ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

lunedì 4 marzo 2019

Giustizia onoraria?

IL CASO DANILO QUINTO

Nota di Don Curzio Nitoglia 



Presento al lettore un breve resoconto dell’ultima udienza e della sentenza nel processo a Danilo Quinto.

Piccola nota informativa, il processo è stato intentato per la querela dell’On. Turco (esponente radicale), che si è sentito offeso dalle parole “servo sciocco” (citazione dal teatro di Goldoni), scritte nel libro del querelato “Da servo di Pannella a figlio libero di Dio”.

L’udienza finale è convocata alle ore 12.00 del giorno 16 gennaio 2019.   

Per chi è venuto ad assistere è deludente dover aspettare fin a quasi alle 16h.00. Forse il giudice sta tirando per le lunghe, anteponendo altri procedimenti a quello di Quinto? Chi può dirlo, certamente, se mai fossero stati presenti dei giornalisti se ne sarebbero già tornati in redazione.
Poiché il giudice (è un giudice onorario, che è stato cambiato in corso d’opera) ha diversi momenti di libera uscita, e gira tra il pubblico mentre l’aula è impegnata con altri procedimenti, si è sentito nella necessità di fare un commento (forse improprio?) ad alta voce verso le persone presenti, definendole “pubblico personale” dell'imputato Danilo Quinto (come fa a saperlo?). I processi sono pubblici, quindi il pubblico non è personale di alcuna delle parti coinvolte.

Tra l'altro fa battute anche sulla presenza dei sacerdoti (due) in talare... Detto per inciso i due rappresentanti del clero, stanno compostamente seduti e in piedi, recitando il rosario silenziosamente.

Ovviamente, quando finalmente inizia l’udienza, essendo trascorso così tanto tempo dall’ orario fissato, almeno metà delle persone venute per seguire sono andate via.

Viene interrogato Danilo Quinto, che cerca di spiegare dettagliatamente la sua assoluta mancanza di intento offensivo verso il querelante, non fosse altro per il fatto che lui ha definito se stesso servo del capo del Partito Radicale (Marco Pannella).

Interviene quindi la pubblica accusa che, per inciso, ricorda le battaglie del Partito Radicale e di Marco Pannella a favore della libertà di parola e di espressione (forse sente qualche disagio nel rappresentare l’accusa in questo processo?), e chiede per l’imputato una pena esclusivamente pecuniaria.

Interviene poi l’avvocato di parte civile (un dirigente dei Radicali, ex cognato - avendo la sorella divorziato - del querelante), che ribadisce con energia le accuse rivolte all’imputato (malgrado poi, fuori dall’aula, gli dia del tu e gli stringa calorosamente la mano), e chiede una pena maggiore di quella avanzata dalla pubblica accusa.

Il giudice durante la discussione ammonisce più volte le parti (soprattutto il querelato), interviene inoltre con commenti e considerazioni varie, attinenti le sue personali convinzioni.

Infine si giunge alla dichiarazione della difesa. La quale, tra l’altro, dichiara che farà istanza per il gratuito patrocinio, non avendo l’imputato alcunché per pagarne l’attività. Il giudice è molto attento alle comunicazioni della difesa, infatti compulsa e lavora con energia sul proprio telefonino. Forse, resosi conto che potrebbe essere male interpretata la sua singolare condotta (riservata esclusivamente allo spazio d’intervento della difesa), specifica, dopo aver ordinato di spegnere il microfono che registra l’udienza (unico mezzo ammesso in aula che consenta poi di trascrivere i verbali…), che la sua attività, intensissima, sul telefonino, è stata svolta inserendo nei motori di ricerca le parole “servo sciocco”.

Dopo tanto lavorio vuole condividere con tutti i presenti (sempre a microfono spento…) che molte pagine del web fanno riferimento al processo, viceversa Goldoni è rintracciabile molto indietro. Purtroppo, inoltre, tra le schede di internet è emerso un articolo del periodico “ImolaOggi”, dove si afferma che se Danilo Quinto fosse condannato, allora anche il responsabile della decisione sarebbe rappresentabile come un “servo sciocco”…

Quindi non si è distratto, ma ha letto articoli e commenti attinenti al processo.

Essendosi fatto tardi, e non potendo il giudice emettere immediatamente la sentenza (è necessario aspettare almeno le ore 18.00, perché?), con l’accordo delle parti, si decide che la sentenza venga emessa e letta il giorno 4 febbraio 2019.

Giunge il 4 febbraio, alla lettura del giudizio ci sono poche persone ad assistere, comunque il giudice onorario chiede agli avvocati presenti tra il pubblico di farsi riconoscere (escluse le parti ovviamente), perché? Si procede speditamente anche se in ritardo sull’orario di convocazione. La decisione è molto più dura, punitiva e penalizzante di quanto chiesto dall’accusa, c’è da rimanere sconcertati. Viene accolta nel totale silenzio dei presenti. Il giudice aggiunge che per lui è stata una decisione difficile e faticosa (pare quasi che voglia giustificarsi), su cui ha meditato molto…

Al termine dell’udienza il pubblico si dirige silenziosamente verso l’uscita. Stranamente, quasi fosse un fatto personale, il giudice insiste nel salutare più volte, con tono offeso, le persone che lasciano l’aula, quasi sia un dovere di coloro che assistono dover porgere i saluti al momento di andarsene. Per chiarezza va detto che imputato, pubblica accusa e avvocati delle parti salutano educatamente.

Sùbito fuori dall’aula accade qualcosa che fa pensare, l’avvocato dell’on. Turco, che conosce personalmente Danilo Quinto, gli si avvicina, gli da un buffetto sul viso come si fa con un vecchio amico, per consolarlo, e gli dice: “Non ti preoccupare, finirà tutto in prescrizione…”. Danilo Quinto sorride e si congeda con garbo.

Alcune considerazioni a margine. Nessun giornale ha seguìto in aula la vicenda. I Radicali sono soliti, per consolidata tradizione, trasformare i processi in eventi mediatici per alimentare la propria immagine politica, in questo caso, al contrario, il profilo è stato bassissimo, il querelante, l’attore dell’azione, non è stato presente. Assenti i giornali, anche quelli sedicenti cattolici.

