Card. Pietro Parolin
di Sabino Paciolla
Mi perdonerà il card Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, ma faccio fatica a seguirlo. Credo però di non essere il solo. Anzi.
Il 3 aprile scorso, partecipando ad un incontro, intitolato “Stand Together to Defend International Religious Freedom”, ha condannato il continuo abuso della libertà religiosa in molte parti del mondo, chiamando in soccorso i media e invitandoli a puntare i riflettori sulle persecuzioni religiose ovunque si verifichino. Ha riferito questo perché, ha detto, “continuiamo ad assistere a gravi violazioni di questo diritto fondamentale, che spesso si verificano impunemente, e a volte ricevono poca, se non nessuna, attenzione da parte dei media”.
Parolin aveva parlato addirittura di “aggressione”. Infatti, ha detto: “Nonostante i tanti sforzi per promuovere e rafforzare il diritto umano fondamentale della libertà religiosa, in realtà stiamo assistendo a un continuo deterioramento, potremmo persino dire un’aggressione, di questo diritto inalienabile in molte parti del mondo”.

Parolin ha sottolineato l’importanza dei giornalisti nella difesa della libertà religiosa, affermando che “la sensibilizzazione dell’opinione pubblica sulla realtà della persecuzione religiosa, in particolare attraverso i mezzi rapidi ora disponibili con i media digitali, rimane un passo utile per affrontare le violazioni della libertà religiosa”.
Ma proprio su questo punto sollevato dal card. Parolin, e riferendosi all’accordo provvisorio Cina-Vaticano del settembre scorso, l’Ambasciatore americano itinerante per la Libertà Religiosa Internazionale, Sam Brownback, l’8 marzo scorso, al Foreign Correspondents Club di Hong Kong, Cina, aveva detto“Da quando questo accordo provvisorio è stato annunciato l’anno scorso, il governo cinese ha continuato a maltrattare i membri delle comunità cattoliche. Non vediamo segni di cambiamento nel prossimo futuro”.
Lo stesso Ambasciatore degli Stati Uniti presso la Santa Sede, Callista Gingrich, anche se non ha fatto espresso riferimento all’accordo del Vaticano siglato con la Cina il 22 settembre scorso, ha avvertito della repressione religiosa in Cina. La Gingrich, prima del convegno del 3 aprile scorso, ha detto alla rivista Crux“Dobbiamo continuare a dire la verità e invocare la persecuzione religiosa, indipendentemente da dove si verifichi”. E poi, “Finché il governo cinese non cambierà le sue politiche controproducenti nei confronti delle persone di fede, gli Stati Uniti continueranno a esprimere la sua preoccupazione”.
Infine, tantissimi sono stati gli interventi da parte di autorevoli esponenti della stampa, compreso, nella sua modestia, questo blog con i suoi innumerevoli post (questi, ad esempio, gli ultimi tre: quiqui, e qui), che hanno evidenziato con crescente preoccupazione la firma dell’accordo Cina-Vaticano che, per altro, rimane segreto, producendo quindi gravi ricadute sulla Chiesa sotterranea, da sempre fedele a Roma.
Eppure, dinanzi a queste preoccupazioni, il card. Parolin, proprio in risposta a Brownback, a margine del suddetto convegno del 3 aprile scorso, ha sottolineato la necessità di “essere pazienti”, dicendo che c’è la tendenza a volere risultati immediati, ma “la storia non è stata costruita in un giorno. La storia è un processo lungo, e penso che dobbiamo metterci in questa prospettiva”.
“Vogliamo che le cose vengano fatte immediatamente, ma le cose nella storia cambiano molto lentamente. Questa è la saggezza della Santa Sede. Lei non cerca risultati immediati, cerca un risultato che è nelle mani di Dio, che è anche nelle nostre mani per quanto possiamo aiutare Dio nel suo piano”, ha detto.
“Abbiamo firmato questo accordo per aiutare a far progredire la libertà religiosa, per trovare una normalizzazione per la comunità cattolica, e poi per tutte le altre religioni per avere uno spazio e un ruolo da svolgere nella società che sia riconosciuto”, ha detto Parolin ai giornalisti il 3 aprile.
