ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

giovedì 7 marzo 2019

L’utopismo

LA NUOVA  RELIGIONE UMANITARIA




Come era agevolmente prevedibile (se non addirittura scontato), il messaggio natalizio di Francesco ribadisce, con puntuale fedeltà alle dichiarazioni sincretistiche dei suoi immediati predecessori, il valore pastoralmente prioritario dell’ecumenismo, che può considerarsi il supporto ideologico e la giustificazione operativa dello scriteriato riformismo conciliare; l’aggettivo cui si è fatto appena ricorso non deve comunque lasciar supporre che la dilagante frenesia riformistica patrocinata dai vertici della Chiesa a dispetto di chiari e inequivocabili documenti magisteriali, sia il frutto di iniziative disorganiche e incoerenti.

E’ noto che la prassi ecumenica, consacrata in sede definitiva dalle recenti canonizzazioni dei Papi che l’avevano alacremente e convintamente promossa, postula come dato positivamente conforme al disegno originario del Creatore la pluralità e la coesistenza delle religioni, che devono gradualmente convergere, in reciproca e solidale comunione di intenti, nel sostenere le aspirazioni di una umanità anelante al benessere materiale e alla pace perpetua.

L’utopismo soggiacente ad una prospettiva che sconfessa l’unicità della Rivelazione divina, sfavorevole ad un pieno accoglimento dei presupposti conciliativi del dialogo tra le diverse culture, costituisce la versione “ecclesiale” del funesto relativismo massonico, condannato abbondantemente con autorevole chiaroveggenza da Pastori solleciti del bene della Cattolicità.

Concedendo una sia pure marginale plausibilità ai falsi assunti della posizione revocata, risulta del tutto pretestuoso appellarsi ad una seria e ragionevole difesa della fede; l’affermazione della sua pretesa esclusività rispetto ad altre confessioni religiose non potrebbe neanche lontanamente compensare la pregiudizievole rinuncia ai singolari benefici disinteressatamente arrecati dall’inesausto fervore filantropico a vantaggio di individui inebetiti dalla quotidiana razione di politicantismo democratico e di spettacoli demenziali.

Falsamente indotti da una patologica idiosincrasia a reputare anacronistica la preservazione di rigidi e salutari spettacoli fra la fulgida trasparenza della Verità e la supponente pervicacia dell’errore, le autorità della neomodernistica  “Chiesa in uscita”, prodiga di cordiali quanto scandalosi attestazioni di umana simpatia per chi ha diffuso e diffonde i miasmi della degradazione morale e spirituale, sono non di rado pervase da un malcelato imbarazzo nel definirsi cattoliche; la professione di una fede vincolata all’immutabilità di dogmi e di comandamenti non soggetti a capricciose revisioni motivate dalla scomposta rincorsa di improbabili “segni dei tempi”, cozza violentemente con lo squallido minimalismo di un fortunoso “ospedale da campo” che, lungi dal somministrare alle anime cure spiritualmente rigeneratrici, accoglie e veicola le sulfuree contaminazioni emanate dalle oscure centrali del programmatico disordine mondiale.

Dinanzi alle parossistiche implosioni di una crisi che sommuove la roccaforte ecclesiale in proporzioni incomparabilmente più gravi di quelle che connotarono i secoli precedenti, si pone e si impone una domanda ineludibile: se il Cattolicesimo debba spogliarsi delle sue prerogative di unica religione divinamente fondata per cedere alle incalzanti pressioni dell’inimica vis che ne invoca il silente riflusso nei gorghi pantanosi della confusione sincretistica, come si configura il ruolo decisivo ritagliatosi dalla suddetta Chiesa in spericolato deragliamento dai binari della sana dottrina teologica e morale?
Una valutazione scevra di intenzioni inutilmente polemiche e di finalità vanamente giustificatorie, costringe a riconoscere che gli atti e le dichiarazioni di Bergoglio porgono un efficace supporto alla edificazione della babele massonica, ribattezzata in termini eufemistici “nuovo ordine mondiale”.

Scartando con aprioristica sufficienza tale conclusione, crediamo che sarebbe decisamente arduo spiegare la oggettiva convergenza della politica vaticana con le strategie del mondialismo ebraico-massonico; i frequenti appelli di Francesco ad una definitiva archiviazione dei “nazionalismi”; la sua forsennata propaganda in difesa dell’immigrazione, destinata a risolversi in una tragica beffa tanto per i popoli che vi sono coinvolti, quanto per l’Europa, predisposta dalle inette e servili democrazie a subirne passivamente le fatali conseguenze, è il sintomo non trascurabile del divorzio disinvoltamente compiuto dalla gerarchia nei confronti del diritto naturale, che prescrive la salvaguardia dell’identità e dei confini territoriali delle nazioni.

Se ne hanno puntuali riscontri nelle compromettenti reticenze da essa manifestate in ordine alla volontà dei regimi democratici di bandire la legge naturale, che la Chiesa ha sempre posto come condizione preliminare per l’adempimento del Suo mandato divino.
Suonano al riguardo rivelatrici le espressioni rivolte da Bergoglio al presidente della Repubblica, che si segnala per lo zelante impegno profuso nel patrocinare la causa dell’instaurando “nuovo ordine mondiale” e nell’eliminare i margini di aleatoria sovranità di quel fantomatico Stato di cui, in base alle mere convenzioni costituzionali vigenti in Italia, è ritenuto capo.
Attentando al fondamento normativo della nazione di “natura umana”, la democrazia coopera attivamente alla normalizzazione del disordine e riconduce alla propria speciosa e antigiuridica legalità il sovvertimento dei precetti divini, offesi da assemblee squalificate e operanti in ossequio alla pretesa “volontà popolare” e ai suoi astuti manovratori.

I popoli, travolti dagli spietati meccanismi della globalizzazione, appaiono i rassegnati destinatari di una vuota predicazione filantropica, che lascia loro la ben magra consolazione di sentirsi, giusta gli auspici del Papa attuale, “fratelli in umanità”.
Se ciò fornisce una gradita copertura sentimentalistica ai progetti diabolici degli stregoni del mondialismo, non vale a colmare il vuoto desolante causato dalla rinuncia degli uomini di Chiesa a professare senza reticenti attenuazioni la assoluta ed eterna verità del Cattolicesimo.

La meditazione spirituale sul valore profetico della vittoria che San Michele Arcangelo riportò contro le potenze avverse ai piani dell’Altissimo, deve aiutarci a riscoprire la dimensione militante della Fede chiamata – in un modo vistosamente soggetto all’influenza di satana – a dissipare la forza insidiosa e invasiva del “mistero di iniquità”.

di
 Cruce signatus



Articolo pubblicato su SISI NONO, anno XLV, n° 3, 15 febbraio 2019

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