Un politico della I Repubblica, che veniva appellato con il nome di un diavolo, diceva: “… a pensar male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca…”. L’intento del processo è stato quello di “castigare” chi ha rinnegato la famiglia radicale per una conversione cattolica-tradizionale? Il processo non doveva essere né sollecitato, né tantomeno fatto. È stato un processo politico, come politiche sono le valutazioni riportate nel libro. È   scandaloso per un Partito che rivendica la libertà d’espressione e di pensiero sporgere querela per una valutazione politica, è scandaloso per un sistema che si dichiara libero e democratico assecondarne la suscettibilità.

Il commento più adeguato a quanto accaduto è di una signora che uscendo dall’aula ha detto: “la vera giustizia non è di questo mondo, ma dell’Altro…”.

INTERVISTA
A DANILO QUINTO
a cura di Don Reto Nay 
 
Pubblicata il 24 febbraio 2019 su Gloria TV


L’autore e conferenziere Danilo Quinto è sposato, con un figlio.
È stato prima militante del Partito Radicale e poi membro del gruppo dirigente,
dal 1987 al 2005, anno in cui presentò le sue dimissioni, perché abbracciò la fede cattolica.
Da servo di Pannella diventò servo inutile di Dio.
Ha pubblicato nove libri e migliaia di articoli e ha tenuto conferenze in tutt’Italia.




Danilo Quinto, il 4 febbraio lei è stato condannato a Roma a sei mesi di reclusione, con pena sospesa e ad un’ammenda di 2.000 euro, oltre al pagamento delle spese processuali.

Sì, sono stato condannato in base ad una denuncia di Maurizio Turco, membro del Partito Radicale, il mio ex-partito. 

Perché?
Nel mio primo libro, Da servo di Pannella a figlio libero di Dio (2012), l’ho definito in corsivo “servo sciocco”.



Se uno dice “servo sciocco”, in Italia lo condannano a sei mesi di carcere?

A me è accaduto. Qualcuno mi dice che sia una condanna senza precedenti nella giustizia italiana.

Chi è Maurizio Turco?
È un ex-parlamentare europeo e più volte italiano. Ora è rappresentante legale del Partito Radicale. Dopo la morte di Marco Pannella – nel maggio 2016 – divenne Presidente della Lista Pannella. Questa lista è titolare di tutti i beni radicali, gli immobili, il Centro di Produzione SpA-Radio Radicale e le entrate provenienti dai finanziamenti pubblici.

Turco sembra più “padrone” che “servo”?
Non posso commentare. Quel che posso dire è che nel Teatro italiano – pensiamo a quello di Carlo Goldoni, ad esempio – e nella Commedia dell’Arte, “servo sciocco” è una metafora, un’espressione benevola ed io in questo senso l’ho usata, come la usano tanti. 

Turco avrà una personalità molto delicata?
Pur conoscendolo da 35 anni, preferisco non rispondere a questa domanda. Sono documentate altre espressioni che sono state dirette a lui da esponenti storici del Partito Radicale dopo la morte di Pannella, e pubblicamente.
Gianfranco Spadaccia definì Turco durante il Congresso di Radicali Italiani nell’ottobre 2016 come «plenipotenziario». Aggiunse: «Voi date per scontato che esistiamo noi e poi esistono i seguaci di Maurizio Turco». Oppure: «Radio Radicale non può essere una questione ereditaria, di lascito a Maurizio Turco».
La Bonino l’ha chiamato, durante lo stesso congresso, “unumviro”, riferendosi ai “quadrumviri” che erano stati eletti, mentre Turco fu eletto come coordinatore e rappresentante legale.
Roberto Cicciomessere l’ha accusato di «ritenere di aver avuto da Dio il mandato di essere depositario del verbo radicale», di «alzare la bandiera di Pannella e non fare niente» (riunione del 14 luglio 2016). Al Corriere della Sera (18 luglio 2016) ha detto: «Ciò che gli interessa è impossessarsi del brand Radicale, della presa di possesso del partito transnazionale che giustifica il possesso del patrimonio radicale».
Nessuno di costoro è stato denunciato per diffamazione.
In quale contesto lei ha utilizzato le parole “servo sciocco”?
Nell’autunno 2003, quando ero Tesoriere sia del Partito Radicale sia di Radicali Italiani, il gruppo dirigente radicale si riunì prima dell’elezione dei nuovi responsabili ed espresse una votazione unanime sulla mia ricandidatura. Nonostante ciò, Rita Bernardini, membro del gruppo dirigente, si autocandidò. In questo contesto scrivo a pagina 63: «Il servo sciocco di Pannella, Maurizio Turco e l’allora adorato segretario di Radicali Italiani, Daniele Capezzone – mi invitarono a contrapporre la mia candidatura a quella di Rita Bernardini, proprio loro che erano stati tra i maggiori artefici della mia defenestrazione».

Una tale frase, nascosta in un libro, vale sei mesi di carcere?
Questa frase era riportata nella denuncia che ricevetti nel mese di settembre del 2012. Fu l’unico “capo d’imputazione” del rinvio a giudizio ricevuto nel mese di settembre 2016, avvenuto per decreto, come si dice in termine tecnico, cioè senza avere nessun’altra notizia per 4 anni e senza essere ascoltato nella fase preliminare.

Non è stato accusato d’altro?

No, solo questo. Nella denuncia dei radicali era riportata un’altra frase del libro, a pagina 74: «Quelli furono anni di contrasto fra Bonino e Pannella e le riunioni si volgevano sul tema che cosa fa per il Partito la Bonino a Bruxelles? Era un dissidio solo apparente, alimentato da Pannella e ampiamente pilotato dai due, usato in maniera strumentale per dividere, all’interno, i membri di un gruppo dirigente in realtà inesistente, acefalo, incapace di prendere qualsiasi decisione senza il previo consenso del suo padre-padrone».

Non ho capito il problema…
Sottolineavano il termine “acefalo”, che come ben si comprende era riferito all’intero gruppo dirigente e non ad una singola persona. 

Si aspettava una denuncia per “servo sciocco”?

No. Nel libro documentavo invece verità scottanti, comportamenti inquietanti dei soggetti radicali ed esprimevo giudizi molto duri sulla realtà che avevo vissuto dentro il partito. Questi fatti non sono stati oggetto di alcuna denuncia.