“La nostra speranza – ha detto Parolin – è che [l’accordo] aiuti, non limiti, la libertà religiosa”.
A questo punto, francamente, continuo a non capire.
Rimango proprio interdetto dinanzi alle parole del cardinale Segretario di Stato vaticano quando leggo proprio ora su Ucanews la seguente grave notizia.
Il vescovo Guo Xijin – l’ex vescovo di Mindong – ha detto a ucanews.com che al momento non è sicuro che possa unirsi alla Messa del Crisma perché il Governo si rifiuta di riconoscerlo. “I funzionari del governo hanno detto con chiarezza che non mi riconoscono come vescovo”, ha detto il vescovo Guo.
Il vescovo ha riferito che i funzionari del Governo cinese gli hanno detto che il riconoscimento arriverà solo quando lui chiederà di entrare a far parte della Conferenza Episcopale della Chiesa Cattolica in Cina (BCCCC) e del suo comitato per gli affari ecclesiastici a livello provinciale.
A questo proposito, bisogna ricordare che la Conferenza Episcopale cinese non è riconosciuta dalla Santa Sede perché è gestita direttamente dal Governo, che elegge i vescovi.
Il governo cinese gli chiede di accettare la politica di “una chiesa indipendente, autonoma e autogestita [da Roma]“, ha detto Guo Xijin. “Lei non è abbastanza sincero e quindi non possiamo riconoscere la sua identità” gli hanno fatto sapere.
Ovviamente lui non ha alcuna intenzione di seguire le indicazioni del governo cinese.
Si ricorderà che il Vaticano aveva chiesto a Guo Xijin di farsi da parte e di lasciare il posto da vescovo nella sua diocesi in favore di un vescovo scomunicato, Zhan Silu, poi riconosciuto da Roma all’indomani della sottoscrizione dell’accordo Cina-Vaticano del 22 settembre scorso.
Inoltre, il vescovo Guo Xijin, proprio perchè fedele a Roma, più volte non è stato in grado di celebrare le Messe a causa di interventi di funzionari governativi. Nel 2017, sei giorni prima del Giovedì Santo, è stato portato via dai funzionari del dipartimento religioso provinciale. È stato rilasciato dopo 20 giorni di corsi di ‘lavaggio del cervello’ e ha potuto celebrare la Messa del Crisma solo dopo Pasqua. Anche l’anno scorso avevano tentato di non farlo partecipare alla Messa del Crisma, ma hanno dovuto desistere a causa del clamore sollevato dai media e dai social network dopo che la notizia era trapelata.
In conclusione, si fa fatica a seguire il card. Parolin, responsabile della “politica estera” vaticana, poiché se da una parte si dice preoccupato per l’aggravarsi della persecuzione religiosa nel mondo, dall’altra ci dice di “pazientare” sugli stessi gravi problemi di persecuzione religiosa in Cina. Persecuzione, quest’ultima, che si aggrava sempre più non solo nei confronti di coloro che professano una fede cristiana ma, soprattutto, di quelli di altre fedi (vedi un milione di uiguri internati forzatamente nei campi di “rieducazione”).
Qui la distruzione di una chiesa in Cina tra i pianti dei fedeli:


Qui il video ripreso di nascosto di un campo di rieducazione dove vengono indottrinati i bambini uiguri:


video ripreso di nascosto di un campo di vasto campo di rieducazione in costruzione:

DISPACCI DALLA CINA. ANCORA ARRESTI DI VESCOVI FEDELI A ROMA. CHE, A QUANTO SI SA, TACE.


Cari amici e nemici di Stilum Curiae, purtroppo i Dispacci dalla Cina del Maestro Aurelio Porfiri oggi non contengono belle notizie. Quando mai, dirette voi; e avete ragione, purtroppo, perché la situazione nel Regno di Mezzo è ben lontana dall’essere come la vorremmo. Anche per quel che riguarda la Chiesa cattolica, che vede ancora una volta manifestarsi la repressione del regime. E Roma? Boh….
