sia messo in essere per distruggere la loro fede… ormai ridotta evidentemente al lumicino.




Eppure, anche i neopreti della neochiesa dovrebbero sapere che canzoni come “bella ciao” sono il simbolo di coloro che nel 1945, a guerra finita, in Romagna, uccisero centinaia e centinaia di civili e, in odio alla religione cattolica, alcune centinaia di preti, compreso il seminarista quattordicenne Rolando Rivi, ucciso a colpi di pistola dopo tre giorni di percosse, umiliazioni e sevizie, perché non volle togliersi la talare e rinnegare  la sua fede.
Il 5 ottobre 2013 Rolando è stato beatificato, ma questi neopreti di Bologna preferiscono stare dalla parte dei suoi assassini.













Nota di un fedele indignato

http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2725_Fedele_indignato-Come_distruggo_il_Natale.html

Messa senza prete, prima la comunità, poi viene Gesù

Arrivano le prime segnalazioni alla Nuova BQ per la campagna #SALVIAMOLAMESSA. Come quella di Monica, dalla Francia. Dove ormai queste paraliturgie sono fatto comune perché - dicono i vescovi - “la comunità viene prima dell'Eucarestia”. Ma se Cristo viene dopo, su che cosa si fonda la comunione e quindi la comunità dei fedeli? Raccontate alla Bussola la vostra esperienza.

Ha suscitato, com'era comprensibile, molto interesse la campagna della Nuova BQ #SALVIAMOLAMESSA volta a far riflettere, e in alcuni casi a denunciare, la facilità con la quale molte diocesi decidono sempre più spesso di far celebrare la liturgia domenicale affidandola a laici, con la scusa del calo di vocazioni. E' una campagna che non vuole contestare l'usanza, permessa dal diritto canonico, di effettuare liturgie della parola in luogo della Santa Messa quando ve ne siano le condizioni gravi, ma che è volta a far riflettere sulla pericolosità di una tendenza sempre più radicata, di affidarsi a questi riti anche quando le condizioni non lo consentirebbero.

Abbiamo ricevuto molte segnalazioni in questi giorni, che pubblicheremo nelle prossime edizioni del giornale. Iniziamo però con una lettera che ci giunge dalla Francia dove questa pratica è ormai consolidata. Arriva da una lettrice che racconta il grave danno per la fede causato da questa abitudine e decidiamo di pubblicarla per prima perché in essa è contenuto un concetto fondamentale per inquadrare il problema: il ritenere la comunità dei fedeli centrale rispetto all'Eucarestia stessa, tanto da abbandonare la seconda per salvaguardare la prima. Questo concetto apre ad un interrogativo che ci rimanda ai tempi dei primi cristiani che si trovavano insieme per "spezzare il pane" e che riproponiamo come provocazione: se la celebrazione dell'Eucarestia - la santa messa - come dice il Concilio Vaticano II "centro e culmine della vita cristiana" viene meno perché vista come un servizio che si può sospendere a seconda delle esigenze più o meno discutibili, da che cosa sarà tenuta insieme la comunità? 

Nel frattempo invitiamo i lettori a segnalare i vostri casi di "messa senza prete" senza giustificato motivo a redazione@lanuovabq.it

***
Gentile redazione, dopo aver letto il vostro articolo vorrei testimoniare quanto accade in un altro luogo geografico della Chiesa, la Francia. Non posso parlare di tutta la Francia ma solo di quanto ho visto io negli anni nella zona a nord del Paese. I funerali ormai raramente li celebra il sacerdote, ma laici.

La celebrazione della Parola, quella liturgia che la gente comune chiama "messa senza prete" é tale e quale come la Messa, salvo omelia e naturalmente (per ora) preghiera eucaristica. In sostanza i laici si alternano nelle letture del foglietto. L'ostia consacrata in altra Messa é poi distribuita da laici. Qui il problema della mancanza di preti é ben più concreta che in Italia, ma di fronte alla possibilità di celebrare la Messa col sacerdote recandosi in una chiesa poco più lontano (in talune zone molto più lontano) viene addotto che la micro comunità non può essere spostata solo perché nella chiesa accanto c'é il sacerdote. La comunità viene prima, deve riunirsi la domenica (poco é percepito il fatto che non si realizza il precetto domenicale del sacrificio incruento) per celebrare la Parola. Una attenzione sempre più grande viene data al libro della Bibbia, alzato e quasi omaggiato da gesti corporei quasi più che l'Eucaristia. 

Ma se la comunità si riduce a pochi fedeli allora si chiude la chiesa. In tal caso l'accorpamento ad una più distante non pone problemi. 

Infine sollevo un tema per suscitare riflessione. Se i sacerdoti sono pochi realmente, o percepiti come pochi da alcune diocesi, come la mettiamo per le confessioni? Qui hanno trovato il sistema, due volte all'anno ci sono confessioni comunitarie, previste dal V2 in talune circostanze di gravità e necessità (un prete su una nave che sta per affondare e non può confessare tutti, un missionario che passa in una terra ogni morte di Papa, ecc.). Questi "giorni del perdono" possono avere sfumature differenti.

Per esempio alcuni prevedono un breve passaggio in fila indiana dal sacerdote per dire due, massimo tre peccati (il prete lo sottolinea, in barba al fatto che in confessione si devono enumerare tutti i peccati) e poi tornati al posto si ha l'assoluzione comunitaria. Altre prevedono che se non si vogliono dire i peccati si possa chiedere una sorta di benedizione della misericordia, non essendo chiaro se poi questo significa l'assoluzione o se l'assoluzione é sottintesa anche per queste persone al momento dell assoluzione comunitaria.

Insomma, una insalata mista. Per coloro che invece hanno la grazia di fare una confessione col sacerdote, spesso si trovano ad iniziare senza segno di croce, senza dover dire l'atto di dolore (non lo chiede più nessuno dei sacerdoti che ho incontrato recentemente) e senza fare la penitenza. O meglio, la penitenza per il fedele é ascoltare con pazienza le indicazioni del prete sui peccati detti: giustificazioni del nostro comportamento, invito a continuare in certe azioni derubricandole dalla lista dei peccati, ecc. Alla fine, per molti fedeli la via crucis non é data solo dai momenti nella vita, ma anche dal doverla attraversare senza una buona parte della gerarchia ecclesiastica.

Ma fuggiti tutti, a Gesù restarono Maria, un mistico e delle pie donne. A noi resta ugualmente Maria, qualche buon religioso che incontriamo nella vita, e dei buoni laici.
Monica

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