Faccia un esempio…
Scrivevo del mio rammarico di aver trascorso tanto tempo della mia vita «in un luogo profondamente anti-umano, sordido, torbido, generatore di odio». Aggiungevo che «Il Partito Radicale è un luogo dove le vite individuali non sono considerate come un valore in sé, ma per quello che possono utilmente produrre per una causa che è solo apparentemente collettiva. In realtà riguarda solo una ristretta cerchia di persone, quelle che il padrone sceglie in base ai suoi desideri».

Quando è iniziato il processo per “servo sciocco”?
Si è aperto in primo grado nel mese di novembre 2016. Due anni più tardi, nel febbraio 2018, il pubblico ministero, nel corso di un’udienza, chiese al giudice di aggiungere un secondo “capo d’imputazione”, che riguardava sempre il reato di diffamazione. Un fatto, mi sembra, abbastanza inusuale.

A che cosa si riferiva il giudice?
Si riferiva a pagina 74 del libro. Lì scrivo di Turco, allora capo della delegazione radicale alla Camera dei Deputati, che si affidò a Pannella per dirimere le questioni con sua moglie, la sorella dell’avvocato di Pannella, Giuseppe Rossodivita, e per decidere la relativa separazione. Turco mi disse: «È stato Marco ad aiutarmi. È venuto a casa nostra a Bruxelles, a cena, e ha deciso e sistemato tutto lui». Commentavo nel mio libro: «Pannella si assumeva anche questi compiti: nella sua infinita bontà diventava per i suoi adepti anche sensale o guastatore di unioni pseudo-matrimoniali».

È vero questo episodio?
Sì. Mi era stato confidato dal protagonista, il quale ha confermato in udienza di essere stato sposato e di aver divorziato. Nel libro questo episodio serviva per spiegare come Pannella intervenisse – come amico-consigliere – nei confronti di tutti, per dirimere anche i loro rapporti privati. Il giudice dell’epoca – che qualche mese dopo sarebbe stato sostituito da un giudice, questa volta onorario – accolse la richiesta del pubblico ministero. In un’udienza successiva, nel mese di giugno 2018, furono ascoltati quattro testimoni a mia difesa, che confermarono quale fosse il ruolo di Pannella nel Partito Radicale e i suoi rapporti con Turco e nei confronti degli altri dirigenti.

Non ha mai avuto paura di questo processo?
Dio insegna che bisogna temere solo Lui. Così è stato per me, nonostante gli oltre due anni di iter processuale. Il mio legale – nonostante il mio scetticismo – mi ha espresso più volte la certezza che al massimo per “servo sciocco” avrei potuto ricevere una multa. 

Perché pensava così?
Olivero Toscani nel dicembre 2014 disse nel corso di una partecipazione alla trasmissione radiofonica La Zanzara, quando gli mostrarono le foto di Matteo Salvini a torso nudo: «Ma poverino, non ha proprio niente da fare. In quelle foto sembra un maialino sotto il piumino. Uno che dice di uscire dall’Europa e poi si fa fotografare così». Aggiunse: «Salvini fa i pompini, va benissimo per quello. A chi li fa? Salvini fa i pompini ai cretini, fa anche rima. Prende per il culo chi lo vota».

E il verdetto?
Nel luglio 2018, Toscani è stato condannato ad una pena pecuniaria, 8.000 euro più le spese legali, per espressioni che mi pare fossero ben più gravi delle mie. Di solito, i processi per diffamazione si concludono così: con una multa.

Per lei, invece, sei mesi di reclusione?
Sì, nonostante la richiesta del pubblico ministero fosse stata solo di 3.000 euro di ammenda. Il giudice è andato ben oltre questa richiesta. Leggeremo le motivazioni, che ha tempo 90 giorni per depositare. 

C’è un altro punto interessante…
Sì, nel dispositivo della sentenza, letto in aula, il giudice non ha disposto il sequestro del libro, che penso sia ancora acquistabile attraverso Amazon o nei circuiti librari. Dopo il deposito delle motivazioni, ci sarà la possibilità di proporre l’appello. La pena pecuniaria comminata, invece, è immediatamente esecutiva. La richiesta di pagamento delle spese processuali arriverà nel tempo e si aggiungerà a quelle che mi sono state comminate per gli altri processi. Intanto, questa sentenza, “fa Giurisprudenza”, come si dice e in questo senso dovrebbe interessare tutti, anche al di là del caso personale.

Lei scrive sul suo sito http://daniloquinto.tumblr.com/: «Sulla mia vicenda, è assordante il silenzio di tutti coloro i quali sono abituati a “gridare dai tetti” e a “pontificare”».

Mi riferisco al mondo cattolico italiano, che ha inteso tacere sulla mia condanna.

Perché tacciono?
Per convenienza e per complicità. Forse anche per odio nei miei riguardi.

Odio?
Non mi riferisco alle singole persone, quelle semplici, che hanno compreso il percorso ed il senso della mia testimonianza. Ringrazio dal profondo del cuore queste persone, che a centinaia stanno inviando messaggi di solidarietà alla mia email (pasqualedanilo.quinto@gmail.com) e stanno acquistando il mio ultimo libro, Dio o Mammona – Non si possono servire due padroni, che in questi giorni è stato ristampato, perché esaurito.

A chi si riferisce, allora?
Alle “consorterie” e alle “sette” che di quel mondo fanno parte, alla stampa cattolica, ai giornalisti e scrittori cattolici, ai “pensatori” cattolici ed anche ai parlamentari che si definiscono cattolici.

Come si spiega questo?
Ho toccato con mano, prendendo atto di questo silenzio, quel che mi diceva il mio caro amico Mario Palmaro: l’inesistenza dei cattolici, che pur vedendo sorvolare sulle loro case gli elicotteri guidati dai Viet-Cong, tacciono. Si crogiolano nella loro tiepidezza, la cosa meno amata da Dio, come si legge nell’Apocalisse di San Giovanni: «Perché sei tiepido e non sei né freddo né caldo, io sto per vomitarti dalla mia bocca».

Il cattolico moderno ha smesso di combattere…
cattolici professionali fanno finta di combattere. In realtà, si sottomettono docilmente alla cultura dominante, al pensiero unico.