La società armoniosa
Attraverso un viaggio periglioso mi è giunto questo messaggio interessante dalla Cina continentale da qualcuno che chiameremo “il signor Ping” (no, non è il presidente della Cina come pensava Luigi di Maio che non sa che il cognome viene per primo nei cinese – forse se doveva parlare di Mao lo avrebbe chiamato “signor Dong”). Il signor Ping mi dice: “Prima e durante le sua visita in Italia il Presidente Xi ha fatto riferimento ad alcuni missionari italiani del ‘600. In Cina oggi la Chiesa (vescovi, preti e fedeli) è trattata dal governo come funzionari obbedienti che devono dire solo si’. Le alte sfere vaticane non sono molto abituate ad essere trattate cosi’.  Ma, in buona fede, i funzionari cinesi oggi non riescono ad immaginare un altro modo di trattare il fenomeno religioso. Allora l’unico modello a cui ispirarsi per la parte cinese è il rispetto che fu dato ai missionari del ‘600 in quanto scienziati. Questo è l’unico modo che essi conoscono per concedere a un religioso il rispetto che in Europa è considerato dovuto.  Non sono piccoli passi avanti nel ricoscimento della realtà “Chiesa in Cina”, perché il rispetto fu dato loro in quanto scienziati, non in quanto cristiani. Ma al momento gli scienziati gesuiti del ‘600 sono l’unico modello per il governo cinese su come trattare i cristiani con un minimo di rispetto: se sei straniero e hai un PhD, possibilmente in materie tecniche e scientifiche. Tutti gli altri, zitti e al guinzaglio”. Mi permetto qualche riflessione su quanto il signor Ping mi ha comunicato e che in larga parte condivido. In effetti, come detto più volte, il cinese vede la religione come qualcosa che deve essere controllata dal potere imperiale, il sacerdote che intercedeva con il “cielo” (per quello che significava) era l’imperatore, che riuniva il potere civile e religioso. Ogni religione che potenzialmente può destabilizzare la “società armoniosa”, l’ordine costituito è un pericolo. Quindi è ovvio che i cinesi accettano la cultura dei missionari ma sono diffidenti della loro missione principale, quella di portare Cristo i cui insegnamenti a volte sono diversi se non opposti rispetto ad alcune cose nella tradizione cinese, come del resto lo erano nella società pagana occidentale dei primi secoli.
Ci risiamo. Ancora arresti.
Ne avevamo parlato in precedenza ma ne dobbiamo parlare ancora. Come riferisce “AsiaNews”arrestato di nuovo Mons. Cui Tai: “Mons. Agostino Cui Tai, vescovo sotterraneo di Xuanhua (Hebei) è stato portato via dalla polizia ieri. Ne danno notizia alcuni fedeli della diocesi, aggiungendo che anche il vicario episcopale, p. Zhang Jianlin è stato arrestato con lui. Al momento non si conosce il motivo ufficiale dell’arresto, né quanto esso durerà. Negli ultimi mesi mons. Cui Tai ha dovuto lottare per affermare la sua autorità di vescovo (riconosciuto dalla Santa Sede) contro un sacerdote, p. Zhang Li, che lo accusava di non seguire le indicazioni del Vaticano. Secondo p. Zhang Li l’accordo firmato fra Cina e Santa Sede stabilisce la fine della Chiesa sotterranea e d’ora in poi tutti i fedeli e i vescovi devono rifluire nella Chiesa ufficiale. Forte dell’appoggio del governo locale, p Zhang Li ha anche spinto la polizia ad arrestare il vescovo. Dopo essere ricorsi “all’autorità competente della Santa Sede”, il vicario episcopale e poi il vescovo sono intervenuti interdicendo il sacerdote. Dopo alcuni giorni mons. Cui Tai è stato trattenuto dalla polizia per 15 giorni, spingendolo a cancellare l’interdizione. Il blocco del ministero al p. Zhang Li è anche motivato dal fatto che egli è promotore di un  gruppo “pentecostale” in collaborazione ambigua con un pastore protestante, in cui si esagerano effetti miracolosi [della preghiera], inventando miracoli. Secondo alcuni sacerdoti il motivo del nuovo arresto sta proprio nel fatto che mons. Cui Tai si è “esposto” rivelando pubblicamente la sua identità episcopale: un fatto considerato illegale, essendo egli riconosciuto dalla Santa Sede, ma non dal governo. I fedeli e i sacerdoti della diocesi chiedono ai cristiani di tutto il mondo di pregare per loro, sperando che “ritornino sani e salvi il prima possibile””. Naturalmente, ci uniamo alla preghiera.