Vogliono vivere in pace con i potenti…
Si può dire così, ma Cristo ha insegnato: «Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada» (Mt 10,34). Certo, Cristo ci dà anche la pace, ma «non come la dà il mondo» (Gv 27,14). Perciò la Chiesa non deve perseguire la pace in questo mondo, che appartiene ai potentati delle tenebre ed è macchiato dal peccato originale. Deve dire la Verità. Anzi, gridarla dai tetti. Tutta intera. Senza compromessi. Senza inseguire il male minore, perché il suo compito è quello di salvare, non d’ingannare, le anime.

Sembrano delle cose ovvie.
Autorevoli esponenti cattolici mi dicono invece che uso un linguaggio “contundente”. O che la Verità non dovrei dirla, altrimenti rimango solo.

Perché non segue questi consigli?
Perché tento di stare dalla parte di Dio e, stando con Dio, so di essere maggioranza. Il Signore non ha bisogno di tanti uomini. Ne scelse 12, uno lo tradì, ma gli altri 11, insieme a San Paolo e ai loro discepoli, evangelizzarono il mondo allora conosciuto, a partire dall’Impero Romano.

Qual è il suo aiuto spirituale?
Il Vangelo. Ho tentato, in questi anni, di viverlo ad litteram. La mia guida è il capitolo 6 di San Matteo, come mi ha insegnato, all’inizio della mia conversione il mio padre spirituale: «Non abbiate paura degli uomini». Oppure: «Quello che ascoltate all’orecchio voi annunciatelo dalle terrazze». Oppure: «Chi mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli». Ecco la mia guida.

Mt 6 vale per tutti…
Per questa ragione, accuso le “consorterie” e le “sette” che si definiscono cattoliche di non aver proclamato la Verità in faccia all’ideologia che sto combattendo. 

Può essere più concreto?
Anni fa un parlamentare “cattolico” mi disse che il Governo Berlusconi continuava a dare 15 milioni di euro alla Radio Radicale di Pannella – come avevano fatto tutti i Governi precedenti (Amato, Prodi, D’Alema) e come avrebbero fatto i Governi successivi (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni) – “per farlo divertire”.

Sta scherzando?
Eh, no! L’ho scritto in uno dei miei libri e non sono stato smentito. Un altro parlamentare “cattolico” mi confidò che aveva apposto la sua firma in calce a un appello perché lo Stato desse nei tempi stabiliti e senza ritardi i contributi pubblici a Radio Radicale «perché glielo aveva chiesto un amico al quale non poteva dire di no». Anche questo l’ho scritto.

Come si chiamano questi due parlamentari “cattolici”?
Gaetano Quagliariello (di provenienza radicale, eletto al Senato alle ultime elezioni politiche nella coalizione di centro-destra, in quota IDeA) e Eugenia Roccella (anche lei di formazione radicale, eletta due volte alla Camera nelle liste del PdL). Quando morì Pannella, entrambi intervennero nel dibattito parlamentare che lo commemorava. Il primo affermò: «Oggi di luoghi di formazione, in fondo gratuiti e generosi, come quello che il Partito Radicale di Pannella ha incarnato, non ne esistono più. E questa è una perdita secca che condiziona la qualità della classe politica e quindi la ricchezza stessa della nazione».

E la Roccella?
La Roccella disse: «Lui ha lasciato a tutti noi e a chi ha condiviso, per lungo tempo o anche per brevissimo tempo, la sua storia e la sua avventura personale». Disse poi a proposito dell’insegnamento che lasciava in eredità Pannella: «la politica non è legata alle convenienze, ma è legata alle convinzioni, profondamente legata alle convinzioni». Questo, secondo la Roccella, era «la bella politica che lui faceva e che ha insegnato a tutti noi».

Roba da matti…
Questi non sono casi isolati. Massimo Gandolfini, il leader catecumenale del FamilyDay, alla morte di Pannella, disse a Radio Radicale: «Ho un ricordo sul piano umano molto buono e molto bello». 

Ci sono altri esempi?
Purtroppo, sì. Tanti. Costanza Miriano, affermata scrittrice cattolica, nel 2013, in piena campagna per l’elezione del Presidente della Repubblica, scrisse sul suo blog un articolo intitolato Gesù Cristo è morto in croce anche per Emma Bonino, tralasciando e omettendo di dire che la misericordia divina si manifesta solo se c’è un pentimento che, nel caso della Bonino, avendo lei commesso pubblico peccato, dev’essere pubblico.

Sembra che i cattolici sono presi dalla follia collettiva…
Difatti. Mario Adinolfi, nel 2016, dal palco del suo congresso del Partito della Famiglia, ringraziò Radio Radicale per la registrazione dell’evento, come faceva Andreotti durante i congressi della Democrazia Cristiana. Entrambi questi ultimi illustri cattolici, per presentare i loro libri, accettano gli inviti di Radio Radicale. 

Accettano un invito della radio del partito dell’aborto per eccellenza?
Esatto. Adinolfi si è addirittura fatto intervistare a casa sua. Ma non è ancora finita. Un altro cattolico, Bruno Tabacci, offre a Emma Bonino – e lei accetta – l’utilizzo del simbolo del suo partito, Centro Democratico, al fine di esentarla dalla raccolta firme per l’elezione del Parlamento del 2018 e così sarà per le elezioni europee: presenteranno una lista in comune, “+ Europa”. 

E l’ultimo esempio?
L’ultimo esempio l’ha dato il Ministro Grillo, del Movimento 5 Stelle, che in questi giorni ha nominato nel nuovo Consiglio Superiore della Sanità, due membri dell’Associazione Radicale Luca Coscioni. Condivido il commento che a questo proposito appare sul sito di Maurizio Blondet: «Tanto valeva votare per Emma Bonino e Più Europa».

Sapevamo che la politica è corrotta, ma a questo punto?
Guardi, non sono neanche i peggiori. Si ricorda delle telefonate private a Pannella di Bergoglio, avvezzo a separare i suoi “vizi privati” dalle “pubbliche virtù”?

E poi la Bonino è comparsa in Vaticano come la Madonna a Lourdes…
Difatti, Bergoglio ha invitato la zia d’Italia – come lei si definisce – in Sala Nervi, alla presenza di 6.000 bambini. 

Ma non è finito lì…
Purtroppo, no. Successivamente, Bergoglio, dalle pagine del Corriere della Sera (8 febbraio 2016) l’ha prima inserita tra i “grandi dell’Italia di oggi”, insieme a Giorgio Napolitano, aggiungendo: «Mi dicono: è gente che la pensa in modo molto diverso da noi. Vero, ma pazienza. Bisogna guardare alle persone, a quello che fanno».

Bergoglio ci ha guardato?
Dubito. Ha perfino dato la sua adesione politica alla campagna Ero straniero – l’umanità che fa bene. Sostituzione della popolazione europea e meticciato sono princìpi che accomunano il pontefice regnante e la Bonino, la leader mondiale dei diritti umani, che fa parte del board dell’Open Society Foundation del miliardario George Soros. Uno più uno, in questo caso, fa tre.

Hanno fatto parlare la Bonino anche nelle Chiese…
È vero. È accaduto a Biella, nella chiesa cattolica di Ronco di Cossato, nel luglio 2017, dove ha spiegato la necessità che l’Italia accolga almeno 300.000 migranti ogni anno e a Napoli, nel febbraio 2018, nell’ipogeo della Basilica dell’Incoronata Madre del Buon Consiglio a Capodimonte, durante la campagna elettorale. Né il Vescovo di Biella né il cardinale di Napoli l’hanno impedito.

Perché la gerarchia si permette tali scandali?
Perché l’ideologia della Bonino – sugli immigrati e su tutto il resto – è divenuta “pensiero liquido” e, in quanto tale, ha contagiato la gerarchia cattolica. 

Papa Francesco dovrebbe dunque leggere il libro di Quinto…

Mi pare proprio di sì, ma non credo che lo farà. Glielo inviai, anni fa. Così feci con Benedetto XVI. La risposta di entrambi furono due righe burocratiche delle loro segreterie. Forse non solo loro dovrebbero leggerlo, considerato che mi sembrano circondati da estimatori di Pannella e Bonino e dell’ideologia di cui anch’io sono stato protagonista.

Magari non solo estimatori, ma anche imitatori?
Questo sarebbe gravissimo. Descrivo il Partito Radicale nel mio libro come «un luogo dove non esiste la libertà di pensare e quindi di agire, di dire la propria opinione, dove la menzogna viene usata costantemente. C’era sempre uno strato, quello più importante, di cose non dette, tenute nascoste». Spero che nel Vaticano di Bergoglio non sia così.

Lei parla anche di sfruttamento del personale.
Lavorando per i Radicali, ho visto un luogo che non dedicava nessuna dignità a chi lavorava, anche per 13-14 ore al giorno, senza una contropartita economica adeguata e senza una prospettiva di lavoro certa.

La promiscuità sessuale?
Nel libro scrivevo questo: «I rapporti privati si dovevano consumare solo all’interno, in una situazione claustrofobica, delirante, di promiscuità sessuale. Vivevamo in una specie di famiglia allargata, dove con disinvoltura si lasciava il proprio partner, per accasarsi con quello o quella della porta accanto, magari più in carriera in quel momento. Da questo gioco non ci si poteva sottrarre, perché tutto quello che era privato era anche pubblico, e viceversa e perché, sottraendoti, non facevi più parte del cerchio magico».

Lei menziona anche l’omosessualità di Pannella?
Descrivevo quello che ho vissuto e scrivevo così: «Il massimo della gratificazione era per i dirigenti del partito salutare Pannella baciandolo sulle labbra. Pannella si presentava in riunione, mano nella mano, con l’ultimo dei suoi fidanzati ventenni e lo imponeva come futuro dirigente o futuro parlamentare. Il consumo di rapporti omosessuali determinava il premio a questo o a quello, e l’ideologia dell’omosessualità era dominante».

L’abuso dei membri di partito?
Le riunioni potevano iniziare alle 7 della mattina o durare fino all’una di notte, per giorni e giorni interi. Tutti dovevano sapere tutto di tutti, per poi utilizzare le informazioni, al momento opportuno, contro questo o contro quello, a seconda delle cordate e delle alleanze che si formavano. Le vacanze erano considerate un delitto contro il corpo – mistico – del partito, che supera e ingloba tutto.

E il denaro?
Nel Partito Radicale il denaro – tanto denaro – veniva dilapidato in base solo ai desiderata di Pannella, senza che nessuno potesse aprire bocca per proporre scelte alternative, ragionevoli e di buon senso. 

Con tutto ciò, i Radicali sono diventati i santi del Vaticano attuale?
Non solo per Bergoglio, anche per suoi seguaci. Sulla sua scia – i realisti sono sempre più pericolosi del Re – altri esponenti del mondo cattolico hanno esaltato le presunte qualità dei radicali. L’ex portavoce vaticano Padre Federico Lombardi, alla morte di Pannella, il 19 maggio 2016, dichiarò: «Lo ricordo con stima e simpatia, pensando che ci lascia una eredità umana e spirituale importante, di rapporti franchi, di espressione libera e di impegno civile e politico generoso, per gli altri e in particolare per i deboli e i bisognosi di solidarietà».

Uno scherzo da preti?
Sembra proprio. Ma non finisce qui. Giovanni Maria Vian, allora direttore de L’OsservatoreRomano, nel dicembre 2010 va a Radio Radicale per celebrare, con una lunga intervista, i 150 anni del giornale del papa, affermando, tra l’altro, che «vi possono essere battaglie culturali che sono comuni o possono esserlo» e confermando la simpatia – più volte evocata da Pannella – che Giovanni Paolo II avrebbe nutrito nei confronti del leader radicale. 

Follia collettiva anche in Vaticano?
Non giudico. Riporto dei fatti. Mons. Vincenzo Paglia, presidente della PontificaAccademia per la Vita, nel mese di aprile 2014, incontrò in ospedale Pannella, appena operato. Pannella brindò «ai comandamenti di coscienza e a Sant’Egidio», aggiungendo: «Chillu [riferendosi a Papa Francesco] ieri mi ha detto ‘Coraggio, vai avanti’». Alla fine dell’incontro, Paglia disse: «Ti dò un abbraccio, di cuore e ricordati che tutti, tutti abbiamo bisogno di te».