Tangenti
Massimo Donda nel suo “Pillole di Cina” già molte volte citato dice: “Lungi dall’essere considerato una pratica illegale, il pagamento della tangente è una sorta di balzello da versare affinché “una cosa sia fatta” o “sia fatta più in fretta” o “sia fatta meglio”. Consegni la busta e le porte si aprono”. Ora, non che in Italia noi siamo esenti dalla pratica delle tangenti, anzi in questo penso possiamo rivaleggiare con i cinesi. Per loro è una sorta di modus vivendi, come il copiare che non ha la connotazione negativa che ha da noi. Ecco perché sempre dico che bisogna guardare alla Cina da lontano ma non da fuori.
Cina e occidente
Ho forse gia riferito del libro di un professore svedese dell’Università di Hong Kong, Perry Johansson. Il libro si chiama “The Libidinal Economy of China: Gender, Nationalism, and Consumer Culture”. Un libro interessante che mostra la relazione schizofrenica fra la Cina e l’occidente, un occidente che domina la Cina a livello consumistico e culturale ma che nello stesso tempo è visto con diffidenza. Massimo Donda, sempre nel suo “Pillole di Cina”, dice: “Sotto il “vestito” si conserva un sentimento esclusivo e indistruttibile: i cinesi amano la loro storia, la loro patria, la loro cultura. Non hanno l’Occidente nei loro geni. Lo studiano, lo apprezzano, lo copiano ma non hanno abdicato per consegnarsi a un’altra civiltà. Deng Xiaoping disse: “Quando d’estate si aprono le finestre, assieme all’aria fresca nelle nostre stanze s’intrufola sempre qualche mosca””. In realtà questo è vero e non lo è. Vero che non hanno l’occidente nei loro geni ma il loro rapporto con esso è veramente più schizofrenico che altro.
Marco Tosatti
L’intesa Cina-Vaticano pretesto per l’arresto di un Vescovo
Comunque lo si voglia guardare, che l’intesa Cina-Santa Sede sia un autentico disastro è evidente a tutti. L’ultima controprova, caso mai ve ne fosse bisogno, riguarda gli arresti, compiuti dalla Polizia, del Vescovo sotterraneo di Xuanhua, mons. Agostino Cui Tai, e del suo Vicario episcopale, Padre Zhang Jianlin, come riferito dall’agenzia AsiaNews. Non è stato reso noto il motivo ufficiale del provvedimento.
Il presule era stato accusato da un sacerdote, Padre Zhang Li, proprio in virtù dell’accordo tra Cina e Vaticano, di non esser confluito nella Chiesa ufficiale, quella controllata dal partito comunista, e pertanto di disobbedienza a Roma, pur essendo stato proprio da essa riconosciuto come Vescovo. Per questo, Padre Zhang Li, sapendo di poter contare sul sostegno del governo locale, ha invocato l’intervento delle autorità e l’arresto dell’Ordinario.
Mons. Cui Tai ed il suo Vicario episcopale avevano interdetto il sacerdote ribelle, anche a causa di una pastorale ritenuta problematica, provocando però un primo fermo della Polizia, durato un paio di settimane, fermo che condusse all’annullamento dell’interdizione.
I fedeli cinesi invocano le preghiere di tutti, affinché i loro pastori possano ancora una volta tornare liberi al più presto, sani e salvi. Da 12 anni, ormai, quasi senza interruzioni, mons. Cui Tai viene trattenuto dalle forze dell’ordine o costretto ai domiciliari, rinchiuso in celle segrete o costretto a viaggi forzati sotto scorta, senza che gli venga formalizzata alcuna accusa precisa e senza regolare processo.