Certo, soprattutto i bambini abortiti e i morti di AIDS…
Paglia non sembra rendersene conto. Nel mese di febbraio del 2017, durante una visita nella sede del Partito Radicale, disse: «Pannella, uomo di grande spiritualità», «la sua è una grande perdita per questo nostro Paese», «ha speso la vita per gli ultimi, in difesa della dignità di tutti», «sa aiutarci a sperare nonostante le notizie, la quotidianità ci metta a dura prova», «Il Marco pieno di spirito continua a soffiare», «Pannella diceva: è lo spirito che nonostante tutto muove la storia e a noi chiede di assecondarla e di continuare a soffiare nel suo verso»; chiamò Pannella un «ispiratore di una vita più bella», disse che il mondo ha bisogno «di uomini che sappiano parlare come lui», aggiunse, infine: «io mi auguro che lo spirito di Marco ci aiuti a vivere in quella stessa direzione».

Allucinante…
Si narra che Marco Pannella, sul letto di morte, abbia detto ai suoi compagni: «Tranquilli, abbiamo vinto». Emma Bonino – in qualsiasi sondaggio si realizzi in Italia – è seconda per popolarità solo al Presidente del Consiglio di turno. Per me, la ragione è la seguente: i radicali hanno fatto il loro mestiere. Altri, no.

In che senso?
Hanno compiuto e continuano a compiere dei crimini contro la legge divina e il Papa e i vescovi sembrano essere diventati i loro chierichetti.

Si spieghi…
Quando Nostro Signore si reca al Getsemani, prende con sé Pietro e i due figli di Zebedeo, che poi dormono invece di pregare (Mt 26, 36-39). Come i tre discepoli, la gerarchia cattolica del post-Sessantotto – fagocitata dal desiderio espresso dal Concilio Vaticano II di “riconciliarsi” con il mondo e perfino di «chiedergli perdono» – ha preferito dormire, piuttosto che pregare e testimoniare la fede.

I pastori non hanno visto il pericolo?
Pochissimi sono rimasti svegli, mentre l’ideologia radicale ha disseminato la sua presenza in quasi tutte le formazioni politiche, nella società ed anche nel Vaticano.

I cattolici che cosa hanno fatto?
Hanno dormito assieme ai loro pastori, che avrebbero dovuto guidarli. 

Perché Pannella sentiva di aver vinto?
Perché sapeva che la sua ideologia era divenuta di massa. Egli aveva fatto il suo mestiere e aveva agito politicamente, con grande intelligenza e maestria, nel ventremolle della società italiana. Lui lo chiamava il «fiume carsico che scorre nelle vene dell’Italia». Una società inquinata dal punto di vista religioso e, quindi, civile, da sessant’anni di pastorale post-conciliare che si è posta – come aveva dichiarato Paolo VI nel discorso conclusivo del Concilio Vaticano II – al servizio del mondo, dei suoi bisogni e dei suoi desideri, eliminando Gesù Cristo e la Sua Regalità, dalla vita delle persone. Pannella ha vinto perché altri non hanno fatto il loro mestiere. Ha vinto insieme alle decine di milioni di cattolici che in questi anni hanno divorziato, hanno abortito, hanno usato i sistemi anti-concezionali, concorrendo a eliminare in Italia oltre 6 milioni di persone in 40 anni. Insieme ai parlamentari che si definiscono cattolici che in Parlamento hanno votato le leggi proposte dai radicali. Insieme ai Presidenti della Repubblica e del Consiglio e ai Ministri cattolici che le hanno firmate. Insieme a quella “Nuova Chiesa”, che invece di combattere quell’ideologia, l’ha assecondata.

Come siamo arrivati a questo punto?
Sembrerà strano, ma un ruolo determinante l’hanno giocato le elargizioni di denaro pubblico.

In che senso?
I Radicali sono stati bravi ad incassare per decenni da parte dello Stato, centinaia di milioni euro per la loro Radio, uno strumento di propaganda formidabile, che ha contribuito in modo determinante ai loro successi.

Questo continua con il Governo attuale?
Il Governo Conte è intervenuto per diminuire l’introito annuale che Radio Radicale ha incassato per oltre vent’anni. Ora, i radicali si stanno mobilitando per impedire che questo accada. «La chiusura di Radio Radicale riguarda tutti», titolava Il Manifesto di qualche giorno fa. Si è appena concluso il Congresso Italiano del Partito Radicale. Sa qual è stato l’intervento di apertura?

Ci dica…
Quello di Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, già Ministro della Giustizia, “cattolico”.

Che cosa significa?
Significa che un “cattolico” sostiene l’ideologia radicale. Nonostante abbia dichiarato di non essere radicale, ha affermato: «Esprimo tutta la mia gratitudine e tutto il mio apprezzamento a Radio Radicale». Non c’è bisogno di avere la tessera radicale per sostenere quest’ideologia.

Perché i radicali hanno lanciato questa campagna?
La convenzione per la trasmissione delle sedute parlamentari da parte di Radio Radicale è stata prorogata per un solo semestre del 2019. Radio Radicale non avrà più risorse per proseguire l’attività, dicono i radicali, nonostante i 5 milioni che restano della convenzione e i 4 milioni della legge sull’editoria.

Dunque?
Paventano la chiusura della loro radio nel mese di maggio. Adesso si stanno attrezzando – come molte volte hanno fatto in passato, coinvolgendo Presidenti della Repubblica e Presidenti emeriti della Corte Costituzionale, che si sono sempre prestati ai loro desiderata – per scongiurare questa chiusura, rinunciando a trovare nel mercato privato le risorse a loro dire necessarie.

E i cattolici?
Si può scommettere sul fatto che i “cattolici” lasceranno fare, non si opporranno, non perseguiranno il bene. Comunque, non tutti: l’eliminazione totale di qualsiasi elargizione pubblica a favore di Radio Radicale sarà la mia battaglia dei prossimi mesi.

Vedo che lei a dispetto delle persecuzioni non molla…
Neanche di un millimetro. Non sono disposto a compiere nessun compromesso di nessuna natura. Sono figlio di Dio e tanto mi basta. Ai miei nemici, che ho perdonato, dedico le mie povere preghiere.

Ha una preghiera preferita?
Sì, il Padre Nostro. Lì diciamo che «Sia fatta la Sua volontà, come in Cielo così in Terra». Alla volontà di Dio dobbiamo tendere, non a quella degli uomini. Chiediamo a Dio di «darci il nostro pane quotidiano», senza guardare alle cose della vita, ai beni materiali, che sono di ostacolo alla vita eterna. Pannella, la Bonino, i Radicali, i giudici, i cattolici taciturni sono solo degli uomini che ho incontrato nella mia vita, ma la mia vita non appartiene a loro, ma a Dio.

Le sofferenze?
Dio è esigente e dolce. Ti forgia nel dolore e nella sofferenza, la stessa che il Suo Figlio ha vissuto con la Croce, ma non ti abbandona mai. 

Ci dica come ha tolto dalla sua vita la piovra Radicale?
Nel 2003 ho ritrovato la fede, grazie a Dio e allo strumento che scelse, mia moglie Lydia. Ci sposammo in Chiesa e siamo diventati genitori. Allora decisi di dimettermi da Tesoriere del Partito Radicale e da ogni incarico.

Lo fece subito?
No, attesi due anni per prendere questa decisione. Quest’attesa fu dovuta alle mie angosce di allora, che derivano dalla mia preoccupazione di non essere in grado di far vivere la mia famiglia appena costituita, con un figlio che aveva qualche mese. Non avevo un’alternativa di lavoro, né avevo patrimoni di qualsiasi natura sui quali contare. Ero stato pagato per vent’anni a prestazione occasionale. Ma dovevo sopportare l’ostilità dei Radicali nei miei confronti, che si manifestò dopo la mia conversione.

Questa è la gente lodata e ringraziata dal Pontefice e dai suoi cortigiani?
Proprio così. Ebbi un ultimo incontro con Pannella, nel quale gli chiesi i miei diritti di lavoratore. Pannella, prima m’invitò insistentemente a continuare a collaborare con lui, poi, di fronte alla mia posizione ferma, si riservò di darmi una risposta. Trascorsero alcune settimane e, così come gli avevo preannunciato, a seguito della mancata risposta, aprii la causa di lavoro.

Come finì?
Nel 2013 l’ho persa, con ricorsi rigettati senza neanche aprire la causa, sia in primo sia in secondo grado. Mi condannarono a pagare le spese processuali: 15.000 euro per il primo grado di giudizio e una cifra quasi analoga per il secondo grado. I giudici rigettarono i ricorsi e negarono l’esistenza di un lavoro svolto per vent’anni sotto la forma occasionale, le differenze retributive, le ferie non godute, la liquidazione, i contributi previdenziali, i danni per i contributi prescritti e la pensione. Così sono rimasto senza liquidazione e senza pensione. A 63 anni compiuti.

Pannella non si fece più vivo?
No. Invece dopo alcuni mesi dall’apertura della causa di lavoro, ricevetti una telefonata da un maresciallo incaricato dalla Procura della Repubblica di Roma, che mi convocò per darmi notizia di una denuncia dei Radicali nei miei confronti. Nei vent’anni precedenti, mai era stata fatta una sola contestazione del mio operato.

Una denuncia?
Mi accusavano di indebite appropriazioni di somme pari a circa 200mila euro, dal 1999 al 2005. Erano i miei stipendi, sui quali avevo pagato le tasse. Queste somme erano tutte regolarmente contabilizzate, oggetto di ricevute e dichiarate nei bilanci, illustrati nelle mie relazioni, visionabili e approvate in Congresso. La denuncia formulata era per truffa, poi derubricata d’ufficio in appropriazione indebita.

Com’è stato possibile?
I radicali utilizzarono anche la testimonianza di una persona che aveva collaborato con me per dieci anni. Era stata oggetto di una lettera di licenziamento un anno prima, nell’aprile 2005, da parte della società Torre Argentina Servizi, proprietaria dell’immobile della sede radicale di Roma. In seguito, continuò a lavorare per loro.

Fu rinviato a giudizio?
Sì, nel maggio del 2007. Non ho conosciuto il giudice che mi rinviò a giudizio, ma conoscevo suo padre, sin dagli anni ’80. Frequentava i congressi radicali.

Come andò il processo?
Come doveva andare. Il processo di primo grado durò poco meno di due anni. In una delle udienze, il presidente del Tribunale chiese alla testimone citata dai Radicali se le avessi mai detto di occultare nei bilanci le somme di denaro che mi accusavano di aver sottratto. Lei rispose che io le avevo dato disposizione di esplicitarle nel modo più visibile. Quindi, quelle somme di denaro – ripeto, i miei stipendi – erano a conoscenza di tutti.

Pannella si disinteressò del processo?
No, venne persino a testimoniare. Dopo più di vent’anni di lavoro comune, in cui mai mi aveva contestato nulla e più volte mi aveva ringraziato, anche pubblicamente, mi definì «impostore, dedito tecnicamente ad attività truffaldina». Accettai queste ingiurie con spirito umano di sopportazione.

E la conclusione del processo?
Nell’ottobre 2009 fui condannato a 1 anno e 10 dieci mesi di reclusione, con pena sospesa e non menzione. Mi condannarono inoltre al pagamento di una provvisionale esecutiva di circa 200.000 euro, senza neanche decidere una perizia.

Ha pagato questa somma ingente?
Come potevo? I 200.000 euro non avrei mai potuto restituirli. Come Tesoriere ho gestito decine e decine di milioni di euro ed ho avuto a che fare con centinaia di fornitori, ma io, oltre a non possedere soldi o diamanti all’estero, non possiedo neanche una macchina. Mi hanno messo persino nella condizione di dover difendere beni di altri.

In che senso?
Nell’aprile 2010, il Partito Radicale agì attraverso l’ufficiale giudiziario, che si presentò a casa nostra con un atto di pignoramento relativo alle somme di denaro statuite nella sentenza. Da qualche mese, ci eravamo trasferiti a Bari, in una casa in affitto, che conteneva mobili antichi, molto belli e pregiati della proprietaria.

I mobili erano un problema?
Sì. Questi beni potevano essere aggrediti. Fummo costretti a svuotare la casa del tutto. Mio figlio, piccolissimo, si aggirava in ambienti grandi, vuoti. Mia moglie ed io gli raccontammo che la proprietaria aveva deciso di lucidare i mobili.

Che misure prese?
Nel contempo, presentai un’istanza di sospensione della condanna provvisionale e una richiesta urgente di discussione del ricorso in appello. Chiedendo di anticipare i termini di discussione del processo di secondo grado, ero consapevole di rinunciare alla possibilità di far prescrivere il reato che veniva contestato, ma lo feci perché avevo la coscienza del tutto serena e volevo difendere il mio onore. 

Come andò l’appello?
Il procuratore generale chiese alla Corte di disporre una perizia contabile o, in mancanza, di decidere per la mia assoluzione. La Corte d’Appello di Roma preferì seguire la prima strada. 

La sentenza?
Nel gennaio 2011, la Corte d’Appello di Roma emise la sentenza – «dovendo utilizzare i risultati di una perizia contabile disposta nel giudizio di appello, stesa da un consulente (un ragioniere) del tutto inadeguato alla bisogna», come scrisse il mio legale, il prof. Francesco Saverio Fortuna. Ridusse la condanna a 10 mesi di reclusione, con pena sospesa e non menzione ed euro 300,00 di multa. Eliminò la provvisionale esecutiva di 200.000 euro, demandando ad un’eventuale causa civile il risarcimento a favore della controparte.

Che cosa disse il suo legale di questo esito?
Nella sua memoria, notò che l’approvazione del bilancio «copre qualunque possibilità di contestazione, salvo che vi siano poste non iscritte o occultate». Nel mio caso tutto era scritto in un apposito capitolo di spesa. Inoltre, Pannella ha chiarito in dibattimento di aver denunciato me per risentimento personale e dopo che avevo instaurato la mia causa di lavoro.

Lei, che ne dice?
La mancata applicazione del consenso dell’avente diritto ex art. 50 c.p., ha fatto divenire questo processo un caso di scuola giurisprudenziale, mi dicono i legali. Senza considerare che è risibile che una persona che ha gestito milioni di euro si accontenti, se è un ladro – come affermò Pannella di me – di qualche spicciolo.

Pannella le ha dato pubblicamente del ladro…

Lo querelai, ma la querela fu archiviata.

Come si è concluso il processo in Cassazione?
Nell’ottobre 2011, la Cassazione dichiarò il ricorso inammissibile e confermò la sentenza d’appello. Sono stato condannato per la mia attività di Tesoriere, nonostante non avessi ricevuto alcuna contestazione per dieci anni. Sono diventato un truffatore solo quando mi sposai in Chiesa, nacque mio figlio, abbandonai il partito e rivendicai i miei diritti di lavoratore.

Lei si è anche auto-denunciato?
Sì, successe nell’aprile 2006. Presentai alla Procura della Repubblica di Roma un auto-denuncia, nella quale documentavo una serie di fatti di cui ero venuto a conoscenza riguardo a come venivano impiegate le risorse economiche da parte dei radicali.

Ci può dare i dettagli?
Citai, in particolare, il debito di quasi tre milioni di euro del Partito Radicale verso il Centro di Produzione S.p.A., proprietario di Radio Radicale. Era un mero giroconto del credito che, a sua volta, il Partito Radicale vantava allo stesso titolo nei confronti della Lista Pannella.

Perché si faceva questo?
Nel 1999, la Lista Pannella ebbe necessità di risorse economiche per finanziare la campagna elettorale, ma verosimilmente non si volle far apparire un dirottamento di denaro dal Centro di Produzione, che equivale a dire Radio Radicale, bensì di utilizzare il Partito Radicale, che ricevette le somme e le girò contestualmente alla Lista Pannella per le sue necessità.

Che fine fece la denuncia-querela?
Fu archiviata.

Perché?
Questa domanda bisognerebbe porla alla Procura della Repubblica di Roma. Il silenzio tacita la verità.

Lei non è stato l’unico a mettere il dito su questa piaga…
C’è anche stata un’interrogazione parlamentare a risposta scritta presentata sugli stessi fatti il 28 luglio 2006 dal senatore Domenico Gramazio (Alleanza Nazionale). Era rivolta al Presidente del Consiglio dei Ministri, Romano Prodi, nel cui Governo sedeva Emma Bonino come Ministro del Commercio con l’Estero.

Che diceva l’interrogazione?
Notava che il Centro di Produzione S.p.A., la proprietaria di Radio Radicale, riceveva finanziamenti quale organo di stampa della Lista Pannella e compensi per la trasmissione di servizi parlamentari: «Sembra che vengano trasferiti nelle casse della Lista Pannella, in tal modo finendo per costituire un ulteriore, surrettizio finanziamento pubblico al partito», affermava Gramazio, che aggiungeva: «Dai bilanci pubblicati del Partito Radicale nell'anno 2004 risulta che questo ha un debito verso il Centro di produzione, ma un credito nei confronti della Lista Pannella del medesimo importo».

Quale fu l’esito dell’interrogazione?
Anche in questo caso la risposta fu il silenzio.

Come dal silenzio è avvolta la notizia della sua condanna per “servo sciocco”?
Un silenzio tombale, che sembra incredibile. Io me l’aspettavo. La mia conversione ha dato fastidio a molti. Ai radicali, certamente, ma anche a coloro che si fregiano di essere cattolici, ma non trovano né il coraggio né l’onestà intellettuale per esprimere anche solo un’opinione. Forse, all’inizio pensavano che io fossi buono a raccontare solo i “crimini radicali” e la mia conversione. 

Che cosa vuol dire?
L’ostilità nei miei confronti è nata quando molti “cattolici” si sono accorti che io pensavo.

Cioè?
Non ho mai inteso proporre una storia personale, a fini personali. Ho voluto e voglio dare una testimonianza di Verità. Spiegare le complicità di cui ha goduto l’ideologia pannelliana.

Lei parla di ostilità nei suoi confronti. Sente di avere dei nemici?
Certamente, e la ringrazio di questa domanda. Ho ascoltato, nei giorni scorsi, una catechesi di un amico sacerdote, che spiegava che quando Gesù, nelle Beatitudini, insegna ad amare i propri nemici, non lo fa perché ritiene che questi siano buoni, siano brave persone o siano “fratelli”. Lo fa perché lo chiede Dio. Solo per questa ragione io continuerò ad amare i miei nemici. Ma non sono disponibile a tacere. Seguo l’esempio di coloro che amano la Verità perché amano Gesù e non temono gli uomini.
http://www.unavox.it/ArtDiversi/DIV2855_Intervista_a_Danilo_Quinto.html

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